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Il Disinformatico

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2022/11/18

Podcast RSI - Twitter, la cronaca del caos e i trucchi da sapere per difendersi

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano i testi e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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2022/11/15

Le dirette streaming per il tentativo di lancio di Artemis I (aggiornamento: tentativo riuscito!)

La finestra di lancio si apre alle 7.04 italiane del 16 novembre.

NASA: https://www.youtube.com/watch?v=21X5lGlDOfg

Everyday Astronaut: https://www.youtube.com/watch?v=FbX2VuOwJGk

NASASpaceflight: https://www.youtube.com/watch?v=kvaz66nMEls

Adrian Fartade farà una diretta streaming su Twitch dalle 4.30 italiane in poi.

Astronauticast farà una diretta su YouTube, in italiano, a partire dalle 6.00 italiane: https://www.youtube.com/watch?v=a_cwflbVcZI

Anche Astrospace farà una diretta su YouTube in italiano: https://www.youtube.com/watch?v=hVnaJ6cNoPk

Qui trovate una cronologia dettagliata degli eventi previsti. Un’altra cronologia è qui sul sito dell’ESA.

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2022/11/16 9:00. Artemis 1 è partito alle 7.47 italiane e ora il veicolo spaziale Orion che trasporta è in orbita intorno alla Terra. Tra poco riaccenderà i motori per accelerare verso la Luna.

Credit: Space Florida.

Una Tesla in Cina “ha iniziato a correre all'impazzata in strada”, secondo Repubblica. Non proprio

Pubblicazione iniziale: 2022/11/15 2:02. Ultimo aggiornamento: 2023/03/01 11:15.

È arrivata anche sui media italiani la notizia di un incidente mortale avvenuto in Cina alcuni giorni fa. Per come ne parla per esempio Repubblica, una Tesla Model Y avrebbe “iniziato a correre all'impazzata in strada”, come se l’auto avesse fatto tutta da sola. Lo stesso articolo descriveva inizialmente Elon Musk come un “magnate russo” [sic], come si vede nello screenshot qui accanto, quindi potete immaginare con quanta cura sia stato redatto.

Dell’incidente parla anche la Rai in un servizio che parla di una “Tesla che provoca un incidente mortale”, anche qui come se il veicolo avesse agito in totale autonomia. Ma in realtà c’era un conducente a bordo.

Né Rai né Repubblica, dopo aver mostrato il video impressionante e acchiappaclic dell’incidente, hanno ritenuto utile informare i loro lettori dei dettagli tecnici della vicenda, limitandosi a uno scarno riassunto che include il triste bilancio di due morti e tre feriti. Questa scelta lascia facilmente nel lettore l’impressione che l’auto sia impazzita e che per estensione i veicoli elettrici a guida assistita (spesso erroneamente descritti come “a guida autonoma”) siano pericolosi e incontrollabili. Provo a chiarire come stanno realmente le cose.

Ho scelto di non incorporare qui il video ma di descriverlo, perché è davvero spaventoso e non voglio attirare clic morbosi. Chi vuole esaminarlo può farlo per esempio qui oppure qui. Il video mostra l’intera sequenza dell’evento, ricostruita montando le riprese delle numerosissime telecamere di sorveglianza situate lungo il percorso dell’auto.

Nel video si vede che la Model Y dapprima accosta a bassa velocità, quasi si ferma al lato della strada, e poi ritorna in carreggiata, accelerando bruscamente e quasi investendo un ciclista, scansando con una violenta sterzata una persona in scooter e poi sfrecciando a velocità sempre più sostenuta lungo la strada rettilinea che attraversa il centro abitato, investendo in pieno un motociclista e di striscio un ciclista e poi colpendo frontalmente un furgone. La collisione la fa sbandare e concludere la propria corsa contro degli oggetti sul ciglio della strada dopo circa due chilometri e mezzo. L’intera sequenza dura una trentina di secondi.

L’incidente è avvenuto a Chaozhou, nella provincia di Guangdong, nella Cina meridionale. Il video riporta la data del 5 novembre 2022.

Nel video non si vede nessuna accensione delle luci posteriori di frenata. Un membro della famiglia del conducente (che è un uomo di 55 anni, che ha riportato delle ferite) ha dichiarato che il pedale del freno dell’auto non rispondeva e che anche quando il conducente ha cercato di mettere l’auto in Park il veicolo ha continuato la propria corsa.

Tesla, che ha i dati di telemetria dell’auto, dichiara invece (secondo Tesmanian) che non è vero che i freni non funzionavano. La telemetria, dice, indica che l’acceleratore è stato premuto a fondo e che il conducente non ha agito sul pedale del freno. Gli stessi dati indicano anche che il conducente ha premuto quattro volte il pulsante Park e che le luci di frenata si sono accese e spente brevemente. Sulle Tesla, tenere premuto a lungo il pulsante Park mentre si è in moto produce l’arresto del veicolo.

Secondo i media locali (Cnevpost; Global Times), che pubblicano altre foto dell’incidente, il conducente aveva accostato davanti al negozio di materiali da costruzione che gestisce e quando ha premuto il pedale del freno ha notato che era troppo duro per consentire di fermare completamente l’auto. Gli ultimi 1400 metri circa sarebbero stati percorsi dopo che la gomma anteriore sinistra era scoppiata. Il conducente è un ex camionista e la Tesla distrutta è la sua. La polizia locale ha escluso che il conducente fosse sotto l’effetto di alcol o farmaci.

Questi sono i fatti noti fin qui.

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Le congetture intorno all’incidente abbondano. Molti hanno ipotizzato che si sia trattato di un malfunzionamento del sistema di guida assistita (non autonoma), il cosiddetto Autopilot, ma né il conducente né Tesla hanno dichiarato che il sistema fosse attivo. In ogni caso, l’assistenza di guida non può assolutamente comportarsi nel modo che si vede nel video. Gli sbandamenti e le accelerazioni violente che si vedono nelle immagini non sono compatibili con l’Autopilot, e comunque qualunque pressione sul pedale del freno avrebbe disattivato immediatamente l’assistenza di guida.

Un’altra ipotesi è che l’auto abbia iniziato ad accelerare per qualche suo guasto profondo e la potenza del motore abbia reso vano l’uso dei freni. Ma dal video si vede che gli stop non si sono accesi se non fugacemente, e di fatto i freni di qualunque autoveicolo sono progettati per superare anche la massima potenza del motore.

Una terza ipotesi è che qualche grave difetto nel software di gestione del veicolo abbia fatto “impazzire” la Tesla, dando massima potenza al motore e inibendo i freni. Per capire quanto uno scenario del genere sia implausibile, bisogna tenere presente tre cose:

  • I freni sulle Tesla sono un sistema completamente meccanico, che funziona anche senza alimentazione elettrica semplicemente premendo il pedale apposito. Il software non ha alcun modo fisico di “inibire” i freni. Può solo dare comandi di attivazione della frenata, ma non può scavalcare il pedale del freno. Il rilascio del pedale è un meccanismo a molla: gli attuatori comandati dal software possono solo agire premendo sul pedale.
  • Per l’accelerazione, il software ha una serie di controlli incrociati severissimi. Qualunque manovra che comporti per esempio accelerazioni eccessive, livelli di potenza erogata non accettabili o qualunque altra condizione anomala viene semplicemente respinta. In casi estremi, il sistema di gestione della batteria (BMS) può addirittura staccare completamente l’alimentazione elettrica dei motori tramite un fusibile pirotecnico non riattivabile.
  • Tesla stessa spiegava già nel 2020 che “l’auto accelera se, e solo se, il conducente le dice di farlo, e rallenta o si ferma quando il conducente agisce sui freni... i pedali dell’acceleratore delle Model S, X e 3 hanno due sensori di posizione indipendenti, e se si verifica qualunque errore il sistema ha come default l’azzeramento della coppia del motore. Analogamente, se si agisce contemporaneamente sul pedale del freno e su quello dell’acceleratore, l’input dell’acceleratore verrà scavalcato e la coppia al motore verrà azzerata, e a prescindere dalla coppia una frenata persistente fermerà l’auto.”

La quarta ipotesi circolante (senza la minima prova) è che Tesla abbia alterato la registrazione della telemetria in qualche maniera per esonerarsi. Il problema di quest’idea è che il modo in cui sono scritte queste registrazioni (i log) è serializzato, ossia una riga dipende dal contenuto della precedente, e le registrazioni contengono moltissimi parametri ripetuti e riferimenti incrociati (l’accelerazione, per esempio, viene registrata dall’accelerometro, dai pedali, dal sensore di coppia, eccetera); ho visto personalmente questi file (della mia Tesla Model S e di altre Tesla) e sono complicatissimi da leggere anche dopo la decodifica.

Qualunque alterazione dei log sarebbe complicatissima, con effetti a cascata che la rivelerebbero, e andrebbe fatta anche sulla copia dei dati registrata localmente nella memoria dell’auto dopo che il veicolo è stato distrutto dall’incidente (o la memoria locale dovrebbe essere azzerata per “dimenticare” cosa è successo). Una strategia non impossibile, ma tecnicamente troppo onerosa e con il rischio di essere smascherati pubblicamente (come dimostrato dal Dieselgate).

Ma allora come si potrebbe spiegare quello che si vede nel video?

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Premetto che quanto segue è semplice congettura ragionata, sulla base dei dati disponibili finora, e come tale andrà sicuramente riesaminata quando saranno disponibili gli esiti delle perizie esterne già commissionate.

A mio avviso, la spiegazione meno irragionevole è che il conducente abbia semplicemente premuto per errore l’acceleratore pensando di premere il freno e poi, vedendo che l’auto continuava ad accelerare, preso dal panico abbia continuato a premere a fondo l’acceleratore credendo di agire sul pedale del freno. So che a mente fredda questo può sembrare impossibile, ma va considerato che ogni anno negli Stati Uniti avvengono oltre 16.000 incidenti causati da conducenti che scambiano l’acceleratore per il freno, secondo dati dell’ente NHTSA del 2015. E questo avviene senza che ci siano di mezzo veicoli elettrici o sistemi di guida assistita.

In media, insomma, 43 volte al giorno un automobilista americano preme l’acceleratore al posto del freno e causa un incidente. Capita anche in Europa, come mostra per esempio questo incidente a Roma. Non si tratta di una Tesla.

Gli stessi dati dell’NHTSA notano che in 40 anni di indagini sugli episodi di accelerazione improvvisa non intenzionale “non sono mai stati identificati difetti del veicolo che possano causare avarie improvvise sia dell’acceleratore sia dei freni”. La colpa è risultata sempre un errore del conducente, causato da distrazione, calzature non adeguate, cattive abitudini di posizionamento del piede sul freno che lo fa scivolare dal pedale del freno verso quello dell’acceleratore, e così via. 

Per esempio, Toyota fu al centro di una serie di casi di accelerazione improvvisa involontaria dal 2009 al 2011: le indagini appurarono che c’erano difetti nei tappetini e nei pedali che in alcune circostanze potevano facilitare errori, ma i casi esaminati risultarono essere imputabili soprattutto a un errore di azionamento dei pedali da parte del conducente. 

Tuttavia un‘intervista al conducente, pubblicata in inglese su Cnevpost.com, gli attribuisce delle dichiarazioni precise che ribadiscono la sua tesi:

  • Non era al telefono.
  • Quando ha accostato, ha tolto il piede dall’acceleratore e lo ha messo sul freno, ma ha avvertito che la frenata elettromagnetica rigenerativa (il “freno motore” delle auto elettriche) era differente dal solito e quindi ha iniziato a premere il freno, sentendolo duro. Ha premuto il pedale due volte, senza successo. A questo punto il veicolo stava ancora procedendo molto lentamente.
  • Avvertendo che l'auto stava funzionando in modo anomalo, ha premuto il pulsante Park. È a questo punto che l’auto ha accelerato.
  • Ha premuto il freno con tutte le sue forze e ha sterzato per evitare un motociclista.
  • Ha tenuto il piede sul freno, sperando che riprendesse a funzionare e cercando un ostacolo contro il quale fermare la corsa del veicolo, ma a questo punto stava procedendo già a oltre 100 km/h e quindi non ha potuto fare altro che tentare di evitare gli altri occupanti della strada.
  • Ha perso i sensi dopo lo schianto.
  • Ha effettuato un esame del sangue appena ricoverato in ospedale.
  • Il rumore di clacson che si sente nel video non è suo; aveva entrambe le mani sullo sterzo e con le dita stava premendo il pulsante Park sulla levetta che sporge dal piantone.

Se le dichiarazioni del conducente corrispondono a quanto effettivamente accaduto, restano aperte le ipotesi di un difetto intrinseco dei veicoli di questo tipo che si manifesta solo in occasioni molto rare, di una modifica effettuata o di un danno subìto inavvertitamente. Ma resta da capire come un difetto, una modifica o un danno possano avere un effetto così catastrofico e contemporaneo sul sistema di guida e sull’impianto frenante.

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2023/03/01 11:15. Su Twitter è stata pubblicata quella che sembra essere la perizia sull’incidente. Secondo i tweet che la descrivono, l’acceleratore è stato premuto a fondo per tutto il tempo e i freni non sono stati mai azionati. Sembra la tipica situazione di errore del conducente; l’alternativa è ipotizzare che la perizia sia falsa o che Tesla abbia alterato i dati.

Fonti aggiuntive: Reuters, Teslarati, RSI, Jason Hughes, Electrek.

2022/11/13

Artemis I tenterà il lancio il 16 novembre alle 7:04 italiane

Dopo l’ennesimo rinvio di una lunghissima serie, il prossimo tentativo di lancio del razzo gigante SLS verso la Luna, senza equipaggio, è ora previsto per le 7:04 CET del 16 novembre dal Kennedy Space Center in Florida. La finestra di lancio dura due ore.

Se il lancio avverrà, la missione Artemis I terminerà l’11 dicembre con un ammaraggio della capsula Orion nell’Oceano Pacifico. L’Agenzia Spaziale Europea, che contribuisce alla missione con il Modulo di Servizio che supporta la capsula Orion, ha un blog apposito che consente di seguire la missione.

Nel frattempo, a otto chilometri di distanza dalla rampa di lancio è in corso l’integrazione con la capsula Orion di un altro esemplare del Modulo di Servizio: quello che porterà finalmente degli astronauti di nuovo intorno alla Luna con la missione Artemis II. A Bremen (Brema), in Germania, sono inoltre in produzione il terzo e quarto esemplare del Modulo di Servizio, che trasporteranno gli astronauti che scenderanno di nuovo sulla Luna dopo oltre cinquant’anni di pausa.

A Torino, inoltre, è in costruzione l’International Habitat, il primo modulo europeo della futura stazione spaziale lunare, che verrà lanciato nel corso della quarta missione Artemis insieme alla capsula Orion.

Fonti: ESA, NASASpaceflight.

2022/11/12

Pagare 8 dollari non “verifica” nulla, lo dice persino Twitter

Ultimo aggiornamento: 2022/11/18 9:50. Questo articolo è stato riscritto estesamente per tenere conto degli aggiornamenti ed è disponibile anche in versione podcast audio.

La cosa più bizzarra in tutta la vicenda delle “spunte blu” di Twitter è che salta fuori che pagare 8 dollari a Twitter per avere un cosiddetto “account verificato” (che conferisce all’utente questa spunta) in realtà non verifica assolutamente nulla, e Twitter lo scrive nero su bianco.

In questo momento, e per i prossimi mesi secondo gli annunci di Musk (“All unpaid legacy Blue checkmarks will be removed in a few months”), su Twitter ci sono due tipi di bollino blu: quello vecchio stile di chi si è autenticato mandando un documento e quello di chi ha pagato 8 dollari. 

Visivamente sono identici, ma per distinguerli c’è un trucco: si può cliccare sul profilo dell’account e poi sul bollino nel profilo. Se le Informazioni dell’account dicono che l’account è per esempio “verificato perché è considerato degno di nota”, allora è un account davvero verificato, alla vecchia maniera. Se invece dicono che “Questo account è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue”, è un account che ha semplicemente pagato per il bollino.

[Per fare lo stesso controllo si può anche usare un’estensione per Google Chrome chiamata eight dollars, che visualizza concisamente la motivazione del bollino.]

Sono pochissimi gli utenti che sanno di questi metodi di controllo e sono ovviamente ancora meno quelli che li applicano regolarmente, col risultato che truffe e inganni possono prosperare più di prima perché ora, grazie alle modifiche imposte da Elon Musk, i truffatori possono avere addirittura account apparentemente autenticati.


Facendo clic sul profilo di un utente e poi cliccando sul suo bollino compare una di queste due finestre informative: sopra, quella del bollino vecchio (di utente che si è verificato mandando una scansione di un documento e dimostrando di essere persona o ente degno di nota); sotto, quella del bollino nuovo (che può avere chiunque, nei cinque paesi abilitati, pagando 8 dollari). Notate che in entrambi i casi si parla di “account verificato.

[C’è anche un altro modo di distinguere i due tipi di bollino: immettere nella casella di ricerca di Twitter la stringa filter:blue_verified -filter:verified. Al momento in cui scrivo questo paragrafo (12 novembre sera) restituisce soltanto account che hanno pagato per avere il bollino. Chi vuole applicare questa ricerca ai propri follower può aggiungere filter:follows.]

La società di sicurezza informatica Tripwire avvisa che i criminali stanno già approfittando della confusione sui bollini per mandare mail nelle quali si spacciano per il servizio clienti di Twitter e invitano gli utenti a immettere nome, cognome e password in un modulo online per non perdere il bollino blu.

Dai criminali è abbastanza ovvio aspettarsi degli inganni. È meno ovvio che sia Twitter a ingannare gli utenti paganti. Infatti se si leggono le attuali condizioni di Twitter Blue (copia permanente) emerge che non è vero che gli account da 8 dollari sono verificati: lo dichiara Twitter stesso. Le condizioni dicono chiaramente che “Gli account che ricevono la spunta blu nell’ambito di un abbonamento a Twitter Blue non verranno sottoposti a riesame per confermare che sono conformi ai criteri di attività, notorietà e autenticità usati nella procedura precedente”, quella vecchio stile (“Accounts that receive the blue checkmark as part of a Twitter Blue subscription will not undergo review to confirm that they meet the active, notable and authentic criteria that was used in the previous process”)

[Ho aggiunto io i grassetti qui sopra per chiarezza. Anche Ars Technica ha notato questa dicitura, quindi la contraddizione non è solo una mia interpretazione].

Non c’è nessun controllo di autenticità. Però Twitter li chiama account “verificati”. Far pagare per un prodotto che non è quello che dice di essere non sembra un buon modo per attirare clienti.

Twitterremoto, prima puntata: il caos dei bollini, uffici chiusi, licenziamenti di massa

Pubblicazione iniziale: 2022/11/12 18:54. Ultimo aggiornamento: 2022/12/22 10:10. L’articolo è stato estesamente aggiornato e modificato per tenere conto degli eventi ed è disponibile anche in versione podcast audio. L’immagine qui accanto è di origine ignota.

Elon Musk è diventato il nuovo proprietario di Twitter il 27 ottobre scorso, dopo una sofferta trattativa iniziata ad aprile, e da allora in questo social network regna il caos. La vicenda sta diventando talmente intricata e assurda che credo sia utile riassumere gli eventi principali avvenuti fin qui, anche perché alcuni sono talmente incredibili che fra qualche anno probabilmente ci chiederemo se sono accaduti realmente.

[Prevengo subito una domanda ricorrente: no, al momento non ho intenzione di lasciare Twitter e/o migrare a Mastodon. Non ho tempo di studiare Mastodon a fondo e credo che non abbia ancora una massa critica e una facilità d’uso sufficienti.]

Il 4 novembre Musk ha licenziato circa metà dei 7500 dipendenti di Twitter.

Il giorno successivo, 5 novembre, è stata attivata una nuova versione di Twitter Blue, il servizio a pagamento di Twitter, disponibile soltanto a chi risiede negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, in Nuova Zelanda e nel Regno Unito. Fra le sue varie funzioni, il nuovo Twitter Blue consente agli utenti di questi paesi di acquistare per 8 dollari al mese un “bollino blu” che compare accanto al loro nome.

Il problema è che questo bollino blu somiglia in tutto e per tutto al bollino che per anni ha contraddistinto gli utenti che si erano autenticati, dando a Twitter prova della propria identità e notorietà. Quel bollino che permetteva a tutti gli utenti di essere certi di leggere gli account reali di politici, celebrità e testate giornalistiche e non qualche loro impostore.

Questa novità, voluta espressamente da Elon Musk nonostante gli avvisi di pericolo dei suoi addetti alla sicurezza, è stata vista immediatamente come un errore tecnico colossale, e non è difficile capire perché. Immaginate che il governo decida che da domani il vostro passaporto non è più un documento che attesta con certezza chi siete, ma è un libretto che chiunque può comperare per otto dollari mettendoci il nome che gli pare. Compreso il vostro. Non occorre essere geni per prevedere che scoppierebbe il caos e le truffe dilagherebbero. E infatti è esattamente quello che è successo su Twitter.

Numerosi spammer, truffatori e semplici burloni hanno immediatamente cominciato a creare account Twitter a nome di persone e aziende famose e hanno ottenuto il bollino blu che agli occhi dell’utente medio li faceva sembrare autenticati.

Una delle persone maggiormente prese di mira è stata proprio Elon Musk: moltissimi utenti hanno cambiato il proprio nome online assumendo il suo, per rendere evidente quanto fosse assurdo, pericoloso e ridicolo questo cambiamento radicale voluto dal nuovo CEO di Twitter. Musk, che fino a quel momento si era dichiarato in favore della libertà di espressione assoluta, ha subito corretto il tiro quando quella libertà è stata usata per sbeffeggiarlo.

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Il 9 novembre Twitter ha reagito al caos attivando ad alcuni utenti una spunta grigia, accompagnata dalla parola Official, per indicare gli account realmente autenticati e distinguerli da quelli paganti. Ma il giorno stesso ha disattivato questa funzione, creando ulteriore confusione.

Il voltafaccia repentino è ben documentato anche da due tweet consecutivi di @TwitterSupport: “We’re not currently putting an “Official” label on accounts but we are aggressively going after impersonation and deception.” (9 novembre). Due giorni dopo (11 novembre): “To combat impersonation, we’ve added an “Official” label to some accounts.”

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Le inevitabili e ovvie conseguenze di questa scelta scellerata di mettere in vendita a otto dollari quello che fino all’altroieri era un forte indicatore di autenticità sono state ben peggiori di una presa in giro collettiva.

Il 10 novembre qualcuno infatti ha creato un falso account usando il nome e il logo della casa farmaceutica Eli Lilly, ha pagato gli otto dollari per avere il bollino blu che tutti ancora considerano sinonimo di autenticazione, e poi ha usato quel falso account per annunciare che l’insulina sarebbe diventata gratuita (“We are excited to announce insulin is free now”).

L’annuncio dell’impostore è rimasto online per più di sei ore, ottenendo milioni di visualizzazioni. Le azioni della casa farmaceutica sono precipitate, portando con loro anche quelle di Novo Nordisk e Sanofi, visto che queste tre società forniscono il 100% dell’insulina usata negli Stati Uniti e il 90% di quella usata nel mondo [fonte: Investor's Business Daily]. Eli Lilly ha poi recuperato in Borsa, ma il giorno successivo ha sospeso tutti i propri investimenti pubblicitari in Twitter e tutte le sue comunicazioni aziendali in tutto il mondo sul social network di Elon Musk.

Insomma, con otto dollari qualcuno è riuscito a far perdere a Twitter un inserzionista che ne vale milioni. Colpa anche del fatto che Twitter, con metà del personale licenziato, non ha rimosso per ore l’account fasullo, nonostante le chiamate frenetiche dei rappresentanti della casa farmaceutica. E Eli Lilly non è l’unica grande azienda ad aver messo in pausa i propri investimenti pubblicitari su Twitter: nei giorni precedenti lo avevano già fatto Ford, General Motors, Pfizer e Audi, giusto per fare qualche nome [fonte: Wall Street Journal].

Sempre il 10 novembre è comparso un account con il bollino blu e con il nome e il logo della Pepsi, che ha scritto “Coke is better”. Questo tweet è rimasto online per 18 ore prima di essere sospeso.

Un altro falso account con bollino blu, nome e logo di Tesla ha annunciato diecimila auto a sostegno dei militari ucraini perché “le nostre auto sono gli ordigni esplosivi più sofisticati sul mercato” e poi ha postato altre crudelissime satire su di Tesla.

Qualcuno ha anche creato l’account @ChiquitaBrands, lo ha fatto “verificare” pagando otto dollari e lo ha usato per impersonare la famosa marca di banane, pubblicando messaggi satirici del tipo “Abbiamo appena rovesciato il governo brasiliano”.

Un account apparentemente “verificato” ha finto di essere la Lockheed Martin e ha annunciato la sospensione di “tutte le forniture di armi all’Arabia Saudita, a Israele e agli Stati Uniti fino a quando ci sarà un’ulteriore inchiesta sui loro trascorsi di abusi dei diritti umani”. Chi l’ha creato è riuscito a farsi approvare e bollinare da Twitter un account che si chiamava @LockheedMartini. Dubito che sia quello il nome sulla carta di credito usata per pagare gli otto dollari.

Poi c’è Nintendo, che si è vista comparire un account Twitter “verificato” a suo nome, con l’immagine di Mario che mostra il dito medio, e altri tweet scurrili. Ovviamente gli utenti hanno inviato proteste al vero account Twitter di Nintendo.

Non sono mancati neanche gli account “verificati” che sembravano appartenere a persone famose, dagli sportivi agli ex presidenti degli Stati Uniti. Un account “verificato” a nome di George W. Bush ha scrittoMi manca ammazzare gli iracheni”; un altro a nome di Tony Blair gli ha risposto che manca sinceramente anche a lui. E quello che sembrava essere l’account Twitter di Donald Trump, con tanto di bollino, ha dichiarato “Gente, ho perso”.


La lista potrebbe continuare a lungo, con Rockstar Games, Roblox, British Petroleum e tanti altri esempi. Tutto dimostra che in questo momento Twitter non fa il benché minimo controllo preliminare di identità prima di concedere quello che insiste a chiamare esplicitamente un bollino di verifica. Un disastro, insomma.

Gli account falsi alla fine sono stati sospesi, ma sono rimasti online a lungo. Il rischio di confusione e disinformazione e il danno d’immagine ai marchi sono assolutamente evidenti. Uno dei valori fondamentali per qualunque inserzionista, ossia la brand safety, la tutela del marchio, è stato fatto a pezzi e buttato nel cassonetto dell’immondizia dalla scelta di mettere in vendita i bollini.

Omnicom Media Group, una delle più importanti agenzie pubblicitarie, che gestisce marchi come McDonald’s, Apple e Pepsi, sta raccomandando ai propri clienti di sospendere gli investimenti pubblicitari su Twitter [fonte: The Verge]. Il bollino in vendita senza alcuna verifica di identità è infatti inaccettabile per i marchi. È invece una grande attrattiva per gli hater, che lo stanno comprando per aumentare la propria visibilità.

Il 10 novembre è arrivata anche la notizia delle dimissioni di alcuni dei dirigenti chiave di Twitter, dovute al fatto che le modifiche ordinate in fretta e furia da Musk devono sottostare a un riesame di sicurezza, che però non è possibile fare alla velocità con la quale si stanno susseguendo i cambiamenti. Hanno lasciato Twitter:

  • Yoel Roth, responsabile per la fiducia e sicurezza (Global Head of Trust and Safety), che aveva l’incarico di proteggere Twitter da manipolazioni, amplificazioni artificiali di tweet, spam e account falsi, e di garantire l’integrità del social network durante le elezioni;
  • Lea Kissner, responsabile in capo per la sicurezza informatica (CISO);
  • Damien Kieran, responsabile in capo per la privacy (Chief privacy officer);
  • e Marianne Fogarty, responsabile primaria per la conformità alle normative ( Chief compliance officer). 

Lo stesso giorno Elon Musk ha dichiarato che ci sono troppi bollini blu originali che sono “corrotti” e che quindi secondo lui non ci sarebbe altra scelta che eliminarli nei prossimi mesi (“Far too many corrupt legacy Blue “verification” checkmarks exist, so no choice but to remove legacy Blue in coming months”). E quando un utente ha obiettato che però il vecchio sistema aiutava molto a prevenire le truffe, Musk gli ha risposto laconicamente “$8”.

L’11 novembre:

  • Elon Musk ha risposto a voce per circa un’ora alle domande dei dipendenti di Twitter. The Verge ha pubblicato una trascrizione integrale delle sue dichiarazioni.
  • Twitter ha sospeso completamente la possibilità di acquistare il bollino blu almeno fino al 29 novembre, secondo un tweet di Elon Musk.
  • Twitter ha iniziato a riattivare la spunta grigia di autenticazione, ma solo per account di grandissima notorietà e istituzionali, come la BBC (CNN e Rai hanno ricevuto la spunta intorno al 15 novembre; alla stessa data, la RSI non ce l’ha ancora).

Nei giorni successivi è successo davvero di tutto.

Il 12 novembre Elon Musk ha tweetato un’affermazione falsa a proposito della potenza di Twitter e il suo post è stato etichettato come falso da Birdwatch, il servizio anti-fake news di Twitter.

[Fra l’altro, il 12 novembre ho partecipato al servizio del Telegiornale della RSI che descrive il caos delle spunte blu: lo trovate qui sotto]

Il 13 novembre Musk è stato criticato pubblicamente da alcuni suoi dipendenti di Twitter, su questioni strettamente informatiche, e ha reagito licenziandoli in tronco, con buona pace delle sue promesse di difesa della libertà di parola. Nei giorni successivi il numero di dipendenti contestatori e dimissionari è cresciuto e tuttora continua a crescere [Punto informatico; The Verge].

Sempre il 13 novembre il CEO di Twitter ha litigato online con un senatore degli Stati Uniti, Edward Markey, perché un giornalista del Washington Post (paywall) aveva sfruttato le nuove regole di Twitter per creare un falso account verificato a nome del senatore, e quando il senatore ha chiesto spiegazioni a Musk su come fosse stato possibile, il proprietario di Twitter gli ha risposto pubblicamente “Forse perché il tuo vero account sembra una parodia?” invece di affrontare il problema. Forse Musk non ha considerato che il senatore Markey è membro influente di comitati governativi che riguardano le telecomunicazioni e lo spazio [CNBC; Axios].

La telenovela continua, con dipendenti appena licenziati ai quali Twitter chiede di tornare in azienda, annunci di Elon Musk che paventano la bancarotta del social network e minacce dello stesso Musk di licenziare chiunque non sia disposto a dedicare i prossimi mesi a lavorare giorno e notte al suo “Twitter 2.0”.

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2022/11/18 9:45. Intorno alle 7 italiane di stamattina [dopo la chiusura del podcast], la BBC ha segnalato che Twitter ha chiuso temporaneamente tutti gli uffici fino a lunedì 21 novembre. Non è stata comunicata alcuna motivazione per la chiusura. Intanto la BBC e Il Post segnalano che molti dipendenti stanno dando le dimissioni dopo la richiesta di Elon Musk di impegnarsi formalmente a lavorare “per tante ore ad alta intensità” oppure essere licenziati.

Per tutta risposta, Musk ha tweetato che “la gente migliore sta restando, per cui non sono super preoccupato” (“The best people are staying, so I'm not super worried”) e un meme di una tomba sulla quale c’è il logo di Twitter.

Intanto è diventato popolarissimo (oltre 270.000 like) un tweet nel quale una persona, Alex Cohen, dice di essere il gestore degli accessi agli uffici di Twitter e di essere fra i licenziati. Prosegue dicendo di essere stato chiamato personalmente da Elon Musk per tornare a ridare accesso alla sede centrale dell’azienda perché erano rimasti chiusi fuori.

Il tweet ha effettivamente ricevuto i ringraziamenti di Musk (non di un impostore), ma si tratta di umorismo non dichiarato: Alex Cohen nel proprio profilo scrive “Mostly parody account” e Birdwatch, il servizio anti-fake news di Twitter, nota che “this is a joke” notando che lo stesso account pochi giorni fa aveva dichiarato di essere stato licenzato da un’altra azienda.

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Nel frattempo sembra essere crollata una delle tesi principali di Elon Musk, ossia che gli spammer sarebbero stati dissuasi perché il pagamento del bollino (senza il quale sarebbero stati relegati tra i plebei sostanzialmente invisibili) avrebbe richiesto il sacrificio di una carta di credito che sarebbe stata subito bandita. Come si è visto, ci sono moltissimi utenti più che disposti a questo sacrificio (fatto magari anche con una carta prepagata usa e getta) in cambio di un graffiante marameo a un politico o di un danno economico miliardario a un’azienda potente e detestata.

[C’è anche un dettaglio tecnico interessante da verificare: sembra che sarà possibile attivare Twitter Blue gratis, rendendo quindi trascurabile il costo per gli spammer e vanificando la giustificazione di Musk per l’introduzione del costo mensile. Il trucco consisterebbe nell’attivare Twitter Blue usando i pagamenti in-app di Apple e nel chiedere subito dopo il rimborso. Il bollino blu resterebbe attivo comunque per 30 giorni. Ora non è possibile verificare questa segnalazione, ma sarà interessante farlo quando Twitter Blue tornerà disponibile.]

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2022/11/19 6:20. Elon Musk ha lanciato un paio d’ore fa un sondaggio per chiedere ai suoi 116 milioni di follower se ripristinare l’account dell’ex presidente Donald Trump, aggiungendo “Vox Populi, Vox Dei”. Finora, con circa 5,4 milioni di voti, prevale il sì.


2022/11/10

Podcast RSI - Story: Il cielo è pieno di scheletri di robot. La storia degli automi di von Neumann

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo integrale e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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Credit immagine del listato: Rainmaker1973.

[CLIP: Rumore ambientale di sala computer d’epoca]

Siamo nel 1971. A Cambridge, nel Massachusetts, presso la società di ricerca e sviluppo Bolt Beranek e Newman Inc., che lavora per l’esercito statunitense, c’è un giovane programmatore, Robert Thomas, che tutti chiamano Bob. Bob ha appena scritto un programma sperimentale, che verrà battezzato Creeper, che è capace di trasferirsi da un computer a un altro attraverso ARPANET, uno dei precursori di Internet; per l’epoca è un risultato eccezionale.

Creeper diventa il primo worm informatico, ossia il primo programma capace di diffondersi e autoreplicarsi nei sistemi informatici che riesce a raggiungere. Un collega di Bob, Ray Tomlinson, quello che inventerà l’uso della chiocciolina negli indirizzi di mail, modifica Creeper in modo che invece di trasferirsi crei una copia di se stesso e quindi si moltiplichi. In questo modo nasce il primo software autoreplicante, ossia capace di prendere le risorse dell’ambiente per creare un proprio duplicato.

Che cosa succederebbe se questa capacità si applicasse alle macchine? Se per esempio si inventasse un robot, come quello proposto di recente da Elon Musk, e lo si rendesse capace di costruire copie di se stesso? Non è pericoloso?

Questa è la storia degli automi autoreplicanti, di come un uomo li concepì addirittura negli anni Quaranta del secolo scorso, e di come quegli automi potrebbero contenere la risposta alle domande sull’esistenza di vita intelligente extraterrestre.

Benvenuti alla puntata dell’11 novembre 2022 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Scopriremo insieme perché il cielo potrebbe essere pieno di scheletri di robot. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

John von Neumann è stato uno dei fondatori dell’informatica moderna. Matematico, fisico, informatico, collaboratore del progetto Manhattan per la realizzazione della bomba atomica durante la Seconda Guerra Mondiale, sviluppatore della dottrina della distruzione reciproca garantita che ha impedito per oltre settant’anni l’uso militare di armi nucleari, Neumann ha contribuito allo sviluppo di moltissimi settori della scienza; troppi per citarli tutti qui.

Fra il 1948 e il 1949, in una serie di conferenze alla University of Illinois, John von Neumann propose il concetto di automa autoreplicante, ossia di una macchina capace di creare una copia perfetta di se stessa usando soltanto le materie prime disponibili nel suo ambiente e una serie di istruzioni.

È quello che fa, in sostanza, ogni essere vivente. Farlo fare a una macchina era solo un’idea, un esperimento di fantasia abbastanza grossolano (almeno per gli standard scientifici di una mente come quella di von Neumann), per capire se una cosa del genere era almeno concettualmente possibile, perché all’epoca mancavano le risorse tecniche per realizzare un robot del genere nel mondo reale.

Ma in campo informatico, dove le cose erano più astratte e semplici, cominciava a essere fattibile una ricerca più approfondita. Così von Neumann formalizzò la sua idea insieme al collega Stanislaw Ulam (un altro personaggio che meriterebbe una storia a parte tutta sua). Propose così gli automi cellulari, ossia dei mondi virtuali ipersemplificati, composti da una griglia di celle e simulabili con un calcolatore, nei quali le celle potevano essere “vive” o “morte” e reagivano in base a regole elementari. Per esempio, se una cella aveva meno di due celle vive adiacenti, moriva, mentre una cella morta con tre celle vive adiacenti diventava viva. Se avete mai giocato a Life, un gioco per computer nato negli anni Settanta ad opera di John Conway e tuttora giocabile online, per esempio presso Playgameoflife.com, avete interagito con un automa cellulare.

La cosa sorprendente di questi automi informatici è che da regole semplicissime emergono comportamenti e strutture di complessità straordinaria. Lo si vede anche in biologia, per esempio nei rapporti fra le cellule, ed è possibile usare questi automi semplici per simulare strutture neurologiche capaci di riconoscimento e apprendimento. L’attuale boom dell’intelligenza artificiale si basa anche su questa ricerca di ormai settant’anni fa, grazie alla quale emerge anche l’ipotesi che i comportamenti complessi che osserviamo in natura siano in realtà la conseguenza di un insieme di regole estremamente semplici ma applicate in massa e per molto tempo.

Se così fosse, qualunque comportamento sofisticato, dalla traduzione al disegno artistico alla composizione di una sinfonia, sarebbe riducibile a poche, semplici istruzioni ripetute tante volte e su vasta scala. I successi di software di generazione di immagini basati su reti neurali, come DALL-E, Stable Diffusion e MidJourney, di cui vi ho già raccontato in questo podcast e la cui versione più recente ha raggiunto ormai livelli di qualità inquietanti, sembrano dimostrare questo principio.

Ma che cosa succede se si prende quel concetto di automa autoreplicante e lo si applica non al software ma al mondo reale? È qui che entrano in gioco nientemeno che gli extraterrestri.

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I robot capaci di fabbricare altri robot uguali partendo dalle materie prime presenti nell’ambiente sono il sogno e anche l’incubo di qualsiasi imprenditore del settore.

[CLIP Musk presenta una versione preliminare di Tesla Bot]

Per esempio, nel 2021 Elon Musk ha annunciato Optimus, o Tesla Bot, un robot umanoide generalista che a suo dire sarà disponibile sul mercato entro il 2023, sarà gestito da un sistema di intelligenza artificiale e sarà in futuro in grado di fare “qualunque cosa che gli esseri umani non desiderino fare”, secondo la descrizione fatta da Musk. Per ora se ne sono visti soltanto alcuni prototipi parzialmente funzionanti, lontanissimi dall’autonomia e dalle capacità fantasticate da Elon Musk, ma ci sono molte altre aziende che da decenni lavorano alla realizzazione di robot generalisti. In tutto questo tempo i risultati sono stati scarsi, a differenza di quelli dei robot specializzati, che invece sono ormai una realtà consolidata nelle industrie.

C’è poco interesse concreto per un robot generalista per varie ragioni, una delle quali è il fatto che se un robot è in grado di fare qualunque cosa, allora è anche capace di costruire una copia di se stesso e quindi chi li dovesse mettere in vendita si troverebbe con il problema che i suoi primi esemplari venduti sarebbero anche gli ultimi, perché i compratori userebbero i propri robot per costruirne altri e saturare il mercato, a meno che vengano introdotti nel software di questi robot delle regole che vietino l’autoreplicazione. Regole che, come dimostra la storia dell’informatica, sarebbero comunque facilmente aggirabili.

Ma invece di pensare a un robot che porta i sacchetti della spesa si può pensare più in grande. Molto più in grande. Ed è qui che l’idea dell’automa autoreplicante assume un ruolo da capogiro.

Immaginate un robot autoreplicante che venisse mandato, per esempio, sulla Luna e fosse in grado di usare le materie prime locali per costruire un gran numero di copie di se stesso e dei macchinari necessari per costruire una base abitabile permanente. Con l’hardware e il software giusto, insomma, non sarebbe necessario spedire tutte le macchine e le strutture dalla Terra: basterebbe mandare una piccola squadra iniziale di robot che sfruttassero le risorse trovate sul posto.

Uno studio della NASA del 2004 [Toth-Fejel, Tihamer. Modeling Kinematic Cellular Automata: An Approach to Self-Replication] ha proposto proprio questo approccio per l’esplorazione spaziale e per creare miniere di materie prime negli asteroidi. Il costo iniziale è alto, ma una volta realizzato il lotto iniziale tutto il resto è sostanzialmente gratuito, e quando finisce la costruzione di un avamposto o di una miniera i robot possono essere riutilizzati per costruirne altri altrove.

Però questa è una visione ancora poco ambiziosa rispetto a quella delle cosiddette sonde spaziali di von Neumann.

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Nel 1980 il nanotecnologo statunitense Robert Freitas studiò in dettaglio [A Self-Reproducing Interstellar Probe. J. Br. Interplanet. Soc. 33: 251–264; Comparison of reproducing and nonreproducing starprobe strategies for galactic exploration, JBIS 33, 402-406] l’idea di lanciare una singola, immensa astronave-automa, capace di raggiungere un altro sistema solare vicino e di usare le materie prime trovate all’arrivo per fabbricare altre astronavi che hanno lo stesso, semplice mandato: raggiungere la stella più vicina e sfruttarne i pianeti per costruire altre astronavi, e così via, con una crescita esponenziale del numero di veicoli spaziali in circolazione.

Applicando su scala cosmica i princìpi degli automi cellulari di von Neumann, Freitas arrivò a una conclusione sorprendente: anche senza usare sistemi di propulsione presi dalla fantascienza e restando quindi ben al di sotto della velocità della luce, e dando a ciascuna astronave cinquecento anni per raggiungere la propria destinazione e costruire una copia di se stessa, sarebbe possibile visitare ognuno degli oltre cento miliardi di sistemi solari della nostra galassia nel giro di alcuni milioni di anni. Regole semplici e crescita esponenziale applicata per lunghi periodi hanno effetti decisamente difficili da immaginare.

Probabilmente state pensando che alcuni milioni di anni sono un periodo di tempo un pochino lungo per qualunque ambizione colonialista o di costruzione di imperi galattici. È vero su scala umana. Ma bisogna considerare che l’universo ha circa 13,7 miliardi di anni. Questo significa che qualunque civiltà tecnologica extraterrestre che fosse arrivata, nel lontano passato, a un livello tecnico tale da permetterle di costruire questi automi autoreplicanti interstellari avrebbe avuto tempo assolutamente più che sufficiente per farli arrivare fin nei più remoti angoli della galassia, e per farlo anche più di una volta.

Va ricordato, fra l’altro, che non è necessario che quella civiltà duri milioni di anni: deve solo costruire la flotta iniziale, che poi andrà avanti da sola a riprodursi e a colonizzare lo spazio stella dopo stella, in un gioco di Life inimmaginabilmente vasto, anche dopo che la civiltà che l’ha avviato si sarà estinta.

In altre parole, l’universo è talmente antico che se ci sono state civiltà tecnologiche prima di noi, hanno avuto tempo in abbondanza per disseminare il cosmo di loro emissari robotici, molti dei quali saranno arrivati alla fine della loro vita operativa e giacciono abbandonati su mondi lontani, in attesa di essere trovati da futuri esploratori. Ed è per questo che partendo da semplici regole d’informatica dettate settant’anni fa possiamo dire che il cielo probabilmente è pieno di scheletri di robot.  



Immagini generate appositamente da Lexica.art. Prompt: “broken robot spaceships on a lonely planet” e “broken robot spaceships on a lonely planet ron cobb”.

Fonti aggiuntive: Cybereason, The Generalist Academy.

Twitter, è ora di proteggere meglio i nostri account

Ultimo aggiornamento: 2022/11/17 10:40. L’articolo è stato riscritto estesamente per tenere conto degli aggiornamenti ed è disponibile anche in versione podcast audio. Immagine generata appositamente da Lexica.art.

Con le dimissioni dei responsabili per la privacy e la sicurezza e metà del personale licenziato, Twitter è particolarmente vulnerabile ad attacchi o a passi falsi dei suoi addetti, sotto stress per le richieste sempre più incoerenti ed estreme di Elon Musk di effettuare modifiche senza effettuare prove preliminari.

Sull’azienda pesa anche un consent agreement con la FTC statunitense, che prevede che ogni nuovo prodotto o servizio sia sottoposto a un vaglio documentato di sicurezza consegnato per iscritto. In caso di inadempienza, Twitter dovrebbe pagare sanzioni pesantissime, come già successo a Facebook. L’impossibilità di fornire questa documentazione a causa delle richieste continue di modifiche fatte da Elon Musk sarebbe la ragione principale delle dimissioni dei responsabili di privacy e sicurezza.

Vista la fragilità di Twitter, se lo usate è opportuno fare una copia di backup del vostro account: trovate le istruzioni nelle pagine Web di assistenza clienti di Twitter. Una volta fatto il backup, vi conviene eliminare qualunque messaggio privato potenzialmente imbarazzante.

È infatti importante ricordare che i messaggi "privati" su Twitter, i cosiddetti DM, non sono cifrati end-to-end; non lo sono da anni, non è una novità. Per cui i dipendenti di Twitter possono leggerli e un loro errore tecnico può esporli a malintenzionati. Oggi più che mai, quindi, è sconsigliabile usarli per qualunque comunicazione che potrebbe causarvi disagio o imbarazzo qualora diventasse pubblica.

C’è anche il rischio che il personale neoassunto potrebbe approfittare di eventuali accessi ai DM per scopi personali. Visto che è stato assunto di corsa, non si sa se ci sia stato un vaglio o vetting degli assunti.

In ogni caso, è evidente che il momento di minore sicurezza di qualunque azienda è quello in cui sta avvenendo un grande ricambio del personale. Se poi dall’alto arrivano richieste continue di modifiche da mettere immediatamente in produzione, il rischio di un passo falso è molto alto.

A questo punto credo che sia opportuno dare quattro consigli:

  1. Fate un backup del vostro account Twitter
  2. Attivate l'autenticazione a due fattori, se non l'avete già fatto, ma attenzione a non uscire dall’account
  3. Eliminate i vostri DM
  4. Usate Signal o altre app con cifratura end-to-end per i messaggi non pubblici

Chiedo a chiunque abbia scambiato DM con me di cancellarli, come sto facendo io. Non ho mai usato i DM per cose particolarmente sensibili, ma preferisco fare pulizia totale. Grazie.

Come fare un backup del proprio account

Per fare il backup del proprio account, le istruzioni in italiano sono qui su Twitter

Si riceve un file ZIP che, una volta scompattato, include un file HTML e delle cartelle contenenti i dati. Il file HTML fa da indice sfogliabile (ma è molto incompleto; leggete i file README.txt inclusi nello ZIP per sapere come sfogliare tutti i dati):

Cliccando sulle voci Tweet e Messaggi Diretti della colonna di sinistra compare un elenco cercabile delle rispettive sezioni. Consiglio comunque di leggere direttamente i file JSON forniti nello ZIP.

Come eliminare i DM

Attenzione: eliminare i DM li cancella dai vostri dispositivi ma non da quelli del destinatario e neanche dai server di Twitter. È comunque meglio di niente, perché se qualcuno vi ruba l’account, approfittando magari di qualche falla di Twitter, non potrà leggere i vostri DM [Graham Cluley].

Potete inoltre chiedere al destinatario di eliminare i DM che vi siete scambiati, oppure eliminare completamente il vostro account Twitter. 

Per eliminare rapidamente tutti i messaggi privati scambiati con un dato utente, sull'app si può toccare l'icona di info in alto a destra nella conversazione con l'utente in questione e poi toccare "Elimina conversazione".

Attenzione all’autenticazione a due fattori

A questo punto normalmente vi consiglierei di verificare di aver attivato l’autenticazione a due fattori, ma a riprova della fragilità di Twitter in queste prime settimane della gestione Musk, molti utenti stanno segnalando che una delle modifiche richieste da Elon Musk ha probabilmente danneggiato il sistema di autenticazione, per cui chi esce dal proprio account e ha l’autenticazione a due fattori non riesce a rientrarvi. Siate prudenti.

Trevor Noah spiega il disastro di Twitter in quattro minuti

Spero di avere il tempo di tradurre questa spiegazione azzeccata, da parte di Trevor Noah, del caos intorno alla gestione di Twitter da quando è arrivato Elon Musk. Merita. Non solo per la sintesi, ma anche per la riflessione sulla libertà di espressione tanto sbandierata da Musk: quelli che si dicono tifosi assoluti di questa libertà stranamente vogliono essere liberi di dire quello che loro vogliono, ma non vogliono che gli altri siano altrettanto liberi.

Ringrazio Adriano Pedrana che mi ha mandato questa trascrizione e successiva traduzione:

Oh, boy. You know, this whole thing happening with Elon Musk and Twitter reminds me of, I think it was Mike Tyson, who had that line where he said, "Everybody has a plan until they get punched in the face." (risate del pubblico)

Because now, it feels like Elon Musk is just like scrambling, making it up as he goes along, which I get, which I get. You've spent 44 billion dollars for a company that most people say shouldn't be more than worth like 20 something billion (risate del pubblico). You're gonna scramble, you know?

And he's trying everything. What's amazing to me is, like, what's happening with Elon Musk is a wonderful microcosm to show you how much, or how quickly, people will abandon what they say is a principle when things aren't going their way, you know? So one of the first things Elon said when he took over was like, "Comedy is now legal on Twitter." And he was like, "It's time for free speech, time for comedy, time for people to actually have fun on Twitter again!"

And then what people started doing was, they started changing their names to Elon Musk. (risate del pubblico) Right? So people changed their Twitter handles to Elon Musk. Then they just started tweeting things as if they were Elon Musk. They were like, "I'm such a terrible person. My wife left me." Just random, random shit, right?

And then Twitter just banned all of their accounts.They're like, "Suspended, suspended." And then he was like, "No parodying of people, unless you say it's a parody!" It's like “What? So it's not funny now? ” (risate del pubblico) It's not funny.

And this is the thing that people never seem to understand, is everybody who is pro free speech is not pro all speech. What they're pro is the speech that they wish to use that might hurt to offend other people. (applausi del pubblico)

And then, 'Cause you're like what's wrong, Elon? People are just messing around with their handles. Like, "No, they're impersonating me." And it's like, “why is that a bad thing?” “Because this could cause harm and panic.” Oh, it could cause harm and panic? So you're saying somebody just saying something could cause harm? "Well, not in the way you're saying it..."

It's like, yeah, man, everyone thinks jokes are funny until the joke is about them. That's the thing I've learned, right?

And now, he's there and all of it. Like, "Oh the company, we're gonna do it like we don't care." He's like, "That's why I'm buying it, because then, you don't have to worry about the advertisers. We're gonna do this thing."And then the advertisers are like, "All right, well, we're leaving." “Wait!” (risate del pubblico) “Wait, I do care about the advertisers!” (Trevor ride) Oh, man. (applausi del pubblico) 

And then, it's funny how he does it. Like, even his logic becomes illogical based on his own logic. So he goes, "We're gonna do verified for everybody. You just have to pay 8 dollars." Which undermines the purpose of verification. Now I'm not for or against, I think, to be honest with you, I would love to live in a world where everyone on Twitter is verified. I would like to know that we're talking to humans as opposed to a bot or anything else. So I don't mind if everyone is verified. But what's funny is Elon going like, "No, I'm making this for the people. And so if the people pay 8 dollars, you all get to be verified."

And it's like, wait, so if people pay, they're verified? Yeah. Then someone was like, then how will you know if this is now a government institution? 'Cause someone could just start an account of someone who doesn't even have an account. Then they could verify it. Now technically, there's no other account that they're parodying. So are they the account? And then when people go on, they're like, “It is the account. It's verified”. Do they act on that information? And then, like the team at Twitter and Elon were like, “No, under the verification will be some sort of verification to say that they are.” (risate del pubblico) And I'm like, “Oh, so now, there's gonna be double verification. What happened to power to the people?” Now, you are gonna be like, "I'm double verified versus your one verified." Then it's like, oh, all right, 16 dollars? (Trevor ride) Oh, man.

Oh ragazzi. Sapete, tutto quello che sta succedendo con Elon Musk e Twitter mi riporta in mente... mi pare fosse Mike Tyson e quella sua battuta che diceva: "Tutti hanno un piano fino a quando non si prendono un pugno in faccia". (pubblico ride)

Perché adesso Elon Musk sembra trovarsi in affanno e si sta inventando cose man mano, e lo capisco, lo capisco. Hai speso 44 miliardi di dollari per un'azienda che quasi tutti dicono non ne valga più di 20 miliardi circa. (pubblico ride) Ti trovi in affanno, vero?

E lui le prova tutte. Quello che trovo affascinante è che ciò che sta accadendo con Elon Musk è come un microcosmo fantastico che mostra quanto o quanto velocemente le persone abbandonano quelli che chiamano principi quando le cose non vanno come vorrebbero. E così quando ha concluso l'acquisizione, una delle prime cose che Elon ha detto è stata: "La comicità ora è legale su Twitter". E ha detto: "È arrivato il tempo della libertà di espressione, della comicità, il tempo in cui la gente potrà tornare a divertirsi veramente su Twitter!"

E così le persone hanno cominciato a modificare il loro nome usando quello di Elon Musk. (pubblico ride) Ok? Così la gente ha modificato il proprio nome visualizzato su Twitter sostituendolo con quello di Elon Musk. E poi hanno iniziato a scrivere tweet come se fossero lui, cose del tipo: "Sono una persona terribile. Mia moglie mi ha lasciato". Cose un po' a caso, ok?

Poi Twitter ha sospeso tutti questi account: "Sospeso, sospeso". E Musk ha detto: "Non si possono fare parodie delle persone, a meno di dichiararlo in maniera esplicita". "Ma come? Non è più così divertente ora?" (pubblico ride) "Non è divertente?".

Una cosa che la gente sembra non capire è che quelli che sostengono la libertà di parola non sono a favore dell'espressione delle opinioni di tutti, ma di quelle che loro vogliono esprimere e che potrebbero offendere o ferire altre persone (pubblico applaude).

E poi dicono ma cosa c'è di sbagliato Elon? Stanno solo giocando con i loro nome su Twitter. E lui: "No! Fingono di essere me". E quindi? Perché è qualcosa di negativo? "Perché questo potrebbe provocare panico e danni". Oh, potrebbe provocare panico e danni? Quindi stai dicendo che il semplice fatto di dire qualcosa possa provocare danni? "Beh, ma non come lo intendi tu."

Ed è come se, ok, tutti trovano le battute divertenti a meno che la battuta non riguardi loro personalmente. Questo è quello che ho capito.

E così, dopo tutto questo lui dice: "Ok gestiamo questa azienda come non ci interessasse". E poi dice: "Ecco perché la sto comprando, perché poi non devi più preoccuparti degli inserzionisti. Faremo così". E così gli inserzionisti rispondono: "Ok, allora ce ne andiamo tutti". "Aspettate!" (pubblico ride) "Aspettate, gli inserzionisti mi interessano." (Trevor ride di gusto) Oh, ragazzi. (pubblico applaude)

Questo suo modo di procedere è così divertente. Persino la sua logica diventa illogica se la si giudica in base alla sua logica. E così dice: "Daremo account verificati a tutti. Basta pagare 8 dollari". Il che mina l'obiettivo stesso della verifica. Ora, non sono né a favore, né contro a questa cosa. A essere onesti, mi piacerebbe tanto vivere in un mondo dove tutti su Twitter sono verificati. Mi piacerebbe sapere che sto dialogando con esseri umani e non con un bot o qualsiasi altra cosa. Quindi non mi dispiace che tutti su Twitter vengano verificati. Ma mi diverte sentire Elon che dice: "No, lo faccio per le persone. E se pagate otto dollari sarete tutti verificati".

Aspetta: quindi chi paga sarà verificato? E lui "Sì!". E poi qualcuno dice, ma come fai a saperlo? Ora è forse un ente governativo? Perché qualcuno potrebbe aprire un account col nome di una persona che non ha un suo account, e farlo verificare. Tecnicamente non c'è un altro account di cui sta facendo la parodia. Quindi è quello il suo vero account? E così gli utenti penseranno che si tratti del suo account, visto che è verificato. Si comporteranno basandosi su questa informazione? A questo punto il team di Twitter ed Elon rispondono: "No, al di sotto della verifica ci sarà un qualche tipo di verifica che confermi l'identità. (pubblico ride) Allora io penso, ok, quindi ci sarà una doppia verifica. Dove è finita l'idea di restituire il potere alla gente? Ora uno può dire: "Io ho la doppia verifica e tu solo una". E così quanto fa: 16 dollari? (Trevor ride) Oh ragazzi.

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