Questa settimana di cinquantenario del primo allunaggio non può chiudersi senza almeno citare brevemente uno degli strumenti d’insegnamento scientifico più divertenti e riusciti in campo spaziale: il Kerbal Space Program.
In estrema sintesi, si tratta di un videogioco di simulazione per PC Windows, Linux e Mac, Steam, PS4 e XBox One nel quale il giocatore deve progettare e costruire un veicolo spaziale che trasporterà non degli umani ma dei Kerbal, una sorta di Minions votati all’esplorazione del cosmo.
Il veicolo rispetta le leggi della fisica e quindi deve essere costruito e lanciato tenendone conto, altrimenti si sfracellerà. Dovrà raggiungere la velocità corretta e assumere la traiettoria corretta per restare in orbita, ma dovrà anche avere una struttura adeguata, altrimenti le sollecitazioni impartite dai motori lo faranno disintegrare. Dovrà inoltre tenere conto della presenza di un’atmosfera sia durante il decollo, sia durante il rientro.
La complessità e il realismo del Kerbal Space Program sono tali da permettere di usare il gioco come una piattaforma di apprendimento delle basi della tecnologia aerospaziale e della meccanica orbitale, che non sono per nulla intuitive: quando sei in orbita, più acceleri e più sali di quota, ma al tempo stesso perdi velocità. Anche chi non ha ambizioni di ingegneria aerospaziale può giocare e nel frattempo farsi un’idea piuttosto chiara delle limitazioni e della difficoltà di un volo spaziale.
Qui sotto potete vedere l’astronauta Scott Kelly che usa il Kerbal Space Program per insegnare appunto i rudimenti della meccanica orbitale e concetti come il max Q (pressione dinamica massima al decollo), la circolarizzazione di un’orbita e il rientro in atmosfera in maniera molto divertente, anche se un po' catastrofica.
Domani, cinquantenario del primo allunaggio, sarà particolarmente emozionante per me tenere due conferenze sull’argomento, una a Genova e una Spotorno.
Alle 15.30 sarò a Genova, nell’Aula Magna del Palazzo dell’Università, in via Balbi 5, per parlare di complottismi lunari.
Alle 21:30 sarò a Spotorno, in Piazza della Vittoria, per mostrare immagini rare e restaurate e raccontare storie poco conosciute degli allunaggi in “Un piccolo passo: l’avventura della Luna”.
Entrambi gli appuntamenti sono a ingresso libero. Avrò con me qualche copia dell’edizione in italiano del libro L‘ultimo uomo sulla Luna, di Gene Cernan e Don Davis: l’autobiografia dell’ultimo astronauta a camminare sulla Luna.
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L’Apollo Guidance Computer o AGC è il computer, per l’epoca straordinariamente moderno e miniaturizzato, che portò gli astronauti sulla Luna. Rispetto ai calcolatori di oggi è incredibilmente modesto e primitivo, tanto che oggi lo si può emulare addirittura su un telefonino o un tablet.
Ci sono numerosi progetti di emulazione dell’AGC per computer, come Virtual AGC o Moonjs, resi possibili dal fatto che gli schemi tecnici dei circuiti e il software dell’Apollo Guidance Computer sono pubblicamente disponibili ed esistono ancora alcuni AGC funzionanti, restaurati con passione eccezionale.
Ma se volete farvi rapidamente un’idea di quanto fossero diversi i computer di cinquant’anni fa, provate l’app DSKY per iPad: emula anche visivamente la tastiera e il display dell’AGC (quelle che oggi chiameremmo interfaccia utente) e accetta comandi nel particolare, laconicissimo formato usato per interagire con questo computer: verb (verbo o azione), numero, noun (sostantivo), numero, Enter.
In sintesi, il VERB dice al computer “fai qualcosa”, il numero gli dice cosa fare (per esempio VERB 16 significa “monitora, visualizza”), NOUN gli dice “fallo sulla cosa identificata da questo numero”. Decisamente non è un’interfaccia di comando intuitiva, ma era il meglio che si potesse fare con la tecnologia dell’epoca.
Toccando l’icona “i” in basso a destra nell’app compare una schermata di aiuto: questa versione preleva dati dai sensori del tablet e quindi non permette di scendere sulla Luna ma in compenso consente di visualizzare la latitudine, longitudine e altitudine rilevata dai sensori GPS (VERB 16 NOUN 43 ENTER): la risposta compare sul display numerico (niente grafica, niente lettere) sotto forma di gradi di latitudine, gradi di longitudine e metri o piedi di altitudine.
In alternativa, potete monitorare i sensori di assetto del tablet (VERB 16 NOUN 17 ENTER), con risultati espressi in gradi (senza punto decimale: quello lo deve mettere a mente l’astronauta), oppure più semplicemente sapere che ore sono (VERB 16 NOUN 36 ENTER), ottenendo la risposta espressa in ore, minuti, secondi e centesimi di secondo. Buon divertimento.
La prossima volta che vi capita di dover fare assistenza informatica a qualcuno, rivolgete un momento il vostro pensiero a Don Eyles, uno degli ingegneri del software delle missioni Apollo. Durante la missione Apollo 14, gli capitò un problema informatico molto speciale: poco prima che il veicolo spaziale iniziasse la sua discesa verso la Luna, sulla Terra si accorsero che c’era un falso contatto nel pulsante di Abort: quello che, se premuto, avrebbe interrotto bruscamente la discesa e invertito la rotta.
Se questo falso contatto fosse scattato per errore durante la discesa, la missione sarebbe fallita: gli astronauti sarebbero stati costretti a tornare sulla Terra senza allunare.
All’una del mattino, a Don Eyles venne proposta questa sfida: il software del computer che rileva quel falso contatto l’hai scritto tu. Riesci a correggerlo? Piccolo problema: tu sei sulla Terra, ma il computer che devi modificare è intorno alla Luna. E se sbagli, gli astronauti moriranno.
Eyles scrisse la correzione, la provò nel simulatore, e poi ne trasmise le istruzioni (ben 61 digitazioni estremamente precise, da non sbagliare assolutamente) all’astronauta Ed Mitchell, dettandogliele via radio, con i minuti contati. Mitchell le eseguì alla perfezione, e il computer funzionò correttamente, ignorando il falso contatto. Apollo 14 scese sulla Luna e la missione fu un grande successo.
La soluzione software di Eyles fu geniale: far credere al computer che il pulsante era già stato premuto e che quindi poteva ignorarne i segnali spuri.
Se avete una stampante 3D, ora potete farvi una replica personale della tuta spaziale di Neil Armstrong, anche in grandezza naturale: il museo Smithsonian ha messo sul proprio sito i file scaricabili delle scansioni 3D di questa preziosissima tuta.
Anche se non disponete di una stampante, le pagine del sito permettono di esplorare il reperto storico in incredibile dettaglio.
Trovate i guanti, il casco esterno e la tuta completa. Nelle stesse pagine sono a disposizione anche file scaricabili per applicazioni di realtà virtuale e realtà aumentata.
La tuta è stata digitalizzata usando una combinazione di metodi: una scansione con un braccio dotato di laser per i dettagli più fini, compresa la trama dei tessuti; la fotogrammetria per i colori; la luce strutturata per le forme generali; e la tomografia computerizzata di tipo medico per i dettagli interni.
Il risultato, spiega il museo, è stato un pacchetto di dati grezzi di ben 345 gigabyte, che è stato poi ripulito ed elaborato per renderlo usabile e gestibile, e soprattutto umanamente scaricabile.
Come raccontavo qui, di recente ho incontrato a Starmus Brian May dei Queen e David Eicher di Astronomy Magazine, gli autori del libro Mission Moon 3D: foto scattate nello spazio e sulla Luna ed elaborate per crearne versioni 3D. Mi hanno gentilmente concesso quest’intervista.
Questa è una foto presa dietro le quinte dell’intervista, nelle stesse condizioni di luce usate per la ripresa video: notate come il talento della videomaker (Anna Spacio) cambia completamente l’atmosfera e le tinte.
Credit: Rodri Van Click.
Questa è la mia traduzione integrale dell’intervista. Ho riformulato le mie domande per maggiore chiarezza.
Cosa vi affascina della Luna così tanto da avervi spinto a creare un libro di immagini 3D dedicato ad essa, "Mission Moon 3D"?
BRIAN MAY: È una celebrazione della prima avventura dell'uomo nel raggiungere un altro corpo celeste. La Luna è quello più vicino a noi, è la sorellina della Terra, in un certo senso, nessuno aveva mai lasciato questo pianeta per mettere piede altrove. Quindi è la celebrazione di 50 anni di questa incredibile avventura che fu il progetto Apollo e che culmina con Apollo 11, l'allunaggio vero e proprio. Ed è per questo che ci piace, giusto?
DAVID EICHER: Sì, è per questo che ci piace! Non solo è vicina, ma le sue rocce sono molto simili a quelle della Terra. Questo è un indizio, emerso dalle missioni Apollo, che le sue origini sono legate alla Terra.
BRIAN MAY: La Luna ha una grande influenza in così tanti modi. Controlla le maree, ha sicuramente un influsso sul comportamento umano, ed è in cielo a darci luce argentea quando cala il sole. Ha ispirato un milione di canzoni d'amore e ha un ruolo importantissimo nella vita di ogni persona. E questi uomini hanno camminato sulla Luna e questo è tuttora incredibile per me; non avrei mai pensato di vederlo accadere nel corso della mia vita.
Avete una canzone preferita che parli della Luna?
DAVID EICHER: (ridendo) Forse è ancora da scrivere, una bella canzone d'amore che parli di Luna...
BRIAN MAY: (ridendo) C'è questa rima, in inglese, fra "Moon" e "June", "Luna" e "giugno", che se stiamo parlando di scrivere testi di canzoni è l'esempio perfetto di mancanza di originalità.
Siamo qui a Zurigo per parlare di comunicazione della scienza. Si parla spesso di crisi climatica, ma secondo voi esiste anche una crisi di comunicazione della scienza, che Starmus aiuta a contrastare?
BRIAN MAY: Starmus non è stato creato per risolvere un problema, ma è stato creato per celebrare una certa visione, ossia che l'arte e la scienza sono legate insieme e non avrebbero mai dovuto essere separate. Questa è l'etica della filosofia di Garik Israelian ed è anche la mia perché ho aiutato Garik a creare Starmus. E ogni volta che ci incontriamo per questo festival abbiamo questa meravigliosa combinazione di musica e scienza e astronomia e arte di vario genere e funziona tutto insieme, non c'è senso di separazione fra i due ambiti. Tutti danno il massimo e tutti beneficiano di questa interazione. È stato un grande successo di Garik secondo me. Ovviamente, parlare di cambiamenti climatici fa parte delle cose trattate da Starmus, ma noi parliamo di tutto. Parliamo dell'esplosione informativa, e delle varie minacce che subisce il nostro pianeta, e la relazione di Martin Rees è stata particolarmente illuminante e ci ha fatto pensare alle cose terribili che potrebbero capitare alla Terra se non ci diamo da fare rapidamente. Ma fondamentalmente Starmus è gioia, noi celebriamo e amiamo farlo, in un certo senso ci sguazziamo.
DAVID EICHER: Sono d'accordo, e credo che ci sia una crisi nella comunicazione della scienza e nella comunicazione in generale, circola tanta cattiva informazione e Internet aiuta a diffonderla velocemente e un altro aspetto di Starmus è fornire la verità, il resoconto razionale, non distorto, non esagerato a proposito della scienza. Poche occasioni fanno questo così bene quanto lo fa Starmus.
Come è nato il vostro interesse per la scienza? Brian May, lei era già interessato all’astrofisica prima degli allunaggi, o la passione è nata dopo?
BRIAN MAY: È iniziato nella mia infanzia e soprattutto per merito di un popolarissimo programma della TV britannica, The Sky at Night presentato da Sir Patrick Moore, che tutti abbiamo amato e ci ha spalancato gli occhi, ci ha fatto guardare il cielo con meraviglia e ci ha fatto godere tutta questa visione. Quindi sì per me risale alla prima infanzia. Ma naturalmente anche gli allunaggi sono stati un forte impulso, ci siamo resi conto di colpo che potevamo influenzare le cose ed essere davvero là fuori nello spazio. E tu? (rivolto a David)
DAVID EICHER: Io sono cresciuto in una famiglia scientifica, mio padre era un professore di chimica. Io ho sempre avuto interesse per la scienza di ogni genere. Ricordo che a 7 anni ho visto l'allunaggio e mi ha emozionato tantissimo, ma per me è successo a 14 anni, quando ho visto Saturno in un telescopio: mi ha elettrizzato e mi sono reso conto che volevo fare astronomia.
Cosa consigliereste ai giovani, quindi? Comprare un telescopio e guardare Saturno?
BRIAN MAY: Assolutamente sì, procuratevi un telescopio, implorate, rubatelo o prendetelo in prestito (ride) e guardate Giove, guardare Saturno, vi cambierà la vita. È molto triste che la maggior parte di noi cresce in città dove le stelle quasi non si vedono ed è una perdita terribile. Ancora quando ero bambino io potevi guardare in su in una notte limpida e vedere migliaia di stelle. E ti dava tanta ispirazione, vedevi la Via Lattea, oggi invece se vivi in qualunque città grande o media in occidente non vedi nulla, devi andare lontano, dove non c'è inquinamento luminoso, e vedere le meraviglie e gli splendori del cielo, ti sconvolgeranno.
Dove eravate durante l’allunaggio di Apollo 11?
BRIAN MAY: Questa è facile, io ero in Cornovaglia a casa della mamma del mio batterista Roger, e abbiamo visto l'allunaggio sul suo piccolissimo televisore da circa 10 pollici ed è stata una cosa straordinariamente emozionante eravamo tutti intensamente coinvolti. È stato magico. E mio papà, che non era certo uno sciocco, lavorava in aeronautica ed era un bravissimo scienziato e ingegnere, mi aveva detto circa un anno prima che non sarebbe mai successo e che non avevamo la tecnologia per farlo. E invece è successo, noi siamo rimasti tutti stupiti.
DAVID EICHER: Io ero a casa, in una cittadina universitaria dell'Ohio. Ricordo di essermi emozionato perché a 7 anni potevo stare sveglio fino a tardissimo, fino alle 11 di sera, per vedere quelle immagini incerte in bianco e nero, per me è stato assolutamente elettrizzante e ha innescato il mio interesse per la scienza anche prima di Saturno.
Adesso va di moda fare comunicazione della scienza sonorizzando i dati, ossia creando suoni a partire dai dati scientifici raccolti. Cosa ne pensate?
BRIAN MAY: So che Garik è stato uno dei pionieri in questo campo. Ci abbiamo provato anche noi insieme a Garick ma poi siamo stati troppo presi da altre cose. Garik è stato uno dei pionieri, lui li chiamava "suoni stellari". I suoi suoni stellari erano vere onde di pressione, mentre molti di questi suoni odierni derivano invece da onde elettriche che puoi prendere da una stella o altro e convertire in qualcosa che si comporta come un'onda sonora, ma non è reale. I suoni di Garik invece erano reali. Ci abbiamo sperimentato per fare musica, ma sinceramente non è musica. Se vuoi la mia opinione schietta, non è veramente musica: sono suoni e la musica è fatta di suoni, ma i suoni sono solo un ingrediente. Deve esserci un intervento umano e so che non verrò amato per quello che sto per dire, la musica delle sfere per me è una serie di suoni e la musica vera è quella che viene dagli esseri umani.
PAOLO ATTIVISSIMO: Dott. Brian May, David Eicher, grazie per averci dedicato il vostro tempo.
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Apolloinrealtime.org. Tutto l'audio, tutte le foto, tutta la telemetria, tutti i video e i filmati di Apollo 11, in una cronologia meticolosa, completa e affascinante dell’intera missione, da seguire oggi e nei prossimi giorni in tempo reale sincronizzato (cliccando su Now) o in differita (cliccando su T-minus 1m).
È un’opera di ricostruzione storica impagabile, realizzata da Ben Feist con il contributo di numerosissimi esperti e veterani, che include ben undicimila ore di audio multitraccia delle comunicazioni interne dei centri di lancio e di controllo della missione.
Se non ci sono stati cambiamenti di programma, questa sera alle 20.30 al Piccolo Eliseo di Roma verrà proiettato gratuitamente il video lunacomplottista American Moon alla presenza del suo creatore, Massimo Mazzucco.
Ci saranno vari Prezzolati Agenti del Nuovo Ordine Mondiale in borghese, che si mescoleranno tra il pubblico in maniera perfettamente dissimulata per documentare pacificamente la serata e schedare telepaticamente i presenti tramite scie chimiche miniaturizzate disciolte nelle bibite e chip sottopelle inseriti nelle poltrone. Se avete voglia di tenere loro compagnia e vedere come va a finire, la parola d’ordine è birra e salcicce. Pare che sia necessaria la prenotazione inviando una mail a comunicazione@teatroeliseo.com.
La metto sul ridere perché ho una storia comica da raccontarvi a proposito di Mazzucco: avete presente che Focus TV farà uno speciale sugli allunaggi il 18 luglio al quale parteciperò insieme a Massimo Polidoro, come ho preannunciato? Beh, il piano originale era moltodiverso.
Infatti quando mi aveva contattato inizialmente Focus TV, la loro idea era di trasmettere il video di Mazzucco e poi lasciare a me e Massimo il compito di smontarne una dopo l’altra tutte le fandonie, le falsità e gli inganni.
Io ho fatto notare che due ore di video complottista avrebbero richiesto almeno altrettanto tempo per ribattere documentatamente, visto il numero vastissimo di baggianate asserite dal video. Insomma, sarebbe stata una maratona fantozziana di mortificazione che non avrebbe seguito nessuno. In confronto la Corazzata Potëmkin sarebbe sembrato Fast and Furious.
Ho proposto una sintesi: il complottista avrebbe presentato la sua top ten delle prove migliori (secondo lui) e noi avremmo analizzato quelle. Sembrava tutto deciso, e ho anche ricevuto una lista di queste presunte prove migliori, ma poi dalla produzione è arrivata la segnalazione che Mazzucco aveva rifiutato seccamente di presentare il suo video quando aveva saputo che sarebbe stato seguito daun debunking al quale avrei partecipato io e al quale non avrebbe potuto replicare (avendo già detto la sua all’inizio). Sono proprio la sua magnifica ossessione :-).
La cosa comica è che Mazzucco sarebbe stato regolarmente pagato da Focus TV per la messa in onda del suo video. Lo dice lui stesso: “A quel punto ho rinunciato a dargli il film, anche se mi è dispiaciuto parecchio perdere la possibilità di vederlo andare in onda, e di guadagnare anche qualche bel soldino” (copia archiviata qui su Archive.org).
E così, al posto di diffondere un video complottista in prima serata e di pagare un complottista, Focus ha scelto di trasmettere un documentario sugli allunaggi molto ben fatto, Il giorno che camminammo sulla Luna (The Day We Walked on the Moon), curato dallo Smithsonian Channel, e poi di mandare in onda una chiacchierata fra Massimo Polidoro e il sottoscritto in cui avremmo sbufalato le principali tesi di complotto. Comprese quelle presentate da Mazzucco.
Non poteva andare meglio:
non andrà in onda un video complottista,
il complottista ci ha pure rimesso dei soldi,
e al posto del suo video andranno in onda due ore di documentario che confermano splendidamente gli allunaggi e poi un’oretta di allegro debunking.
Non c’è che dire, i complottisti hanno uno spiccato senso della comunicazione e degli affari.
La versione degli eventi raccontata da Mazzucco è, guarda caso, completamente opposta: potete leggerla senza regalargli traffico sempre qui su Archive.org. In sintesi, secondo lui lo scopo di Mediaset/Focus TV “non era affatto quello di appurare la verità sui viaggi lunari, ma piuttosto di confondere il pubblico, lasciandolo intenzionalmente nel dubbio, anche se questo avesse comportato il mandare in onda delle bugie plateali [...]“.
Addirittura, stando a quello che scrive pubblicamente Mazzucco, qualcuno della produzione di Focus TV gli avrebbe detto "Ma è proprio questo che noi vogliamo", ossia fare in modo che il pubblico non capisca dove sta la verità.
Queste insinuazioni diffamatorie non sono piaciute alla produzione, che ora si riserva di agire in sede legale.
Complimenti per l’autogol. Se andate al Piccolo Eliseo stasera, chiedetegliene conto e salutatemelo garbatamente.
2019/07/19 18:30
Mediaset/Focus TV è molto contenta del risultato della trasmissione: mi ha scritto che il documentario ha ottenuto 226.000 telespettatori e la chiacchierata fra me e Massimo Polidoro ne ha raggiunti 268.000, che è il doppio degli ascolti abituali.
Immagino che a questo punto Mazzucco stia riflettendo sulla saggezza della sua scelta di non partecipare alla trasmissione. Avrebbe potuto esporre le sue tesi a quasi trecentomila persone, e oltretutto essere pagato per farlo, e invece le ha presentate a forse trecento in un teatro. Geniale.
2020/07/31 13:30
L’intera trasmissione è ora disponibile qui sotto e su Youtube.
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In questi giorni di anniversario del primo allunaggio ha ripreso a circolare una foto, quella mostrata qui accanto, che viene presentata come un’immagine di Neil Armstrong che mangia la sua ultima colazione sulla Terra prima di partire per la Luna a luglio del 1969.
È un errore molto comune: si tratta infatti di una foto scattata a marzo del 1969 e di sera, non di mattina. Lo scatto è opera di Ralph Morse e mostra Armstrong che sta cenando, non facendo colazione, e risale a marzo del 1969, non al giorno della partenza per la Luna. Inoltre fu scattata a casa di Armstrong a Houston, non al Kennedy Space Center, il centro di lancio, che sta in Florida.
Non pubblicata da LIFE [rivista del gruppo Time-Life]. Neil Armstrong e la sua abituale cena a ora tarda mentre legge il Wall Street Journal, marzo 1969. “Neil lavorava fino a tardi. La prima cosa che faceva quando arrivava a casa -- la famiglia aveva sempre già mangiato -- era sedersi a tavola e consultare i dati di borsa.”
Credit: Ralph Morse, Time/Life, Houston, marzo 1969.
In realtà, come notano i commenti, nell’istante in cui fu scattata la foto Neil Armstrong stava sfogliando la posta e non il WSJ, che era sul tavolo.
Il giorno della partenza per la Luna, Armstrong fece colazione insieme ai colleghi di equipaggio, Buzz Aldrin e Michael Collins, e insieme a Deke Slayton (direttore delle operazioni degli equipaggi NASA) e Bill Anders (astronauta che aveva volato intorno alla Luna con Apollo 8 e membro dell’equipaggio di riserva di Apollo 11). Erano le cinque del mattino e la colazione si svolse al centro di lancio in Florida: uova strapazzate, bistecca, toast e succo d'arancia, come previsto dalla loro dieta a basso residuo. Era presente anche il disegnatore Paul Calle, che realizzò dei magnifici schizzi.
A sinistra, Collins, Armstrong e Anders; a destra, Aldrin e Slayton.
Da sinistra: Borman, Armstrong, Collins, Aldrin, Slayton.
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