Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2015/11/06
Navigazione privata più privata con Firefox 42
L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/11/07 11:30.
La versione 42 di Firefox (per Windows, Mac e Linux), rilasciata pochi giorni fa, piacerà ai fan della Guida Galattica per Autostoppisti per ragioni numerologiche ma piacerà a molti per via delle sue nuove funzioni di protezione dai ficcanaso e dalle pubblicità. Se già usate Firefox, basta lanciarlo e riavviarlo per aggiornarlo automaticamente. Fatto questo, potete attivare la Navigazione anonima (cliccando sulle tre righe orizzontali in alto a destra e scegliendo Finestra anonima oppure scegliendo dal menu File la voce Nuova finestra anonima).
Come in passato, quando si naviga in modalità anonima il browser non ricorda i siti visitati o le parole cercate, non salva cookie e non scrive file temporanei, ma ora vengono bloccate anche le pubblicità e i pulsanti di condivisione dei social network, che fanno tracciamento degli utenti. Il risultato è una navigazione non solo meno tracciata, ma anche più leggera, perché non vengono scaricate le pubblicità traccianti, che spesso rallentano i siti e a volte li rendono inutilizzabili. Questa Protezione antitracciamento è disattivabile a richiesta per la sessione in corso o per un sito specifico cliccando sull’icona dello scudo a destra della barra dell'indirizzo.
L’aggiornamento risolve anche vari problemi di sicurezza delle versioni precedenti e aggiunge un pratico indicatore che segnala visivamente quale scheda sta riproducendo contenuti audio e permette di zittirla con un semplice clic: una grande comodità per chi naviga aprendo tante schede e poi non sa più da quale viene l’audio indesiderato.
Come sempre, va ricordato che la navigazione anonima non lascia tracce sul computer dell’utente, per cui è utile per esempio per fare visite o ricerche che non volete che poi compaiano durante una navigazione di lavoro o in famiglia o per non trovarsi bombardati di pubblicità di viaggi dopo aver acquistato un biglietto aereo, ma il vostro fornitore d’accesso a Internet sa che siti state visitando e in molti casi ne conserva il ricordo, per cui si tratta di un anonimato relativo. Se volete di più, servono altre soluzioni, ma questa è un’altra storia.
La versione 42 di Firefox (per Windows, Mac e Linux), rilasciata pochi giorni fa, piacerà ai fan della Guida Galattica per Autostoppisti per ragioni numerologiche ma piacerà a molti per via delle sue nuove funzioni di protezione dai ficcanaso e dalle pubblicità. Se già usate Firefox, basta lanciarlo e riavviarlo per aggiornarlo automaticamente. Fatto questo, potete attivare la Navigazione anonima (cliccando sulle tre righe orizzontali in alto a destra e scegliendo Finestra anonima oppure scegliendo dal menu File la voce Nuova finestra anonima).
Come in passato, quando si naviga in modalità anonima il browser non ricorda i siti visitati o le parole cercate, non salva cookie e non scrive file temporanei, ma ora vengono bloccate anche le pubblicità e i pulsanti di condivisione dei social network, che fanno tracciamento degli utenti. Il risultato è una navigazione non solo meno tracciata, ma anche più leggera, perché non vengono scaricate le pubblicità traccianti, che spesso rallentano i siti e a volte li rendono inutilizzabili. Questa Protezione antitracciamento è disattivabile a richiesta per la sessione in corso o per un sito specifico cliccando sull’icona dello scudo a destra della barra dell'indirizzo.
L’aggiornamento risolve anche vari problemi di sicurezza delle versioni precedenti e aggiunge un pratico indicatore che segnala visivamente quale scheda sta riproducendo contenuti audio e permette di zittirla con un semplice clic: una grande comodità per chi naviga aprendo tante schede e poi non sa più da quale viene l’audio indesiderato.
Come sempre, va ricordato che la navigazione anonima non lascia tracce sul computer dell’utente, per cui è utile per esempio per fare visite o ricerche che non volete che poi compaiano durante una navigazione di lavoro o in famiglia o per non trovarsi bombardati di pubblicità di viaggi dopo aver acquistato un biglietto aereo, ma il vostro fornitore d’accesso a Internet sa che siti state visitando e in molti casi ne conserva il ricordo, per cui si tratta di un anonimato relativo. Se volete di più, servono altre soluzioni, ma questa è un’altra storia.
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ReteTreRSI
2015/11/03
Antibufala Classic: la “rotonda magica” in Inghilterra
Questo articolo risale al 28 marzo 2003: lo ripubblico integralmente qui così com’era all’epoca, accorciando soltanto i suoi link, aggiungendo questo video e questo link a Google Earth, e spostandolo da qui su Attivissimo.net per radunare man mano le mie indagini antibufala sparse in giro.
Indagine iniziale: 28 marzo 2003. Ultimo aggiornamento: 3 dicembre 2004.
Si tratta di un documento Word contenente un breve testo e delle inquietanti immagini di traffico automobilistico.
La "rotonda magica" esiste davvero: è sufficiente immettere in Google il nome della località (Swindon) e "magic roundabout" (la scritta sul cartello nella prima foto) per trovare pagine Web che la descrivono, come per esempio Netcyclo.co.uk, che presenta foto quasi identiche a quelle dell'appello.
È esatto anche che ci sono altre "rotonde magiche" come questa: una è a Hemel Hempstead, sempre nel Regno Unito, ed è documentata per esempio presso Hemelhempsteadtoday.co.uk. Un'altra, stando al sito dedicato alla rotonda di Swindon, è nella zona sud di Londra.
Prima che consideriate queste immagini come la prova definitiva della totale e inguaribile eccentricità degli inglesi, occorre fare qualche chiarimento. I rondò, o rotatorie che dir si voglia (c'è tutta una terminologia da scoprire in siti come Webstrade.it), sono molto più diffusi all'estero che in Italia.
In Inghilterra fanno addirittura furore i cosiddetti "mini-roundabout", o minirondò, che non sono altro che un normale incrocio in mezzo al quale è dipinto un cerchio bianco, intorno al quale si deve girare. Sono dappertutto, anche in città. Lo so bene, io li ho affrontati tutti i giorni per portare le mie figlie a scuola (ho abitato vari anni in Inghilterra). Per cui gli inglesi sono molto abituati ai rondò, al punto di rispettarli anche se sono costituiti soltanto da una segnaletica orizzontale dipinta sull'asfalto, e quindi questa giostra è per loro più naturale che per un italiano.
La “rotonda magica”, se la guardate con calma, non è altro che la composizione di cinque minirondò disposti ad anello; questo anello forma un sesto rondò più grande, che ha la particolarità di essere bidirezionale.
Il vantaggio di questa soluzione è che un automobilista che arriva da una delle strade collegate dal rondò e deve uscire a quella immediatamente a destra (ricordate, siamo in Inghilterra, i rondò si percorrono in senso orario) non è costretto a impegnare tutto l'anello esterno e quindi fermare il traffico sulle altre strade e fermarsi quattro volte, come dovrebbe fare invece in un rondò tradizionale composto da un anello esterno unidirezionale interrotto da vari rondò secondari: può imboccare il minirondò davanti a sé, uscire a destra e imboccare direttamente il minirondò che sta davanti alla strada sulla quale vuole uscire, come mostrato dalla linea rossa nella foto qui sotto, fermandosi soltanto due volte.
Tenete presente che le foto sono disorientanti, come dice l’appello, anche perché in Italia si guida a destra. Inoltre quando si affrontano queste "rotonde magiche" in auto, non si ha la visione del carosello di auto mostrato nella seconda foto, ripresa da una certa altezza: ci si concentra soltanto sulla propria segnaletica.
Una piantina (tratta da Hemelweb.demon.co.uk) chiarisce forse meglio la situazione.
Ma funzionano queste "rotonde magiche"? Pare di sì, anche se producono un certo caos iniziale, come descritto nei siti sopra citati:
Del resto, di tecniche alternative per riunire cinque strade ad alto traffico senza causare code di chilometri non ce ne sono.
Inoltre gli abitanti del luogo si sono affezionati alla "rotonda magica", al punto che è diventata una piccola attrattiva turistica, e che quando gli esperti, negli anni Novanta (questi rondò sono dei primi anni Settanta), proposero di rimpiazzarla con un sistema basato su semafori, si mosse una petizione per salvare il rondò, organizzata dal giornale locale. La rotonda rimane fiera al suo posto.
Il nome "Magic Roundabout" significa "rotonda magica", ma allude anche al titolo di un popolarissimo programma inglese per bambini degli anni Sessanta e Settanta, che tradotto letteralmente significa "la giostra magica".
Alcune curiosità: nelle proprietà del documento Word si legge "University of Southampton" e uno spezzone in francese: "maginez: vous conduisez en Grande Bretagne et". Con un editor esadecimale, inoltre, il buon Word rivela come sempre altre informazioni nascoste, come nomi spagnoli (José Gabriel Pulido, Antonio Diaz, Marina Mediero, Laura Perez) e tedeschi (Dirk Bohrer), a testimonianza che questa storia ha fatto un bel po' di strada. E rivela anche che Word infila nei propri file informazioni di cui l'utente non è consapevole, con tutti i rischi di privacy che questo comporta. Ma questa è un'altra storia.
Indagine iniziale: 28 marzo 2003. Ultimo aggiornamento: 3 dicembre 2004.
Il testo dell’appello
Si tratta di un documento Word contenente un breve testo e delle inquietanti immagini di traffico automobilistico.
Immagina di guidare in Gran Bretagna
Intanto sei già incasinato perché devi guidare al contrario...
Poi, vai tranquillamente pensando al five o’clock tea e ti trovi alle prese con un segnale al quale le tue 200 lezioni di autoscuola non ti hanno preparato...
Cerchi di immaginarti cosa sarà ...
Qualche decina di metri dopo apparirà questo:
La rotonda magica !
Ce ne sono 3 o 4 come questa in Gran Bretagna. Questa è a Swindon, tra Londra e Cardiff, vicino a Southampton.
No comment...
Perché NON è una bufala
La "rotonda magica" esiste davvero: è sufficiente immettere in Google il nome della località (Swindon) e "magic roundabout" (la scritta sul cartello nella prima foto) per trovare pagine Web che la descrivono, come per esempio Netcyclo.co.uk, che presenta foto quasi identiche a quelle dell'appello.
È esatto anche che ci sono altre "rotonde magiche" come questa: una è a Hemel Hempstead, sempre nel Regno Unito, ed è documentata per esempio presso Hemelhempsteadtoday.co.uk. Un'altra, stando al sito dedicato alla rotonda di Swindon, è nella zona sud di Londra.
Prima che consideriate queste immagini come la prova definitiva della totale e inguaribile eccentricità degli inglesi, occorre fare qualche chiarimento. I rondò, o rotatorie che dir si voglia (c'è tutta una terminologia da scoprire in siti come Webstrade.it), sono molto più diffusi all'estero che in Italia.
In Inghilterra fanno addirittura furore i cosiddetti "mini-roundabout", o minirondò, che non sono altro che un normale incrocio in mezzo al quale è dipinto un cerchio bianco, intorno al quale si deve girare. Sono dappertutto, anche in città. Lo so bene, io li ho affrontati tutti i giorni per portare le mie figlie a scuola (ho abitato vari anni in Inghilterra). Per cui gli inglesi sono molto abituati ai rondò, al punto di rispettarli anche se sono costituiti soltanto da una segnaletica orizzontale dipinta sull'asfalto, e quindi questa giostra è per loro più naturale che per un italiano.
La “rotonda magica”, se la guardate con calma, non è altro che la composizione di cinque minirondò disposti ad anello; questo anello forma un sesto rondò più grande, che ha la particolarità di essere bidirezionale.
Il vantaggio di questa soluzione è che un automobilista che arriva da una delle strade collegate dal rondò e deve uscire a quella immediatamente a destra (ricordate, siamo in Inghilterra, i rondò si percorrono in senso orario) non è costretto a impegnare tutto l'anello esterno e quindi fermare il traffico sulle altre strade e fermarsi quattro volte, come dovrebbe fare invece in un rondò tradizionale composto da un anello esterno unidirezionale interrotto da vari rondò secondari: può imboccare il minirondò davanti a sé, uscire a destra e imboccare direttamente il minirondò che sta davanti alla strada sulla quale vuole uscire, come mostrato dalla linea rossa nella foto qui sotto, fermandosi soltanto due volte.
Tenete presente che le foto sono disorientanti, come dice l’appello, anche perché in Italia si guida a destra. Inoltre quando si affrontano queste "rotonde magiche" in auto, non si ha la visione del carosello di auto mostrato nella seconda foto, ripresa da una certa altezza: ci si concentra soltanto sulla propria segnaletica.
Una piantina (tratta da Hemelweb.demon.co.uk) chiarisce forse meglio la situazione.
Ma funzionano queste "rotonde magiche"? Pare di sì, anche se producono un certo caos iniziale, come descritto nei siti sopra citati:
"Its opening attracted the national press and television and the Gazette reported it caused some of the biggest traffic jams ever seen in Hemel Hempstead. It was the first such roundabout to be opened anywhere and it quickly settled down to ease the town’s traffic problems"
"La sua apertura attirò la stampa e la televisione nazionale, e il Gazette riferì che la rotonda creò alcuni dei più grandi ingorghi mai visti a Hemel Hempstead. Era la prima rotonda del suo genere in assoluto, e ben presto si assestò, riducendo i problemi di traffico della cittadina".
Del resto, di tecniche alternative per riunire cinque strade ad alto traffico senza causare code di chilometri non ce ne sono.
Inoltre gli abitanti del luogo si sono affezionati alla "rotonda magica", al punto che è diventata una piccola attrattiva turistica, e che quando gli esperti, negli anni Novanta (questi rondò sono dei primi anni Settanta), proposero di rimpiazzarla con un sistema basato su semafori, si mosse una petizione per salvare il rondò, organizzata dal giornale locale. La rotonda rimane fiera al suo posto.
Il nome "Magic Roundabout" significa "rotonda magica", ma allude anche al titolo di un popolarissimo programma inglese per bambini degli anni Sessanta e Settanta, che tradotto letteralmente significa "la giostra magica".
Indizi sulle origini
Alcune curiosità: nelle proprietà del documento Word si legge "University of Southampton" e uno spezzone in francese: "maginez: vous conduisez en Grande Bretagne et". Con un editor esadecimale, inoltre, il buon Word rivela come sempre altre informazioni nascoste, come nomi spagnoli (José Gabriel Pulido, Antonio Diaz, Marina Mediero, Laura Perez) e tedeschi (Dirk Bohrer), a testimonianza che questa storia ha fatto un bel po' di strada. E rivela anche che Word infila nei propri file informazioni di cui l'utente non è consapevole, con tutti i rischi di privacy che questo comporta. Ma questa è un'altra storia.
Video: la conferenza di Jim Lovell (Gemini 7 e 12, Apollo 8, Apollo 13)
Ecco i video della conferenza di Jim Lovell a Pontefract di pochi giorni fa, di cui vi ho raccontato qui e qui: non li ho ripresi io e non so quanto siano autorizzati, per cui usateli con giudizio. Grazie a Luigi Pizzimenti per la segnalazione. Buona visione.
Promemoria: no, Facebook ora non è un’“entità pubblica” e postare avvisi salvaprivacy è da polli
Sta circolando su Facebook, grazie al passaparola degli utenti, un invito di questo genere:
Chiunque pensi che postare un avviso del genere su un social network serva magicamente da garanzia di privacy non ha capito un fico secco di cos’è un social network o di cosa sono le condizioni di un contratto di servizio. L’unico risultato che otterrà è mostrare agli altri quanto è ingenuo e incompetente, non solo nell'uso dei servizi digitali, ma nelle regole della vita comune. In altre parole, ora potrete sapere con precisione quali sono i vostri amici più polli.
Per tutti i dettagli dell’inutilità di questi avvisi “salvaprivacy” c’è l’indagine antibufala apposita, risalente al 2012; la mia compilation delle varianti degli avvisi è presso la Bufalopedia.
A partire da oggi 3 novembre 2015 alle ore 13:40 ora italiana, non do a Facebook o agli enti associati a facebook il permesso di usare le mie immagini, informazioni o pubblicazioni, sia del passato e il futuro. Per questa dichiarazione, dò avviso a Facebook che è severamente vietato divulgare, copiare, distribuire o prendere qualsiasi altra azione contro di me in base a questo profilo e / o il suo contenuto. Il contenuto di questo profilo sono informazioni private e riservate. La violazione della privacy può essere punita dalla legge (UCC 1-308-1 1 308-103 e lo statuto di Roma). Nota: Facebook è ora un'entità pubblica. Tutti i membri devono pubblicare una nota come questa. Se preferisci, puoi copiare e incollare questa versione. Se non pubblichi una dichiarazione almeno una volta, starai tacitamente permettendo l'uso delle tue foto, così come le informazioni contenute negli aggiornamenti di stato di profilo.
Non condividere. Devi copiare e incollare
Chiunque pensi che postare un avviso del genere su un social network serva magicamente da garanzia di privacy non ha capito un fico secco di cos’è un social network o di cosa sono le condizioni di un contratto di servizio. L’unico risultato che otterrà è mostrare agli altri quanto è ingenuo e incompetente, non solo nell'uso dei servizi digitali, ma nelle regole della vita comune. In altre parole, ora potrete sapere con precisione quali sono i vostri amici più polli.
Per tutti i dettagli dell’inutilità di questi avvisi “salvaprivacy” c’è l’indagine antibufala apposita, risalente al 2012; la mia compilation delle varianti degli avvisi è presso la Bufalopedia.
Disponibile LibreOffice 5.0.3; aggiornarsi risolve anche problemi di sicurezza
L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/11/03 23:15.
Sono arrivate due nuove versioni di LibreOffice, disponibili per Windows, Mac e Linux anche in italiano:
– la 5.0.3, con un maggior numero di funzionalità ma meno stabile e più sperimentale, consigliata a chi ha già la 5 e vuole restare al passo con le ultimissime novità e correzioni;
– la 4.4.6, più stabile, consigliata per tutti gli utenti che intendono farne un uso professionale e non sono ancora passati alla 5.
Fra l'altro la Document Foundation, che gestisce LibreOffice, dice che “tutti gli utenti di LibreOffice dovrebbero aggiornare il loro software almeno a LibreOffice 4.4.6, per motivi di sicurezza”.
Cito sempre dall’annuncio ufficiale, ricevuto via mail: “Entrambi i pacchetti software risolvono diversi problemi rispetto alla versione precedente, che sono elencati nei change log per gli utenti più interessati ai dettagli tecnici:
– Versione 5.0.3: https://wiki.documentfoundation.org/Releases/5.0.3/RC1 (fix nella RC1) e https://wiki.documentfoundation.org/Releases/5.0.3/RC2 (fix nella RC2).
– Versione 4.4.6: https://wiki.documentfoundation.org/Releases/4.4.6/RC1 (fix nella RC1) e https://wiki.documentfoundation.org/Releases/4.4.6/RC3 (fix nella RC3).
Gli utenti LibreOffice, i sostenitori del software libero e i membri della comunità possono sostenere The Document Foundation con una donazione all'indirizzo: http://donate.libreoffice.org.”
Sono arrivate due nuove versioni di LibreOffice, disponibili per Windows, Mac e Linux anche in italiano:
– la 5.0.3, con un maggior numero di funzionalità ma meno stabile e più sperimentale, consigliata a chi ha già la 5 e vuole restare al passo con le ultimissime novità e correzioni;
– la 4.4.6, più stabile, consigliata per tutti gli utenti che intendono farne un uso professionale e non sono ancora passati alla 5.
Fra l'altro la Document Foundation, che gestisce LibreOffice, dice che “tutti gli utenti di LibreOffice dovrebbero aggiornare il loro software almeno a LibreOffice 4.4.6, per motivi di sicurezza”.
Cito sempre dall’annuncio ufficiale, ricevuto via mail: “Entrambi i pacchetti software risolvono diversi problemi rispetto alla versione precedente, che sono elencati nei change log per gli utenti più interessati ai dettagli tecnici:
– Versione 5.0.3: https://wiki.documentfoundation.org/Releases/5.0.3/RC1 (fix nella RC1) e https://wiki.documentfoundation.org/Releases/5.0.3/RC2 (fix nella RC2).
– Versione 4.4.6: https://wiki.documentfoundation.org/Releases/4.4.6/RC1 (fix nella RC1) e https://wiki.documentfoundation.org/Releases/4.4.6/RC3 (fix nella RC3).
Gli utenti LibreOffice, i sostenitori del software libero e i membri della comunità possono sostenere The Document Foundation con una donazione all'indirizzo: http://donate.libreoffice.org.”
2015/11/02
Per Repubblica.it esistono gli aerei che volano a dieci volte la velocità della luce
Torna alla ribalta un classico intramontabile dell’analfabetismo scientifico e numerico: secondo Repubblica.it, questo progetto d’aereo, denominato Skreemr, sarebbe “in grado di viaggiare a una velocità pari a dieci volte quella della luce (7,673 miglia orarie).” Oh, sì: avete letto bene. C’è proprio scritto luce.
Cari redattori di Repubblica, ripetete con me ancora una volta, con sentimento: la velocità della luce non è la stessa cosa della velocità del suono. Una è circa 300.000 chilometri al secondo, l’altra è circa 0,3 chilometri al secondo. Una è irraggiungibile dai nostri veicoli più veloci, l’altra no e viene raggiunta e superata dai jet militari che si chiamano, guarda caso, supersonici e non superluminali.
E magari siate un po’ meno pigri e imparate almeno a convertire le miglia in chilometri quando copiate ciecamente dai siti in inglese pur di accalappiare qualche clic.
Grazie a @Riccardodeias per la segnalazione.
Cari redattori di Repubblica, ripetete con me ancora una volta, con sentimento: la velocità della luce non è la stessa cosa della velocità del suono. Una è circa 300.000 chilometri al secondo, l’altra è circa 0,3 chilometri al secondo. Una è irraggiungibile dai nostri veicoli più veloci, l’altra no e viene raggiunta e superata dai jet militari che si chiamano, guarda caso, supersonici e non superluminali.
E magari siate un po’ meno pigri e imparate almeno a convertire le miglia in chilometri quando copiate ciecamente dai siti in inglese pur di accalappiare qualche clic.
Grazie a @Riccardodeias per la segnalazione.
Per Repubblica.it i PCB cancerogeni sono i circuiti stampati
Questa, secondo Repubblica.it, sarebbe un’immagine dei “policlorobifenili, o PCB (composto sintetico ampiamente utilizzato per le apparecchiature elettroniche in passato e vietato alla fine del 1970 in molti paesi)”. L’immagine fa parte di una galleria dedicata alle sostanze e abitudini cancerogene.
Non ci vogliono molti neuroni accesi per capire che quell’immagine mostra un circuito stampato e non un composto, men che meno un policlorobifenile. Ma come può accadere un errore ridicolo del genere? Proviamo a fare un’ipotesi, suggerita da chi mi ha segnalato la perla (franco.mad*).
C’è da fare una galleria di foto? Serve una foto dei policlorobifenili o PCB? Nessun problema: si va su Google, si digita la parola chiave che descrive l’oggetto della foto e si prende una delle immagini proposte, e vai così che vai bene. Piccolo problema: se si immette PCB in Google viene fuori che è anche la sigla di printed circuit board, ossia “circuito stampato”. E se il neurone non è acceso, si prende la foto del circuito stampato e si pubblica quella per parlare di policlorobifenili.
Infatti questo è quello che viene fuori in Google Immagini digitando “PCB”: notate la terza immagine.Nelle redazioni dei giornali oggi si lavora così. E così adesso ci sarà chi, grazie a Repubblica, penserà che i circuiti stampati sono cancerogeni. Complimenti.
Non ci vogliono molti neuroni accesi per capire che quell’immagine mostra un circuito stampato e non un composto, men che meno un policlorobifenile. Ma come può accadere un errore ridicolo del genere? Proviamo a fare un’ipotesi, suggerita da chi mi ha segnalato la perla (franco.mad*).
C’è da fare una galleria di foto? Serve una foto dei policlorobifenili o PCB? Nessun problema: si va su Google, si digita la parola chiave che descrive l’oggetto della foto e si prende una delle immagini proposte, e vai così che vai bene. Piccolo problema: se si immette PCB in Google viene fuori che è anche la sigla di printed circuit board, ossia “circuito stampato”. E se il neurone non è acceso, si prende la foto del circuito stampato e si pubblica quella per parlare di policlorobifenili.
Infatti questo è quello che viene fuori in Google Immagini digitando “PCB”: notate la terza immagine.Nelle redazioni dei giornali oggi si lavora così. E così adesso ci sarà chi, grazie a Repubblica, penserà che i circuiti stampati sono cancerogeni. Complimenti.
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Le Scienze si dedica ad Einstein e mi ospita per la “strega di Churchill”
L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/11/02 14:55.
Il numero 567 de Le Scienze ora in edicola è quasi interamente dedicato ad Einstein e alla sua eredità straordinaria, con articoli che non vedo l’ora di leggere (sommario). Nello stesso numero trovate anche un mio articolo, La Strega di Churchill, dedicato allo strano caso dell’ultimo grande processo per stregoneria avvenuto in Europa, datato 1944. No, non è un mio refuso: il Witchcraft Act (“legge sulla stregoneria”) fu davvero usato in Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale.
Questi sono alcuni link di approfondimento della vicenda:
– Il Fraudulent Mediums Act (1951) che sostituì il Witchcraft Act del 1735 e fu successivamente sostituito dal Consumer Protection from Unfair Trading Regulations nel 2008;
– Il sito ufficiale dedicato a Helen Duncan, la “strega”;
– Foto e ritagli di giornali dell’epoca;
– Lo speciale della BBC The Blitz Witch.
Segnalo infine due chicche per gli appassionati di fantascienza: la prima è che se ricordate il film La Terra contro i dischi volanti (Earth vs. the Flying Saucers), del 1956, l’esplosione di una nave da guerra mostrata in questo celebre film (e nel teaser qui sotto intorno a 30 secondi dall'inizio) è autentica: è proprio quella della HMS Barham “vista” da Helen Duncan. All’epoca, pur essendo passati solo quindici anni dal disastro, nessuno si fece scrupoli a usare le riprese reali della morte di oltre 800 persone per farne una produzione hollywoodiana. È come se oggi usassero le riprese originali dei crolli delle Torri Gemelle nel rifacimento di Independence Day.
La seconda chicca riguarda un altro affondamento “visto” dalla Duncan: quello della HMS Hood, affondata dai tedeschi il 24 maggio 1941. A bordo della Hood aveva prestato servizio fino a poche settimane prima un certo Jon Pertwee. Sì, quel Jon Pertwee che sarebbe poi diventato uno degli interpreti più popolari di Doctor Who. L’Universo è piccolo.
Il numero 567 de Le Scienze ora in edicola è quasi interamente dedicato ad Einstein e alla sua eredità straordinaria, con articoli che non vedo l’ora di leggere (sommario). Nello stesso numero trovate anche un mio articolo, La Strega di Churchill, dedicato allo strano caso dell’ultimo grande processo per stregoneria avvenuto in Europa, datato 1944. No, non è un mio refuso: il Witchcraft Act (“legge sulla stregoneria”) fu davvero usato in Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale.
Questi sono alcuni link di approfondimento della vicenda:
– Il Fraudulent Mediums Act (1951) che sostituì il Witchcraft Act del 1735 e fu successivamente sostituito dal Consumer Protection from Unfair Trading Regulations nel 2008;
– Il sito ufficiale dedicato a Helen Duncan, la “strega”;
– Foto e ritagli di giornali dell’epoca;
– Lo speciale della BBC The Blitz Witch.
Segnalo infine due chicche per gli appassionati di fantascienza: la prima è che se ricordate il film La Terra contro i dischi volanti (Earth vs. the Flying Saucers), del 1956, l’esplosione di una nave da guerra mostrata in questo celebre film (e nel teaser qui sotto intorno a 30 secondi dall'inizio) è autentica: è proprio quella della HMS Barham “vista” da Helen Duncan. All’epoca, pur essendo passati solo quindici anni dal disastro, nessuno si fece scrupoli a usare le riprese reali della morte di oltre 800 persone per farne una produzione hollywoodiana. È come se oggi usassero le riprese originali dei crolli delle Torri Gemelle nel rifacimento di Independence Day.
La seconda chicca riguarda un altro affondamento “visto” dalla Duncan: quello della HMS Hood, affondata dai tedeschi il 24 maggio 1941. A bordo della Hood aveva prestato servizio fino a poche settimane prima un certo Jon Pertwee. Sì, quel Jon Pertwee che sarebbe poi diventato uno degli interpreti più popolari di Doctor Who. L’Universo è piccolo.
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ADNKronos e la storia del fungo orgasmico
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni di “marcobarab*” e “andrea.art*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento).
ADNKronos torna a pubblicare pseudonotizie attiraclic: stavolta è il turno di un “fungo della specie Dictyophora”, che sarebbe in grado di provocare orgasmi se viene annusato ma funziona soltanto se chi annusa è una donna.
La fonte citata da ADNKronos sembra credibile, visto che si tratta di “studi e analisi portati avanti dai due ricercatori John Halliday e Noah Soule”, ma in realtà ADNKronos sta attingendo al tabloid britannico The Sun. Non ridete: questo è quello che un’agenzia di stampa considera una fonte attendibile.
ADNKronos cita poi un “articolo scientifico pubblicato sul portale 'IFL Science'” (questo), segno che chi ha redatto la notizia non ha ben chiaro cos’è realmente un articolo scientifico. IFL Science è un bel sito, ricco di chicche dedicate alla scienza, ma non pubblica articoli scientifici. Quello lo fanno le riviste e i siti specialistici, dove c’è una verifica accurata dei fatti da parte di colleghi esperti indipendenti (peer review). Infatti la storia del fungo orgasmico ha ben poco di scientifico.
La vera fonte della “notizia”, quella che dovrebbe essere citata da una redazione che lavora bene, è un singolo articolo pubblicato anni fa, nel 2001, sull'International Journal of Medicinal Mushrooms (link; link; link su Archive.org; altro link su Archive.org), intitolato “Spontaneous Female Orgasms Triggered by the Smell of a Newly Found Tropical Dictyophora Desv. Species”. Ma c’è un problema: da allora non ci sono altre conferme indipendenti di questa presunta proprietà orgasmica del fungo reperito alle Hawaii e quest’unico articolo basa la propria asserzione su un test condotto soltanto su sedici donne, di cui soltanto sei hanno dichiarato di aver avuto un orgasmo spontaneo dopo aver annusato il fungo (il test è stato condotto anche su venti uomini, senza alcun risultato di eccitazione).
In altre parole, come riassume bene Snopes.com, si tratta di “un unico studio di oltre dieci anni fa, condotto su un campione piccolissimo, pubblicato in una rivista minore e da allora non replicato o validato da altri ricercatori della comunità scientifica”; inoltre i dubbi dei micologi sono altissimi già da anni, come segnala questa discussione del 2008. Non si può classificare come bufala conclamata, ma scrivere “sniffi il fungo e raggiungi l’orgasmo”, come se fosse un effetto accertato e garantito, è decisamente ingannevole. Nessuno si offre per una sperimentazione più estesa?
Fonti aggiuntive: BoingBoing.
ADNKronos torna a pubblicare pseudonotizie attiraclic: stavolta è il turno di un “fungo della specie Dictyophora”, che sarebbe in grado di provocare orgasmi se viene annusato ma funziona soltanto se chi annusa è una donna.
La fonte citata da ADNKronos sembra credibile, visto che si tratta di “studi e analisi portati avanti dai due ricercatori John Halliday e Noah Soule”, ma in realtà ADNKronos sta attingendo al tabloid britannico The Sun. Non ridete: questo è quello che un’agenzia di stampa considera una fonte attendibile.
ADNKronos cita poi un “articolo scientifico pubblicato sul portale 'IFL Science'” (questo), segno che chi ha redatto la notizia non ha ben chiaro cos’è realmente un articolo scientifico. IFL Science è un bel sito, ricco di chicche dedicate alla scienza, ma non pubblica articoli scientifici. Quello lo fanno le riviste e i siti specialistici, dove c’è una verifica accurata dei fatti da parte di colleghi esperti indipendenti (peer review). Infatti la storia del fungo orgasmico ha ben poco di scientifico.
La vera fonte della “notizia”, quella che dovrebbe essere citata da una redazione che lavora bene, è un singolo articolo pubblicato anni fa, nel 2001, sull'International Journal of Medicinal Mushrooms (link; link; link su Archive.org; altro link su Archive.org), intitolato “Spontaneous Female Orgasms Triggered by the Smell of a Newly Found Tropical Dictyophora Desv. Species”. Ma c’è un problema: da allora non ci sono altre conferme indipendenti di questa presunta proprietà orgasmica del fungo reperito alle Hawaii e quest’unico articolo basa la propria asserzione su un test condotto soltanto su sedici donne, di cui soltanto sei hanno dichiarato di aver avuto un orgasmo spontaneo dopo aver annusato il fungo (il test è stato condotto anche su venti uomini, senza alcun risultato di eccitazione).
In altre parole, come riassume bene Snopes.com, si tratta di “un unico studio di oltre dieci anni fa, condotto su un campione piccolissimo, pubblicato in una rivista minore e da allora non replicato o validato da altri ricercatori della comunità scientifica”; inoltre i dubbi dei micologi sono altissimi già da anni, come segnala questa discussione del 2008. Non si può classificare come bufala conclamata, ma scrivere “sniffi il fungo e raggiungi l’orgasmo”, come se fosse un effetto accertato e garantito, è decisamente ingannevole. Nessuno si offre per una sperimentazione più estesa?
Fonti aggiuntive: BoingBoing.
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2015/11/01
Lezione magistrale di un veterano dello spazio: Jim Lovell
L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/11/02 00:35.
Oggi (30 ottobre) l’astronauta Jim Lovell ha incantato circa 500 persone a Pontefract, in Inghilterra, dove era ospite di Space Lectures. Parlando per un’ora ininterrotta, con una chiarezza e una lucidità invidiabili a qualunque età e attingendo soltanto ai suoi appunti su carta, ha raccontato le sue quattro missioni spaziali, i drammi di Apollo 13, l’esperienza di essere uno dei tre primi esseri umani a vedere la faccia nascosta della Luna con i propri occhi (con lo storico volo di Apollo 8), i disagi e i divertimenti di due missioni Gemini altamente sperimentali, e mille altre chicche della vita nello spazio e sulla Terra dopo essere stati nello spazio e aver partecipato a ben due viaggi spaziali assolutamente storici: il primo volo umano intorno alla Luna e il primo grave incidente nello spazio.
Non solo: ha poi risposto alle domande del pubblico, con la moderazione di Brian Cox, e infine ha firmato autografi a tutti i presenti: una resistenza ammirevole. Ho poche foto della giornata, ma ho l'audio completo della conferenza (che non ho il permesso di pubblicare, ma tradurrò) e ho soprattutto il ricordo indelebile dell’incontro con una persona che non solo ha saputo fare cose grandiose ma sa tuttora emozionare e commuovere chi lo ascolta.
Vi racconterò i dettagli man mano che riascolto il suo intervento, ma vi anticipo questa sua riflessione: cosa sarebbe successo se la missione Apollo 13 non fosse fallita? Cosa prova una persona che ha affrontato il viaggio incredibile verso la Luna, il più lungo mai compiuto da esseri umani in tutta la storia, non una volta ma due, eppure non ha potuto mettere piede sulla propria destinazione? La risposta è decisamente notevole e la trascrivo sommariamente (segnalatemi eventuali errori).
“I often wonder what would have happened if Apollo 13 was successful, there was no explosion, we landed on moon, picked up some rocks, said some forgettable words, then got back safely. Eleven, or seven, successful lunar landings. The history of Apollo 13 would have been swept into the dustbin of space history. I wouldn't be here, probably, to talk about it: same thing, third time. For years I was very much disappointed, frustrated that I could not land on the Moon. This was the end of my active space career, perhaps the end of my naval career. That's what I wanted to do. But then, after the years came by, we wrote a book, first of all called “Lost Moon”, then “Apollo 13”, and I thought to myself, You know, if we had landed on the Moon and come back, there would be no “Houston we have a problem” in the English language. No “Failure is not an option”. And I said, it did bring out what people could do when there was a crisis. And so it finally determined on me that the best thing that could have happened in our space program at that particular time was to have an explosion like this that brought up various things, allowed talented people to bring an almost certain catastrophe back to a safe landing.”
Traduzione spiccia (anche qui, segnalatemi errori):
“Mi sono chiesto spesso cosa sarebbe successo se Apollo 13 avesse avuto successo; se non ci fosse stata nessuna esplosione, fossimo atterrati sulla Luna, avessimo raccolto delle rocce, pronunciato frasi dimenticabili, e poi fossimo tornati sani e salvi. Undici, o sette, missioni lunari completate con successo. La storia di Apollo 13 sarebbe stata sepolta nel bidone della spazzatura della storia dello spazio. Probabilmente non sarei qui a parlarne: la stessa cosa fatta per la terza volta. Per anni sono rimasto molto deluso di non aver potuto atterrare sulla Luna. Era la fine della mia carriera spaziale attiva e forse di quella navale. Era quello che avrei voluto fare. Ma con gli anni abbiamo scritto un libro, intitolato inizialmente “Lost Moon” (Luna perduta) e poi “Apollo 13”, e mi sono detto che se fossimo atterrati sulla Luna e fossimo tornati non ci sarebbe la frase "Houston, abbiamo un problema” nella lingua inglese. Non ci sarebbe “Il fallimento non è contemplato”. E mi sono detto che ha tirato fuori quello che la gente sa fare quando c'è una crisi. E quindi mi sono reso conto che la cosa migliore che poteva succedere nel nostro programma spaziale, in quel momento specifico, era avere un’esplosione come questa, che ha fatto emergere tante cose e ha consentito a gente di talento di trasformare una catastrofe quasi garantita in un atterraggio sicuro.”
2015/11/01. Sono rientrato oggi al Maniero Digitale con un carico di ricordi e di incontri eccezionali (compreso anche David Woods, dalle cui mani ho comperato il magnifico libro How Apollo Flew to the Moon, testo tecnico impareggiabile) e alcuni cimeli speciali, che porterò alle mie conferenze sulle missioni spaziali per condividerle con voi: uno è il modello del veicolo Apollo firmato da Lovell.
Se questo genere di incontri vi piace, vi ricordo che il 9 aprile 2016 nello stesso posto ci sarà Gene Cernan, l’ultimo uomo sulla Luna: un’occasione rara per incontrarlo senza svenarvi con un volo intercontinentale (a Pontefract si arriva anche con le compagnie aeree low-cost da molte città d’Europa, come ho fatto anch’io), e se la passione c’è davvero i soldi si trovano. Le prenotazioni sono già aperte presso Space Lectures.
Oggi (30 ottobre) l’astronauta Jim Lovell ha incantato circa 500 persone a Pontefract, in Inghilterra, dove era ospite di Space Lectures. Parlando per un’ora ininterrotta, con una chiarezza e una lucidità invidiabili a qualunque età e attingendo soltanto ai suoi appunti su carta, ha raccontato le sue quattro missioni spaziali, i drammi di Apollo 13, l’esperienza di essere uno dei tre primi esseri umani a vedere la faccia nascosta della Luna con i propri occhi (con lo storico volo di Apollo 8), i disagi e i divertimenti di due missioni Gemini altamente sperimentali, e mille altre chicche della vita nello spazio e sulla Terra dopo essere stati nello spazio e aver partecipato a ben due viaggi spaziali assolutamente storici: il primo volo umano intorno alla Luna e il primo grave incidente nello spazio.
Non solo: ha poi risposto alle domande del pubblico, con la moderazione di Brian Cox, e infine ha firmato autografi a tutti i presenti: una resistenza ammirevole. Ho poche foto della giornata, ma ho l'audio completo della conferenza (che non ho il permesso di pubblicare, ma tradurrò) e ho soprattutto il ricordo indelebile dell’incontro con una persona che non solo ha saputo fare cose grandiose ma sa tuttora emozionare e commuovere chi lo ascolta.
Vi racconterò i dettagli man mano che riascolto il suo intervento, ma vi anticipo questa sua riflessione: cosa sarebbe successo se la missione Apollo 13 non fosse fallita? Cosa prova una persona che ha affrontato il viaggio incredibile verso la Luna, il più lungo mai compiuto da esseri umani in tutta la storia, non una volta ma due, eppure non ha potuto mettere piede sulla propria destinazione? La risposta è decisamente notevole e la trascrivo sommariamente (segnalatemi eventuali errori).
“I often wonder what would have happened if Apollo 13 was successful, there was no explosion, we landed on moon, picked up some rocks, said some forgettable words, then got back safely. Eleven, or seven, successful lunar landings. The history of Apollo 13 would have been swept into the dustbin of space history. I wouldn't be here, probably, to talk about it: same thing, third time. For years I was very much disappointed, frustrated that I could not land on the Moon. This was the end of my active space career, perhaps the end of my naval career. That's what I wanted to do. But then, after the years came by, we wrote a book, first of all called “Lost Moon”, then “Apollo 13”, and I thought to myself, You know, if we had landed on the Moon and come back, there would be no “Houston we have a problem” in the English language. No “Failure is not an option”. And I said, it did bring out what people could do when there was a crisis. And so it finally determined on me that the best thing that could have happened in our space program at that particular time was to have an explosion like this that brought up various things, allowed talented people to bring an almost certain catastrophe back to a safe landing.”
Traduzione spiccia (anche qui, segnalatemi errori):
“Mi sono chiesto spesso cosa sarebbe successo se Apollo 13 avesse avuto successo; se non ci fosse stata nessuna esplosione, fossimo atterrati sulla Luna, avessimo raccolto delle rocce, pronunciato frasi dimenticabili, e poi fossimo tornati sani e salvi. Undici, o sette, missioni lunari completate con successo. La storia di Apollo 13 sarebbe stata sepolta nel bidone della spazzatura della storia dello spazio. Probabilmente non sarei qui a parlarne: la stessa cosa fatta per la terza volta. Per anni sono rimasto molto deluso di non aver potuto atterrare sulla Luna. Era la fine della mia carriera spaziale attiva e forse di quella navale. Era quello che avrei voluto fare. Ma con gli anni abbiamo scritto un libro, intitolato inizialmente “Lost Moon” (Luna perduta) e poi “Apollo 13”, e mi sono detto che se fossimo atterrati sulla Luna e fossimo tornati non ci sarebbe la frase "Houston, abbiamo un problema” nella lingua inglese. Non ci sarebbe “Il fallimento non è contemplato”. E mi sono detto che ha tirato fuori quello che la gente sa fare quando c'è una crisi. E quindi mi sono reso conto che la cosa migliore che poteva succedere nel nostro programma spaziale, in quel momento specifico, era avere un’esplosione come questa, che ha fatto emergere tante cose e ha consentito a gente di talento di trasformare una catastrofe quasi garantita in un atterraggio sicuro.”
2015/11/01. Sono rientrato oggi al Maniero Digitale con un carico di ricordi e di incontri eccezionali (compreso anche David Woods, dalle cui mani ho comperato il magnifico libro How Apollo Flew to the Moon, testo tecnico impareggiabile) e alcuni cimeli speciali, che porterò alle mie conferenze sulle missioni spaziali per condividerle con voi: uno è il modello del veicolo Apollo firmato da Lovell.
Se questo genere di incontri vi piace, vi ricordo che il 9 aprile 2016 nello stesso posto ci sarà Gene Cernan, l’ultimo uomo sulla Luna: un’occasione rara per incontrarlo senza svenarvi con un volo intercontinentale (a Pontefract si arriva anche con le compagnie aeree low-cost da molte città d’Europa, come ho fatto anch’io), e se la passione c’è davvero i soldi si trovano. Le prenotazioni sono già aperte presso Space Lectures.
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