Il 4 aprile ho tenuto una lezione all'Università di Milano-Bicocca sulla pericolosa obsolescenza dei dati digitali, dovuta ai supporti che invecchiano molto più precocemente di quanto si possa pensare, alle tecnologie DRM e al copyright, rendendo difficile, e a volte impossibile, la conservazione dei dati. Dati che molto spesso sono
cultura: libri, poesie, film, foto, musica, persino blog. Come possiamo garantire che lasceremo ai nostri figli qualcosa di noi che potranno leggere o vedere?
Nella presentazione ho citato anche un problema di conservazione dei dati decisamente insolito e al tempo stesso vitale: esiste la necessità, già oggi, di garantire la conservazione di alcune informazioni per
diecimila anni. Sì,
diecimila: ci sono tecnici che stanno cercando un modo sicuro per tramandare ai nostri discendenti, per tutto questo tempo, un'informazione di cui avranno estremo bisogno se vogliono sopravvivere alle nostre porcherie inquinanti.
Si tratta infatti del messaggio molto semplice
"chi scava qui muore", con il quale contrassegnare la discarica nucleare
WIPP, nel New Mexico, già in funzione. Quando sarà piena, dovrà essere sigillata e poi occorrerà segnare la sua ubicazione in modo che
nessuno possa andare a scavarvi, neanche per sbaglio, e disseppellirne inconsapevolmente le tonnellate di materiale radioattivo.
Ma in diecimila anni (il tempo necessario prima che le scorie diventino relativemente innocue) può succedere di tutto. Come superare la barriera dell'evoluzione della lingua, dei costumi sociali e della tecnologia? Come garantire che il messaggio arrivi intatto dopo un periodo lungo il doppio della vita delle piramidi egizie e non venga disastrosamente frainteso, per esempio pensando che la colossale discarica sia un monumento funebre da depredare, come appunto è accaduto per le piramidi?
Le soluzioni proposte non sono affatto ad alta tecnologia: usano metodi non digitali ed estremamente semplici. Enormi pietre scolpite, pittogrammi con volti umani che esprimono sofferenza, riferimenti astronomici per indicare la datazione, e le principali lingue del mondo (con spazio per aggiungere quelle future) per i dettagli. È un problema tanto reale quanto affascinante per la sua vastità temporale e le sue implicazioni sui bei regali che lasciamo in eredità ai nostri pronipoti.
Se volete saperne di più, ecco i link ai materiali che ho presentato:
Se vi interessano invece i dati UNESCO sulla conservazione dei supporti digitali e sulle tecniche per evitare la perdita dei nostri archivi di cultura, date un'occhiata a
questo rapporto, ricco di link a molti altri studi sull'argomento. I dati non lasciano speranze: la durata media di un supporto digitale è di soli
cinque anni. Per questo fare il backup dei propri DVD
deve essere permesso. Come la prendereste, se scopriste che tutta la vostra collezione di libri marcirà entro cinque anni e che la legge, in molti paesi, vi vieta di crearne una copia di scorta?