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Il Disinformatico

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2020/06/11

Avventurette in auto elettrica: come ho comprato una Tesla per meno di 35.000 euro (terza parte)

(continua dalla seconda parte; la storia inizia qui) Ultimo aggiornamento: 2020/06/15 23:30.

Mercoledì 3 giugno 2020


Ci siamo: è arrivato il grande giorno. Oggi la Dama del Maniero e io andiamo dal Maniero Digitale, a Lugano, fino a Zurigo per vedere per la prima volta la Tesla Model S di seconda mano che stiamo provando ad acquistare online dalla fine di marzo e che abbiamo battezzato Tess. Ci porta Marco, che è già un utente Tesla di lunga data, con la sua splendida Model 3 Performance full optional.

Ho ricontrollato di avere tutta la documentazione e le targhe, ho ripassato la terminologia automobilistica tedesca, mi sono preparato una checklist di cose da controllare prima di firmare per il ritiro, ho una lampada a batteria per esaminare il sottoscocca (importante, visto che è lì che sta la gigantesca batteria piatta delle Tesla) e ho fatto un po’ di chair flying: seduto in poltrona, ho simulato mentalmente i gesti, le procedure e le operazioni necessarie per guidare una Model S, come fanno i piloti degli aerei per esercitarsi al volo.

Non è megalomania. È necessario, perché vorrei chiarire subito che una Tesla non è un’auto come tutte le altre: è dannatamente complicata in tutto quello che fa (ci sono tutorial persino su come aprirla e chiuderla). Ha una filosofia di funzionamento radicalmente diversa, nel bene e nel male. È come passare dal Mac a Windows o viceversa, o da Android a iOS: le funzioni sono grosso modo le stesse, ma tutto va fatto in una maniera differente.

Personalmente sconsiglio di scegliere una Tesla come primissima auto elettrica dopo una vita di guida di auto a carburante, perché l’impatto con la valanga di differenze e di nuove abitudini da imparare può essere travolgente, irritante ed eccessivo. Io ho avuto un approccio molto graduale: prima un’auto a benzina con cambio automatico, per “dimenticare” l’uso del piede sinistro per la frizione, poi un’auto elettrica ultrasemplificata come la Peugeot iOn per prendere l’abitudine alla ricarica e alla rigenerazione in frenata, e comunque mi trovo lo stesso stracarico di cose da imparare o disimparare.

“Per meno di 35.000 euro si aspettava anche dei sedili e una carrozzeria?”
Un incontro con lo skateboard: il telaio integrato con la batteria (la parte liscia e piatta) di una Tesla a Londra, a novembre 2016.


Su Youtube si trovano tantissimi video che spiegano il funzionamento delle Tesla in ogni dettaglio, ma mi sono scontrato con un problema che è molto caratteristico delle Tesla di seconda mano: il manuale non corrisponde più all’auto.

L’auto, infatti, è aggiornabile via Internet, e quindi la dotazione di software che ha oggi non è quella che aveva nel 2016. Quindi il manuale della versione 2016, scaricabile come PDF, non corrisponde alle funzioni che saranno presenti in Tess. Le schermate sono differenti; l’interfaccia è cambiata radicalmente in questi quattro anni. Il manuale della versione 2020 descrive le schermate e il software attuali, ma è riferito a un hardware odierno, non a quello del 2016. Devo quindi trovare dei tutorial datati 2016 e studiare quelli per la parte dei comandi fisici di Tess, ma dei tutorial datati 2020 per imparare l’interfaccia. Fra l’altro, devo trovare quelli specifici per le Model S, perché la Model X ha un’interfaccia leggermente differente e la Model 3 ne ha una tutta sua (S e X hanno un “tablettone” verticale sul cruscotto e un display digitale dietro il volante; la Model 3 ha solo un tablet orizzontale al centro e nessuno strumento dietro il volante, e le leve dei comandi sono completamente differenti).

Di conseguenza ho optato per una strategia minimalista: imparare come aprire e chiudere l’auto con i suoi adorabili telecomandini a forma di automobile, e come guidarla in modalità totalmente manuale, punto e basta. Il resto verrà dopo. Marco, che conosce anche le Model S, è comunque con me per assistermi. Anche questa è una cosa che consiglio a chiunque si avvicini per la prima volta al mondo dell’auto elettrica e in particolare a quello Tesla: fatevi seguire e accompagnare da una persona che lo conosce già. Vi eviterà imbarazzi e disastri.

Andando verso Zurigo (230 km da casa) facciamo una pausa per un buon pranzo dopo quasi due ore di guida (le autostrade sono costellate di limiti di velocità per via dei cantieri, e i 17 km del tunnel del San Gottardo sono una mazzata che stronca la media), mentre la Tesla di Marco si ricarica al Supercharger che sta davanti al ristorante. Abbiamo scelto il ristorante (il Seerausch di Beckenried) proprio per questo: sono le piccole abitudini che s’imparano con la guida elettrica. L’auto si carica intanto che fai le pause che faresti comunque e quindi il tempo di ricarica non pesa affatto. Anzi, dobbiamo anche spicciarci a mangiare, perché l’auto finisce di caricare prima che noi finiamo di pranzare (è uno dei vantaggi dei Supercharger).

Il paesaggio splendido del Seerausch di Beckenried. In controluce, volutamente, Marco e la Dama del Maniero.


Fa comunque impressione vedere la differenza fra la situazione in Canton Ticino, con i ristoranti semivuoti e il personale e gli avventori in mascherina, e quella oltre Gottardo: qui c’è una sola persona con la mascherina. I tavoli sono leggermente più spaziati del solito, si mangia all’aperto e c’è solo un discreto erogatore di disinfettante per le mani all’ingresso, ma nessun membro del personale ha mascherine o altre precauzioni anti-coronavirus. La giornata è splendida, il posto è incantevole e la cucina è molto buona, e sinceramente una boccata di normalità dopo due mesi di isolamento ci voleva proprio. Se anche dovessimo tornare a casa a mani vuote, sarà stato comunque un bel viaggio.

Dopo un’altra novantina di chilometri arriviamo a Höri, al punto di ritiro Tesla: un anonimo capannone industriale senza alcun addobbo a parte l’insegna della marca. Raccolgo le mie scartoffie ed entriamo. Provo a giocare il jolly con la giovane ragazza alla reception (o alla ricezione, come si dice in italiano svizzero): le dico “Hello, do you speak English?” intanto che ripasso mentalmente in tedesco le cose che dovrò faticosamente dire in caso di risposta negativa.

Dalla ragazza arriva un perfetto “Sure!” che fa passare subito la paura. Bene: un ostacolo in meno. Mi presento e tiro fuori tutti i documenti per il ritiro, ma in realtà a Tesla interessa una sola cosa: il contratto. Assicurazione, carta di circolazione, patente? Ce l’hanno già online sui loro computer e non vogliono vedere altro. Potrei essere un impostore che si spaccia per un altro acquirente Tesla e se ne va con la macchina di qualcun altro, ma siamo in Svizzera e si va molto sulla fiducia (in alcuni casi troppo, ahimè).

L’unico intoppo è che la copia del contratto che ho firmato e spedito online è firmata in inchiostro nero, ma loro la vogliono in blu. Nessun problema: la ragazza ristampa il contratto e me lo fa firmare di nuovo con una biro blu. Non è ancora la firma definitiva: quella avverrà solo dopo l’ispezione dell’auto. La procedura richiede in tutto una manciata di minuti.

Il capannone di ritiro delle Tesla a Höri. Ancora non lo so, ma Tess è sulla destra, acquattata dietro le enormi Model X.


Arriva finalmente il momento dell’ispezione. Vedremo per la prima volta in che condizioni è l’auto che fin qui abbiamo visto solo in fotografia. Tiro fuori la mia checklist, redatta con l’aiuto di Marco e ispirazioni di altri utenti Tesla, e il mio tablet con il PDF della perizia per un riscontro dei danni documentati, e ci prepariamo a vedere e decidere se accettare o no l’auto. Ma qui il coronavirus ci mette lo zampino.

L’assistente di Tesla ci spiega infatti che per rispettare le norme anti-contagio uno solo di noi tre può entrare a vedere l’auto. È un peccato, perché ovviamente anche la Dama del Maniero vorrebbe vederla di persona prima di decidere un investimento importante del genere. Non solo: il giro di prova promesso non sarà possibile prima della firma. Prima si firma per accettazione, poi si fa il giro fuori. Ci sono comunque sette giorni di tempo per cambiare idea. Non c’è scelta, per cui vado da solo, armato della mia checklist, mentre Marco e la Dama mi aspettano fuori. Li avviso che dovendo fare tutto da solo ci metterò un bel po’.


La checklist


La consegna deve includere:
  • Un UMC, ossia il caricabatterie da viaggio, che consente di caricare l’auto su qualunque presa elettrica (molto lentamente) in emergenza
  • due “chiavi” (in realtà sono due telecomandi; l’auto non ha una chiave di avviamento da inserire nel cruscotto e per avviarla è sufficiente che una “chiave” sia a bordo)

L’UMC o “carichino” con i suoi accessori. È un UMC 2, non quello originale dell’auto, che era un UMC 1 (più potente).

Uno dei telecomandi di Tess. Premendo sul tetto si comandano lo sblocco delle portiere e l’estrazione delle maniglie; premendo sul cofano si sblocca il bagagliaio anteriore; premendo sul retro si sblocca e si alza il portellone posteriore.


Ispezione esterna

  • Usare la lampada per controllare condizioni sottoscocca e fondo
  • Controllare l'ossidazione dei contatti sul connettore di ricarica
  • Esaminare i bordi di tutti i vetri, tetto compreso
  • Esaminare i cerchi per eventuali abrasioni
  • Controllare modello e stato degli pneumatici [non sono i Nokian invernali dichiarati: sono dei Michelin Pilot Sport 3 245/45R19 102Y XL T0 Acoustic estivi]
  • Provare le quattro portiere dall'esterno e testare se le maniglie sono ancora metalliche [ho portato una calamita per verificarlo: le maniglie vecchie, metalliche, hanno un meccanismo che dopo qualche tempo si guasta ed è molto costoso da riparare; su Tess la calamita mi dice che sono quelle nuove. Un problema in meno]
  • Esaminare tutti i fanali per eventuale condensa interna
  • Cappucci coprivalvole presenti su tutti e 4 gli pneumatici
  • Lo sportellino di ricarica si trova a filo e si muove liberamente, si apre e chiude senza problemi

Ispezione interna
  • Controllare vignetta 2020 [la “vignetta” è il bollino adesivo annuale che permette di circolare su tutte le autostrade svizzere]
  • Alzare e abbassare tutti i finestrini a portiere chiuse
  • Chiudere e aprire gli specchietti
  • Provare le quattro portiere dall'interno
  • Provare il rilascio meccanico delle portiere posteriori [le portiere hanno uno sblocco elettrico; in caso di incidente catastrofico che interrompe l’alimentazione elettrica, c’è un cavetto di sblocco manuale dentro l’abitacolo]
  • Aprire e chiudere tetto apribile
  • Aprire e chiudere portellone bagagliaio
  • Aprire e chiudere cofano
  • Controllare se sono presenti accessori sotto il tappetino del frunk [il “frunk” è il bagagliaio anteriore, contrazione di “front” e “trunk”]
  • Aprire e chiudere portiere e controllare alzata vetri [i finestrini sono senza cornice superiore; quando si chiude la portiera fanno una corsa supplementare per fare tenuta]
  • Spostare i due sedili in tutte le direzioni fino a fine corsa
  • Aprire e chiudere cassettino portaoggetti [è comandato elettricamente]
  • Ripiegare i sedili posteriori
  • Guardare sotto i tappetini per eventuali tracce di evaporazione d'acqua
  • Provare aggancio e strattonamento di tutte le cinture di sicurezza (5)
  • Assicurarsi che l’AC calda/fredda funzioni a piena potenza senza strani rumori
  • Telecamera di retromarcia funzionante
  • MCU: Provare Screen cleaning Mode e Sketchpad per avere il bianco integrale e cercare pixel bruciati [l’MCU è il “tablettone” e lo Screen cleaning mode o Sketchpad lo fanno diventare tutto bianco in modo da evidenziare eventuali pixel bruciati o ingiallimenti che possono colpire alcuni esemplari]
  • MCU: Fare power-down e cercare eventuali bolle nello schermo
  • MCU: Guardare la versione di software installata [è la più recente]
  • Connettività cellulare di bordo funzionante a Wi-Fi spento [la SIM interna dell’auto deve connettersi alla rete cellulare e l’auto deve trasmettere telemetria anche quando non è connessa al Wi-Fi del punto di ritiro]
  • Connettività Bluetooth del telefono come chiave primaria funziona
  • Tutte le funzioni della app del telefono funzionano (sblocco, precondizionamento, ecc.)
  • Tutte e 4 le prese USB e la presa da 12V sono alimentate
  • Streaming di musica e vivavoce telefono funzionano, ricezione radio buona
  • Il controllo vocale funziona
  • Il microfono acquisisce un buon audio (fare una telefonata di prova)
  • Tutti gli altoparlanti emettono suoni, nessun "clipping" audio

Ispezione dall’interno con aiuto esterno
  • Fare il giro dei sensori di parcheggio [una persona gira intorno all’auto per vedere se si attivano correttamente i sensori]
  • Passare da D a P a D ripetutamente ascoltando il rumore dei freni esternamente
  • Accendere i fanali e controllare che tutti i LED si illuminino
  • Tutte le luci anteriori e posteriori funzionano (emergenza, indicatori di direzione, freni, fari / nebbia, regolazione su / giù dal touch screen)
  • Tutti i pulsanti funzionano correttamente (luci di cortesia, 4 frecce)
  • Tutte le luci interne presenti e funzionanti (specialmente piedi, le luci pozzanghere, tetto, ecc.)
  • Assicurarsi che entrambi gli attacchi CA e CC funzionino (test su un Supercharger)


L’addetto mi accompagna all’auto e mi lascia solo, dicendomi di chiamarlo se ho qualunque domanda o perplessità.

Il colore di Tess è esattamente quello che speravamo: un bel blu elettrico, con gli interni beige. Vado subito a controllare i vari graffi esterni evidenziati dalla perizia: sono assolutamente trascurabili, e se non sapessi che ci sono non me ne sarei mai accorto. Alcuni sono stati sistemati. Anche le scheggiature sul parabrezza sono microscopiche. I bordi dei vetri del tetto sono in ottimo stato e non ci sono segni di infiltrazioni. Il connettore di ricarica è lucido e non ossidato. Fin qui tutto bene.

Ma la sorpresa più piacevole è l’interno: i danni indicati sulla perizia, particolarmente sulla portiera del conducente e sul volante, sono molto meno visibili rispetto alle foto che ci sono state fornite. Certo, l’auto ha quattro anni e mostra i segni dell’uso, ma non si tratta di devastazioni inaccettabili. Nel bagagliaio non c’è nessun cadavere e l’auto profuma di pulito.

Proseguo il mio esame di quasi tutti i punti della checklist che posso controllare da solo; gli altri li farò all’uscita, durante il viaggio di ritorno e all’arrivo a casa.

Mi piacerebbe consultarmi con la Dama, ma non è possibile, e comunque ci sono sette giorni di tempo per cambiare idea, per cui dopo una ventina di minuti chiamo l’addetto, gli chiedo di impostare Tess in inglese (per i comandi vocali, che così sono più affidabili che nelle altre lingue, e per eventuali problemi diagnostici da riferire), firmo su un tablet per l’accettazione, mi faccio montare le targhe e salgo a bordo per partire.

Il chair flying mi risparmia imbarazzi e danni: dopo aver regolato specchietti e poltrona, non vado a cercare la leva del cambio o la fessura per la chiave, ma mi limito a premere il pedale del freno. L’auto si attiva, si mette da sola in Park e attende i miei comandi. Porto la leva del selettore su Drive, tocco l’acceleratore e cautamente esco dal capannone, prendendo le misure di manovra di questa portaerei lunga cinque metri e larga due e dieci. I sensori di parcheggio hanno una visualizzazione grafica a colori meravigliosamente chiara che indica esattamente la distanza dei vari punti dell’auto dagli ostacoli. Altro che il cicalino generico “sei troppo vicino da qualche parte, arrangiati tu a scoprire dove” sul display monocromatico dell’auto precedente. E la telecamera di parcheggio posteriore su un tablet da 17 pollici è uno spettacolo.

Presento Tess alla Dama e a Marco, e iniziamo i controlli ulteriori che non ho potuto fare da solo. La Dama approva e concorda che i danni sono più che accettabili, per un’auto di quattro anni e 80.000 km. Disattivo tutte le funzioni di guida assistita, in particolare l’Autosteer (il mantenimento assistito di corsia), lasciando attiva solo la frenata automatica d’emergenza.

Superati tutti i controlli, facciamo la foto di rito:


Ed è così che siamo diventati orgogliosi proprietari di un’auto elettrica a lunga autonomia. Basta benzina, basta gas di scarico, basta visite al distributore: l’auto “fa il pieno” in garage. Trecento e rotti chilometri di autonomia sono più che sufficienti a coprire quasi tutti i nostri spostamenti. Abbiamo una rete di ricarica garantita. L’auto ha quattro anni, ma il suo software è aggiornato a pochi giorni fa. Molte sue funzioni sono monitorabili e comandabili tramite telefonino. E abbiamo speso meno di quello che costerebbe una comune Golf GTI nuova.

È giunto il momento di infilare una chiavetta USB con un po’ di musica e ripartire verso il Maniero Digitale, con una brevissima tappa di ricarica (15 minuti a Flüelen, giusto per provare il Supercharger), gustandosi una giornata incredibile e un sogno tecnologico che si avvera. Duecentoquaranta chilometri a velocità autostradali, in un silenzio quasi irreale persino per noi che siamo già abituati alla silenziosità delle elettriche, e arriviamo a casa comunque con ampio margine di batteria.

Le magagnine cominceranno dopo il ritorno, nei giorni successivi. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.


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2020/06/09

Avventurette in auto elettrica: come ho comprato una Tesla per meno di 35.000 euro (seconda parte)

(continua dalla prima parte) Ultimo aggiornamento: 2020/06/09 15:45.


Mercoledì 22 aprile 2020


Davvero si può acquistare un’automobile online? Ci sto provando. Faccio login al sito Tesla, presso il quale ho già un account da anni, da quando pensavo di acquistare una Model 3 per la quale avevo versato un anticipo nel 2016 (poi rimborsato integralmente nel 2019).

Riguardo un’ultima volta in dettaglio tutti i particolari dell’offerta.



[Se vi state chiedendo cosa sia il “fondo yacht abbinato”, complimenti per la vostra attenzione al dettaglio: è un allestimento interno nel quale fra il conducente e il passeggero anteriore non c’è nessuna plancia longitudinale portaoggetti divisoria, ma c’è solo una vaschetta portatutto. C’è chi lo odia perché le cose stanno in disordine e vengono sballottate e chi lo apprezza perché dà un grande senso di spazio. Nelle Tesla nuove la vaschetta è stata sostituita da un portaoggetti a scomparti multipli; per quelle con la vaschetta è possibile acquistare accessori che fanno da portaoggetti.]

Come dicevo alla fine della prima puntata, clicco su Acquista.

Compare un modulo da compilare, che linka il Contratto d'ordine in PDF (che specifica “Fino alla consegna del Veicolo, è possibile annullare l'ordine in qualsiasi momento”), la Supercharger Fair Use Policy (ossia le regole di buon senso per evitare abusi della rete di ricarica), l’informativa sulla privacy e i termini di pagamento (che sono tre sezioni dello stesso documento HTML). Fra l’altro, il link "Scarica PDF" in alto a destra non mi funziona.



Mi leggo tutta la documentazione, poi compilo il modulo con i miei dati, pago 100 CHF con la mia carta di credito e clicco su Conferma ordine.

Compare una simpatica schermata Ordine completato. Il codice RN****** che ho oscurato è il numero di prenotazione.



Il dado è tratto. Ho ordinato un’auto usata senza averla mai vista e senza andare da un concessionario. Sono pazzo, lo so.

Clicco su Successivo.



Nei dettagli di configurazione, il sito mi dice (in tedesco, grazie mille) quali dotazioni ha l’auto usata che ho scelto. Se non si è superesperti di Teslologia applicata oltre che di tedesco, questa schermata è utile come le racchette da neve in piscina:

Ah beh, se c'è lo Schiebedach siamo a posto. Sarà un parente del Dachshund?

Seriamente: a parte il bug imbarazzante di presentare le informazioni in un mix di lingue, questa parte del procedimento di acquisto è un caos totale per un acquirente medio. Anch’io, che seguo Tesla da anni, mi ci perdo. E non è giusto che alcune caratteristiche siano rivelate soltanto dopo aver pagato i 100 CHF di “commissione per l’ordine”.

Decifro le singole voci:
  • 70 è il nome del modello ed è anche la capacità originale della batteria in kWh.
  • Hinterradantrieb è la trazione posteriore.
  • Deep Blue Metallic-Lackierung è il colore della carrozzeria (blu metallizzato).
  • Schiebedach è il tetto apribile.
  • 19 Zoll Felgen sono i cerchi da 19 pollici.
  • Sitze der neuen Generation, hellbraun sono i sedili di nuova generazione, marrone chiaro (beige).
  • Dekor Abachi matt è.... non lo so. Presumo sia un dettaglio dell’allestimento interno [dai commenti mi dicono che abachi è un tipo di legno che in italiano si chiama obeche; matt è ovviamente “opaco”].
  • Schwarzer Dachhimmel è il rivestimento interno del tetto in nero.
  • Power and Lighting Package: questo non era specificato prima, e dovrebbe essere un pacchetto di illuminazione interna e qualcos’altro, ma non sembra saperlo nessuno.
  • Autopilot-Komfortmerkmale è la funzione di guida assistita Autopilot.
  • Premium-Upgradepaket: anche questo non era specificato prima e dovrebbe includere interni migliorati, illuminazione interna, filtraggio HEPA, portellone posteriore azionato elettricamente, fendinebbia a LED e fanali dinamici.
  • No - 19" Nokian Winterreifen Set sono le gomme invernali, ma non è chiaro se il No vuol dire che non ci sono (ma se la pagina è in tedesco, non dovrebbe essere nein?).

Insomma, questa esperienza di acquisto online non è particolarmente chiara o rassicurante. Già c’è tantissimo da imparare quando si passa da un’auto tradizionale a un’elettrica; questi sono strati di ulteriore complicazione che non aiutano e non incoraggiano. E la confusione non è ancora finita.

La pagina Tesla di Paolo linka il contratto d’ordine (che scarico) e la Guida rapida sull'esperienza dei proprietari per mercati secondari, mercati grigi e veicoli grigi, che a sua volta linka la pagina di Roadside Assistance (il programma di assistenza stradale Tesla).

La pagina mi dice anche di scaricare l’app Tesla per accedere ai tutorial di guida e sbloccare il “codice di segnalazione”, ossia il referral code personale, un link che permette di dare 1500 km di ricariche gratis presso i Supercharger Tesla a chi acquista una Tesla nuova tramite quel link. Ogni volta che qualcuno usa il referral code, il proprietario di quel code ha una possibilità di vincere una Model Y ogni mese o una Roadster ogni tre mesi. Il mio, se volete saperlo, è https://ts.la/paolo49861.

Scarico l’app, immetto il mio nome utente e la mia password, e invece di darmi accesso ai tutorial di guida mi dice “Accesso non riuscito -- Nessun prodotto collegato al tuo account Tesla”. Andiamo bene.



Il sito a questo punto mi chiede di specificare un luogo di consegna: ma non dovevo andare a Zurigo a ritirarla? Va be’, provo a dare il mio indirizzo di casa, e quando clicco su Successivo, mi propone di scegliere fra Zurigo Höri o Ginevra. Ma allora perché mi ha chiesto l’indirizzo di casa per la consegna?


Scelgo Zurigo. Il Delivery Center è al 37 di Altmannsteinstrasse, a Höri, 8181.

Scelgo poi la modalità di pagamento: opto per Leasing tramite Tesla e automaticamente mi viene proposto il Finanzierungsleasing. Clicco su Continua. Mi chiede di scegliere fra Cembra Moneybank e Bank-Now AG. Scelgo Cembra e vengo portato al sito dell’azienda, che mi chiede i miei dati personali e un bel po’ di informazioni sul reddito e la sostenibilità. Il tasso del leasing è il 3,45%.

Intanto l’auto è scomparsa dal catalogo delle Tesla usate. Ora non mi resta che attendere l’eventuale accettazione del leasing. Finora mi sono impegnato solo per 100 CHF e ho finalmente visto, nel bene e nel male, come funziona l’acquisto online di una Tesla: non bene.


Mercoledì 29 aprile 2020


È passata una settimana ma non è arrivato nessun segnale di vita da Cembra per l’accettazione del leasing. Il sito Tesla mi dice Credit Application Pending - Your credit application has been received. We will contact you with details on your credit decision and terms”. In inglese, sì, perché tanto vale confondere ancora un po’ il cliente.

Inganno l’attesa fornendo online gli altri documenti richiesti: i dati per l’assicurazione e una scansione della mia carta d’identità.

Nel frattempo, con il lockdown che persiste ed è arrivato al cinquantatreesimo giorno in Italia e al quarantaseiesimo qui in Svizzera, con scuole, negozi e frontiere chiuse e senza nessuna garanzia che si possa tornare a una parvenza di vita normale, il mio lavoro e quello della Dama del Maniero si stanno trasformando freneticamente. Molte occasioni di lavoro si sono volatilizzate, e stiamo pensando seriamente di lasciar perdere un investimento come quello di un’auto elettrica, che era in buona parte coperto dal risparmio sulla benzina. Risparmio che invece adesso non c’è più a causa del lockdown, visto che non andiamo più da nessuna parte. Non c’è nessuna parte dove andare.

La nostra auto a benzina è parcheggiata in garage, inattiva, da oltre un mese. Questo è stato il primo mese di guida interamente elettrico della nostra vita automobilistica: abbiamo percorso, con la nostra piccola Peugeot iOn, 135 chilometri in tutto il mese di aprile.

Forse, dice la Dama, non è il momento di rischiare, anche perché fra le decisioni prese nella trasformazione del lavoro c’è quella di terminare la collaborazione con Le Scienze (mi porta via troppo tempo) e quindi viene a mancare anche quella fonte di reddito.

Così decidiamo di lasciare che siate voi lettori a determinare la sorte di questo esperimento elettrico. La Dama del Maniero mi lancia una sfida amichevole: se scrivendo articoli per il blog o in qualche altro modo riesco a guadagnare quello che non arriva più dagli articoli per Le Scienze, allora il progetto Tesla andrà avanti. Ho una settimana di tempo. Altrimenti ci terremo l’auto a pistoni, che sta prendendo polvere in garage; tanto ormai è già praticamente pagata. I pochi spostamenti che possiamo fare (praticamente soltanto la spesa, visto che anche il lavoro alla radio e in TV è fermo o remotizzato) li stiamo comunque facendo con ELSA, la nostra piccola auto elettrica.

È a questo punto che nasce la proposta delle Storie di Scienza che vi ho raccontato qui e che mi ha permesso di superare l’Ordalia della Dama. Insomma, se al Maniero Digitale c’è ora una bellissima auto elettrica e non si consuma più carburante, è anche merito vostro. Grazie!


Venerdì 1 maggio 2020


Mi chiama Tesla Suisse, in ottimo italiano, per fare il punto della situazione. La pratica di leasing a loro non risulta, nonostante sul sito ci sia molto chiaramente la dicitura "Your credit application has been received", per cui la devo rifare. Grrr.

Intanto ho coniato un nome per la Model S, qualora andasse in porto l’acquisto: TESS, come il supercomputer senziente di Salvation, una serie di fantascienza nella quale il protagonista Darius Tanz, vistosamente basato su Elon Musk, guidava una Tesla Model X.

In fin dei conti, la Tesla è un computer su ruote, per cui il nome è calzante. La Dama approva. Lo considero retroacronimo di Tesla Electric Second-hand Sedan, o Totally Electric Silent Sedan, o Totally Electric Smart Sedan, oltre che nome proprio e troncamento vezzeggiativo di Tesla.


Sabato 2 maggio 2020


Rientro nel mio account Tesla e nella prenotazione di TESS e rifaccio la pratica di leasing: stranamente mi indica l’auto come veicolo nuovo e a km attuali zero. Boh. Se non fosse un esperimento, avrei già lasciato perdere dall’esasperazione.

Scelgo 20.000 km/anno, 8.000 CHF di primo canone di leasing, 60 mesi, che mi porta a una rata di 331.70 CHF (circa 100 CHF più di quello che normalmente spendiamo in benzina ogni mese) con un valore residuo di 13.428 CHF. Va bene.

Invio una scansione del mio documento (libretto per stranieri) via mail. Finalmente clicco su Inviare la richiesta alla Cembra Money Bank. Stampo copia della richiesta: ora non resta che aspettare. Di nuovo.


Lunedì 4 maggio 2020


Mi telefona un rappresentante di Cembra, sempre in perfetto italiano. Discutiamo della mia richiesta di leasing ed è perplesso dal prezzo dell’auto. Come fa una Tesla Model S a costare 37.000 CHF? Non sarà un mio errore di compilazione al posto di 73.000? No, gli spiego, visto che il modulo online ha questi dati già precompilati e non modificabili [come vedete qui sotto]: l’auto è usata. Aha. Questo cambia tutto. Il rappresentante mi dice che chiarirà con Tesla.




Martedì 5 maggio 2020


Il rappresentante di Cembra ha chiarito la faccenda con Tesla: propone gli stessi tassi, ma non c'è il valore di riscatto, o meglio scende a 1000 CHF, per cui sale la rata mensile (a 524.50 CHF). Mi va bene.


Giovedì 7 maggio 2020


Arriva una mail da Cembra: richiesta accettata. Mi contatterà Tesla direttamente per la firma del contratto e la consegna della vettura.


Mercoledì 13 maggio 2020


Siamo in ballo ormai da tre settimane. Non abbiamo fretta, e per ora tutta la procedura è ancora più che altro un passatempo o un divertissement, ma se avessimo avuto premura saremmo diventati isterici. Alla faccia della facile procedura online.

Nel frattempo, riguardando le foto della perizia fornita da Tesla abbiamo formulato una teoria semiseria alla Sherlock Holmes sui danni al lato sinistro del volante e alla portiera: il conducente indossava enormi anelli da gangster. È l’unico modo per spiegare graffi del genere. Oppure era un licantropo e a volte doveva aprire la portiera dopo essersi trasformato in lupo.

Siamo davvero sicuri di voler investire in un’auto così malconcia? Sento anche gli amici dei club Tesla italiani e ticinesi: mi dicono che mal che vada il pannello interno e il volante si possono sostituire senza svenarsi.



Dalle foto della perizia risulta che il nome dato all’auto dal proprietario precedente è Lanya. Uno dei significati di lanya è “Leader of a gang, usually a woman, aka, Big Momma: My lanya told me to pop a cap in yo ass!” (Urbandictionary). Ci starebbe anche.

[Ora capirete il senso di questo tweet criptico:



Non abbiamo mai scoperto il significato effettivo.]


Arriva una mail da Tesla con il contratto di leasing da firmare e rispedire elettronicamente.


Giovedì 14 maggio 2020


Mi telefona Tesla e chiariamo alcuni punti del contratto di leasing, sempre in ottimo italiano. C’è la questione della permuta della mia attuale auto a benzina, che però non sarà libera fino a metà giugno (se va bene). Tesla non è contenta di aspettare così tanto e ha fretta di consegnare. Io no.

[Riassumo la complicatissima vicenda della permuta per non tediarvi: Tesla accetta in permuta le auto dei clienti, ma le valuta molto poco (anche perché non le perizia; si limita a basarsi su marca e modello e poco più, senza foto, sulla parola). La mia Mokka, che ha una valutazione Eurotax (fatta online) di circa 13.000 CHF, verrebbe permutata da Tesla a soli 7800 CHF. Per contro, la permuta semplifica moltissimo il procedimento: si porta a Zurigo l’auto attuale, la si lascia lì, si spostano le sue targhe sulla Tesla, e si riparte verso casa. Decidiamo invece di vendere la Mokka separatamente, tramite il Touring Club Svizzero, che ha un ottimo servizio tutto compreso, spiegato qui e qui.]


Venerdì 15 maggio 2020


Spedisco via mail a Tesla il PDF del nuovo contratto di leasing compilato e firmato. Mi richiamano: non accettano firme digitali (avevo usato la mia firma salvata nel Mac per non stampare il documento). Stampo la pagina, la firmo manualmente, la scansiono e la rispedisco. Concordiamo una consegna ipotetica il 27 maggio se vendiamo separatamente Petula [la Mokka si chiama così perché ha cicalini molto petulanti].


Lunedì 18 maggio 2020


Mi metto d’accordo con il TCS per portare a loro Petula il 29 maggio. Verrà stargata e lasciata lì per la vendita. Avviso Tesla via mail. Intanto pubblico un altro indizio. Le teorie che vengono proposte per spiegare questa immagine sono meravigliosamente divertenti e creative.




Martedì 19 maggio 2020


Tesla conferma telefonicamente di aver ricevuto la mia mail. Fissiamo il ritiro per il 3 giugno alle 14 a Zurigo. Dai che ce la facciamo.

Proviamo la Hyundai Kona 2020: molto valida, nettamente migliorata rispetto alla versione provata due anni fa, mantenimento di distanza e di corsia molto più fluidi; ma il bagagliaio è un po’ piccolo per le nostre esigenze e il prezzo è piuttosto alto per la versione a lunga autonomia. La teniamo come Piano B.


L’abitabilità posteriore della Hyundai Kona è un po’ sacrificata, ma lo è anche sulla Tesla Model S.

La presa di ricarica frontale è molto più comoda di quella laterale-posteriore delle Tesla, che obbliga spesso a fare manovra.

Il posto di guida è alto, la visibilità è ottima; la plancia centrale è ingombrantissima e poco pratica. Sotto c’è un vano aperto, ma è troppo basso per metterci una borsa o altro.


Mercoledì 20 maggio 2020


Mi arriva per posta la “carta grigia” (il documento di immatricolazione) della  Model S, annullata ma con tutti i dati necessari per la reimmatricolazione. Alla faccia del culto svizzero della privacy, ci trovo tutti i dati del proprietario precedente: nome, cognome, indirizzo, data di nascita. La prima messa in circolazione risale al 31/3/2016.

La lettera accompagnatoria (su carta) è in tedesco:

Einlösung Tesla

Sehr geehrter Herr Attivissimo,

Beiliegend erhalten Sie das Formular 13.20A mit der zugehörigen Abnahmebestätigung Ihres Tesla. Zusätzlich benötigen Sie noch einen elektronisch übermittelten Nachweis von Ihrer Versicherung. Mit diesen Unterlagen können Sie dann bei Ihrem Kantonalen Strassenverkehrsamt die Zulassung vornehmen. Bitte bringen Sie die Kontrollschilder und den neuen Fahrzeugausweis zu Ihrem Übergabetermin mit.

Sollten Sie noch Fragen haben, stehe ich Ihnen gerne zur Verfügung.

Mit freundlichen Grüssen

Specialist, Europe Delivery

Google Translate la capisce così:

Redenzione [sic] di Tesla

Gentile Sig. Attivissimo,

In allegato riceverai il modulo 13.20A con la relativa conferma di accettazione dalla tua Tesla. È inoltre necessaria una prova trasmessa elettronicamente dalla propria compagnia assicurativa. È quindi possibile utilizzare questi documenti per ottenere l'approvazione dell'autorità cantonale del traffico stradale. Porta le targhe di comando e il nuovo ID del veicolo alla data di consegna.

Se hai ulteriori domande, non esitare a contattarmi.

cordiali saluti

Specialista, consegna in Europa

Beh, perlomeno alla fine di questa via crucis c’è la redenzione.

Faccio un bonifico di 7900 CHF a Tesla Switzerland tramite home banking.


Lunedì 25 maggio 2020


È arrivata la fattura di Tesla a Cembra, in copia per conoscenza a me. Gli utenti Tesla (in particolare Daniele Invernizzi di eV-Now! e Leonardo di Power Cruise Control) si stanno dando da fare tantissimo per consentirmi di fare un test diagnostico della batteria al momento del ritiro usando Power Cruise Control e un cavetto adattatore OBD per le Tesla. Scopro che il connettore OBD sulle Tesla è finto: porta soltanto la corrente elettrica, ma non trasmette dati. È presente solo per rispetto delle norme federali USA. Il connettore diagnostico vero è nascosto dietro un pannello sotto il tablet centrale.

Dal mio assicuratore (Zurich) vengo a sapere che il prezzo di listino originale della Model S che abbiamo in opzione era 88.900 CHF.

Faccio benzina per l'ultima volta sulla via del ritorno da La-Chaux-de-Fonds, dove lavora una delle nostre figlie.




Venerdì 29 maggio 2020


Lascio Petula, la Opel Mokka, al TCS, dopo averne azzerato le memorie. Visto che non mi voglio far mancare nulla in quest’avventura, mentre sono al TCS arriva una pazza che lascia l’auto in mezzo alla strada, strilla contro i dipendenti, insiste che lei è figlia di Dio e noi siamo il diavolo ma lei è buona perché ci ama tutti e partorisce e ha “le tette” (sic). Si offre di mostrarmele davanti a tutti. Le dico che le credo sulla fiducia. È talmente esagitata che l’ufficio viene chiuso e lei viene chiusa fuori e pesta contro i vetri. Arriva la polizia.

Non so se interpretarlo come un segno divino favorevole o contrario. Del resto, la mail di Tesla tradotta da Google parlava di redenzione...

Se a qualcuno interessa la Mokka del Disinformatico, sulla quale ha viaggiato Marina Sirtis (Deanna Troi di Star Trek The Next Generation) per un memorabile tragitto Bellaria-Bologna nel 2019 (ero il suo traduttore alla Starcon), l’annuncio è qui su Autoscout24.ch. Per ragioni burocratiche, l’offerta è riservata ai soli ticinesi.


Per chi non conoscesse Marina Sirtis. Penitenziagite!

Sul palco con Marina Sirtis, peperina incontenibile. Credit: Sticcon.


Martedì 2 giugno 2020


Ci siamo: dopo quaranta giorni, domani arriverà il grande momento. Sono ancora molto scettico e incredulo. Se dovessi valutare questa esperienza di acquisto, sarei decisamente insoddisfatto: per carità, gli addetti si sono prodigati per sistemare ogni magagna, ma è proprio l’interazione con il sito che non rassicura e spesso invece confonde contraddicendosi.

L’unica cosa certa è che questa trafila e questo miraggio hanno contribuito non poco a mantenere la mia salute mentale durante il lockdown e la crisi di lavoro che ne è conseguita. Ci sono i primi allentamenti, c’è qualche segno di vago ritorno alla normalità, ma la frontiera è ancora chiusa e non vedo i miei genitori da gennaio. Intanto ho installato in garage una telecamera di sorveglianza e un Wi-Fi powerline, perché il parcheggio sotterraneo è schermatissimo, il cellulare non ha campo e la Tesla deve stare connessa per poter essere comandata e monitorata a distanza.

Vado a Camorino, alla Sezione della Circolazione, per trasferire la targa dalla Mokka alla Tesla. Ci metto tre minuti d'orologio, perché a causa del coronavirus tutto va fatto online o per posta: mi viene dato un modulo che vale come autorizzazione temporanea a circolare esclusivamente in Svizzera.

Ho tutto: contratto, assicurazione, documento di circolazione. Mi sono studiato i tutorial su come si avvia e si guida una Model S del 2016. Mi sono ripassato i termini tecnici tedeschi. Ho imparato anche come fare reboot di una Tesla (sì, capita spesso che sia necessario; è una rete di computer su ruote, in fondo) e mi sono preparato, anche con l’aiuto dei Teslari, una dettagliatissima checklist delle cose da ispezionare prima di accettare. Il vantaggio di scegliere una Tesla è la comunità di utenti e smanettoni che sanno fare qualunque cosa.


Domani andremo a Zurigo a vedere finalmente Tess: è come andare al gattile a ritirare un micio abbandonato che finora hai visto solo in foto e sai già che è un po’ malmesso. Avrò un quarto d’ora di guida di prova, mi ha detto il rappresentante Tesla, prima di decidere se accettare o lasciar perdere. Naturalmente ci andremo in auto elettrica: una splendida Tesla Model 3 Performance dell’amico Marco, che ci sta dando un aiuto enorme in quest’avventura.

Nella prossima puntata vi racconterò le sorprese che abbiamo trovato all’arrivo. Non è andato tutto secondo i piani.


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2020/06/08

Violato il sito del CICAP

Il sito del CICAP ha subìto una violazione informatica rivendicata su Twitter da @LulzSecITA.




Un altro messaggio di @LulzSec_ITA ha fornito informazioni sulla tecnica di attacco:



Ma nemmeno loro sono riusciti a scoprire dove teniamo il finto set dello sbarco sulla Luna, i serbatoi per le scie chimiche o le mutande dell’uomo falena. Il CICAP ha risposto così:



Ricordo, giusto a scanso di equivoci, che violare un domicilio informatico è reato.

Il CICAP ha annunciato come segue la vicenda:




Sono al corrente dei dettagli, ma non ho intenzione di fare alcun commento pubblico. Scrivo questo post per prevenire le inevitabili domande.


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Avventurette in auto elettrica: come ho comprato una Tesla per meno di 35.000 euro (prima parte)

Quando vi ho presentato Tess, la mia prima auto elettrica a lunga percorrenza, ho promesso che vi avrei raccontato la storia strana che mi ha portato a rinunciare definitivamente all’auto a carburante e a comprare una Tesla Model S per meno di 35.000 euro. Questa è la prima parte del racconto.

3 giugno 2020. La Dama e io siamo in autostrada, avvolti nell’ovattato silenzio della Tesla che abbiamo appena ritirato a Zurigo, e stiamo iniziando il viaggio di ritorno verso il Maniero Digitale a Lugano. Mentre sto prendendo confidenza con le ragguardevoli dimensioni di Tess (cinque metri per due) guidando in modalità totalmente manuale (niente cruise control, men che meno Autopilot), mantengo una promessa che mi ero fatto quando è iniziato questo sogno folle alcuni mesi fa: la prima canzone suonata da Tess dovrà essere un brano preciso, quello perfetto per celebrare un viaggio e un momento di euforia difficilmente ripetibile.

Premo il tasto dei comandi vocali che si trova sul volante e chiedo a Tess di suonare quella canzone, che ho caricato su una chiavetta USB insieme a tante altre. Tess capisce le mie parole, la trova e la suona, e a quel punto mi si stampa in faccia un sorriso che si ferma solo quando arriva alle orecchie. È Everybody Wants to Rule the World dei Tears for Fears. Questa:



È uno di quei rari momenti di perfezione che vanno assaporati e diventano indimenticabili. Almeno qui, ora, sono arrivato nel futuro che speravo di poter vivere con la persona che amo. Ma come ci sono arrivato? Questo è il diario che ho scritto durante questa pazzia ragionata, con alcune revisioni e note.


Lunedì 23 marzo 2020


Mezzo pianeta è intrappolato in casa per via della pandemia da Covid-19. Tutti i negozi, le aziende e i servizi non essenziali sono chiusi per ordine dei governi, sia in Italia (ferma da tredici interminabili giorni [ed è solo l’inizio], con divieto di circolazione salvo casi improrogabili), sia in Svizzera (dove per ora c’è solo la raccomandazione di non circolare se non strettamente necessario). Chi può, lavora da casa; chi non può, non lavora. Io, che lavoro da casa da trent’anni, sono sommerso di impegni lavorativi; annullate tutte le conferenze e le lezioni, ho comunque da gestire le altre attività remotizzabili e reinventare quelle che non lo sono.

Può sembrare quindi un momento strano per andare a caccia di automobili elettriche, e farlo può sembrare forse offensivo verso le sofferenze altrui. Ma detto molto sinceramente: con amici, parenti e conoscenti che mi svaniscono dall’oggi al domani e con il futuro che incombe in modo angosciante, forse è il caso di fare una piccola follia, perché oggi più che mai di doman non c’è certezza.



Inoltre, volendo essere molto pragmatici, i concessionari sono chiusi e nessuno vende o compra auto. A marzo 2020 le immatricolazioni in Svizzera sono crollate del 34% su base annua. Le case automobilistiche hanno fame di clienti e quindi stanno facendo offerte molto interessanti (per esempio Hyundai). E quindi è paradossalmente un ottimo momento per fare acquisti, nella speranza di tempi migliori.

Il negozio online di Tesla è aperto, e così da qualche giorno ho cominciato a tenere d’occhio i prezzi delle auto di seconda mano, in particolare le Model S. Nuove costano, in Svizzera, da 98.000 CHF in su; usate costano meno della metà e hanno comunque ancora qualche anno di garanzia. Per esempio, una Model S 70 del 2016 costa 37.500 CHF.

Inoltre ho notato che i prezzi dei singoli esemplari dell’usato Tesla oscillano da un giorno all’altro in maniera sorprendente, salendo o scendendo anche più di 100 CHF in un giorno. E alcuni esemplari spariscono dal negozio, quindi qualcuno sta ancora comprando.

Per esempio, limitandomi soltanto alle Model S blu con interni beige (ho aggiornato questi esempi anche nei giorni successivi):

  • Model S 85 del 2015 (42.476 km, garanzia batteria e motore fino a giugno 2023, km illimitati, sospensione Smart Air, audio UHF): 37.600 CHF (27/3), 37.400 CHF (28/3), 37.300 CHF (30/3), 37.200 CHF (1/4), rimossa (1/4 sera).
  • Model S 70 del 2016 [questa sarà Tess] (79.052 km, garanzia batteria e motore fino a marzo 2024, km illimitati, cerchi da 19"): 37.500 CHF (24/3), 41.500 CHF (28/3), 41.400 CHF (30/3), 41.300 (5/4), 37.600 CHF (7/4), 37.500 CHF (10/4), 37.400 CHF (14/4), 37.300 CHF (21/4).
  • Model S 85 del 2015 (62.080 km, garanzia batteria e motore fino a dicembre 2023, km illimitati, sospensione Smart Air, audio UHF, cerchi da 21"): 40.200 CHF (28/3), 40.100 CHF (31/3), rimossa (1/4), tornata a 40.000 CHF (2/4), 39.200 CHF (7/4), 39.100 CHF (8/4), 39.000 CHF (12/4), 38.900 CHF (15/4), 38.800 CHF (18/4), 38.700 CHF (22/4).
  • Model S 85D del 2015 (139.681 km, garanzia batteria e motore fino a giugno 2023, km illimitati, sospensione Smart Air, audio UHF, cerchi da 21"): 40.400 CHF (2/4), 40.100 CHF/ 139.684 km (4/4), 39.600 CHF (5/4), 38.800 CHF (7/4), 38.700 CHF (8/4), 38.400 CHF (10/4), 38.100 CHF (12/4), 37.900 CHF (13/4), 37.800 CHF (15/4), 37.700 CHF (16/4), 37.600 CHF (20/4).
  • Model S 90D del 2015 (92.343 km, garanzia batteria e motore fino a dicembre 2023, km illimitati, cerchi da 19", poltrone grigie): 42.800 CHF (2/4), 42.700 CHF (3/4), 42.300 CHF (5/4), 42.400 CHF (6/4), 42.300 CHF (7/4), 42.200 CHF (8/4), 42.100 CHF (15/4), 42.000 CHF (18/4), 41.900 CHF (21/4).

[“Audio UHF” è l’impianto audio ad alta fedeltà, con subwoofer]

Alcune delle Model S in vendita sul sito svizzero di Tesla ai primi di marzo 2020.

Questo monitoraggio, lo ammetto, è anche una forma di terapia contro le notizie sempre più disastrose che arrivano da fuori e contro il silenzio inquietante del lockdown. Sognare non costa nulla.

È vero che le Model S di oggi hanno una tecnologia nettamente superiore a quelle del 2016 (oggi hanno 8 telecamere, processori più potenti, e molte altre migliorie), ma comunque anche quelle di quattro anni fa tengono tranquillamente testa alle offerte della concorrenza di oggi, soprattutto in termini di velocità di ricarica. E nessuna concorrente ha una propria rete di ricarica dedicata e garantita.



Potrei insomma avere una berlina elettrica ad alte prestazioni, con un bagagliaio capientissimo, proprio con il colore esterno e interno che piace a me e a mia moglie (blu con interni beige) a diecimila franchi in meno di quello che mi costerebbe per esempio una Hyundai Kona elettrica 64 kWh nuova (che è la mia attuale candidata migliore).

Certo, la Model S è un po’ più ingombrante: è 80 cm più lunga (498 cm contro 418 cm) e 12 cm più larga a specchietti aperti (219 cm contro 207). Rispetto alla mia attuale auto a benzina, una Opel Mokka, è 71 cm più lunga (498 contro 427) e 16 cm più larga a specchietti aperti (219 contro 203). In compenso la Model S ha 894 litri di bagagliaio totale (davanti e dietro) contro i 332 della Kona e i 356 della Mokka. Anche una S 70, la più “piccola” della gamma (70 kWh), avrebbe un’autonomia dignitosa (circa 330 km da nuova) e il motore singolo (al posto del doppio motore attuale) mi darebbe ulteriore capienza anteriore nel frunk (il bagagliaio anteriore). Inoltre qualunque Tesla avrebbe il bonus enorme di una rete di ricarica tutta sua e veloce.

Avrei comunque ancora circa quattro anni di garanzia sulla batteria e sul motore, che sono i due componenti di maggior costo del veicolo, e ho visto che la vita delle batterie delle Tesla è quasi sempre più lunga del periodo di garanzia (c’è chi ci ha fatto oltre 300.000 km), per cui potrei anche rischiare.

Così oggi ho provato a scrivere a Tesla via mail. Nessuna risposta.


Mercoledì 8 aprile 2020


Sono passate due settimane. Ancora silenzio da parte di Tesla. Intanto i prezzi stanno continuando a scendere, per cui provo a mandare un SMS direttamente al telefonino di lavoro del rivenditore di zona, che stavolta risponde richiamandomi. Mi fornisce molti dettagli sul procedimento di acquisto: la consegna avviene anche adesso, in tempi di pandemia, ma in maniera minimale, con contatti ridotti all’indispensabile: una firma e si ritira l’auto.

Il punto di consegna è sempre e comunque Zurigo. In caso di permuta della propria auto, la si consegna sempre a Zurigo. Vanno quindi messi in preventivo un viaggio di circa due ore e mezza e una procedura di consegna probabilmente in tedesco, lingua che non mastico con scioltezza.

È possibile acquistare la Tesla usata con un finanziamento fino a 60 mesi. Le auto non possono essere visionate prima dell’acquisto: la si vede solo il giorno del ritiro e a quel punto la si può ancora rifiutare, perdendoci solo 100 CHF di “commissione per l’ordine”. Mi sconsiglia la Model S 85D da 41.931 km, perché è una delle più “antiche” (lo si capisce dal VIN a 5 cifre finali) e quindi potenzialmente soggetta a maggiori difetti a lungo andare.

Il rivenditore mi manda in giornata le expertise, ossia delle perizie fatte da un’agenzia esterna, degli esemplari che mi interessano. Si tratta di lunghi documenti PDF, scritti in un italiano leggermente creativo ma comprensibile, che descrivono in estremo dettaglio e con dovizia di fotografie lo stato dell’auto, non dal punto di vista impiantistico ma dal punto di vista dei segni materiali di usura (graffi, zone logorate o macchiate degli interni, scheggiature e simili).

Queste sono alcune delle tante foto della perizia di una delle auto candidate [a questo punto non lo sapevo ancora, ma questa sarebbe diventata Tess]: sono leggermente malconce, ma per un prezzo del genere c’è da aspettarselo. Posso solo sperare che, come mi dice il rivenditore, le foto siano state fatte apposta per evidenziare ogni difetto e che dal vivo la situazione sia meno grave. Ogni contrassegno giallo indica un danno.



Quando abbiamo visto questa foto dell’interno portiera del conducente, abbiamo subito pensato che fosse l’auto di un pusher con la mano incrostata di gioielloni...

...e poi abbiamo visto i graffi sul volante. Decisamente era un pusher (sappiamo che non era una donna dai documenti di immatricolazione del proprietario precedente). Ci sarà un carico nascosto in qualche doppio fondo? Un cadavere nel bagagliaio?



Le Tesla usate rivendute direttamente dall’azienda hanno comunque superato un esame tecnico dettagliato. E non va dimenticato che ogni Tesla trasmette continuamente telemetria alla casa madre, che quindi ha tutta la storia di ogni veicolo. Il Grande Fratello inquieta, ma in questo caso è anche un garante.

Spetta ora a me scegliere quale auto acquistare. Ricevo anche un link per far valutare la mia auto attuale per una permuta.


Martedì 14 aprile 2020


L’assortimento nell’usato Tesla continua a variare: compaiono nuovi esemplari e altri spariscono. A questo punto la candidata più probabile è questa Model S 70: è l’unica del 2016, ha i cerchi da 19" (quindi cambiare pneumatici costerà meno, mentre le altre hanno cerchi da 21"), è la più “semplice” (motore singolo, batteria relativamente più piccola), ed è quella che costa meno, eccetto un paio di modelli bianchi che comunque hanno poca differenza di prezzo (ma la Dama del Maniero da sempre è categoricamente contraria alle auto bianche). Oggi è scesa a 37.400 CHF.



Martedì 22 aprile 2020


La Model S 70 è scesa ancora, a 37.300 CHF. Nel frattempo ho chiarito tutti i dubbi procedurali con Tesla. Posso avviare la procedura di acquisto cliccando su Acquista e pagando soltanto 100 franchi di acconto. Con la Dama del Maniero concordo che vale la pena spenderli se non altro per vedere come funziona l’acquisto interamente online di un’automobile e raccontarlo in un articolo.

Il VIN è 5YJSA7E19GF******: secondo TeslaTap, vuol dire:
  • 5YJ: identificativo del fabbricante (Tesla)
  • S: modello (Model S)
  • A: versione a 5 porte e con guida a sinistra
  • 7: tipo di sicurezza passeggeri, in questo caso cinture di sicurezza manuali, airbag frontali, airbag laterali e “cofano attivo” (active hood), che ancora non so cosa sia [dai commenti mi dicono che è questo]
  • E: propulsione elettrica, a batteria a ioni di litio
  • 1: motore singolo a induzione trifase
  • 9: cifra di controllo
  • G: anno di produzione (2016)
  • F: luogo di produzione (Fremont, California)
  • ******: numero di serie


Preferirei aspettare ancora qualche giorno, visto che ho ancora un mesetto prima che mi finisca il leasing dell’attuale auto a benzina, ma c’è il rischio che questo prezzo cambi drasticamente (il 28 marzo l’ho visto salire addirittura a 41.500 CHF) e l’auto sparisca: di esemplari come questo, con tutte queste caratteristiche ottimali per il nostro caso, ce ne sono sempre meno.

In ogni caso, un tentativo di acquisto mi permetterebbe di documentare se e come funziona la formula di vendita innovativa di Tesla, che elimina l’intermediazione (e i ricarichi) dei concessionari tradizionali.

E così, per parafrasare Manzoni, lo sventurato rispose.




A scatola chiusa, senza aver pubblicato nessun dettaglio di cosa stavo facendo, mi sono arrivati commenti incoraggianti e meravigliosi come questo:




Quello che è successo dopo, però, è un’altra storia, che tengo per la prossima puntata.


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2020/06/07

Storie di Scienza 7: Perché i guanti spaziali strappano via le unghie agli astronauti?

Ultimo aggiornamento: 2022/02/19.

È il 1971. Sulla Luna ci sono due astronauti, Dave Scott e Jim Irwin: un terzo, Al Worden, li attende in orbita intorno alla Luna svolgendo una serie di esperimenti.

Alla fine dell’ultima escursione della sua missione, denominata Apollo 15, Scott svolge in diretta TV il famoso esperimento della piuma e del martello lasciati cadere contemporaneamente nel vuoto sulla superficie lunare. Mentre lo fa, intrattiene gli spettatori e gli scienziati che lo seguono in video raccontando allegramente di come Galileo aveva ipotizzato che tutti gli oggetti cadano alla stessa velocità a prescindere dalla loro massa o peso, se si elimina la resistenza dell’aria.

Quello che non dice è che i guanti della tuta spaziale gli stanno letteralmente staccando le unghie dalle dita.

È un problema piuttosto comune: cinque dei dodici astronauti che hanno camminato sulla Luna ne hanno sofferto, e molti astronauti ne soffrono tuttora. Se volete fare gli astronauti lunari o comunque una passeggiata spaziale nel prossimo futuro, mettete in preventivo di perdere una o più unghie delle mani. C’è chi se le fa rimuovere preventivamente pur di non soffrire quando si addestra o quando sa che andrà nello spazio e dovrà lavorare in tuta extraveicolare.

Il fenomeno ha, come tutte le cose spaziali, un nome tecnico: si chiama fingernail delamination oppure onicolisi, e da sola costituisce quasi la metà di tutte le ferite riportate da astronauti durante uscite extraveicolari anche nell’astronautica moderna, secondo uno studio pubblicato nel 2010 da Dava Newman, docente di aeronautica e astronautica al MIT, sulla rivista Aviation, Space, and Environmental Medicine. Sui 232 astronauti della NASA presi in esame dallo studio, 22 (ossia il 10% circa) hanno subìto traumi alle unghie per il fatto di aver indossato i guanti delle tute spaziali.

Le foto seguenti, scattate al ritorno di Dave Scott sulla Terra, mostrano chiaramente i segni di questo trauma sotto forma di emorragie subungueali. Vi risparmio quelle di altri casi anche peggiori.

7 agosto 1971: Dave Scott racconta la propria esperienza a bordo della portaerei Okinawa che ha recuperato la sua capsula. Notate le unghie della mano destra. Foto NASA S71-42195, scansione di J. L. Pickering.

12 agosto 1971: le unghie di Scott durante la conferenza stampa a Houston (Credit: NASA).

Dettaglio della foto precedente.

Il New York Times del 10 agosto 1971 dice che Scott subì una “rottura di vasi sanguigni sotto quattro unghie durante il primo giorno di esplorazione lunare” perché “i guanti esercitavano una forte pressione costante sulle dita che causavano ‘emorragie minori’ sotto tre unghie della mano destra e una della sinistra”. Il medico degli astronauti, Charles Berry, spiega al NYT che “normalmente la pressione del sangue e quindi il dolore verrebbero alleviati trapanando un piccolo foro nell’unghia. Ma gli astronauti non erano equipaggiati per farlo e quindi il Colonnello Scott ha dovuto semplicemente sopportare il dolore.”

Come ben sa chiunque si sia tirato una poderosa martellata su un dito, un’unghia in queste condizioni causa un dolore atroce e di solito si stacca completamente qualche tempo dopo; la sofferenza continua per tutti i mesi della ricrescita della nuova unghia, che spesso è deforme.

Queste lesioni sono dovute alla grandissima rigidità e all’elevato spessore dei guanti delle tute spaziali per attività extraveicolari (da distinguere dalle tute per attività intraveicolari, che sono relativamente più semplici e devono “solo” fornire protezione contro cali di pressione e incendi dentro il veicolo spaziale).

Guanto pressurizzato ignifugo della tuta di sopravvivenza intraveicolare di SpaceX. Credit: Everyday Astronaut.

Pur essendo fatti su misura, questi guanti extraveicolari hanno moltissimi strati (isolamento dal caldo e dal freddo estremo, tenuta di pressione, riscaldamento, resistenza alla lacerazione e all’abrasione, protezione antincendio, protezione contro micrometeoroidi) che li rendono rigidi, goffi ed enormi, e il differenziale di pressione fra l’interno e l’esterno (0,3 atmosfere) li irrigidisce ancora di più.

Alcuni degli strati di un guanto per EVA: da sinistra, lo strato di tenuta alla pressione, lo strato di contenimento anti-rigonfiamento e lo strato di protezione meccanica. Fonte: Universe Today.

Questo breve video mostra la complessità di un guanto dell’era Shuttle, presentando in dettaglio il restraint layer, ossia lo strato di contenimento che impedisce alla membrana pressurizzata interna di gonfiarsi come un palloncino. I cordini permettono all’astronauta di regolare il contenimento in ogni singola zona.


Se volete sapere tutto sulla struttura incredibilmente complessa dei guanti spaziali americani e russi, potete leggere l’articolo Spacesuits and EVA Gloves Evolution and Future Trends of Extravehicular Activity Gloves (AIAA 2011-5147), al quale hanno collaborato vari ricercatori del Politecnico di Torino.

Immaginate insomma di indossare sei o sette paia di guanti, uno sopra l’altro, e poi provate a flettere le dita. Ora considerate che un astronauta, durante un addestramento pre-volo in piscina o durante una sessione di lavoro all’esterno nello spazio o sulla Luna, deve flettere quel guanto con le proprie dita e impugnare oggetti per ore e ore di seguito. Questa situazione tende a spingere le punte delle dita delle mani contro i cappucci terminali delle dita dei guanti. La forte pressione costante causa emorragie subungueali (“finivamo per avere le punte delle dita nere e blu”, spiega Charlie Duke di Apollo 16 nel libro On the Moon: The Apollo Journals, pagina 471) e il sudore crea un ambiente caldo e umido che spappola la pelle ed è l’ideale per alimentare micosi. Una vera pacchia.

Come spiega il documento NASA Fingernail Injuries and NASA’s Integrated Medical Model, la flessione costante delle dita a causa del movimento di presa e rilascio può portare a un leggero trauma alle unghie e le unghie tendono ad essere tirate via dal dito sottostante (“The constant flexing of the fingers due to the "grasp and release" motion of the hands can result in mild trauma to the fingernails & the nails tend to pull away from the underlying finger”) e anche nei voli Shuttle e sulla Stazione Spaziale Internazionale si sono verificati casi di lesione o distacco dell’unghia (“nail will slough in short order”).

L’astronauta NASA Anne McClain mostra uno dei guanti della sua tuta per EVA a bordo della Stazione Spaziale Internazionale a marzo 2019. Si vede bene lo strato esterno di protezione e presa. Foto NASA ISS059E05614.

Ogni volta che un astronauta chiude la propria mano, i cappucci terminali dei guanti oppongono resistenza e tirano le unghie verso l’alto. E durante un’attività extraveicolare (EVA) non c’è tempo di riposare, e quindi se l’unghia si scalza si deve andare avanti lo stesso.

Sulla Luna, Dave Scott si procurò anche uno strappo alla spalla destra nello sforzo di estrarre dalla superficie lunare una trivella di carotaggio, oltre ai traumi alle unghie. Non disse nulla al Controllo Missione, ma si prese in tutto ben 14 aspirine per ridurre la sensazione di dolore (On the Moon: The Apollo Journals, pagina 471). Il suo collega, Jim Irwin, ebbe disagi analoghi e descrisse il proprio dolore definendolo “lancinante” (Foothold in the Heavens, pagina 459). Altri tre astronauti lunari ebbero almeno una emorragia sotto le unghie. Problemi dello stesso tipo sono stati segnalati anche nelle EVA delle missioni Shuttle e sulla Stazione Spaziale Internazionale. 

“Since the Apollo Program, spacewalking U.S. astronauts have often reported blunt nail trauma from working in the EVA suit gloves. Five of the 12 Moon-walking astronauts had at least one subungueal hemorrhage of the hands. The manual dexterity and tactile sensitivity required to perform EVA tasks demand that the fingertip be in close contact with the space suit glove, especially during preflight training. The resultant pressure often leads to mail elevation, which, with sufficient pressure and repeated trauma, can lead to damage to the nail matrix.” (Principles of Clinical Medicine for Space Flight, pag. 103)

Lo studio della professoressa Newman ha trovato una correlazione significativa fra questi traumi e le dimensioni delle mani degli astronauti: non è questione di lunghezza delle dita, come potrebbe venire istintivo pensare, ma di circonferenza delle mani. In particolare, i maschi con una circonferenza di oltre 23 centimetri sono maggiormente soggetti a lesioni alle unghie rispetto a chi ha mani più piccole. Le mani grandi tendono inoltre a soffrire di problemi di circolazione derivanti dalla compressione locale.

Di rimedi, per ora, ce ne sono pochi: si è visto che tenere le unghie molto corte aiuta, ma per contro un taglio eccessivo rischia di far penetrare l’unghia nella carne. Si usa anche un guanto interno di seta per ridurre lo sfregamento.

Guanti interni in seta usati per le missioni Shuttle. Fonte: Smithsonian’s National Air and Space Museum/Google.

Inoltre si usano da sempre guanti fatti su misura, partendo da un calco delle mani di ogni singolo astronauta, ma solo la membrana di tenuta pneumatica è personalizzata direttamente su questo calco, mentre gli strati esterni sono di taglie fisse. E già così si tratta di un procedimento costoso: ogni personalizzazione costa circa centomila dollari.

Calchi delle mani degli astronauti Apollo degli anni Sessanta, venduti all’asta per 155.000 dollari. Credit: ILC Industries/Bonhams.

Periodicamente la NASA indice dei concorsi, gli Astronaut Glove Challenge, per selezionare nuovi progetti di guanti, che fanno emergere idee originali e le verificano in condizioni di test molto severe e realistiche, mettendo in palio un premio di 250.000 dollari.

Fra le idee proposte, anche da istituti di ricerca italiani, ci sono degli esoscheletri per le mani, concepiti per essere integrati nei guanti, con degli attuatori che assistono i muscoli delle mani nello sforzo di flettere la rigida struttura dei guanti stessi.

Un’altra idea, circolante dagli anni Settanta del secolo scorso, è di avere una tuta a contropressione meccanica, ossia una tuta la cui forma stessa, molto aderente, genera pressione sul corpo, senza dover più mettere l’intero astronauta dentro una membrana elastica gonfiabile. Un esempio di queste tute è la Biosuit, alla quale ha lavorato anche la professoressa Newman insieme alla ditta italiana Dainese.


Simulacro della tuta Biosuit a compressione meccanica.

A un livello molto meno tecnologico, si usano già materiali antimicrobici per ridurre la proliferazione batterica e gli odori e assorbire il sudore, insieme a smalti per rinforzare le unghie, cerotti trasparenti e colle chirurgiche (Dermabond e simili). Ma il problema generale, per ora, rimane.

La prossima volta che incontrate un astronauta, insomma, date un’occhiata alle sue mani; se vedete che sono un po’ malconce, non stupitevi e non criticatelo per la sua carenza di manicure. È già tanto se ha ancora le unghie. E ammettetelo: ora che sapete di questo dettaglio, vi è passata del tutto la voglia di andare nello spazio.


Fonti aggiuntive: Fingernail Injuries and NASA's Integrated Medical Model, Kerstman e Butler, NASA (2008) (PDF); Apollo 15 Technical Debriefing, pag. 21-2; Apollo 15 Mission Report, p. 150; Space.com (2010); National Geographic (2010); Extravehicular Activity, NASA; Building the Future Spacesuit, Ask Magazine; Principles of Clinical Medicine for Space Flight, Barratt e Pool. Questo articolo fa parte delle Storie di Scienza: una serie libera e gratuita, resa possibile dalle donazioni dei lettori. Se volete saperne di più, leggete qui. Se volete fare una donazione, potete cliccare sul pulsante qui sotto. Grazie!




2020/06/06

Immuni e SwissCovid, app anti-pandemia a confronto alla Radio Svizzera

Giovedì scorso il collega della RSI Nicola Colotti ha invitato il consigliere nazionale svizzero Bruno Storni, il giornalista italiano Alessandro Longo e il sottoscritto a discutere per una cinquantina di minuti sul tema delle app di tracciamento delle prossimità, come Immuni e SwissCovid. L‘audio è disponibile qui sotto e scaricabile qui; la scheda del programma è qui.


Durante la conversazione sono emersi numerosi punti interessanti: in Svizzera chi viene avvisato dall’app di una possibile esposizione al contagio avrà diritto a un test gratuito; la perdita di lavoro da (auto)quarantena per chi si fa testare e risulta positivo sarà finanziata dallo Stato; il 18 giugno arriverà, salvo sorprese, la base legale che consente il funzionamento di SwissCovid, che diventerà operativa dal primo luglio.

Aggiungo un dettaglio pubblicato da Alessandro Longo nella spiegazione approfondita di Immuni su Agenda Digitale: la citatissima “soglia” del 60% è in realtà la percentuale che “serve per un’efficacia ottimale... c’è un vantaggio però a qualsiasi livello di adozione, anche del 10%”. Lo conferma anche Sundar Pichai di Google: "avrà un impatto positivo anche se solo il 10%-20% degli utenti lo userà. Più saranno, meglio funzionerà".

Un altro aspetto spesso non capito di questa percentuale è che non tutti gli utenti contribuiscono in maniera uguale all’efficacia: una persona che frequenta luoghi affollati usando l’app è più significativa per il tracciamento dei contagi rispetto a una persona che vive isolata e ha installato Immuni o SwissCovid.

La cosa che mi ha fatto più piacere, nella gestione svizzera a livello politico di questa difficile app, è il buon senso e la serietà di aver chiesto di aggiungere una clausola di rimozione dell’app ed eliminazione di tutti i suoi dati qualora risultasse inefficace. Buon ascolto.

2020/06/05

Puntata del Disinformatico RSI del 2020/06/05

È disponibile la puntata di stamattina del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, condotta da me insieme ad Alevì.

Podcast solo audio: link diretto alla puntata.

Argomenti trattati:

Podcast audio precedenti: archivio sul sito RSI, archivio su iTunes e archivio su TuneIn, archivio su Spotify.

App RSI (iOS/Android): qui.

Video (con musica): è qui sotto.

Archivio dei video precedenti: La radio da guardare sul sito della RSI.

Buona visione e buon ascolto!


Antibufala: I complotti di Bill Gates con microchip e piani di pandemia

Credit: BBC.
Intanto che il mondo scientifico corre per cercare di realizzare un vaccino contro la pandemia, su Internet c’è gente che semina tesi di complotto sul vaccino ancora prima che sia pronto.

La BBC raduna alcune delle tesi più diffuse: per esempio, c’è chi sostiene che la pandemia sia una copertura per nascondere un piano diabolico di Bill Gates, cofondatore di Microsoft, che vorrebbe impiantare dei microchip tracciabili in tutte le persone con la scusa della vaccinazione.

Prove a sostegno? Zero. Nessuna. Ma tesi del genere sono state ripetute dal capo del partito comunista russo e da Roger Stone, ex consigliere di Donald Trump. Secondo un sondaggio, il 28% degli americani sostiene questa tesi.

Tutta la storia è nata, a quanto pare, da un’interpretazione a capocchia di una dichiarazione di Bill Gates risalente a marzo scorso. In un’intervista, Gates ha detto che “prima o poi potremo avere tutti dei certificati digitali” da usare per indicare chi è guarito, chi è stato testato e chi è stato vaccinato. Non ha mai parlato di microchip, ma evidentemente chi non sa cos’è un certificato digitale (è un file, non un oggetto materiale) ha capito una cosa per l’altra e ha diffuso la falsa notizia.

Un’altra frase attribuita falsamente a Bill Gates è che avrebbe ammesso che il vaccino indubbiamente ucciderà 700.000 persone: almeno così sostiene un tweet che ha avuto oltre 45.000 condivisioni (retweet) e like e contiene un video del complottista Alex Jones, vecchia conoscenza di questo blog. Ma in realtà la dichiarazione di Gates chiariva che è importante preoccuparsi di eventuali effetti collaterali: “Se abbiamo un effetto collaterale ogni 10.000 persone... ne soffriranno 700.000 persone”.

La BBC nota che le tesi di complotto su Bill Gates sono arrivate anche nel Parlamento italiano, dove una parlamentare indipendente ha chiesto che l’informatico venga sottoposto al Tribunale Penale Internazionale per “crimini contro l’umanità”. Anche considerando Windows Vista, mi pare un po’ eccessivo.
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