Oggi alle 16.45 sarò ospite della trasmissione L'ora del tè di Mirella De Paris, sulla Rete Uno radiofonica della RSI, per parlare un po' delle cose che faccio online e del perché le faccio. La trasmissione è ascoltabile in tempo reale in streaming e successivamente in podcast.
Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2010/04/06
Repubblica, La Stampa: orrore, danni a L’Aquila assenti in Street View
Lamentele nei media: L'Aquila è ancora intatta in Google Street View. Persa un'altra occasione per starsene zitti
Repubblica, La Stampa, Euronews.net, Excite.it e altri segnalano e ripetono a pappagallo e con indignazione la lamentela di CNRmedia, che osserva che in Google Street View le immagini mostrano L'Aquila ancora intatta e chiede a Google di aggiornare le mappature. La Stampa critica Google dicendo che "la multinazionale di Mountain View non si è mai accorta del sisma del 6 aprile" e parla di "aggiornamento che la multinazionale USA dai dividendi miliardari non ha ancora avuto tempo, soldi e il buongusto di effettuare".
Nessuno che si ferma un nanosecondo a chiedere come diamine farebbe Google ad aggiornare le immagini. Forse questi signori non hanno ben capito come funziona Google Street View. Cosa pretendono, che Google mandi le proprie automobili dotate di fotocamere in giro per le strade della città disastrata e ancora ad accesso limitato? Bah. Si lamentano della mancanza di buongusto di Google, ma non della mancanza di buon gusto dimostrata dal non informarsi prima di lagnarsi a vanvera.
Grazie a Davide per la segnalazione.
Aurora vista dalla ISS. Le parole non servono
Vedere l'aurora boreale è bello. Vederla dalla Stazione Spaziale Internazionale è magico
L'astronauta Soichi Noguchi è sulla Stazione Spaziale Internazionale e scatta foto straordinarie, che condivide in tempo quasi reale su Twitpic. Questa è di ieri. Volare a 28.000 chilometri l'ora letteralmente attraverso l'aurora boreale: come dice Phil Plait di Bad Astronomy, quante altre cose meravigliose siamo capaci di fare, se solo lo vogliamo?
Spiegone per gli appassionati: la foto è scattata attraverso uno dei finestrini panoramici della Cupola e mostra una navicella automatica Progress (il cilindro verticale con le "ali", che sono pannelli solari) attraccata alla Stazione Spaziale Internazionale. La zona verde dell'aurora è a circa 100 km, una quota inferiore a quella a cui orbita la stazione (400 km), ma quella rossa arriva a oltre 500 km, quindi gli astronauti volano proprio in mezzo all'aurora. Le stelle e le nubi sono mosse per via del lungo tempo di posa e del movimento della stazione.
L'originale a maggiore risoluzione è qui.
iPad jailbreak! [UPD 12:25]
Debutta l'iPad, protezione già scardinata. Comincia a diventare interessante
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "mario.c*" e "whatthehellis*".
L'iPad è finalmente in vendita (solo la versione wifi; quella 3G non ancora). Nella quiete post-orgasmica dei fanboy che hanno fatto la fila per comperarlo il primo giorno, qualcuno s'è dato da fare e a quanto pare ne ha già scavalcato le protezioni imposte da Apple per decidere quali applicazioni i suoi utenti possono far girare sulla loro nuova tavoletta magica. Il video è qui, e ha l'aria perlomeno plausibile; la fonte è MuscleNerd dell'iPhone Dev-Team, che ha una buona reputazione in fatto di jailbreaking di iPhone e iPod Touch. Alcuni dettagli della tecnica usata sono su Engadget.
Questo elimina (almeno temporaneamente) uno dei difetti più significativi dell'iPad: la mancanza di libertà di scelta delle applicazioni (solo quelle approvate da Apple possono essere installate). Se la persona che lo usa non può scegliere che programmi installarvi, non è un personal computer. Con un jailbreak le cose diventano già più interessanti e un po' di quella libertà d'uso viene riconquistata.
Resta quell'altro problemino, vale a dire la mancanza di supporto Flash, che per esempio attualmente rende impossibile per gli utenti iPad vedere parecchi siti interessanti, anche se la situazione sta migliorando. Immaginatevi di sfogliare il Disinformatico sul vostro luccicante iPad e scoprire che non potete vedere questo notevole video di CollegeHumor linkato nell'articolo. O che non funzionano Hulu o pezzi di Myspace o IMDB. Improvvisamente il vostro gadget ultramoderno viene battuto da un netbook del 2008. Lo stesso vale se per caso volete stampare qualcosa che avete concepito sull'iPad: non c'è una porta USB (per averla ci vuole un accessorio che si paga a parte). Per queste e altre cose l'iPad dipende comunque da un vero computer e non lo sostituisce. Grazie, aspetterò la prossima versione. O quella di un altro produttore che non decide tutto per me e supporta Flash.
C'è anche quell'altra questioncella per la quale mi sono preso un bel po' di male parole: il retro bombato. In alluminio, che si graffia facilmente, perché l'Ipad è pensato per essere appoggiato, ma non su un tavolo, perché secondo Yahoo se lo si mette su un piano liscio scivola e gira su se stesso quando lo si sfiora per comandarlo (chi ce l'ha faccia la verifica). Mettergli dei piedini di gomma o un astuccio protettivo sarebbe l'equivalente di tenere la plastica sulle sedie del salotto buono.
Ma pazienza: ci sono due cose per le quali potrei quasi essere tentato di prendere un iPad, magari quando il suo prossimo sistema operativo avrà eliminato i limiti di multitasking e i prezzi saranno scesi, come è avvenuto per l'iPhone. Una è l'uso di un iPad come monitor remoto domestico (via wifi) di un altro PC, tramite VNC e simili (per esempio Desktop Connect; foto qui). Un oggetto da 700 grammi, sottile e compatto, sul quale gira (virtualmente) OS X? Adesso cominciamo a ragionare: questo è quello che si aspettavano gli appassionati (sì, lo so, con quest'accrocchio OS X non gira realmente sull'iPad, ma è come se lo facesse, salvo per giochi e altre amenità ad alto refresh dello schermo).
L'altra è il riconoscimento vocale. Io vivo di riconoscimento vocale grazie al software della Dragon, che mi ha salvato dai dolori atroci ai tendini delle mani che mi stavano rendendo insopportabile l'uso di qualunque tastiera (da più di vent'anni scrivo per lavoro quasi un milione di caratteri al mese). Poter andare in giro e dettare su un oggetto leggero, sottile, che si accende subito (a differenza del netbook che uso oggi per queste cose) e ha una batteria che dura a lungo sarebbe un bonus fantastico. E potrei usare l'iPad anche per le mie presentazioni Keynote. C'è Dragon Dictation per iPad, gratuito per un breve periodo. Se qualcuno sa come funziona (per l'inglese), mi faccia un fischio.
Aggiornamento: per gli indecisi che non sanno se comprare o meno l'iPad, suggerisco questo flowchart ironico (da BBspot) ma molto veritiero.
E qui su Lifehacker è spiegato come ottenere l'interfaccia di mail dell'iPad in Firefox su un computer vero: basta cambiare lo user agent.
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2010/04/03
Conferenza sul lunacomplottismo a Vicenza: i video
Questa è una delle frasi più appaganti da sentire alla fine di una serata come quella di Grumolo delle Abbadesse, organizzate dal Cicap Veneto a febbraio, che ha abbinato una cena e una conferenza sulle missioni lunari e sulle tesi di complotto che le riguardano. Me l'ha detta una signora, lontano dalle telecamere, stupita e contenta di aver scoperto l'esistenza di un'enorme quantità di bellissime foto e di filmati e documenti che descrivono in dettaglio l'epopea della corsa alla Luna.
Avendo visto solo le solite foto presentate dai media e i soliti spezzoni sbiaditi mostrati in TV, non sapeva che c'era tutto quell'universo di immagini che ho presentato sommariamente nella serata. Non sapeva, per esempio, che ingrandendo la famosa foto di Aldrin sulla Luna e filtrando il colore dorato della visiera, come mostrato qui accanto, nel riflesso si scorge un puntino azzurro: la Terra.
È per persone come questa che si fa debunking: per contagiarle con il piacere della scoperta e della conoscenza e l'entusiasmo per una delle più memorabili dimostrazioni di cosa può fare l'umanità quando smette di farsi la guerra addosso.
Grazie al Cicap Veneto posso presentarvi i video della serata: li trovate su Complottilunari.info.
Avendo visto solo le solite foto presentate dai media e i soliti spezzoni sbiaditi mostrati in TV, non sapeva che c'era tutto quell'universo di immagini che ho presentato sommariamente nella serata. Non sapeva, per esempio, che ingrandendo la famosa foto di Aldrin sulla Luna e filtrando il colore dorato della visiera, come mostrato qui accanto, nel riflesso si scorge un puntino azzurro: la Terra.
È per persone come questa che si fa debunking: per contagiarle con il piacere della scoperta e della conoscenza e l'entusiasmo per una delle più memorabili dimostrazioni di cosa può fare l'umanità quando smette di farsi la guerra addosso.
Grazie al Cicap Veneto posso presentarvi i video della serata: li trovate su Complottilunari.info.
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2010/04/02
Le kamikaze col seno esplosivo
Davvero al-Qaeda prepara donne kamikaze con esplosivo nel seno?
Repubblica: "Terrorismo: allarme kamikaze - donne con seno al plastico". Corriere: "Fox: 'Bombe nei seni delle terroriste'". TGcom: "Gb, 'kamikaze con seno al plastico'". Fanno eco DonnaModerna.com e tanti altri siti.
Stando a tutte queste fonti, l'organizzazione terroristica al-Qaeda intenderebbe "sfruttare come kamikaze donne con il seno imbottito di esplosivo non rilevabile dalle normali macchine ai raggi X negli aeroporti". A questo scopo sarebbero stati inviati "alcuni chirurghi plastici in Gran Bretagna per imparare ad eseguire l'intervento per poi praticare questi innesti esplosivi una volta tornati nei loro paesi d'origine". C'è di più: secondo queste testate, si parla di impianti esplosivi anche negli uomini, da collocare nei glutei.
Davvero nessuno di coloro che lavora per queste pubblicazioni s'è posto un dubbio? Nessuno s'è chiesto, per esempio, come e dove sarebbero occultati i detonatori e i comandi (lascio la risposta alla vostra depravata fantasia) o perché non usare altre parti del corpo meno erogene ma più capienti, come l'addome di un uomo corpulento? L'unico leggermente esitante sembra essere Guido Olimpio, che sul Corriere nota che "non è chiaro come sarebbero attivate [le bombe]. A prima vista sembra un'esagerazione e la fonte è generica". Ma la "notizia" viene pubblicata lo stesso. Che diamine: tette, terrore ed esplosivi? Una combinazione irresistibile.
Ma la fonte della notizia qual è? Il Corriere parla di "allarme dei servizi segreti inglesi". Però poi salta fuori che i servizi segreti inglesi vengono tirati in ballo dalla rete televisiva statunitense Fox. La notizia originale della Fox cita come fonte degli "esperti" di terrorismo. Che poi risultano essere uno solo, e neanche tanto esperto: si tratta di Joseph Farah, che non è membro dei servizi segreti britannici ma è l'editore di World Net Daily, un sito di notizie che pubblicizza libri del tipo di "Come sopravvivere al crollo della civiltà" e dice (a firma dello stesso Farah) che Obama non è presidente legittimo perché non ha mostrato il proprio certificato di nascita (lo ha fatto) e forse è nato in Kenya (no; tutta la faccenda era già sbufalata per esempio qui nel 2008). E continua a dirlo nelle convention repubblicane. Un esperto coi controfiocchi, per nulla incline al sensazionalismo. Infatti per lui "è noto" e assodato che le kamikaze reclutate da al-Qaeda si sono già fatte inserire l'esplosivo nel seno. Chi gliel'ha detto? Non si sa.
Ma Fox a sua volta ha preso la notizia da un'altra fonte. Dai servizi segreti inglesi? Noooo. L'ha ricevuta dal tabloid scandalistico inglese The Sun. Che cita sempre lo stesso Joseph Farah di prima e fonti anonime, si para il posteriore seminando vari "a quanto pare" e "si ritiene che" e illustra il diabolico piano con un fotomontaggio spudorato di due candelotti e una sveglietta, degni di un cartone animato, ficcati dentro una protesi.
E così, siccome nessuno di coloro che per mestiere dovrebbero fungere da filtri e garanti delle notizie si prende la briga di controllare la provenienza originale delle cose che pubblica o si ferma a chiedersi se siano plausibili, il Corriere e Repubblica si trovano a seminare paure usando come fonte un giornaletto britannico e Valeria Marini verrà riclassificata come arma di distruzione di massa.
Francia: legge antipirateria fa aumentare la pirateria
L'illusione delle leggi antipirateria: Hadopi fa aumentare il numero dei pirati online, riduce gli acquirenti legittimi
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
A fine 2009 in Francia è entrata in vigore la severissima legge denominata Hadopi, che prevede la disconnessione da Internet degli utenti che vengono colti ripetutamente a scaricare materiale vincolato dal diritto d'autore. Un deterrente apparentemente molto forte e persuasivo.
Ma uno studio condotto sotto l'egida dell'Università di Rennes e basato su un campione di 2000 utenti indica "un leggero aumento del numero di pirati su Internet", pari al 3%, dopo l'introduzione di Hadopi. Come mai? Semplice: gli utenti hanno cambiato modo di procurarsi materiale pirata (film, musica, telefilm), scegliendo fonti non coperte dalla legge.
L'uso dei circuiti peer-to-peer, quelli presi di mira da Hadopi, è sceso del 15%, ma quello di siti di streaming (come Allostreaming e Megavideo), di siti di download (come Megaupload o Rapidshare), di VPN (reti private virtuali) e di forum chiusi, tutti non coperti dalla legge Hadopi, è aumentato nel contempo del 27%, più che compensando il calo del numero di utenti dei circuiti peer-to-peer.
Un altro dato ironico e interessante dello studio è che "la metà degli acquirenti di video/audio sulle piattaforme legali appartiene alla categoria dei pirati... la legge Hadopi, concepita per sostenere le industrie culturali, paradossalmente potrebbe eliminare il 27% degli acquirenti di video e musica su Internet tagliando la connessione Internet degli utenti peer-to-peer". In altre parole, questi risultati sono un'ulteriore dimostrazione dell'abisso che c'è fra legislatore e realtà della Rete.
Aggiornamento: come segnalato da Tom's Hardware, la legge Hadopi è in vigore ma non è ancora operativa all'atto pratico, perché "l'agenzia istituita dalla legge non ha ancora iniziato l'attività sul campo... non vi sono state ancora disconnessioni e nemmeno sono state inviate delle diffide" (FIMI). Vero, ma la percezione nell'opinione pubblica è che la legge c'è ed è in funzione.
2010/04/01
Rastrellati i dati di 210 milioni di utenti, Facebook interviene
Quanto è facile censire gli utenti di Facebook? Tanto da scatenare gli avvocati
Pete Warden, un esperto in ricerche online, è riuscito da solo a raccogliere e analizzare i dati pubblici di 210 milioni di utenti di Facebook, correlandoli per far emergere relazioni statistiche nascoste fra utenti: nomi, indirizzi, amicizie e interessi, tutti pubblicati dagli utenti del social network, hanno permesso di ricavare una mappa delle relazioni interpersonali online degli Stati Uniti molto illuminante dal punto di vista demografico e sociale, scoprendo per esempio città lontane iperconnesse fra loro e altre località vicine che invece non si parlano affatto e rivelando una ripartizione del paese in grandi aree dai comportamenti sociali fortemente differenti.
Warden aveva intenzione di pubblicare il proprio archivio, dopo averlo debitamente anonimizzato, perché sarebbe stato uno strumento prezioso per molti ricercatori interessati a studiare le interazioni sociali moderne, ma gli avvocati di Facebook gli hanno intimato di non pubblicarlo e gli hanno anzi chiesto di distruggerlo. Cosa che Warden, non avendo soldi per sostenere una lite legale, ha fatto.
Secondo l'ufficio legale di Facebook, la raccolta di dati violava le condizioni di servizio del social network ("Non raccogliere contenuti o informazioni degli utenti, né accedere in altro modo a Facebook, usando strumenti automatizzati (come bot di raccolta, robot, spider o scraper) senza la nostra autorizzazione"). Warden, però, si difende dicendo che non ha mai sottoscritto quelle condizioni, perché ha raccolto soltanto dati che erano accessibili senza fare login a Facebook e che sono tuttora accessibili anche tramite la cache di Google.
L'attività di Pete Warden non è un caso isolato: altri ricercatori, nota New Scientist, hanno già utilizzato tecniche analoghe per analizzare i dati pubblici di Facebook e altri social network per estrarre correlazioni poco evidenti a prima vista ma molto interessanti da studiare. E da sfruttare commercialmente: il fatto che un singolo ricercatore, con le proprie risorse private, sia riuscito ad acquisire quest'enorme numero di dati personali dimostra quanto sia facile questo censimento di massa, che permette per esempio a un'azienda di acquisire informazioni dettagliate sui propri clienti tramite correlazioni con altri database pubblici (quelli dei censimenti governativi, per esempio) e magari rivendere queste informazioni senza avere la correttezza di anonimizzarle.
Le tecniche descritte da Warden e dai suoi colleghi permettono anche a uno spammer senza scrupoli di usare le informazioni raccolte per bombardare gli utenti con campagne pubblicitarie mirate. La norma sociale in fatto di privacy sarà anche cambiata, secondo Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ma l'irritazione prodotta dallo spam no.
Soprattutto, casi come questo dimostrano che anche nei social network il tutto è più della somma delle sue parti, per dirla con Aristotele: il singolo dato pubblicato può sembrare innocuo e anonimo, ma la massa dei dati può essere analizzata e incrociata con altre fonti per estrarne profili personali tutt'altro che anonimi, come si è visto di recente in un paio di casi emblematici.
Prudenza, dunque, anche perché ogni tanto Facebook inciampa e alle falle strutturali aggiunge quelle momentanee. Per esempio, il 30 marzo scorso gli indirizzi di e-mail degli utenti Facebook che erano stati impostati come privati sono diventati tutti pubblici per circa mezz'ora; poi sono ridiventati privati. Gli spammer ringraziano.
Stasera bufale a TRS Radio: pesci d'aprile e bufale sono parenti stretti
Stasera intorno alle 20 sarò ospite via Skype di TRS Radio, ascoltabile in streaming, per una chiacchierata informale su bufale e miti lunari in occasione del primo d'aprile.
Pesce d’aprile per fotocopiatrici (e fotocopiatori)
Niente pesci d'aprile qui, grazie. Tranne uno
Lo so, questa è la giornata in cui non ci si può fidare di quello che si legge in giro. Garantisco che qui oggi non verranno pubblicate notizie-burla. Però una burla da usare in ufficio o a scuola la segnalo: quella della fotocopiatrice a comando vocale.
È un classico, ma c'è sempre qualcuno che abbocca: si stampa (e si plastifica – perché le cose plastificate sono autorevoli) un avviso di questo tipo e lo si colloca vicino alla fotocopiatrice o al distributore automatico. O a un Bancomat. E poi si aspetta.
La Direzione informa gli utenti che, per ridurre gli sprechi e garantire la tracciabilità a norme antiterrorismo Europee ISO 26300, sono state attivate le funzioni di comando vocale di questo apparato.
Gli utenti sono tenuti pertanto a pronunciare il proprio nome e cognome in prossimità dell'apposito microfono di cui è dotato l'apparato e poi pronunciare CHIARAMENTE il comando desiderato.
Si avvisa inoltre che il sistema, essendo di recente introduzione, può richiedere più di un tentativo per familiarizzarsi con la voce dell'utente.
La Direzione ringrazia per la collaborazione
Ci sono due varianti: quella soft, dove viene chiesto di pronunciare il proprio nome e cognome intanto che si pigiano i tasti come al solito, e quella hard, dove la fotocopiatrice o macchina del caffè va comandata esclusivamente a voce. A voi la scelta. Alcuni esempi di istruzioni per fotocopiatrici di varie marche sono disponibili qui (in inglese, ma facilmente adattabili).
Non rispondo di eventuali licenziamenti, pestaggi, insulti, divorzi, separazioni, decapitazioni o altre conseguenze.
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