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Il Disinformatico: catlg

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2023/05/18

Podcast RSI - Story: Perché le Tesla vedono i fantasmi?

logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

---

[CLIP: Gente che grida perché crede di aver visto fantasmi - da YouTube]

Su TikTok e YouTube ci sono molti video che mostrano persone che percorrono lentamente una strada interna di un cimitero a bordo di una Tesla e si spaventano perché l’auto segnala sul proprio schermo che vicino al veicolo c’è qualcuno che loro non vedono. Di solito questi video sono accompagnati da musica inquietante e da reazioni esagerate, che non si sa se siano sincere o recitate. Ma il tema è sempre lo stesso: le Tesla vedono i fantasmi. Perlomeno secondo chi pubblica questi video.

[CLIP: Persone che gridano perché credono di aver visto fantasmi]

Questa è la storia di come un TikTok Challenge in salsa paranormale ha creato un mito, spaventa gli animi sensibili ed è un’occasione per capire meglio come funziona realmente il riconoscimento delle immagini tramite intelligenza artificiale, perché sbaglia e vede “fantasmi”, e soprattutto perché è importante essere consapevoli che questi suoi sbagli possono diventare realmente pericolosi.

Benvenuti alla puntata del 19 maggio 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

Prima di tutto, è importante chiarire che i video di “fantasmi” avvistati dalle auto Tesla mostrano un fenomeno reale, nel senso che è davvero possibile che sullo schermo principale di queste automobili, quello che mostra l’ambiente intorno al veicolo, compaiano sagome di persone che non esistono. Ma non c’è nulla di ultraterreno o paranormale: si tratta di un effetto frequente delle tecnologie usate da questo tipo di auto.

Le auto di Tesla e di molte altre marche sono dotate di telecamere perimetrali che guardano in tutte le direzioni. Le immagini di queste telecamere vengono inviate al computer di bordo, che le analizza e, nel caso di Tesla, mostra sullo schermo in cabina un’animazione tridimensionale schematica degli oggetti che sono stati identificati da questa analisi: le strisce di delimitazione della corsia, i cartelli stradali, i semafori, i veicoli e i pedoni.

Questa animazione è basata sul riconoscimento automatico delle immagini. Il software di bordo è stato addestrato a riconoscere gli oggetti mostrandogli moltissime fotografie di vari oggetti e indicandogli il tipo di oggetto mostrato, esattamente come si fa con un bambino per insegnargli a riconoscere le cose che gli stanno intorno. Ma le somiglianze finiscono qui, perché il software usa un sistema molto differente da quello umano per identificare gli oggetti.

La differenza fondamentale, semplificando molto, è che il software si basa esclusivamente sulle immagini, cioè sulle forme e i colori, mentre una persona usa anche il contesto, ossia informazioni come la distanza, il tipo di ambiente in cui si trova, le regole fondamentali della realtà: per esempio un camion non può fluttuare a mezz’aria, gli oggetti non appaiono e scompaiono di colpo e una persona non può camminare a cento chilometri l’ora.

È questa mancanza di contesto a causare l’apparizione dei fantasmi sullo schermo delle Tesla: il software sbaglia a interpretare l’immagine che gli è stata inviata dalle telecamere, non ha modo di “rendersi conto” del proprio errore valutando la plausibilità della sua interpretazione, e così mostra sullo schermo il risultato del suo sbaglio. L’automobile non sta rivelando cose che i nostri occhi umani non possono vedere; le sue telecamere non stanno ricevendo emanazioni dall’aldilà. I presunti “fantasmi” sono semplicemente errori momentanei di interpretazione automatica delle immagini.

[CLIP da Ghostbusters]

Anche le persone che credono alla natura ultraterrena di questi avvistamenti commettono a loro volta un errore di interpretazione, a un livello molto differente, perché non sanno come funzionano questi software. Ovviamente, se il contesto è un cimitero, magari di notte, la fantasia galoppa e l’unica giustificazione che viene in mente a chi non conosce queste tecnologie è la presenza di un fantasma.

Però tutto questo non spiega come faccia un computer a sbagliare così clamorosamente, per esempio riconoscendo una sagoma umana in un’immagine in cui non c’è nessuno ma si vedono solo prati, fiori e qualche lapide. Scambiare una statua per una persona avrebbe senso, per esempio, ma nei video dei presunti fantasmi si vede chiaramente che intorno all’auto non ci sono oggetti di forma umana. Come fa un computer a sbagliare così tanto?

Confondere sedie a dondolo e occhiali

Alexander Turner, assistente universitario presso la facoltà di scienze informatiche all’Università di Nottingham, nel Regno Unito, spiega in un video della serie Computerphile su YouTube che il riconoscimento delle immagini fatto oggi dai computer in sostanza assegna a ciascuna immagine un valore di probabilità di identificazione.

[CLIP: dal video di Turner per Computerphile]

Per esempio, se si mostra a uno di questi software una foto di un paio di occhiali, il software risponde che rientra nella categoria “occhiali” con una probabilità del 93%, ma non esclude che si tratti di una sedia a dondolo o di un corrimano di una scala, con probabilità però molto più basse. 

Fotogramma tratto dal video di Computerphile.

Questo è il meglio che riesce a fare: bisogna ricordare che il software non “sa” cosa siano gli occhiali o le sedie a dondolo, ma si sta basando esclusivamente sulle forme e sui colori presenti nell’immagine e li sta confrontando con i milioni di campioni di immagini di occhiali, sedie a dondolo e corrimano sui quali è stato addestrato, misurando quanto l’immagine proposta si avvicini a una delle categorie che conosce e poi scegliendo la categoria che ha la maggiore probabilità di corrispondenza, cioè di somiglianza. Tutto qui.

Questo approccio probabilistico, così lontano dalla certezza umana, porta a una vulnerabilità inaspettata di questi sistemi di riconoscimento delle immagini. Come spiega Alexander Turner, di solito il software assegna una probabilità molto alta a una singola categoria e alcune probabilità molto basse ad altre categorie, ma è possibile influenzare fortemente queste assegnazioni con un trucco: basta cambiare qualche pixel a caso dell’immagine e vedere se la probabilità di identificazione corretta aumenta o diminuisce di qualche decimale. Se diminuisce, si mantiene quel pixel cambiato e si prova a cambiarne anche un altro, e così via, ripetutamente, tenendo i pixel alterati che fanno scendere la probabilità di identificazione esatta e fanno salire quella di identificazione errata.

La cosa sorprendente di questa tecnica è che i pixel cambiati che alterano il riconoscimento non hanno niente a che vedere con l’oggetto nell’immagine ma sono una nuvola di punti colorati apparentemente casuali. Per esempio, si può prendere una foto di una giraffa, che il software identifica correttamente come giraffa al 61%, cambiare alcuni pixel qua e là, magari anche solo sullo sfondo, e ottenere che il software identifichi l’immagine come cane al 63%. Ai nostri occhi la foto mostra ancora molto chiaramente una giraffa, ma agli occhi virtuali del software quella giraffa è ora altrettanto chiaramente un cane. 

Fotogramma tratto dal video di Computerphile.
Fotogramma tratto dal video di Computerphile.

Turner prosegue la sua dimostrazione con una foto di un telecomando per televisori su uno sfondo bianco, che viene riconosciuta correttamente dal software: ma spargendo opportunamente dei pixel colorati sull’immagine, il software dichiara che si tratta di una tazza, e assegna a questa identificazione addirittura il 99% di probabilità. Il ricercatore ripete l’esperimento con altri pixel sparsi e il software dice con la stessa certezza che si tratta di una tastiera, di una busta, di una pallina da golf o di una fotocopiatrice. Eppure noi, guardando le immagini alterate, continuiamo a vedere chiaramente che si tratta sempre di un telecomando.

Fotogramma tratto dal video di Computerphile.

La conclusione di questo esperimento è che non solo i computer riconoscono gli oggetti in maniera molto differente da noi, ma esistono delle immagini che li confondono completamente anche se ai nostri occhi non sono ambigue e sembrano semplicemente foto di un oggetto sporcate da qualche puntino disposto a caso. Noi prendiamo lucciole per lanterne, loro scambiano telecomandi per palline da golf.

[CLIP da video di presunti fantasmi visti dalle Tesla]

Nel caso dei presunti fantasmi avvistati dalle Tesla, è probabile che una specifica inquadratura di un particolare punto del prato di un cimitero contenga momentaneamente un insieme di pixel sparsi qua e là, come quelli usati nell’esperimento di Turner, che al nostro sguardo non spiccano affatto ma che per il software spostano la probabilità di identificazione verso la categoria “persona”.

Bisogna ricordare, infatti, che non è necessario che l’immagine sia riconosciuta con il 100% di certezza: è sufficiente che il software assegni alla categoria “persona” una probabilità anche solo leggermente più alta rispetto a tutte le altre categorie. E così sullo schermo comparirà improvvisamente e per un istante la sagoma di un essere umano.

Mistero risolto, insomma. Ma un fantasma, comunque, in questa storia c’è lo stesso.

Il fantasma in autostrada

Gli avvistamenti di presunti fantasmi nei cimiteri a causa di errori del software di riconoscimento delle immagini ovviamente fanno parecchia impressione e generano video molto virali, ma c’è un altro tipo di avvistamento fantasma da parte delle automobili dotate di telecamere che è reale ed è importante conoscerlo perché ha conseguenze molto concrete.

Le telecamere di questi veicoli vengono usate per l’assistenza alla guida, per esempio per il mantenimento di corsia, per la lettura dei limiti di velocità e per l’identificazione degli ostacoli. L’auto adatta la propria velocità in base alla segnaletica e alla presenza di barriere, veicoli o altri oggetti lungo la strada. Ma se il software di riconoscimento delle immagini sbaglia ad assegnare categorie agli oggetti che vede, le conseguenze possono essere pericolose.

Questi sbagli possono essere spesso comprensibili e anticipabili da parte del conducente, come in un video molto popolare che circola su Twitter e mostra una Tesla che sbaglia a identificare una carrozza che le sta davanti e la mostra come camion, come furgone, poi di nuovo come autoarticolato ma rivolto in senso contrario alla direzione di marcia, e infine aggiunge un inesistente essere umano che cammina in mezzo alla strada. Fortunatamente tutta la scena avviene a bassissima velocità e in modalità di guida manuale; ma se fosse stata attiva la guida assistita, come avrebbe reagito l’auto a quel pedone fantasma?

In altre circostanze, invece, lo sbaglio del software può essere completamente incomprensibile e imprevedibile. Se il riconoscimento delle immagini del sistema di assistenza alla guida identifica erroneamente che c’è un ostacolo che in realtà non esiste, e lo fa perché in quell’istante l’immagine inviata dalle telecamere contiene per caso dei pixel che spostano la probabilità di identificazione verso la categoria “ostacolo”, l’auto potrebbe frenare di colpo senza motivo apparente. È quello che gli utenti di questi veicoli chiamano phantom braking, ossia “frenata fantasma”, e se avviene nel traffico può aumentare la probabilità di tamponamenti, perché il conducente del veicolo che sta dietro non si aspetta che l’auto che ha davanti freni improvvisamente e senza motivo quando la strada è libera. Le versioni più recenti dei software di guida assistita hanno ridotto questo fenomeno, ma non è ancora scomparso del tutto.

Si può anche immaginare uno scenario in cui vengono create intenzionalmente situazioni che sembrano innocue ai nostri occhi ma producono errori nei sistemi di riconoscimento delle immagini. Per esempio, per le auto a guida assistita è facile pensare a immagini speciali, applicate al retro di furgoni o camion o cartelli stradali, oppure sul manto stradale, che hanno un aspetto normale ma contengono uno schema di pixel apparentemente casuali che forza i veicoli a frenare, accelerare o cambiare corsia, con intenti ostili oppure protettivi.

Uscendo dal settore automobilistico, sono già in vendita indumenti che hanno colorazioni e forme che all’osservatore umano sembrano prive di significato ma che mettono in crisi i sistemi di riconoscimento facciale delle telecamere di sorveglianza. In campo medico, l’uso crescente di sistemi di riconoscimento automatico delle immagini per la diagnosi può portare a sviste devastanti se il software non ha un approccio prudente, ossia genera falsi positivi invece di falsi negativi, e se il medico non conosce e non considera queste debolezze del software.

Insomma, non vi angosciate: le anime dei defunti non hanno deciso di rendersi visibili solo a chi ha un’automobile di una specifica marca. Almeno per ora.

[CLIP: Risata di Vincent Price da Thriller di Michael Jackson]

 

Fonti aggiuntive: Makeuseof.com, Ricoh, Carscoops.com, Science Times, IFLScience.

2020/03/02

Antibufala: no, non è vero che il 38% degli americani non comprerebbe birra Corona per paura del coronavirus

La notizia secondo la quale il 38% degli americani non comprerà più la birra Corona perché la associa al coronavirus è una bufala. Specificamente, è una fandonia costruita da un’agenzia di sondaggi in cerca di visibilità.

Lo spiega molto dettagliatamente Bufale un tanto al chilo: tutto parte da un sondaggio della 5W Public Relations (comunicato stampa qui), condotto telefonicamente su un campione di 737 bevitori di birra statunitensi, che annuncia che “il 38% dei bevitori di birra americani adesso non comprerebbe Corona in nessuna circostanza” (“38% of beer-drinking Americans would not buy Corona under any circumstances now”).

Ma il comunicato omette la cosa più importante, ossia la domanda che è stata fatta per ottenere questa risposta. L’ha trovata l’Huffington Post, ed è un generico “Comprerebbe Corona in qualunque circostanza adesso?”, senza citare affatto il coronavirus. Quindi chi ha risposto “No” può averlo fatto per molte ragioni, compresa semplicemente quella che non gli piace la Corona e quindi non la comprerebbe a prescindere dal coronavirus e non l’avrebbe comprata neanche in passato.

Il comunicato stampa, insomma, è stato costruito furbescamente per fare in modo che l’associazione fra Corona e coronavirus si formi nella mente del lettore.

Come controprova, si può notare che il sondaggio contiene anche un’altra domanda, che però non ha attirato altrettanta attenzione da parte dei media: “Alla luce del coronavirus, intende smettere di bere Corona?”. Solo il 4% ha risposto di sì.

Questo, semmai, sarebbe stato il dato da pubblicare, ma non sarebbe stato spettacolare e non avrebbe permesso di far leva sul luogo comune che gli americani sono stupidi. Purtroppo anche molti giornalisti hanno abboccato all’esca troppo ghiotta.

PR Week riferisce che Maggie Bowman, senior director of communications della Constellation Brands che è proprietaria della Corona, ha detto che “nonostante la disinformazione circolante, il consumer sentiment e le vendite restano robusti. I consumatori capiscono che non c’è legame fra il virus e la nostra impresa.” 

C’è stato un calo generale delle vendite di birra in Cina a causa del coronavirus. Anheuser-Busch InBev, che produce Budweiser, Corona, Stella Artois e altri marchi, prevede un 10% di calo dei profitti nel primo trimestre.

Negli Stati Uniti, invece, la Corona non ha subìto cali significativi, anzi: Bufale un tanto al chilo nota, citando CNN, che “Le vendite della Corona erano salite del 5% negli Stati Uniti nelle 4 settimane fino al 16 febbraio. Questo è circa il doppio di quello che era il trend delle ultime 52 settimane.”


Fonte aggiuntiva: The Atlantic.


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2020/02/28

Antibufala: la Cina invia centomila anatre contro le locuste in Pakistan. Lo dice(va) Associated Press

Di solito quando la Associated Press pubblica una notizia, ci si fida ciecamente, ma stavolta la fiducia è stata un po’ tirata per i capelli.

La AP ha infatti pubblicato la notizia che le autorità cinesi avrebbero trasportato centomila anatre per portarle in Pakistan allo scopo di aiutare nella lotta agli sciami immensi di locuste che stanno devastando il paese.

Molti altri canali d’informazione (Bloomberg, New York Times, ABC News) hanno ripreso la notizia senza farsi la domanda fondamentale: ma che senso ha mandare le anatre a combattere le locuste?

L’agenzia di stampa ha poi ritirato la notizia, che proveniva dal Ningo Evening News e citava Lu Lizhi, ricercatore all’Accademia di Scienze Agricole di Zhejiang. Nel ritirare la notizia, AP ha detto che erano stati “sollevati alcuni dubbi” sull’annuncio. Alcuni dubbi? Ma non mi dire.

Il problema delle locuste in Pakistan è in realtà serissimo, tanto che il paese ha dichiarato un’emergenza nazionale. Secondo la FAO, uno sciame grande come Parigi è in grado di divorare l’equivalente di metà del cibo consumato in tutta la Francia in un solo giorno. E anche centomila anatre sarebbero incapaci di contenere questa piaga: sempre secondo le stime FAO, riuscirebbero a mangiare 20 milioni di locuste al giorno, pari a mezzo chilometro quadrato di sciame. Ma alcuni sciami, anche in Africa, si estendono per centinaia di chilometri quadrati. Stavolta AP ha preso, è il caso di dire, non un granchio, ma una papera.


Fonte: Gizmodo.

2019/12/11

Antibufala: per ANSA, “Una Tesla Model 3 emette più CO2 di una Mercedes turbodiesel”

L’agenzia di stampa ANSA ha pubblicato la notizia (copia su Archive.org) secondo la quale “Una Tesla Model 3 emette più CO2 di una Mercedes turbodiesel”. È falso: o meglio, è vero solo se si scelgono apposta i dati che fanno comodo.

L’asserzione nel titolo della notizia ANSA è molto categorica, ma in realtà descrive solo un caso particolare descritto dalla rivista francese AutoPlus, che ha ripreso una ricerca pubblicata mesi fa dall’ifo Institute (sì, si scrive minuscolo) e già sbufalata da molte fonti all’epoca, compreso il Ministero dell’Ambiente tedesco, come descritto in questa mia analisi.

Inoltre la ricerca considera soltanto le emissioni di CO2, mentre le emissioni delle auto a carburante includono anche varie sostanze inquinanti, come il particolato (polveri sottili) e gli NOx. Non tiene conto del fatto che ogni volta che andiamo a fare benzina rilasciamo e inaliamo vapori di benzene, che è documentatamente cancerogeno. Non forse cancerogeno: lo è con certezza (Gruppo 1 IARC).

Detto questo, la notizia appartiene alla categoria “tortura abbastanza a lungo i dati e ti diranno qualunque cosa tu voglia”, utilissima per acchiappare clic e per alimentare irresponsabilmente polemiche inutili fra chi ha capito che non si può andare avanti ad avvelenare la gente con le auto a carburante e chi cerca ogni appiglio e scusa per non dover affrontare questa realtà.

Basta infatti osservare come sono stati scelti i dati per “dimostrare” che il ciclo di vita completo di una Tesla Model 3 produrrebbe “fra 156 e 181 g/km di CO2, contro i 141 g/km di una Mercedes C220d”: è stato preso il caso tedesco, “assumendo per la produzione tedesca di energia elettrica un fattore di emissione di CO2, medio di 0,55 kg/kWh, da cui risulta che [il] fabbisogno energetico di 15 kWh per 100 km della Tesla Model 3 comporta alla fonte 83 g/km di CO2, nel mix attuale tedesco.” A questo valore, spiega ANSA, si aggiungono fra 73 e 98 g/km derivanti dalla produzione e dallo smaltimento delle batterie.

Ma la stessa ricerca nota che “secondo i dati l'Agenzia Europea dell'Ambiente (2019), l'intensità delle emissioni di CO2, per la produzione elettrica in Francia è inferiore a 0,100 kg/kWh”. Ossia cinque volte minore di quella in Germania (0,55 kg/kWh).

E se si prende questo valore, al posto di 83 g/km vanno messi 16,6 g/km. Sommando il caso peggiore di produzione e smaltimento delle batterie (98 g/km), la Tesla Model 3 arriva a 114,6 g/km, mentre la Mercedes sta a 141 g/km.

In altre parole, si conferma il principio che se l’auto elettrica viene prodotta e alimentata con energie pulite genera decisamente meno inquinamento e meno CO2 della concorrenza diesel. E il nucleare francese, piaccia o no, formalmente è pulito in termini di CO2. Non solo: le reti elettriche mondiali stanno diventando progressivamente più pulite. Il gasolio non può fare altrettanto.


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2019/12/06

Antibufala: se la batteria del cellulare è quasi scarica, le radiazioni sono 1000 volte più potenti!

Fonte: Facebook (via Archive.org).
Certe bufale tornano periodicamente, soprattutto quando si tratta di presunti “consigli di salute” che toccano argomenti molto popolari come i telefonini. Da Butac arriva la segnalazione del ritorno di un paio di pseudoconsigli telefonici.

Il primo è questo: “Quando la batteria del telefono è debole, non rispondere al telefono, perché la radiazione è 1000 volte più potente.Esiste anche la versione in inglese claudicante: “When phones battery is low to last bar, don’t answer the call beacuse the radiation is 1000 times stronger.”

Ne avevo già parlato qualche anno fa, nel 2014, e Butac la spiega egregiamente: “esiste la convinzione, senza fondamento, che un cellulare scarico invii più radiazioni, ma è una assoluta sciocchezza. È vero che se vi trovate in zone con basso segnale il cellulare dovrà inviare segnali più potenti per poter trovare campo, ma non ha nulla a che fare con la carica della batteria.”

Il secondo, invece, riguarda una particolare tecnica telefonica: rispondere alle chiamate usando l’orecchio sinistro (in inglese, “Answer phone call from left ear”). Non c’è nessuna ragione reale per farlo, come nota il sito antibufala Hoax-Slayer.com; il consiglio stesso non fornisce alcuna giustificazione. Il falso allarme circola almeno dal 2006.

Se lo ricevete, non inoltratelo ai vostri amici: non state affatto facendo loro un favore, ma li state semplicemente confondendo.

2019/11/29

Antibufala: le mucche usano la realtà virtuale


Questa foto di una mucca che indossa quello che sembra essere un enorme visore per realtà virtuale sta spopolando su Internet. C’è chi pensa che sia un fotomontaggio per creare una metafora della nostra vita digitale di mucche da mungere alle quali viene nascosta la tristezza della realtà (una sorta di Matrix, ma più bovina; dovremmo forse parlare di Muutrix).

Ma la fotografia è reale. Non è detto, però, che rappresenti la normale condizione delle mucche nell’era digitale.

La foto proviene dal Ministero per l’Alimentazione e l’Agricoltura russo e descrive un esperimento svolto presso la RusMoloko, un‘azienda di lavorazione del latte situata nei pressi di Mosca. Secondo la dichiarazione del Ministero (in russo), l’azienda avrebbe dotato le proprie mucche di visori per realtà virtuale, adattati per le forme craniali dei bovini, per mostrare loro una simulazione di un campo d’estate e ridurre la loro ansia, con l’intento di aumentare la resa di latte.

Ci sono però alcune ragioni per sospettare che si tratti principalmente di una trovata di propaganda o autopromozione, perché la forma del visore, con quello che sembra essere un grande schermo frontale, non si adatta granché al campo visivo delle mucche, che è molto più ampio (circa 330°) di quello umano e quindi richiederebbe un visore ultrapanoramico, a meno che la mucca non sia costretta a vedere solo davanti a sé, cosa che probabilmente non riduce affatto l’ansia.

Inoltre non è chiaro come la mucca possa evitare ostacoli, trovare cibo o farsi guidare dagli allevatori se indossa continuamente questi visori, a cui oltretutto sarà necessario ricaricare periodicamente la batteria, per cui prima o poi il visore verrà tolto e il bovino si renderà conto dell’illusione. O penserà di essere stato teletrasportato da un bellissimo campo a un luogo dove gli fanno cose strane e misteriose. Forse è da qui che nasce la leggenda degli alieni che rapiscono le mucche?


Fonti aggiuntive: BBC, Interfax (in russo).

2019/09/28

Antibufala Classic: navette spaziali e sederi di cavallo


Indagine iniziale: 2002/10/22. Ultimo aggiornamento: 2019/09/28.

English abstract

An anecdote claims that the size of the Shuttle engines is based on the width of a horse's posterior. The anecdote says that the Shuttle's Solid Rocket Boosters (SRB) are carried by train from the factory in Utah, and therefore must fit within the dimensions of the tunnels along the line, which are slightly wider than a railcar, and the width of a railcar is determined by the gauge of the tracks, which is based on the gauge of horse carriages, which was determined by the grooves that were built into the roads, which had been built using Roman roads as reference. The Romans built their roads so that they would accommodate a carriage drawn by two horses side by side. Therefore, ultimately, the Shuttle's rocket boosters are sized to match the width of the backside of two horses.

Nice story; pity it's untrue. The gauges referenced in the story are incorrect and any match between horses and Shuttles is very approximate and purely coincidental. The story is debunked thoroughly by Snopes.com.


Ha ripreso a circolare sui social network una storiella divertente, che quasi mi dispiace dover smentire ripubblicandola qui (quasi vent’anni fa ne avevo scritto qui su Attivissimo.net; ho migrato qui l’articolo). Ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare (e al cavallo quel che gli spetta), e mi tocca farlo perché mi avete scritto in tanti chiedendo di verificarla. Non c'è alcun nesso vero tra le dimensioni del posteriore di un quadrupede e quelle dei motori della navetta spaziale, come invece sostiene l'aneddoto che circola in Rete:

Quando si vede uno Space Shuttle sulla rampa di lancio, si notano i due booster attaccati al serbatoio principale; questi due propulsori sono due razzi a combustibile solido o SRB. Gli SRB sono stati costruiti dalla Thiokol nei propri stabilimenti situati in Utah. Gli ingegneri che li hanno progettati avrebbero voluto farli un po' più grossi, ma gli SRB dovevano essere trasportati in treno dalla fabbrica alla rampa di lancio. Visto che la linea ferroviaria che collega lo Utah alla base di lancio attraversa nel suo percorso alcune gallerie, i razzi dovevano essere costruiti in modo da passarci dentro. I tunnel ferroviari sono poco più larghi di una carrozza ferroviaria, la cui larghezza è a sua volta dettata dallo scartamento dei binari (distanza tra le due rotaie). Lo scartamento standard degli Stati Uniti è di 4 piedi e 8,5 pollici. (E' la stessa misura europea solo che noi la esprimiamo in millimetri). A prima vista questa misura sembra alquanto strana.

Perché è stata scelta? Perché questa era la misura utilizzata in Inghilterra, e perché le ferrovie americane sono state costruite da progettisti inglesi.

Ma perché gli Inglesi le costruivano in questo modo? Perché le prime ferrovie furono costruite dalle stesse persone che, prima dell'avvento delle strade ferrate, costruivano le linee tranviarie usando lo stesso scartamento.

Ma perché i costruttori inglesi usavano questo scartamento? Perché quelli che costruivano le carrozze dei tram utilizzavano gli stessi componenti e gli stessi strumenti che venivano usati dai costruttori di carrozze stradali, e quindi gli assi avevano la stessa larghezza e lo stesso scartamento.

Bene! Ma allora perché le carrozze utilizzavano questa curiosa misura per la larghezza dell'asse? Perché, se avessero usato un'altra distanza, le ruote delle carrozze si sarebbero spezzate percorrendo alcune vecchie e consunte strade inglesi, in quanto questa era la misura dei solchi scavati dalle ruote sul fondo stradale.

Ma chi aveva provocato questi solchi sulle vecchie strade dell'Inghilterra? Le prime strade di collegamento costruite in Europa (e Inghilterra) furono quelle costruite dall'Impero Romano per le proprie legioni. Prima di allora non vi erano strade che percorrevano lunghe distanze.

E i solchi sulle strade? I carri da guerra romani produssero i primi solchi sulle strade, solchi a cui poi tutti gli altri veicoli dovettero adeguarsi per evitare di rompere le ruote. Essendo i carri da guerra costruiti tutti per conto dell'esercito dell'Impero Romano, essi avevano tutti la stessa distanza tra le ruote.

In conclusione, lo scartamento standard di 4 piedi e 8,5 pollici deriva dalle specifiche originarie dei carri da guerra dell'Impero Romano ed è la misura necessaria a contenere i sederi di due cavalli da guerra.

MORALE

1. la prossima volta che ti capitano in mano delle specifiche tecniche e ti stupisci per il fatto che le misure sembrano stabilite con il culo, magari stai facendo proprio la giusta congettura;

2. la misura standard utilizzata nel più avanzato mezzo di trasporto mai progettato in questo secolo (i booster dello Shuttle) è stata determinata oltre due millenni or sono prendendo a modello due culi di cavallo!!!


Le prime segnalazioni di questo caso sono giunte al Servizio Antibufala a ottobre 2002. La versione inglese di questa storiella è smontata dal noto sito antibufala Snopes.com in questa pagina. In sintesi, le dimensioni dei sederi dei cavalli e quelle dei motori dello Space Shuttle sono legate solo da alcune necessità fisiche e da coincidenze fortuite, non dal filo logico diretto descritto, che fra l'altro contiene varie inesattezze.

Tanto per cominciare, il sedere del cavallo c'entra poco e niente, anche perché 4 piedi e 8,5 pollici sono 144,6 centimetri, e francamente credo che togliendo lo spessore delle ruote e delle fiancate non resti molto spazio per due cavalli messi uno in fianco all'altro. E' un'impressione da verificare, ma non ho a portata di mano cavalli disposti a farsi centimetrare le terga. Se qualcuno è disposto a compiere l'ardua impresa, me lo faccia sapere.

In secondo luogo, lo scartamento USA è frutto del caso, o per meglio dire dell'esito della Guerra di Secessione. Infatti le ferrovie degli stati del Sud usavano ben tre scartamenti diversi; quelli del Nord uno solo, che venne imposto anche al Sud dai vincitori. Se la guerra fosse andata diversamente, ora gli Stati Uniti avrebbero chissà quale scartamento. Quindi la somiglianza fra strade romane e scartamenti americani è pura coincidenza.

Terzo, non è vero che "I tunnel ferroviari sono poco più larghi di una carrozza ferroviaria". Ai lati delle gallerie (anche quelle più strette, a binario unico) c'è lo spazio per la via di fuga, che varia a seconda degli standard e della curvatura della galleria e della lunghezza della carrozza (che essendo rigida, fra l'altro, sporge maggiormente dai binari lungo le curve, e le gallerie ne devono tenere conto). Inoltre a parità di scartamento le carrozze possono avere larghezze diverse: basta Googlare un po', per esempio, per trovare che in Europa si usano varie sagome, denominate UIC.

In altre parole, la larghezza di un tunnel è legata solo approssimativamente allo scartamento dei binari, che a sua volta è solo vagamente simile alla larghezza dei carri romani.

Questo non toglie che la storiella è carina e illustra un principio universale: che ogni tecnologia eredita qualcosa dalle precedenti e dopo un po' si perde traccia del motivo per cui si usano certe misure o certi standard ma si va avanti a usarli lo stesso. E soprattutto che la burocrazia è eterna e cieca.


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2019/09/25

Antibufala mini: i bitcoin consumano tanta energia quanto la Svizzera! Sì, però...

È vero, come si dice in giro, che la criptovaluta bitcoin consuma tanta elettricità quanto l’intera Svizzera? Sì.

La dichiarazione arriva dallo studio Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, realizzato dal centro di ricerca Centre for Alternative Finance dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, ed è una stima basata su una serie molto complessa di assunti. Indica che i computer che gestiscono i bitcoin in tutto il mondo attualmente consumano circa 77 terawattora ogni anno.

Nel 2018 la Svizzera ha consumato circa 57 terawattora, per cui è corretto dire che i bitcoin consumano tanta energia elettrica quanto l’intera Svizzera: anzi, si stima che ne consumino di più.

Per capire se è tanto o è poco e se è dannoso e dobbiamo preoccuparcene è necessario fare qualche confronto. Per esempio, i dispositivi elettrici lasciati sempre accesi ma inattivi nelle abitazioni soltanto negli Stati Uniti consumano quasi tre volte di più dei bitcoin a livello mondiale.

Inoltre i bitcoin rappresentano lo 0,36% del consumo totale mondiale di energia elettrica. Se vogliamo ridurre i consumi e quindi inquinare meno, abolire i bitcoin non farà molta differenza. Ci sono molti altri settori nei quali si possono ottenere risultati ben più significativi.

È invece interessante notare che i bitcoin sono molto meno efficienti, come consumo di energia, rispetto agli altri sistemi di pagamento elettronico tradizionali, come le carte di credito. Una singola transazione con bitcoin consuma quanto quattrocentomila transazioni con carta di credito.


Fonti aggiuntive: Naked Security; CCN; NewsBTC; Forbes; The Verge; BBC.


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2019/04/28

Davvero un’auto elettrica produce più CO2 di una diesel secondo uno studio tedesco?

Ultimo aggiornamento: 2019/04/28 23.30. Ringrazio tutti i lettori che hanno contribuito a questo articolo con le loro segnalazioni; siete troppi per ringraziarvi uno per uno.

Mi stanno arrivando parecchie segnalazioni di uno studio tedesco che dimostrerebbe che le auto elettriche produrrebbero più CO2 delle auto diesel.

Lo studio si intitola Kohlemotoren, Windmotoren und Dieselmotoren: Was zeigt die CO2-Bilanz? ed è scaricabile qui (PDF). Ne trovate una sintesi in inglese qui e una sintesi in italiano su Alvolante.it.

Le auto messe a confronto sono specificamente la Mercedes C 220 d e la Tesla Model 3. Il tedesco tecnico è un po’ troppo per le mie capacità; se fra voi c’è qualcuno che si vuole cimentare nella lettura, i commenti sono a sua disposizione.

Questo mini-articolo si basa solo sulla sintesi in inglese, preparata dallo stesso ifo Institute che ha redatto lo studio (ifo va scritto minuscolo, a quanto pare), e su quella di Alvolante.

La sintesi dell’ifo Institute dice che la tecnologia ideale è costituita dai motori termici a gas naturale come transizione verso i propulsori a idrogeno o a metano “verde” nel lungo periodo, perché un motore a gas naturale già oggi produce quasi un terzo in meno di emissioni rispetto a un motore diesel:

“Natural gas combustion engines are the ideal technology for transitioning to vehicles powered by hydrogen or “green” methane in the long term [...] even with today’s technology, total emissions from a combustion engine powered by natural gas are already almost one-third lower than those of a diesel engine”

In altre parole, lo studio propone ben due cambi di tecnologia, con relativi doppi problemi di costruzione di infrastrutture e di smaltimento delle stesse (oltre che delle relative auto arrivate a fine vita). Se vi spaventa l’idea di creare una rete di ricarica per milioni di auto elettriche, provate a immaginare la creazione di una rete di distribuzione di gas naturale e poi un’altra rete per la distribuzione di idrogeno o metano. Non so se gli autori hanno tenuto conto di questo aspetto nel loro studio.

Cosa più importante, questa proposta degli autori vuol dire che chi si appoggia a questo studio per sostenere che possiamo quindi mantenere la situazione attuale senza fare nulla sta contraddicendo lo studio stesso.

Per quanto riguarda invece il confronto di emissioni di CO2 fra auto elettriche e auto diesel, lo studio dice che queste emissioni sono più alte nelle auto elettriche rispetto a quelle diesel se si considera il mix energetico tedesco attuale e l’energia consumata per la produzione delle batterie:

“Considering Germany’s current energy mix and the amount of energy used in battery production, the CO2 emissions of battery-electric vehicles are, in the best case, slightly higher than those of a diesel engine, and are otherwise much higher”

La conclusione dello studio è che il governo tedesco dovrebbe trattare alla pari tutte le tecnologie e promuovere anche le soluzioni a idrogeno e a metano:

“the German federal government should treat all technologies equally and promote hydrogen and methane solutions as well”

Alvolante.it sintetizza lo studio dicendo che la Mercedes diesel

“presenta il miglior bilancio ambientale in tema di emissioni di CO2. Ciò considerando non soltanto quel che avviene sulla strada, ma tenendo conto per la Mercedes anche delle fasi di produzione e distribuzione del carburante e per la Tesla anche delle batterie che fanno funzionare il motore della Tesla e della energia elettrica necessaria per le ricariche. Il risultato di questo calcolo indica che la Tesla 3 è fonte di emissioni di CO2 per un valore tra 155 e 188 g/km mentre la Mercedes C220d non va oltre 141 g/km.”

Tuttavia va notata la precisazione: il dato riguarda esclusivamente le emissioni totali di CO2 e non considera in alcuni modo tutte le altre emissioni nocive o climalteranti dei veicoli.

Per esempio:

  • non tiene conto del particolato emesso da un motore diesel (nelle auto elettriche non ce n’è);
  • non tiene conto degli NOx emessi dagli scarichi dei diesel (inesistenti nelle elettriche);
  • non tiene conto del fatto che durante ogni frenata, un’auto elettrica recupera energia elettromagneticamente, senza buttarla via sotto forma di calore e di consumo delle pastiglie dei freni come fanno le auto non elettriche, rilasciando quindi particolato dai freni;
  • non tiene conto del fatto che il mix energetico delle centrali diventa progressivamente più verde;
  • non tiene conto del fatto che un’auto elettrica, essendo più semplice, ha meno parti soggette a manutenzione e quindi tende a durare di più di una diesel, e che quindi la maggiore generazione iniziale di CO2 per fabbricare la batteria si spalma su un lasso di tempo più lungo;
  • non tiene conto del fatto che un’auto elettrica non ha cinghie, olio, marmitte, filtri, cambio e tanti altri componenti che inquinano e producono CO2 per smaltirli;
  • non tiene conto del fatto che l’auto diesel continuerà a emettere gas di scarico per tutta la propria vita, l’elettrica no.

Questo studio va inoltre considerato anche alla luce di questa analisi del Ministero dell’Ambiente tedesco:



Secondo questo debunking, lo studio dell'ifo Institute sbaglia quando presume che la batteria verrà sostituita dopo 150.000 chilometri (non è così) e presenta un dato non realistico (sottostimato) per le emissioni di CO2 della Mercedes. Anche Focus.de evidenza i numerosi errori di metodo dello studio, compreso quello piuttosto macroscopico di aver confrontato una berlina elettrica ad alte prestazioni con un’auto che, marca a parte, è prestazionalmente ben più modesta. E poi c’è Der Spiegel, che nota altri errori dello studio.

In conclusione: usare questo studio tedesco per dire che un’auto elettrica inquina quanto o più di una diesel e per avere un alibi per non fare nulla è sbagliato. Eppure c‘è chi lo fa lo stesso, come per esempio questo titolo lapidario (copia su Archive.org) basato sullo stesso studio:


La verità, come al solito, è molto più complessa di quanto alcuni vorrebbero presentarla.


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2018/07/14

Antibufala micro: il video dei pompieri croati che guardano la partita

La faccio breve: il video dei vigili del fuoco croati che vengono interrotti da una chiamata proprio mentre assistono alla partita dei mondiali di calcio Croazia-Russia è una simpatica messinscena del reparto dei Vigili del Fuoco di Zagabria, pensata per mettere in guardia contro i pericoli derivanti dall’uso di torce e fuochi d’artificio per i festeggiamenti. Quest’uso incauto ha infatti innescato vari incendi.

La versione originale è qui su Facebook. Il debunking è merito di Firerescue1 e MalditoBulo, scovati dal maestro di debunking Peter Burger.

La rete televisiva americana ABC c’è cascata.


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2017/10/29

Antibufala: Kennedy assassinato da un poliziotto, dice il Fatto Quotidiano

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Secondo il titolone in prima pagina de Il Fatto Quotidiano di ieri, “Un poliziotto sparò il colpo mortale a JFK” (copia su Archive.is). Il giornalismo del Fatto, invece, si è suicidato.

La “rivelazione”, infatti, si basa esclusivamente su una singola dichiarazione rilasciata nel 1964 da un informatore. Questo informatore disse che un certo H. Theodore Lee (citato anche qui nei documenti dell’inchiesta) gli aveva detto che aveva sentito dire che alcune persone appartenenti a un’associazione pro-Cuba a Dallas dicevano che il presidente Kennedy era stato in realtà assassinato dal poliziotto J. D. Tippit (che fu ucciso da Lee Harvey Oswald durante la fuga di quest’ultimo; se non conoscete la complessa vicenda, potete ripassarla qui su Wikipedia).

L’informatore disse che la stessa fonte gli aveva detto che queste persone dicevano che il poliziotto, una settimana prima dell’assassinio di Kennedy, si era recato nel night club di Jack Ruby (l’uomo che assassinò Oswald in diretta TV dopo l’arresto di Oswald stesso) ed aveva incontrato una persona che forse era Oswald.

Come avrete intuito dal numero di ripetizioni del verbo dire, si tratta di dicerie di almeno terza mano, oltretutto vaghe e senza alcuna conferma. E non c’è alcuna prova che il poliziotto Tippit fosse nel luogo dell’assassinio di Kennedy e nessuna ricostruzione di come si sarebbe spostato dal luogo del delitto (Dealey Plaza) a quello in cui fermò Oswald, che lo uccise.

Inoltre non è vero quello che scrive il Fatto Quotidiano, ossia che “un informatore disse che ‘il presidente era stato assassinato dall’ufficiale di polizia di Dallas J.D. Tippit’”: l’informatore disse che qualcuno gli aveva detto che qualcun altro diceva questa cosa. Il Fatto fa sembrare che l’informatore sia testimone diretto e certo, quando in realtà sta semplicemente riferendo una diceria che ha sentito da qualcuno che l’ha sentita a sua volta.

In altre parole, il titolone in prima pagina è aria fritta; anzi, peggio, è gossip complottista, che infanga la memoria di un poliziotto che fu una vittima del delitto Kennedy. Ma ai tanti sciacalli che speculano sulla vicenda da oltre cinquant’anni questo non interessa.

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Riporto e trascrivo le parti salienti del documento originale degli inquirenti: le evidenziazioni sono mie.



4/1/64

AIRTEL

TO: DIRECTOR, FBI (105-82555)
FROM: SAC, NEW YORK (105-38431)
SUBJECT: LEE HARVEY OSWALD IS-R-CUBA

NY 3948-C on 3/26/64, reported that he had a conversation with H. THEODORE LEE on 3/20/64, in which LEE mentioned to the informant that he had turned over all correspondence regarding the desire of LEE HARVEY OSWALD to establish a chapter of the Fair Play for Cuba Committe (FPCC) in Dallas to the FBI.

The informant indicated that LEE also related statements concerning the assassination of president KENNEDY by individuals previously active in FPCC declare that the President was actually assassinated by Dallas Police Officer TIPPIT. Also that one week before the assassination, Patrolman TIPPET, the Head of the John Birch Society in Dallas and an unnamed third party suggested by these FPCC individuals as possibly being OSWALD, were together in JACK RUBY’s nightclub.

LEE also stated that while OSWALD was an FPCC advocate, he had also joined a number of anti-CASTRO movements and was, therefore, in position to know everything that was going on on both sides of the issues involved.


2017/10/22

Se anche l’ANSA pubblica le fake news: no, Weinstein non ha preso casa in Canton Ticino

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi per incoraggiarmi a scrivere ancora. Ultimo aggiornamento: 2017/10/23 18:30.

All’incontro sulle fake news del 21 aprile scorso a Montecitorio, nel quale ho moderato il tavolo di lavoro della stampa, il direttore di ANSA Luigi Contu disse che entro 8 minuti una notizia ANSA viene letta da 13 milioni di persone e che per questo ANSA non può sbagliare mai. Disse anche che bisogna fare il proprio mestiere con rigore. Belle parole, ma la realtà è un po’ diversa.

Stamattina ANSA ha pubblicato la notizia (falsa) che il produttore di Hollywood Harvey Weinstein (in disgrazia per le numerose accuse di molestie e violenze sessuali) avrebbe trovato residenza in Canton Ticino “in una villa sulle colline di Lugano” affittata per sei mesi al costo di 500.000 dollari.


Come faccio a sapere che è falsa? Semplice: ANSA stessa dichiara che la fonte è la Proto Group Ltd. Basta una ricerca di dieci secondi in Google con “Proto Group” bufala per capire il genere di attendibilità delle dichiarazioni della Proto Group:


Dieci secondi che ANSA, a quanto pare, non ha voluto spendere. Se volete sapere cosa c’è dietro le notizie false acchiappaclic smerciate da Proto Group, leggete Il Fatto Quotidiano di tre anni fa: non si tratta di un semplice fantasista. Proto Group in passato ha annunciato di aver comprato il Parma FC, di essere partner di Donald Trump, e di aver trovato casa al calciatore Ibrahimovic, a Mark Zuckerberg e a Maurizio Crozza.

Spendendo altri dieci secondi in ricerca online salta fuori l’origine della foto che illustra l’articolo-bufala dell’ANSA: basta immetterla in Tineye.com per scoprire (link su Archive.is) che si tratta di Villa Nesè a Bigorio (link su Archive.is). Non è chiaro se l’immagine è stata fornita da Proto Group o da ANSA e se l’agenzia immobiliare sia al corrente di questo uso della foto (l’ho contattata via mail mentre scrivevo queste righe ma non ho ancora avuto risposta).



Che un’agenzia come ANSA non sappia che qualunque notizia proveniente da Proto Group è semplice clickbait autopromozionale senza alcun contenuto di verità è semplicemente vergognoso. Se riesco io a saperlo in mezzo minuto, da casa mia, mentre bevo il caffé la domenica mattina, perché non ci riescono gli stipendiati di ANSA? Le parole di Contu sul non sbagliare mai e sul fare il proprio mestiere con rigore suonano molto stonate in momenti come questo.

Se i dati di Contu sono esatti, ANSA ha diffuso una fake news a milioni di persone. Eppure si insiste ancora a dire che le notizie false sono un problema causato da Internet e dai social network.


2017/10/23 8:15. Il tweet e l’articolo di ANSA sono stati rimossi (la copia dell’articolo che ho salvato su Archive.is resta). Non ho trovato alcuna traccia di rettifica. Interessante, inoltre, questa risposta pubblica di Massimo Sebastiani, che se non erro è responsabile principale del sito dell’ANSA:



Ho risposto così:









2017/10/23 18:30. I lettori mi segnalano nei commenti che l’articolo è ancora online qui (copia su Archive.is), con lo stesso testo ma un titolo differente. Per chi nota che il testo ha qualche forma dubitativa, sottolineo che il titolo è invece categorico: “Weinstein ha affittato Villa a Lugano” e “Weinstein, la nuova residenza è in una villa in Canton Ticino”. I titoli dicono “ha affittato”, “è in una villa”: non “avrebbe affittato”, “sarebbe in una villa”. E non dimentichiamo che il lettore, specialmente nei tweet, vede soltanto il titolo.

2017/01/22

Antibufala: è vero che Beppe Grillo ha detto “servono uomini forti come Trump e Putin”?

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi. Ultimo aggiornamento: 2017/02/14 21:25.

In breve: No.

In dettaglio: Oggi (22 gennaio) ANSA ha pubblicato una dichiarazione attribuita a Beppe Grillo: “‘La politica internazionale ha bisogno di uomini forti’ come Trump e Putin”, ha scritto ANSA, indicando come fonte di questa dichiarazione “un'intervista al settimanale francese Le Journal du Dimanche”. Molti giornali italiani hanno riportato la stessa dichiarazione.

Grillo ha smentito su Facebook, parlando di “traduttori traditori” e dicendo “Non ho mai detto che servono uomini forti come Trump e Putin, piuttosto ho spiegato come la presenza di due leader politici di grandi Paesi come Usa e Russia predisposti al dialogo è un messaggio molto positivo, perché apre a scenari di pace e distensione.”

Chi ha ragione? Per saperlo bisogna, come sempre, risalire alla fonte originale. L’intervista in questione non è linkata da ANSA (malcostume diffuso che ostacola le verifiche), ma una ricerca in Google sembra indicare che la fonte della dichiarazione è questo articolo del Journal de Dimanche, disponibile solo in forma parziale ai non abbonati al JDD.

La versione pubblicamente disponibile dell’intervista non include nulla che possa confermare o smentire la versione di Grillo o quella del JDD. Nella stesura iniziale di questo articolo avevo chiesto se qualcuno avesse accesso al testo completo dell’intervista senza fare la trafila di abbonarsi: mi ha risposto a tempo di record Carlo Gubitosa con il testo integrale dell’articolo, per cui riporto qui l’originale della frase di Grillo secondo quanto riporta il JDD:

“La politique internationale a besoin d’hommes d’État forts comme eux.”

Leggendo il testo integrale dell’intervista risulta chiaro che gli “eux” (“loro”) della frase sono effettivamente Trump e Putin. Camille Neveux, che ha condotto l’intervista, ha dichiarato che è stata riletta e convalidata.

In francese, però, “hommes d’État forts” non significa “uomini forti”, ma significa “statisti forti”. Manca quindi, nelle parole attribuite a Grillo, ogni riferimento al concetto negativo di “uomo forte”, ossia “chi prende il potere e governa con metodi autoritari e quasi dittatoriali” (De Mauro). C’è un grossa differenza fra “uomo forte” e “statista forte”: il primo è un dittatore o semidittatore, il secondo è per esempio Churchill.

Per maggiore sicurezza, ho chiesto a Camille Neveux se Grillo ha parlato in italiano o in francese e sono in attesa di risposta, ma a questo punto sembra piuttosto chiaro che Grillo ha ragione nel dire di essere stato tradotto scorrettamente dal francese dalla stampa italiana, come negli esempi elencati qui sotto, dando alle sue parole una connotazione negativa.


Si può discutere se Putin e Trump siano o meno “statisti” e se sia giusto ammirarne l’operato come fa Grillo, ma questa è un’altra storia. Qui mi limito a valutare se le parole di Grillo siano state tradotte correttamente o in modo insincero.

2017/01/16

Antibufala: i numeri italiani succhiasoldi a La Vita in Diretta “autenticati” dalla Polizia

Ho scritto per la Bufalopedia un’indagine antibufala sull’allarme riguardante dei numeri con il prefisso di Milano che causerebbero addebiti alla risposta. Anche David Puente se ne è occupato qui.

In sintesi: bufala non autenticata dalla Polizia nonostante le apparenze, non diffondetela.

2016/01/24

Giornale svizzero pubblica la falsa foto del poster “stupro libero per rifugiati”

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento; 2016/01/27 1:10.

Me la prendo spesso con i giornali italiani che pubblicano bufale, ma non vorrei dare l’impressione che siano gli unici a sbagliare. Infatti stamattina il giornale ticinese Il Mattino ha pubblicato la foto-bufala del poster che (stando a chi la fa circolare) informerebbe gli africani che in Finlandia possono stuprare impunemente le donne bianche.

La foto è un grossolano fotomontaggio che altera un poster di Medici Senza Frontiere che in realtà offre cure alle donne liberiane vittime di stupro: i dettagli dell’indagine antibufala sono in questo mio articolo di pochi giorni fa.

Ancora una volta viene confermata una delle regole chiave del successo delle bufale: si crede facilmente che sia vero ciò che si vuole che sia vero.

2016/01/09

Antibufala mini: stupro libero per i rifugiati in Finlandia

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2016/01/24 10:10.

Una lettrice, germana, mi ha segnalato questa foto che circola nei social network e sembra mostrare un’affissione in Sud Africa che “incoraggia gli africani che emigrano in Finlandia a stuprare le donne bianche”. Il testo inglese dell’affissione, tradotto, dice “Stupro - stupro - stupro. In Finlandia puoi farlo. I rifugiati possono fare qualunque cosa! Contatta subito l’ambasciata finlandese”. Sotto l’illustrazione, che mostra tre uomini di colore che aggrediscono sessualmente una donna bianca, c'è una scritta che, tradotta, dice “Non verrai punito!”.

FALSO. FAKE.

Non voglio entrare nel merito delle polemiche sulle aggressioni sessuali ad opera di immigrati o rifugiati di cui si sta facendo un gran parlare in questi giorni: mi limito a segnalare che questo cartello è falso e che chi ci crede è un pollo, perché bastano tre secondi per trovare l’affissione originale con Google.

Basta digitare il testo dell’affissione in Google per trovare pagine come questa o questa, che spiegano che si tratta di uno scadente fotoritocco di questo avviso di Medici Senza Frontiere, che invita le donne a chiedere immediatamente un trattamento medico gratuito in caso di stupro, rivolgendosi alla clinica di Clara Town, a quella di New Kru Town o all’Island Hospital, che si trovano in Liberia, non in Sud Africa.


VERO. REAL.

La dicitura Vihreät nella versione falsa è probabilmente un riferimento al partito dei Verdi finlandese.


2016/01/11: Ora ne parla anche il celebre sito antibufala Snopes, fornendo ulteriori dettagli.


2016/01/24: La foto falsificata è stata pubblicata stamattina sul giornale ticinese Il Mattino.



2015/12/30

Antibufala: incredibili dichiarazioni degli astronauti su cosa si prova nello spazio

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È già un po’ che questa storia fa capolino su Twitter, principalmente in inglese e fra gli appassionati di spazio, per cui approfitto di questi giorni di relativa calma per pubblicare un’indaginetta che chiarisca come stanno realmente le cose.

Circola in Rete, soprattutto nei social network, una serie di dichiarazioni strane, divertenti e sconcertanti attribuite a vari astronauti recenti e veterani: per esempio Charles Duke e Gene Cernan, che camminarono sulla Luna nelle missioni Apollo, e Terry Virts e Barry Wilmore, compagni di viaggio di Samantha Cristoforetti. Ecco le loro parole, tradotte in italiano e riportate in originale.

Charles Duke – “Immagina che il tuo corpo sia una patata. Adesso immagina che su quella patata non agisca la gravità, e bingo: questa è la sensazione che hai nello spazio.” [“Imagine your body as a potato. Now, imagine no gravity acting on that potato, and bingo: That’s what space feels like.”]

Eugene Cernan – “È fonte di grande ispirazione vedere l’intero globo luccicante sotto di te e renderti conto che è qui che ha avuto inizio il prog rock.” [“It’s so inspiring to see the entire globe shimmering below you and realize that this is where prog rock started.”]

Bernard A. Harris Jr. – “La parte migliore è farti fare una foto mentre fai lo stacco da terra di un bilanciere da 1500 chili. Non c’è gravità, per cui è facilissimo da sollevare, ma sembri fortissimo lo stesso.” [“The best part was getting your picture taken while deadlifting a 3,000-pound barbell. There’s no gravity, so it’s super easy to lift, but you still look really strong.”]

Eileen Collins – “Non vedevo l’ora di essere senza peso, ma a me la gravità nello spazio funziona ancora. È un po’ una fregatura vedere che tutti gli altri astronauti fluttuano e io intanto sono appiccicata al pavimento.” [“I was looking forward to being weightless, but gravity still works for me in space. It kind of sucks seeing all the other astronauts floating around while I’m stuck on the floor.”]

Mae Jemison – “Ci sono un sacco di continenti in più che si vedono solo dallo spazio. Finora ne ho contati 18, ma ne trovo altri in continuazione.” [“There are a bunch of extra continents you can only see from space. So far, I’ve counted 18 continents, but I find more all the time.”]

Barry Wilmore – “Non conosci la vera bellezza fino a quando vedi la Terra dallo spazio, e non conosci il vero terrore fino a quando senti qualcuno bussare da fuori alla porta della stazione spaziale. Guardi attraverso l’oblò e vedi un astronauta, ma tutto il tuo equipaggio è dentro la stazione e ha risposto all’appello. Usi l’interfono per chiedere chi è, e lui dice di essere Ramirez che torna da una missione di riparazione, ma Ramirez è seduto proprio accanto a te nel modulo di comando ed è confuso quanto te. Quando lo dici a questo tizio via radio, comincia a picchiare sulla porta sempre più forte e più rumorosamente, supplicandoti di farlo entrare, dicendo che è lui il vero Ramirez. Intanto il Ramirez che sta dentro, con te, ti implora di tenere chiusa la camera di decompressione. Ti fa capire veramente la vita sulla Terra da un altro punto di vista.” [“You never know true beauty until you see Earth from space, or true terror until you hear someone knocking on the space station door from outside. You look through the porthole and see an astronaut, but all your crew is inside and accounted for. You use the comm to ask who it is and he says he’s Ramirez returning from a repair mission, but Ramirez is sitting right next to you in the command module and he’s just as confused as you are. When you tell the guy this over the radio he starts banging on the door louder and harder, begging you to let him in, saying he’s the real Ramirez. Meanwhile, the Ramirez inside with you is pleading to keep the airlock shut. It really puts life on Earth into perspective.”]

Terry W. Virts “Lassù non c'è il golf.” [“There’s no golf there.”]

Dal tono delle parole è abbastanza chiaro che non si tratta di dichiarazioni serie, ma molti pensano che si tratti di esempi di una bislacca forma di umorismo che affligge gli astronauti (cosa che in effetti talvolta succede). In realtà si tratta di frasi inventate di sana pianta dagli autori del sito satirico Clickhole, imparentato con il celeberrimo The Onion e dichiaratamente pieno di notizie finte o satiriche (“ClickHole uses invented names in all of its stories, except in cases where public figures are being satirized. Any other use of real names is accidental and coincidental.”). Purtroppo molti dimenticano di citare la fonte originale delle frasi e quindi chi le riceve non sa da dove provengono: fidandosi della fonte, presume che siano vere e le inoltra agli amici, e così via. È così che nascono i miti e le frasi storiche mai dette.

2015/11/12

Antibufala: le ultime parole di Steve Jobs

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Stanno circolando in Rete delle parole che vengono attribuite a Steve Jobs e sarebbero state pronunciate da lui in punto di morte. Ne parla per esempio Millionaire.it. Lo fa un po’ pigramente, perché cita la fonte della notizia senza accorgersi che quella fonte smentisce la notizia.

Le parole che Jobs avrebbe pronunciato sarebbero queste (nella traduzione italiana circolante):

Ho raggiunto l’apice del successo nel mondo degli affari. Agli occhi altrui la mia vita è stata il simbolo del successo. Tuttavia, a parte il lavoro, ho una piccola gioia. Alla fine, la ricchezza è solo un dato di fatto al quale mi sono abituato.

In questo momento, sdraiato sul letto d’ospedale e ricordando tutta la mia vita, mi rendo conto che tutti i riconoscimenti e le ricchezze di cui andavo così fiero, sono diventati insignificanti davanti alla morte imminente.
Nel buio, quando guardo le luci verdi dei macchinari per la respirazione artificiale e sento il brusio dei loro suoni meccanici, riesco a sentire il respiro della morte che si avvicina…

Solo adesso ho capito, una volta che accumuli sufficiente denaro per il resto della tua vita, che dobbiamo perseguire altri obiettivi che non sono correlati alla ricchezza. Dovrebbe essere qualcosa di più importante: per esempio le storie d’amore, l’arte, i sogni di quando ero bambino…Non fermarsi a perseguire la ricchezza potrà solo trasformare una persona in un essere contorto, proprio come me.

Dio ci ha dato i sensi per farci sentire l’amore nel cuore di ognuno di noi, non le illusioni costruite dalla fama. I soldi che ho guadagnato nella mia vita non li posso portare con me.Quello che posso portare con me sono solo i ricordi rafforzati dall’amore. Questa è la vera ricchezza che ti seguirà, ti accompagnerà, ti darà la forza e la luce per andare avanti.

L’amore può viaggiare per mille miglia. La vita non ha alcun limite. Vai dove vuoi andare. Raggiungi gli apici che vuoi raggiungere. E’ tutto nel tuo cuore e nelle tue mani.
Qual è il letto più costoso del mondo? Il letto d’ospedale. Puoi assumere qualcuno che guidi l’auto per te, che guadagni per te, ma non puoi avere qualcuno sopporti la malattia al posto tuo. Le cose materiali perse possono essere ritrovate. Ma c’è una cosa che non può mai essere ritrovata quando si perde: la vita. In qualsiasi fase della vita siamo in questo momento, alla fine dovremo affrontare il giorno in cui calerà il sipario.

Fate tesoro dell’amore per la vostra famiglia, dell’amore per il vostro coniuge, dell’amore per i vostri amici… Trattatevi bene. Abbiate cura del prossimo.

La versione inglese è invece questa:

I reached the pinnacle of success in the business world. In others’ eyes, my life is an epitome of success.

However, aside from work, I have little joy. In the end, wealth is only a fact of life that I am accustomed to.

At this moment, lying on the sick bed and recalling my whole life, I realize that all the recognition and wealth that I took so much pride in, have paled and become meaningless in the face of impending death.

In the darkness, I look at the green lights from the life supporting machines and hear the humming mechanical sounds, I can feel the breath of god of death drawing closer…

Now I know, when we have accumulated sufficient wealth to last our lifetime, we should pursue other matters that are unrelated to wealth…

Should be something that is more important:
Perhaps relationships, perhaps art, perhaps a dream from younger days

Non-stop pursuing of wealth will only turn a person into a twisted being, just like me.

God gave us the senses to let us feel the love in everyone’s heart, not the illusions brought about by wealth.

The wealth I have won in my life I cannot bring with me. What I can bring is only the memories precipitated by love.

That’s the true riches which will follow you, accompany you, giving you strength and light to go on.

Love can travel a thousand miles. Life has no limit. Go where you want to go. Reach the height you want to reach. It is all in your heart and in your hands.

What is the most expensive bed in the world?

Sick bed…
You can employ someone to drive the car for you, make money for you but you cannot have someone to bear the sickness for you.

Material things lost can be found. But there is one thing that can never be found when it is lost – Life.

When a person goes into the operating room, he will realize that there is one book that he has yet to finish reading – Book of Healthy Life.

Whichever stage in life we are at right now, with time, we will face the day when the curtain comes down.

Treasure Love for your family, love for your spouse, love for your friends.
Treat yourself well. Cherish others

Ma come dicevo, persino la fonte citata da Millionaire.it, ossia WafflesAtNoon, dice che si tratta di una bufala. Non esiste alcun riferimento a queste parole prima di novembre 2015 e nessuno dei siti che le ha pubblicate è in grado di documentare che Jobs le abbia davvero dette. Nessuna delle biografie ufficiali di Jobs menziona le frasi che stanno circolando. Anzi, secondo la sorella di Jobs, le sue ultime parole furono tutt’altro. Inoltre lo stile di scrittura è molto diverso da quello degli altri scritti di Jobs e contiene errori grossolani come “non-stop pursing” invece di “non-stop pursuit”. Per non parlare del fatto che le parole citano due volte Dio, ma Jobs non era credente.

Come segnala Bufale e Dintorni, alcuni commenti affermano che queste parole in realtà provengono da un libro scritto in cinese, Say It Before It's Too Late: The Last Words of New Yorkers, di Yuan Yicheng, specificamente da pagina 124-127, ma non ho conferme dirette di questa attribuzione.


Fonti aggiuntive: Giornalettismo.
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