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Il Disinformatico: interviste

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2023/12/01

Cosa fare in caso di data breach: intervista ad Andrea Lazzarotto, consulente informatico forense

Ho intervistato a febbraio scorso lo sviluppatore di software e consulente informatico forense Andrea Lazzarotto (sul tema dei data breach, che ho poi affrontato nel podcast di oggi. Con colpevole ritardo, dovuto alla speranza a lungo coltivata di riuscire ad affiancare a quest’intervista quella di una figura analoga svizzera, pubblico qui l’intervista a Lazzarotto. Alcuni passaggi sono stati leggermente riveduti per maggiore chiarezza; se ci sono errori, sono colpa della mia trascrizione (segnalatemi eventuali cose da sistemare). La foto qui accanto è tratta dal suo sito.

Andrea Lazzarotto, ci descriva brevemente la sua professione.

Io mi occupo di sviluppo software e consulenza informatica forense, che poi è forse l'attività più correlata anche alla tematica di cui parleremo oggi. Il consulente informatico forense è una figura professionale che si occupa di assistere i propri clienti dal punto di vista tecnico, nel mio caso informatico, nelle vicende che possono essere ad esempio giudiziarie, quindi a carattere penale, o anche in controversie di tipo civile, in cui si entra in un contesto in cui viene introdotta un qualche tipo di evidenza e di prova informatica o digitale. Quindi non necessariamente solo casi in cui magari si ha a che fare con crimini prettamente informatici, come immaginiamo un'azione di violazione di un sistema informatico, ma anche in realtà situazioni in cui gli elementi digitali possono entrare in casistiche che di fatto non erano vicende informatiche. Pensiamo ad esempio all'analisi di un dispositivo come un cellulare, che può anche venire fuori in vicende di altro tipo, come minacce oppure anche concorrenze sleali. Quindi io affianco il cliente dal punto di vista tecnico, mentre l'avvocato lo affianca dal punto di vista legale.

Parliamo in particolare di reclami presso il garante privacy, che per molti sono un mistero. Sentiamo sui giornali che ci sono violazioni dei dati, fughe di dati, data breach e via dicendo e molto spesso queste aziende coinvolte vengono segnalate al Garante, o il Garante avvia un’istruttoria e poi a volte c'è una sanzione, una pena di qualche tipo. In concreto, che cosa succede quando un sito si lascia sfuggire dei dati che vengono poi presi da un attore ostile che cerca di rivenderli? O comunque quando un sito se li è lasciati scappare e quindi ha commesso una violazione della garanzia di riservatezza fatta ai clienti?

In questo caso dobbiamo distinguere tra cosa succede ai dati che sono stati violati e cosa succede invece all'azienda che potrebbe essersi resa responsabile o comunque negligente da questo punto di vista. 

Per quanto riguarda i dati la situazione è un po' complicata, nel senso che una volta che è avvenuto un data breach e quindi questi dati sono stati violati e acceduti da soggetti ignoti e indeterminati, è probabile che, soprattutto se sono non dati di una singola persona, ma solitamente succede che vengono acceduti interi archivi, ad esempio di dati di tutti i clienti o di una buona parte dei clienti, questi dati abbiano per i criminali informatici un valore economico di fatto, perché il motivo per cui avvengono queste violazioni è generalmente di tipo economico. 

Le persone che si introducono nei sistemi per violare i dati e carpirli, dopo li vanno solitamente a rivendere in una sorta di mercato nero. Ci sono online questi mercati, questi marketplace, in cui chi ha rubato dei dati solitamente cerca di rivenderli a terzi per i motivi più disparati. 

Ad esempio, se sono stati rubati nei casi più gravi i dati di pagamento, questi dati di pagamento ovviamente fanno gola a chi poi va a fare le truffe sulle carte di credito sia per rubare direttamente denaro oppure anche per fare degli acquisti usando carte altrui. Se invece si tratta di dati, diciamo, magari anche un po' meno correlati al pagamento, un po' meno privati, come ad esempio delle liste di indirizzi email, queste liste di indirizzi email potrebbero ad esempio fare gola a persone che fanno attività di spamming, che significa mandare delle email pubblicitarie non sollecitate e non autorizzate a una vasta quantità di persone per fare pubblicità oppure anche per fare delle truffe, perché anche le email vengono usate a volte per mandare messaggi di cosiddetto phishing. Il phishing è una tecnica di attacco verso le persone per cui ci si spaccia per un sito affidabile, per esempio Facebook oppure Microsoft, e si manda un'email fasulla alla vittima in cui si richiede di cliccare un link per ad esempio rieffettuare l'accesso, per esempio per fare una verifica di un account, oppure ci si può anche fingere la banca e far cliccare il link malevolo a una persona in modo da indurla a fidarsi, magari perché vede il logo della banca o la grafica perfetta del sito che è stata clonata, e quindi avere gli indirizzi mail di tante persone aumenta la quantità di potenziali vittime che si vanno a colpire.

Poi, per la parte delle aziende, la questione è un po' più variata, nel senso che ci sono due strumenti che le persone possono utilizzare. La segnalazione è uno strumento che può utilizzare sostanzialmente chiunque per scrivere all'autorità garante per la protezione dei dati personali, ad esempio quella italiana o a seconda di dove uno risiede, per comunicare che c'è una certa situazione. Non è necessario per la segnalazione essere una delle persone che ha subito il data breach.

Invece le persone che sono state soggette di un data breach o comunque vedono violati i propri diritti alla riservatezza, alla protezione dei dati personali, possono utilizzare uno strumento un po' più specifico che è il reclamo. Il reclamo quindi deve essere fatto dall'interessato, o direttamente o tramite il proprio avvocato; quindi si va a scrivere al Garante per segnalare questo tipo di comportamento. Potrebbe essere un reclamo verso l'azienda: se io scopro che l'azienda X ha subito un data breach e io ero uno dei clienti dell'azienda X, ragionevolmente posso pensare che i miei dati siano stati violati e vado a fare un reclamo verso l'azienda X. Oppure nel caso ad esempio arrivino attività di pubblicità, quindi mi arrivano email pubblicitari di spam e io non so perché sto ricevendo un email pubblicitario dell'azienda Ypsilon che per qualche motivo ha il mio indirizzo email ma non mi risulta di averglielo fornito, posso anche in quel caso fare un reclamo.

Una pagina della scheda informativa del Garante italiano sulle modalità di reclamo e segnalazione.

Diciamo che in questo caso, soprattutto prima di fare un reclamo per un'attività di spamming, la cosa da fare preventivamente è contattare il titolare del trattamento, quindi l'azienda per cui vengono mandate le comunicazioni pubblicitarie, e fare una richiesta di esercizio dei diritti in materia di protezione dei dati personali, qui in Europa abbiamo il GDPR, e si può fare una richiesta di accesso ai dati personali, quindi richiedere all'azienda che ci sta scrivendo quali sono i dati personali nostri che sono in suo possesso, quali sono anche le categorie che vengono trattate, le finalità per cui vengono trattate, quindi nel caso specifico dovranno comunicare ad esempio che le stanno usando per mandarci questa email pubblicitaria, e quali sono eventualmente i criteri con cui vengono stabiliti di periodo di conservazione e anche l'origine dei dati, perché se io ricevo una comunicazione pubblicitaria posso richiedere qual è l'origine del mio indirizzo di posta o indirizzo email su cui mi sta venendo mandata la pubblicità. 

Poi si può richiedere anche, sempre ai sensi del GDPR, la richiesta di intervento. Quindi si può richiedere, ad esempio, di cancellare i dati perché magari non è mai stato richiesto di ricevere pubblicità oppure si era richiesto in passato ma non si desidera più riceverla.

E poi, infine, un'altra cosa che si può fare è una richiesta di opposizione al trattamento per le finalità di marketing. Questa richiesta poi dovrà essere riscontrata dall'azienda entro 30 giorni dal momento in cui è stata inviata. Se la risposta, quindi il riscontro, non è ritenuto sufficiente perché l'azienda o non ha risposto, oppure ha risposto in modo evasivo o non ha accolto la richiesta, a quel punto chiaramente si può fare un reclamo al garante per la protezione dei dati personali, descrivendo anche il fatto che è stata inviata una richiesta e che la risposta eventualmente ricevuta non è ritenuta soddisfacente.

Immagine generata da DALL-E usando come prompt il testo della risposta qui sopra. Secondo ChatGPT, rappresenta “il complesso viaggio dei dati attraverso le violazioni, e le conseguenti implicazioni sia per gli individui sia per le aziende”.

Queste segnalazioni, questi reclami, vanno fatti secondo qualche procedura particolare, per esempio bisogna mandare una posta elettronica certificata, bisogna immettere dei dati nel sito del garante? Come si procede in pratica? Supponiamo che io sia vittima di un data breach, quindi so che i miei dati personali di qualche genere, per esempio una login e una password di un mio account, sono stati esposti da una ditta. Cosa faccio?

Sicuramente se ho già le evidenze che i miei dati certamente sono stati coinvolti nel breach, posso contattare direttamente il garante. Oppure, una cosa che possiamo consigliare è che per essere certi di essere nel breach, perché a volte questi breach riguardano una fetta di utenti ma non tutti gli utenti di un'azienda, possiamo contattare proprio l'azienda stessa. Quindi anche in questo caso possiamo fare un esercizio dei diritti ai sensi del GDPR, per cui troviamo anche una modulistica, diciamo un esempio di richiesta, sul sito del garante.

Ad esempio, il Garante della privacy italiano ci fornisce un esempio di richiesta [dovrebbe essere questo], però in realtà la richiesta verso l'azienda può essere fatta sostanzialmente in forma libera, quindi anche contattando il servizio clienti tramite l'email che viene messa a disposizione; oppure, se si vuole essere più formali e più sicuri dell'invio, si può inviare una raccomandata con avviso di ricevimento o una PEC. Quindi nella richiesta possiamo descrivere, ad esempio, come è capitato anche a me di fare in un caso, che tramite la stampa è stato riscontrato che l'azienda ha subito un data breach o comunque ha visto acceduti i propri dati di alcuni clienti da parte di ignoti. In ragione di ciò si richiede all'azienda di fornire una copia di tutti i dati personali e indicare soprattutto se questi dati o quali di questi dati sono stati coinvolti nella violazione. In questo caso, come dicevo prima, la richiesta di esercizio dei diritti deve essere riscontrata entro 30 giorni; questo è un obbligo legale previsto dal GDPR, quindi l'azienda non può ignorarla, o comunque se lo fa si espone eventualmente a delle conseguenze.

Trascorsi questi 30 giorni possiamo avere ricevuto una risposta che ci chiarisce esattamente cosa è successo, oppure avere non ricevuto una risposta, oppure un riscontro inadeguato. In questi casi, se abbiamo ricevuto la risposta che ci dice che effettivamente i nostri dati sono stati violati, oppure se non abbiamo ricevuto un riscontro, possiamo procedere a effettuare un reclamo all'autorità garante.

Anche per il reclamo, il Garante della privacy italiano ci fornisce un modello. In questo caso il reclamo viene fatto tramite la trasmissione appunto all'autorità del nostro reclamo all'ufficio protocollo, quindi viene fatto o tramite una PEC, che è il metodo più semplice, oppure tramite una raccomandata. Nel caso in cui mandiamo una PEC possiamo avere l'atto firmato digitalmente, quindi se siamo in possesso di una firma digitale possiamo semplicemente sottoscrivere il PDF. Se invece facciamo un reclamo scritto che firmiamo a penna, dovremo poi allegare anche un documento di identità per farci riconoscere.

Per le aziende che subiscono questi data breach, quali sono le conseguenze? C'è una sanzione? Il Garante, una volta accettato il reclamo, che cosa fa concretamente? Molto spesso chi non segue queste vicende in dettaglio non ha una percezione molto chiara di tutti i passaggi successivi al reclamo o alla segnalazione.

Ci possono essere diversi tipi di risultato, che vanno dal caso in cui si è verificato che il reclamo non è fondato, oppure è un reclamo relativo a un fatto non particolarmente grave, come ad esempio un'e-mail pubblicitaria, e poi il titolare del trattamento, quindi l'azienda, ha riscontrato e accolto la richiesta di cancellazione, ad esempio, dalle email pubblicitarie; il reclamo può essere anche archiviato, quindi il procedimento viene archiviato senza particolari conseguenze. 

Oppure, nei casi un po' più gravi, un po' più fondati, ci sono vari tipi di sanzioni, dal più semplice, che può essere un ammonimento. L'ammonimento sembra una sciocchezza, come se fosse sgridare un bambino, ma in realtà dal punto di vista privacy è una sanzione che ha un suo significato, perché poi eventuali successive violazioni verrebbero valutate in modo anche più grave.

In alternativa ci possono essere delle imposizioni, quindi l'autorità garante, ordina, impone di terminare il trattamento, quindi può anche disporre un divieto di ulteriore trattamento dei dati, sempre ad esempio se parliamo di trasmissione di materiale pubblicitario; l'autorità potrebbe vietare il successivo trattamento di questi dati, oppure ci possono essere delle sanzioni in denaro, quindi quelle che un po' impropriamente a volte definiamo multe. Non sono multe, ma sono sanzioni pecuniarie che vengono calcolate anche in base alla grandezza dell'azienda, a quanto è il volume, il giro d'affari, quindi anche quanto è il fatturato annuo e anche ovviamente alla gravità della violazione, perché ci sono condotte che sono più gravi e altre che sono meno gravi. Infatti le sanzioni hanno un massimo che può raggiungere anche cifre molto elevate, perché pensiamo che il massimo che la legge prevede fino a 10 o 20 milioni di euro oppure dal 2 al 4% del fatturato mondiale annuo, se questo è superiore. Diciamo che è una norma, quella del massimo della sanzione che è stata prevista soprattutto per le aziende molto grandi, le multinazionali.

L'importo, l'ammontare di questa sanzione a chi finisce? Alla vittima, al garante, altrove?

Il reclamante in questo contesto non riceve denaro, il procedimento innanzi al Garante non è come un processo civile in cui vado a chiedere i danni, ma è un procedimento in cui l'interessato fa rispettare i propri diritti alla privacy. Quindi la sanzione non va a finire in mano al reclamante, ma viene elargita di fatto all'autorità, quindi è come se fosse una multa, anche se non è una multa.

Facciamo un caso concreto: un utente che non è coinvolto direttamente, non sono i suoi dati a essere stati trafugati, ma si accorge che c'è un'azienda che sta disseminando consapevolmente o meno i dati dei suoi clienti, fatture, documenti di identità, si accorge di questa cosa. Fa quindi una segnalazione al garante. A quel punto il garante che cosa fa? Manterrà aggiornata la persona che ha fatto la segnalazione o ci sarà un rapporto soltanto con la ditta interessata?

Per quanto riguarda le segnalazioni, da quello che so, anche se non ho moltissima esperienza perché seguo abitualmente tanti reclami ma non molte segnalazioni, siccome il segnalante non è direttamente interessato, ovviamente non viene messo al corrente di tutto l'iter e di tutto quello che segue. Salvo che ci sono diversi casi in cui, alla fine dell'istruttoria e dell'eventuale decisione sanzionatoria, il Garante della privacy alcuni provvedimenti li pubblica. Anche la pubblicazione sul sito del Garante è una sanzione accessoria che può essere comminata per alcuni casi un po' più gravi; invece se una persona è reclamante, quindi è direttamente interessata, chiaramente viene tenuta al corrente del percorso che segue l’istruttoria.

Con che frequenza avvengono situazioni di questo tipo, ossia che ci siano reclami non per spamming ma proprio per violazione dei dati, dati disseminati?

È un po' difficile da stimare, anche perché queste situazioni di data breach in realtà non sempre vengono messe alla luce come dovrebbero. Diciamo che il GDPR prevede che nel momento in cui un'azienda si rende conto che ha subìto un data breach o comunque che ha subìto una violazione che potrebbe anche avere esposto dei dati personali, deve agire in un tempo molto breve, perché la legge prevede un termine di 72 ore, salvo casi particolari. 

In queste 72 ore dovrebbe fare una valutazione di quella che è stata la violazione e determinare se fare una segnalazione al garante, quindi tra virgolette autosegnalarsi in un certo senso, oppure se è stato un caso particolarmente piccolo, non vi è anzi l'obbligo necessariamente di comunicarlo all'autorità, ma deve essere annotato su un apposito registro interno, che è il registro delle violazioni. 

Adesso entriamo in una materia che è più legale, è tecnica e riguarda di più i DPO o gli avvocati, però diciamo che l'azienda che è messa al corrente dovrebbe segnalarsi da sola al garante. Se invece l'azienda non è al corrente, perché magari se ne accorge qualcun altro, allora può essere che un altro cittadino faccia la segnalazione all'azienda e a quel punto parte il termine. E' anche vero che in alcuni casi può anche succedere, soprattutto con aziende piccole e non strutturate, che l'azienda preferisca o ritenga di non gestire particolarmente bene questa cosa, magari perché pensa che nascondere la testa sotto la sabbia possa essere una buona strategia; può capitare anche quello.

Quindi in casi come questi, se l'azienda fa finta di niente e i dati rimangono aperti e accessibili, qual è il passo successivo?

Nel caso in cui una persona o interessata o un semplice segnalante decida di fare qualcosa, può fare una segnalazione o un reclamo all'autorità garante.

C'è da dire una cosa, comunque, che soprattutto per le segnalazioni abbiamo fatto prima l'esempio che se uno scopre in modo accidentale che un'azienda espone dati di altri può fare la segnalazione, certamente può farlo. Quello che è un po' problematico, dal mio punto di vista in Italia, è che la definizione che abbiamo dal punto di vista del codice penale, quindi parlo dell'articolo dell'ipotesi di reato di accesso abusivo a sistema informatico, è estremamente vaga.

Se andiamo a leggere letteralmente l'articolo, ci sono scenari in cui uno potrebbe scoprire in modo di tutto accidentale, ad esempio perché cerca delle parole su Google e uno dei link lo riporta a un documento che presenta dati personali che non c'era motivo di esporre o per altri motivi. Questo potrebbe portare una persona a vedersi, diciamo, paventata la minaccia più o meno fondata, diciamo anche magari per spaventarlo, di una possibile querela per accesso abusivo a sistema informatico, perché se noi andiamo a vedere l'articolo 615 ter, si parla di accedere a una risorsa, quindi a un sistema informatico, contro la volontà espressa o tacita di chi ha diritto di escluderlo. 

Uno potrebbe dirmi “ma perché tu hai aperto questo documento PDF con i dati personali dei miei clienti?”. “Stavo cercando su Google un'altra cosa, ho cliccato un link e è venuto fuori quel documento”. “Però io non volevo che tu accedessi a quel documento, quindi la mia volontà era quella di non farti accedere ai dati.” Allora comincia a diventare complicato. 

È chiaro che poi lì si parlerebbe di sistemi protetti da misure di sicurezza, però purtroppo c'è anche questa cosa che non abbiamo un framework legale, diciamo un sistema per cui chi va a segnalare alle aziende che ha questo problema di privacy viene tutelato legalmente in modo automatico, come stanno pensando di fare in altri paesi europei, cioè di mettere delle regole per cui se tu segnali una problematica a un'azienda sei sostanzialmente schermato da possibili denunce o altri tipi di azioni. 

In Italia non abbiamo questo, quindi rimane tutto in seno al buon senso delle singole aziende. Sicuramente ci sono tante aziende che di fronte a una segnalazione del genere ringrazierebbero e quindi ne vinceremmo tutti perché l'azienda scopre un problema, lo risolve e ne mitiga gli effetti. Ma io immagino che ci possono anche essere aziende che non siano molto felici di vedersi segnalate queste problematiche, perché poi devono gestire queste situazioni.

Immagine generata da DALL-E usando come prompt il testo della risposta qui sopra. Secondo ChatGPT, rappresenta “le complessità e le sfide di una segnalazione di violazioni della privacy in Italia e raffigura simbolicamente il processo decisionale che deve affrontare un individuo che scopre accidentalmente che un’azienda espone dei dati”.

La situazione varia da paese a paese. Ci sono dei paesi che hanno già attivato questo scudo per chi fa segnalazioni di questo genere? Se sì, quali sono?

Stavo leggendo qualche ora fa una notizia relativa al Belgio, su una cosa in fase di pianificazione, e lì si parlava proprio di accessi dei controlli di sicurezza sulle aziende, quindi è una tematica più ampia rispetto allo semplice accertamento della protezione dei dati. In Belgio stanno pensando di tutelare legalmente i dati e di tutelare legalmente coloro che scoprano in modo più o meno accidentale che un'azienda ha problemi di sicurezza informatica e nel momento in cui chi lo scopre lo segnala immediatamente, cioè entro tre giorni, all'azienda.

Stanno pensando di introdurre proprio una sorta di immunità da eventuali conseguenze. Questo tipo di iniziative, secondo me, ha un impatto molto positivo, perché spesso si tende a scoprire in modo del tutto fortuito documenti tramite Google, per esempio, documenti PDF o file Excel o altre cose che contengono dati personali. E la frase standard che circola un po' anche fra i miei conoscenti, i colleghi, è "OK, fai finta che non abbia visto niente e lascia stare, perché se lo segnali non sai mai cosa potrebbe succedere, potrebbero ringraziarti o potrebbero anche minacciarti di una denuncia perché stavi aprendo un PDF che hai trovato casualmente su Google"

Invece avendo una sorta di scudo, automaticamente tutte le persone verrebbero invogliate a segnalare queste scoperte, anche accidentali, e di conseguenza si migliora complessivamente lo stato della sicurezza informatica e della protezione dei dati. 

La situazione è ancora complessa, è ancora in divenire, però c'è un problema di proteggere appunto chi trova queste cose e poi cerca di fare il suo dovere di cittadino in un certo senso.

Voi che siete nel settore, siete in tanti ma avete tutti lavoro a tempo pieno per gestire questi problemi o i casi sono relativamente pochi per cui tutto sommato si naviga abbastanza bene?

È difficile parlare un po' per categoria, perché in realtà tanti professionisti anche in questo settore si specializzano in diverse categorie. Ci sono colleghi che si occupano tantissimo di dati personali, di privacy, ci sono altri colleghi che magari vedono pochi casi perché si occupano di più di altre cose come la sicurezza informatica nelle aziende oppure anche le perizie su smartphone e così via. Quindi è un po' difficile fare un commento generale su questo aspetto.

Io personalmente devo dire che nel mio caso la maggior parte dei reclami che seguo dal punto di vista privacy sono cose che seguo io personalmente come diretto interessato e reclamante come privato cittadino, mentre lavorativamente me ne capitano meno spesso.

Le aziende italiane sono attente al problema o lo prendono sotto gamba? Perché sembra perché ci siano molti casi, anche piuttosto grossi, di aziende che si fanno trovare con i dati a spasso. C'è un problema di sensibilità delle aziende secondo lei?

Secondo me sì e direi inoltre che è un problema di sensibilità, un problema forse anche culturale, cioè manca la cultura della sicurezza informatica. Dobbiamo tenere in considerazione, comunque, che in Italia soprattutto le aziende sono molto, in grandissima percentuale sono PMI e ci sono anche tantissimi casi di aziende che hanno 1, 2, 3, 5 persone all'interno in tutta l'azienda, quindi parliamo proprio di microimprese, e chiaramente in questi contesti è molto difficile avere tutte le competenze anche dal punto di vista della sicurezza informatica, perché una grande azienda, che può essere la classica grande azienda americana che ha migliaia e migliaia di addetti, al suo interno avrà un'unità dedicata alla sicurezza informatica, mentre una microimpresa probabilmente si rivolge per fare le proprie attività anche a fornitori esterni o consulenti quando serve, che gli sistemano il sito, gli sistemano il gestionale e così via. Quindi manca un po' anche la cultura della fiducia perché certi tipi di istruzioni probabilmente non vengono neanche visti con la dovuta considerazione. Cioè ci sono piccole aziende, soprattutto che quando si parla del problema della tutela dei dati rispondono "Sì, ma vuoi che vengano proprio da me ad attaccare? Non sono Microsoft, una piccola azienda, quindi cosa vuoi che mi succeda?” Di conseguenza si sottovaluta probabilmente anche il problema.

Ringrazio Andrea Lazzarotto per questa esplorazione molto esaustiva del settore dei reclami, di come ci si interfaccia con un garante europeo e spero che tutto sommato rimanga... senza lavoro, almeno da questo punto di vista. Ma nel frattempo per chi volesse sapere esattamente che fine fanno i suoi dati e che tipo di reazione e risposta c'è da parte dell'autorità, abbiamo qualche luce in più sull'argomento. Grazie ancora Andrea Lazzarotto.

Grazie a voi.

2023/08/22

Schianto della missione lunare Luna-25, ne ho parlato a Radio3 Scienza

Come avrete probabilmente letto, la sonda lunare russa Luna-25 si è schiantata sulla superficie lunare invece di atterrarvi, dopo una manovra orbitale errata. È uno smacco non solo tecnologico ma anche politico per la Russia, che con la scelta del nome Luna e del numero progressivo 25 ha cercato di rievocare i successi dell’epoca sovietica presentando questa sonda come ideale continuazione delle sonde Luna degli anni 60 e 70. Luna-24, la missione precedente in termini di numero, risale a 47 anni fa, quando la Russia era ancora Unione Sovietica e al potere c’era Breznev.

Trovate tutti i dettagli della sonda e dei motivi per cui il suo volo si è concluso con un impatto sulla Luna presso Reuters, Astronautinews.it e Astrospace.it. Ne ho parlato brevemente con Marco Motta a Radio3 Scienza ieri; spero che si senta qualcosa e che le mie risposte siano state sensate, perché l’audio era bassissimo e sentivo una parola sì e due no del conduttore. Potete riascoltare la trasmissione qui; ne parliamo nei primi dieci minuti.

Domani dalle 13:50 italiane sarà il turno dell’India di tentare un allunaggio con la sua sonda Chandrayaan-3 dotata di un rover. La diretta dell’agenzia spaziale indiana ISRO sarà su YouTube qui a partire da quell’ora, per un allunaggio previsto 40 minuti più tardi.

2022/08/14

Ho sbufalato otto minuti di documentario lunacomplottista

Su richiesta di Open, ho esaminato otto minuti di un video complottista dedicato agli allunaggi da Massimo Mazzucco che è un perfetto esempio dell’approccio noto come metodo dello spandiletame: il complottista spara mille teorie sballate e annuncia mille misteri farlocchi, nella speranza che qualcuno di quei proiettili di scemenza aderisca alle pareti della teca cranica del malcapitato spettatore e lo convinca che “beh, dai, qualcosa di vero ci deve essere, non possono essere tutte balle, sono troppe”.

Ne è venuta fuori un’intervista che fa a fettine quegli otto minuti: se vi interessa, la trovate qui insieme ai video e ai dati che smentiscono una per una le insinuazioni fatte da Mazzucco. L’intervista integrale in video, con il debunking approfondito, è qui sotto.

Aggiungo solo qualche link utile che dà la misura dell’inettitudine investigativa di Mazzucco (parlo di inettitudine perché l’alternativa è il dolo): quando il complottista dice che Neil Armstrong non partecipò alle celebrazioni del quarantennale, nel 2009, mostra una pagina del sito di Paris-Match, specificamente questa, il cui testo dice “ne participera pas à la célébration du 40ème anniversaire du premier alunissage le lundi 20 juillet aux quartiers généraux de la NASA à Washington.” Il che è formalmente corretto, nel senso che Armstrong non andò al quartier generale della NASA a Washington. Ma celebrò altrove: specificamente al National Air and Space Museum (fonte), dove tenne un discorso insieme a Aldrin e Collins (video), alla cerimonia di conferimento della Congressional Gold Medal (video) e alla Casa Bianca con Obama (video). Scusate se è poco.

Mica male, per uno che secondo Mazzucco si sarebbe rifiutato di partecipare ai festeggiamenti.

Il discorso di Neil Armstrong che secondo Mazzucco non esiste.

Metto subito in chiaro che non ho nessuna intenzione di debunkare tutto il video lunacomplottista di Massimo Mazzucco. Ho fatto questo pezzetto solo perché me l’ha chiesto Open, e mi fermo qui perché già in otto minuti le cretinate che ho dovuto sentire hanno superato il livello di guardia e i neuroni hanno iniziato a scappare per mettersi in salvo. 

E per gli ottusangoli che diranno “Eh ma non hai debunkato il resto!”, chiarisco che quando il livello di incompetenza e di assurdità è quello che emerge da questi otto minuti, non c’è motivo di pensare che il resto possa essere differente.

2022/05/17

Fake news? È tutta colpa di Mike Bongiorno e altri complottismi: sono ospite del podcast Supernova

Pochi giorni fa ho partecipato al podcast scientifico Supernova di Border Radio, condotto da Giovanna Ranotto e Daniele Interdonato, con una chiacchierata a ruota libera su fake news e complottismi ma non solo. 

Nella puntata ho raccontato anche la teoria secondo la quale la disastrosa situazione di esaltazione dell’ignoranza in cui ci troviamo sarebbe in realtà tutta colpa di Mike Bongiorno: se vi incuriosisce sapere perché, trovate la puntata su Spotify, Spreaker e Mixcloud. Buon ascolto!


2020/06/02

Due chiacchiere in diretta con un protagonista di Apollo 13: Fred Haise

La sera del decollo della Crew Dragon, il 30 maggio scorso, ho avuto il piacere di partecipare a un altro evento straordinario: oltre un’ora e mezza di conversazione in diretta via Zoom con Fred Haise, uno degli astronauti protagonisti della missione Apollo 13, che nel 1970 rischiò di concludersi tragicamente a causa dello scoppio di un serbatoio durante il volo verso la Luna (il famoso “Houston, abbiamo avuto un problema”). La storia è raccontata, con le immagini e le riprese originali, nel blog Apollo 13 Timeline che ho creato insieme a Gianluca Atti.

Haise è stato gentilissimo: l’incontro sarebbe dovuto durare un’ora, ma l’astronauta e collaudatore di planata dello Space Shuttle è andato avanti ben oltre il tempo concordato, rispondendo a tutte le domande previste e anche ad altre improvvisate. Ciliegina sulla torta, all’incontro si è unito Don Eyles, l’informatico che scrisse buona parte del software per gli allunaggi Apollo. Momenti irripetibili.

L’incontro è stato reso possibile da ASIMOF, Associazione Italiana Modelli Fedeli, e da BIS-Italia. Il montaggio video è a cura di Stefano Savina; le illustrazioni sono di Alessandro Colonna; il collage dei profili è opera di Simone Tibollo. L’evento è interamente in inglese; non è disponibile, che io sappia, una trascrizione o traduzione in italiano.



2019/09/17

Video: due chiacchiere sul lunacomplottismo per “Misteri Channel”

Questa è la prima parte di una mia intervista via Skype su “Misteri Channel” a proposito delle tesi di complotto intorno agli allunaggi.



E questa è la seconda parte:


Premetto subito che non leggo i commenti su Youtube e non ho intenzione di farlo. Ricordo inoltre che chiunque volesse approfondire l’argomento e reperire date, dati e fonti può partire dal mio libro gratuito che fornisce tutte le informazioni da sapere prima di farsi un’opinione.

Qualunque commento polemico o a favore delle tesi di complotto inviato a questo blog verrà cestinato. Sono a disposizione dei dubbiosi, ma non ho tempo da perdere con gli incompetenti, gli ingenui e gli imbecilli.


Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

2019/07/18

Luna, musica e scienza con Brian May (Queen) e David Eicher (Astronomy)

Come raccontavo qui, di recente ho incontrato a Starmus Brian May dei Queen e David Eicher di Astronomy Magazine, gli autori del libro Mission Moon 3D: foto scattate nello spazio e sulla Luna ed elaborate per crearne versioni 3D. Mi hanno gentilmente concesso quest’intervista.



Questa è una foto presa dietro le quinte dell’intervista, nelle stesse condizioni di luce usate per la ripresa video: notate come il talento della videomaker (Anna Spacio) cambia completamente l’atmosfera e le tinte.

Credit: Rodri Van Click.


Questa è la mia traduzione integrale dell’intervista. Ho riformulato le mie domande per maggiore chiarezza.

Cosa vi affascina della Luna così tanto da avervi spinto a creare un libro di immagini 3D dedicato ad essa, "Mission Moon 3D"?

BRIAN MAY: È una celebrazione della prima avventura dell'uomo nel raggiungere un altro corpo celeste. La Luna è quello più vicino a noi, è la sorellina della Terra, in un certo senso, nessuno aveva mai lasciato questo pianeta per mettere piede altrove. Quindi è la celebrazione di 50 anni di questa incredibile avventura che fu il progetto Apollo e che culmina con Apollo 11, l'allunaggio vero e proprio. Ed è per questo che ci piace, giusto?

DAVID EICHER: Sì, è per questo che ci piace! Non solo è vicina, ma le sue rocce sono molto simili a quelle della Terra. Questo è un indizio, emerso dalle missioni Apollo, che le sue origini sono legate alla Terra.

BRIAN MAY: La Luna ha una grande influenza in così tanti modi. Controlla le maree, ha sicuramente un influsso sul comportamento umano, ed è in cielo a darci luce argentea quando cala il sole. Ha ispirato un milione di canzoni d'amore e ha un ruolo importantissimo nella vita di ogni persona. E questi uomini hanno camminato sulla Luna e questo è tuttora incredibile per me; non avrei mai pensato di vederlo accadere nel corso della mia vita.


Avete una canzone preferita che parli della Luna?

DAVID EICHER: (ridendo) Forse è ancora da scrivere, una bella canzone d'amore che parli di Luna...

BRIAN MAY: (ridendo) C'è questa rima, in inglese, fra "Moon" e "June", "Luna" e "giugno", che se stiamo parlando di scrivere testi di canzoni è l'esempio perfetto di mancanza di originalità.


Siamo qui a Zurigo per parlare di comunicazione della scienza. Si parla spesso di crisi climatica, ma secondo voi esiste anche una crisi di comunicazione della scienza, che Starmus aiuta a contrastare?


BRIAN MAY: Starmus non è stato creato per risolvere un problema, ma è stato creato per celebrare una certa visione, ossia che l'arte e la scienza sono legate insieme e non avrebbero mai dovuto essere separate. Questa è l'etica della filosofia di Garik Israelian ed è anche la mia perché ho aiutato Garik a creare Starmus. E ogni volta che ci incontriamo per questo festival abbiamo questa meravigliosa combinazione di musica e scienza e astronomia e arte di vario genere e funziona tutto insieme, non c'è senso di separazione fra i due ambiti. Tutti danno il massimo e tutti beneficiano di questa interazione. È stato un grande successo di Garik secondo me. Ovviamente, parlare di cambiamenti climatici fa parte delle cose trattate da Starmus, ma noi parliamo di tutto. Parliamo dell'esplosione informativa, e delle varie minacce che subisce il nostro pianeta, e la relazione di Martin Rees è stata particolarmente illuminante e ci ha fatto pensare alle cose terribili che potrebbero capitare alla Terra se non ci diamo da fare rapidamente. Ma fondamentalmente Starmus è gioia, noi celebriamo e amiamo farlo, in un certo senso ci sguazziamo.

DAVID EICHER: Sono d'accordo, e credo che ci sia una crisi nella comunicazione della scienza e nella comunicazione in generale, circola tanta cattiva informazione e Internet aiuta a diffonderla velocemente e un altro aspetto di Starmus è fornire la verità, il resoconto razionale, non distorto, non esagerato a proposito della scienza. Poche occasioni fanno questo così bene quanto lo fa Starmus.


Come è nato il vostro interesse per la scienza? Brian May, lei era già interessato all’astrofisica prima degli allunaggi, o la passione è nata dopo?

BRIAN MAY: È iniziato nella mia infanzia e soprattutto per merito di un popolarissimo programma della TV britannica, The Sky at Night presentato da Sir Patrick Moore, che tutti abbiamo amato e ci ha spalancato gli occhi, ci ha fatto guardare il cielo con meraviglia e ci ha fatto godere tutta questa visione. Quindi sì per me risale alla prima infanzia. Ma naturalmente anche gli allunaggi sono stati un forte impulso, ci siamo resi conto di colpo che potevamo influenzare le cose ed essere davvero là fuori nello spazio. E tu? (rivolto a David)

DAVID EICHER: Io sono cresciuto in una famiglia scientifica, mio padre era un professore di chimica. Io ho sempre avuto interesse per la scienza di ogni genere. Ricordo che a 7 anni ho visto l'allunaggio e mi ha emozionato tantissimo, ma per me è successo a 14 anni, quando ho visto Saturno in un telescopio: mi ha elettrizzato e mi sono reso conto che volevo fare astronomia.


Cosa consigliereste ai giovani, quindi? Comprare un telescopio e guardare Saturno?

BRIAN MAY: Assolutamente sì, procuratevi un telescopio, implorate, rubatelo o prendetelo in prestito (ride) e guardate Giove, guardare Saturno, vi cambierà la vita. È molto triste che la maggior parte di noi cresce in città dove le stelle quasi non si vedono ed è una perdita terribile. Ancora quando ero bambino io potevi guardare in su in una notte limpida e vedere migliaia di stelle. E ti dava tanta ispirazione, vedevi la Via Lattea, oggi invece se vivi in qualunque città grande o media in occidente non vedi nulla, devi andare lontano, dove non c'è inquinamento luminoso, e vedere le meraviglie e gli splendori del cielo, ti sconvolgeranno.


Dove eravate durante l’allunaggio di Apollo 11?

BRIAN MAY: Questa è facile, io ero in Cornovaglia a casa della mamma del mio batterista Roger, e abbiamo visto l'allunaggio sul suo piccolissimo televisore da circa 10 pollici ed è stata una cosa straordinariamente emozionante eravamo tutti intensamente coinvolti. È stato magico. E mio papà, che non era certo uno sciocco, lavorava in aeronautica ed era un bravissimo scienziato e ingegnere, mi aveva detto circa un anno prima che non sarebbe mai successo e che non avevamo la tecnologia per farlo. E invece è successo, noi siamo rimasti tutti stupiti.

DAVID EICHER: Io ero a casa, in una cittadina universitaria dell'Ohio. Ricordo di essermi emozionato perché a 7 anni potevo stare sveglio fino a tardissimo, fino alle 11 di sera, per vedere quelle immagini incerte in bianco e nero, per me è stato assolutamente elettrizzante e ha innescato il mio interesse per la scienza anche prima di Saturno.


Adesso va di moda fare comunicazione della scienza sonorizzando i dati, ossia creando suoni a partire dai dati scientifici raccolti. Cosa ne pensate?

BRIAN MAY: So che Garik è stato uno dei pionieri in questo campo. Ci abbiamo provato anche noi insieme a Garick ma poi siamo stati troppo presi da altre cose. Garik è stato uno dei pionieri, lui li chiamava "suoni stellari". I suoi suoni stellari erano vere onde di pressione, mentre molti di questi suoni odierni derivano invece da onde elettriche che puoi prendere da una stella o altro e convertire in qualcosa che si comporta come un'onda sonora, ma non è reale. I suoni di Garik invece erano reali. Ci abbiamo sperimentato per fare musica, ma sinceramente non è musica. Se vuoi la mia opinione schietta, non è veramente musica: sono suoni e la musica è fatta di suoni, ma i suoni sono solo un ingrediente. Deve esserci un intervento umano e so che non verrò amato per quello che sto per dire, la musica delle sfere per me è una serie di suoni e la musica vera è quella che viene dagli esseri umani.

PAOLO ATTIVISSIMO: Dott. Brian May, David Eicher, grazie per averci dedicato il vostro tempo.


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2018/09/11

Undicisettembre.info: intervista all’ex detective di New York Michael Greene, soccorritore al World Trade Center

Su Undicisettembre, il blog/sito dedicato a smontare i miti e i complottismi riguardanti i dirottamenti e gli attentati dell’11 settembre 2001, trovate un’intervista all'ex detective di New York Michael Greene, che intervenne sulla scena del World Trade Center dopo i due schianti e visse da vicino i crolli delle due torri.

Il suo resoconto contiene alcune descrizioni piuttosto impressionanti e non è consigliato alle persone sensibili, ma rappresenta la durissima realtà di quel giorno. L’originale inglese è qui.

Il complottismo, dopo tutti questi anni, è solo un trastullo penoso per ciarlatani e ottusi. Chi c’era sa come andarono le cose.

2018/06/21

Due chiacchiere con Katee Sackhoff (Battlestar Galactica) alla FedCon


Grazie agli organizzatori della Fedcon, la grande convention di fantascienza, fantastico e scienza tenutasi a Bonn il mese scorso, ho avuto l’occasione di intervistare brevemente Katee Sackhoff, l’interprete di Starbuck/Scorpion in Battlestar Galactica. Ecco la mia traduzione dell’intervista: trovate l’originale in inglese qui (grazie a Lisa “AlcoholicRobot” per la trascrizione).

Paolo: Prima di tutto, che rapporto hai con la scienza e la tecnologia? Sei un’Androidiana o un’iPhoniana?

Katee: Ho un pessimo rapporto con la tecnologia! Tutta la tecnologia mi spaventa. Ho un iPhone solo perché ho tentato di passare a un Android ma il mio iPhone non voleva... Il mio numero non ne voleva sapere di trasferirsi sul telefono nuovo e tutti i miei SMS non arrivavano. È stato un incubo ed ero a Dubai e non riuscivo a fare chiamate, per cui ho tirato fuori la SIM e sono andata a comprarmi un iPhone, ho rimesso la SIM in un iPhone a Dubai e ho fatto “fiuu!” [scampato pericolo]. Per cui sì, se potessi avere un telefonino a conchiglia [flip phone] lo userei.

P: Torneresti a un telefonino non smart?

K: Oh, Dio, sì, in un batter d’occhio!

P: Mia moglie ne ha uno.

K: Odio il fatto che viviamo in un mondo nel quale sei istantaneamente reperibile e la gente si arrabbia se non sei accessibile, hai presente? Oppure ti mandano una mail e quando non rispondi immediatamente, mica ti richiamano, ti mandano semplicemente un’altra mail, ma io non controllo il mio telefono per prima cosa la mattina. Per cui sì, non vado d’accordo con la tecnologia. Cercare di trovare un forno, oggi, è la cosa più difficile che ti possa capitare, perché adesso ci sono i forni smart. Io non voglio un forno smart, voglio accenderlo e voglio che si scaldi e non mi serve che il mio forno mi dica come arrostire un pollo; non ho bisogno che il mio forno mi dica quando girare il vassoio se sto facendo dei biscotti... voglio semplicemente accendere quello stramaledetto coso. È dura, non esistono.

P: Lo so, lo so, anche mia moglie ha lo stesso problema! Seconda domanda: a proposito di tecnologie, so che ti piacciono molto le moto.

K: Sì!

P: Hai già provato le moto elettriche?

Credit: Zero Motorcycles.

K: Non ho mai provato una moto elettrica.

P: Lo faresti?

K: No.

P: [ridendo] Come mai?

K: È tutta una questione, secondo me, di sicurezza. Io credo fermamente che gli scappamenti rumorosi salvano vite [loud pipes save lives, slogan molto diffuso fra i biker]. E credo che più è rumorosa una moto, più diventi visibile, specialmente a Los Angeles. Non so se voglio cavalcare qualcosa di così silenzioso. Voglio dire, l’altro giorno sono stata quasi investita da una Prius perché come pedone che attraversava la strada non la sentivo. Per cui non riesco a immaginare, con le auto che cambiano corsia così allegramente come fanno a Los Angeles, di non trovarti nei guai. Detto questo, mi piacciono molto le bici [elettriche], perché ti aiutano a superare le salite.

P: Quindi non proveresti una moto elettrica neanche su una pista?

K: Sì, certamente, in un ambiente controllato lo farei assolutamente, e a un certo punto forse non avremo scelta. Voglio dire, non credo che succederà nel corso delle nostre vite, ma forse in quelle dei figli dei nostri figli, il petrolio non esisterà, per cui...

P: Questo mi porta alla mia terza domanda: sei molto impegnata sui temi dell’ambiente, le tue iniziative di Acting Outlaws sono meravigliose. Stai facendo molto per gli animali e la natura in generale. Ti va di parlarne?

K: Sì, certamente. Tricia Helfer [Numero Sei in Battlestar Galactica] ed io abbiamo fondato la società Acting Outlaws. Stavamo cercando un modo per combinare il nostro amore per il motociclismo con degli obiettivi filantropici, e in un certo senso è successo tutto facilmente e senza intoppi. Quando c’è stata la grave marea nera nel Golfo, in Louisiana, volevamo aumentarne la consapevolezza, perché era già passato un anno e la gente aveva... I nostri cicli di notizie sono così concentrati sul presente, così veloci e frenetici, che a distanza di un anno la gente non ne parla più. Così volevamo aumentare la consapevolezza del fatto che quel petrolio era ancora un problema e siamo andate in modo da Los Angeles alla Louisiana, parlando dell’argomento durante il tragitto, e abbiamo incontrato tante persone davvero interessanti.

Una delle persone migliori che abbiamo incontrato era un allevatore di bovini, mentre stavamo attraversando il Texas, una persona davvero adorabile. Ci siamo fermate sul ciglio della strada e lui è uscito chiedendosi “Ma cosa sta facendo questa gente?”, era una strada molto isolata, ed è uscito in accappatoio e ci ha chiesto “Cosa state facendo?” Gli abbiamo spiegato cosa stavamo facendo e in Texas un allevatore di bovini ci ha staccato un assegno da cinquanta dollari per una causa ecologica, cosa che per noi era un contrasto totale, visto che gli animali delle fattorie industrializzate sono fra i peggiori inquinatori dell’ambiente, e poi pensi al Texas e ai loro mega-camion e tanti animali in fattorie industriali e questo è lo stereotipo che ti viene in mente. Per cui ci siamo trovati con questa persona che è venuta e ci ha messo davanti agli occhi questa cosa e ci ha fatto dire "Ok, l’ambiente importa a tutti”. Tutti devono campare, ed è quello che fa questa persona, ma è stato un momento davvero cool per noi e ci siamo rese conto che quello che stavamo facendo era importante, l’ambiente è importante e abbiamo un solo pianeta, un solo corpo, per cui se lo distruggiamo...

P: Non c’è un Pianeta B [gioco di parole fra Plan B e Planet B].

K: Non andremo altrove. Quello che stiamo lasciando qui, per i nostri figli e le generazioni successive è uno stato di cose triste, tristissimo, e lasceremo loro qualcosa di irreversibile. Il problema del riscaldamento globale è che sarebbe stato meglio chiamarlo semplicemente “cambiamento climatico” sin dall’inizio, perché la gente non associa il riscaldamento del pianeta al cambiamento del clima. Quello che la gente non sembra capire è che il riscaldamento globale è questione di estremi di temperatura e di fluttuazioni e di irregolarità. Certo, esiste una progressione naturale sulla Terra, e siamo in un ciclo, e possiamo fare tutte queste argomentazioni; ma gli esseri umani stanno esacerbando la situazione e la stiamo accelerando, per cui credo che sia nostro dovere cercare di proteggere la Terra così come lei protegge noi.


P: Hai tempo per un’altra domanda conclusiva?

K: Sì.

P: Nel tuo ruolo, recitando nella fantascienza, hai ottenuto una piattaforma di visibilità. Credi che questo ti stia aiutando anche a comunicare la scienza, a infrangere la barriera, invece di predicare ai già convertiti, a gente che è già interessata alla scienza, e a coinvolgere persone nuove? Che tipo di reazione ottieni?

K: Credo di sì, un pochino. Penso che come attori abbiamo il dovere di capire qual è il limite del nostro ruolo e che ci sia un certo gruppo di persone che vogliono che gli attori facciano gli attori e basta e non abbiano opinioni e non aprano bocca perché non è per questo che quelle persone ci seguono, e questo lo capisco totalmente; ma c’è anche un altro gruppo di persone che desidera che usiamo questa piattaforma per qualcosa di più grande di noi. Lavorando nella fantascienza, trovo divertente che la gente dia per scontato che io sia intelligente. Dà per scontato che io sappia tante cose, che ami la scienza, che legga quotidianamente il New England Journal, che conosca tutte le novità della scienza e cose così. Ho un diploma di scuola superiore. Tutto quello che ho imparato l’ho appreso da sola e attraverso i miei viaggi per il mondo e parlando con la gente e cercando di assorbire come una spugna. Per cui credo di avere una voce e cerco di usarla, ma credo che se qualcuno è in cerca di sapere scientifico debba cercare persone molto più istruite di me. Poi io esaminerò quelle informazioni e le metterò in forma più digeribile e comprensibile.

P: Magnifico! Grazie mille.

Mi sono trattenuto qualche istante in più in chiacchiere personali con Katee, che è una persona cordialissima, aperta e piena di entusiasmo, e poi il tempo messomi a disposizione dagli organizzatori è finito e ho dovuto lasciare spazio alle altre interviste. Chicca: mentre uscivo dalla saletta delle interviste (perfettamente organizzata, con luci, poltrona, treppiedi e fondale Fedcon) è entrata Samantha Cristoforetti, anche lei ospite e relatrice alla FedCon. Ma questa è un’altra bella storia.




Katee Sackhoff ha appena annunciato la disponibilità del suo ultimo progetto cinematografico, 2036 Origin Unknown:




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2015/02/09

Intervista con un vigile del fuoco dell’11 settembre

C'è chi si “informa” sugli attentati dell'11 settembre 2001 guardando i video di qualche imbecille che ha visto le Torri Gemelle soltanto in fotografia, e chi invece va direttamente alla fonte e intervista i protagonisti. Da molto tempo Hammer, uno degli autori del blog Undicisettembre, sta rintracciando coloro che quel giorno erano lì, a rischiare la vita, e sta raccogliendo e pubblicando le loro testimonianze dirette, intervistandoli personalmente per capire cose più importanti di qualunque fantasia di complotto.

La sua intervista più recente è con Frank Papalia, vigile del fuoco in servizio a New York quel giorno. Certo, l'intervista tocca la vicenda dell'Edificio 7, al centro di tante ottuse tesi alternative, ma va ben oltre, ed è inevitabile che sia così: per chi ha vissuto personalmente gli eventi le ricostruzioni alternative sono palesemente ridicole e indegne di qualunque approfondimento. E quando intervisti uno che ti dice, chiaro e tondo, che ha trovato i pezzi dei corpi dei suoi colleghi tra le macerie, ti passa la voglia di chiedergli di nanotermite e di microonde dallo spazio per non fare la figura dell'idiota.

Se volete, la traduzione in italiano dell'intervista di Hammer a Frank Papalia è qui; l'originale in inglese è invece qui.

2014/10/31

La roccia lunare italiana è finalmente in mostra al Museoscienza di Milano, inaugurata dall'ultimo uomo sulla Luna

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Vi ricordate della raccolta di fondi per creare lo spazio espositivo per la roccia raccolta sulla Luna dagli astronauti delle missioni Apollo e donata all'Italia più di quarant'anni fa? Avevo dato anch'io una mano partecipando a una giornata speciale al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, e finalmente la roccia è visibile al pubblico. È venuto ad inaugurarla nientemeno che l'astronauta Gene Cernan, ultimo uomo sulla Luna.

Questo è un video girato da Televisionet che mostra la sezione espositiva e (per qualche fugace istante) la roccia in questione:


Cernan, ospitato dallo sponsor Omega, ha guidato una replica dell'auto elettrica usata sulla Luna ed è stato “multato” dalla polizia locale:


Ho avuto il tempo di fare due chiacchiere con lui e chiedergli di raccontare cos'ha scritto nella polvere della superficie della Luna:


“Hai descritto molti aspetti del tuo viaggio sulla Luna, ma nel leggere la tua autobiografia The Last Man on the Moon, gli ho chiesto, “per me spicca un dettaglio: a un certo punto scrivi qualcosa nel terreno lunare. Ce lo racconti?”

Le iniziali di questa bambina
sono sulla Luna per sempre.
Cernan racconta con trasporto: “Avevo parcheggiato il Lunar Rover [l'auto lunare] prima di ripartire, dopo poco più di tre giorni sulla Luna... ho parcheggiato il Lunar Rover. Poiché l'unica cosa controllata da Terra – tutto il resto lo facevamo noi – era la telecamera, e volevano registrare il nostro decollo. Così ho parcheggiato circa tre quarti di miglio dietro al punto in cui si trovava il modulo lunare. Sono sceso dal Rover, e... non era stato pianificato, non ho idea di cosa mi abbia preso, ma ho scritto le iniziali di mia figlia, TDC, nella sabbia: Teresa Dawn Cernan.”

“Le sue iniziali sono là.” prosegue l'astronauta. “Qualcuno mi ha chiesto quanto ci resteranno, e io ho risposto: per sempre. Non so quanto duri ‘per sempre’, ma non c'è vento e non c'è pioggia, non c'è nulla che possa  – eccetto la radiazione cosmica – che possa spazzare via quelle iniziali. Quanto a lungo resterà la bandiera? Quanto resteranno le mie impronte? Per sempre. A meno che qualcuno vada là e le cancelli.”

“Allora ti consideri il primo scrittore... lunare?” gli chiedo.

“Non l'ho mai considerato da questo punto di vista!” ride Cernan. “Sai, il mio obiettivo, in quel libro, era condividere con te le risposte a tutte le domande che so che hai, e sai tu quali sono. Volevo essere io che parlavo con te, e volevo che tu fossi là fuori con me durante la mia passeggiata spaziale di Gemini 9, a sentire quello che ho sentito io. Volevo che fossimo tu ed io sulla Luna, con lo sguardo rivolto alla Terra, in modo che tu potessi rispondere alla domanda ‘Che cosa si prova? Cos'hai pensato? Credi in Dio? Ti sei sentito più vicino a Lui?’ Questo era il mio scopo. Non so quanto mi ci sono avvicinato...”

“Moltissimo.”

“Non volevo che fosse un libro tecnico, come funziona questo o quello. Stupidate! Io volevo essere seduto qui a rispondere a tutte quelle domande insieme a te.”

“Ci sei riuscito. Missione compiuta”.

“Stanno facendo un documentario...”

“Sì...” rispondo, mostrando la cartolina presa tre giorni prima in Inghilterra all'incontro con il suo collega Fred Haise.

“Eccolo! Uscirà in primavera e ha avuto ottime recensioni fin qui.”

“Sì” confermo io “sono in contatto con Stephen Slater [uno dei realizzatori del documentario]. Posso chiederti di firmare?”, gli chiedo porgendogli la sua autobiografia, che spero prima o poi di poter tradurre in italiano. Cernan, con garbo, acconsente.

“Ottobre 2000...?” chiede lui.

“Quattordici” rispondo.

“Quattordici! Sai, a qualcuno devo aver scritto ‘2004’. Ho perso dieci anni di vita!”


Altre interviste raccolte dai colleghi:


2014/09/03

Faccia a faccia con chi ha camminato su un altro mondo

Oggi, grazie a SwissApollo, ho potuto scambiare alla Hochschule für Wirtschaft di Zurigo due chiacchiere con una persona che ha visto la Terra sospesa come un gioiello brillante nel nero velluto dello spazio, mentre camminava sulla Luna: Charlie Duke.

Credit: Rodri Van Click

Credit: Rodri Van Click

Credit: Rodri Van Click

Credit: Rodri Van Click

Non appena avrò i permessi, pubblicherò l'intervista e la lezione magistrale universitaria di Duke sul tema del coordinamento delle grandi organizzazioni e dei grandi progetti: in altre parole, su quale sia la formula magica che permise alla NASA di coordinare e motivare quattrocentomila tecnici e di passare dal nulla all'uomo sulla Luna in meno di nove anni: il tempo che ci vorrebbe oggi, come ha sottolineato Duke, per redigere soltanto la proposta di andare sulla Luna.

Duke, accompagnato e assistito dalla gentilissima moglie Dotty (foto qui sopra), si è confermato una miniera di informazioni tecniche, di aneddoti e di esperienze personali, con un occhio ben puntato anche sul presente delle missioni spaziali. Non poteva essere diversamente: se hai il coraggio di salire su un missile alto cento metri e farti sparare verso la Luna, non puoi essere un tipo che ha poco da dire. E Charlie Duke sa raccontare con gusto, umorismo e umiltà le cose eccezionali che ha fatto e che ha visto.

I lunacomplottisti non sanno cosa si perdono.
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