Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2017/12/28
Bufale, orsi e scimmiette: fare fake news con le buone intenzioni
Può sembrare strano, ma si può creare una fake news, nel senso di una notizia volutamente falsa, senza mentire e usando soltanto materiale autentico. In questi giorni circolano nei social network due storie parallele di questo genere, accomunate da un altro elemento condiviso: usano entrambe immagini di animali.
La prima storia si basa sul video, in sé autentico, di un orso polare magrissimo e visibilmente stremato che vaga in una landa brulla e completamente priva di ghiaccio. Il video è stato presentato anche da varie testate giornalistiche di tutto il mondo come una dimostrazione potente e palese dei cambiamenti climatici che stanno avvenendo.
Ma i giornalisti che si sono presi la briga di risalire all’origine del video hanno scoperto che è stato ripreso ad agosto in una zona dell’isola di Baffin, nel Canada nord-orientale, che in estate è regolarmente priva di ghiaccio. Anche i cambiamenti climatici, come il video, sono autentici, ma in questo caso non c’entrano. Insomma, due fatti reali sono stati uniti per creare una notizia falsa, generata da una coppia di attivisti ambientali per promuovere la propria causa.
La seconda storia riguarda un’immagine scioccante di una scimmietta brutalmente immobilizzata in un laboratorio e soggetta a esperimenti cruenti di cui vi risparmio la descrizione: è stata pubblicata su Facebook da un deputato come denuncia esplicita e visiva delle crudeltà atroci di quella che nel post sul social network viene chiamata “la falsa scienza della sperimentazione animale”.
Anche in questa seconda storia, l’immagine della scimmietta è di per sé reale e lo è anche il problema etico della sperimentazione sugli animali, ma manca un dettaglio importante: l’immagine è tratta da una scena simulata, creata per un film usando una scimmietta finta, e non mostra affatto le condizioni reali della sperimentazione animale, come ha scoperto il debunker David Puente.
In entrambe le storie, insomma, immagini non ritoccate ma usate fuori contesto sono state sfruttate per produrre un forte impatto emotivo che crea un inganno e rende difficile qualunque discussione razionale. Chi condivide queste immagini e gli slogan che le accompagnano crederà che siano una descrizione fedele della realtà, ma non lo sono. Cosa peggiore, se viene a sapere che le immagini sono ingannevoli, spesso ribatterà che non ha importanza, perché comunque sono state usate in buona fede, con le migliori intenzioni, per attirare l’attenzione su problemi seri e reali, e che se questi video e queste foto esagerano e drammatizzano un po’ i termini dei problemi non c’è niente di male.
Ma in realtà, a parte l’ovvia questione di correttezza, rimane il fatto che usare informazioni false o esagerate rischia di essere un autogol per le cause, magari perfettamente legittime, che si vogliono promuovere, perché quando poi la falsificazione viene scoperta getta discredito non solo sul singolo messaggio, ma sull’intero argomento, e probabilmente anche sul messaggero che la condivide sui social network, che potreste essere voi. Siate prudenti.
Questo articolo è il testo preparato per il mio servizio La Rete in 3 minuti per Radio Inblu del 28 dicembre 2017.
La prima storia si basa sul video, in sé autentico, di un orso polare magrissimo e visibilmente stremato che vaga in una landa brulla e completamente priva di ghiaccio. Il video è stato presentato anche da varie testate giornalistiche di tutto il mondo come una dimostrazione potente e palese dei cambiamenti climatici che stanno avvenendo.
Ma i giornalisti che si sono presi la briga di risalire all’origine del video hanno scoperto che è stato ripreso ad agosto in una zona dell’isola di Baffin, nel Canada nord-orientale, che in estate è regolarmente priva di ghiaccio. Anche i cambiamenti climatici, come il video, sono autentici, ma in questo caso non c’entrano. Insomma, due fatti reali sono stati uniti per creare una notizia falsa, generata da una coppia di attivisti ambientali per promuovere la propria causa.
La seconda storia riguarda un’immagine scioccante di una scimmietta brutalmente immobilizzata in un laboratorio e soggetta a esperimenti cruenti di cui vi risparmio la descrizione: è stata pubblicata su Facebook da un deputato come denuncia esplicita e visiva delle crudeltà atroci di quella che nel post sul social network viene chiamata “la falsa scienza della sperimentazione animale”.
Anche in questa seconda storia, l’immagine della scimmietta è di per sé reale e lo è anche il problema etico della sperimentazione sugli animali, ma manca un dettaglio importante: l’immagine è tratta da una scena simulata, creata per un film usando una scimmietta finta, e non mostra affatto le condizioni reali della sperimentazione animale, come ha scoperto il debunker David Puente.
In entrambe le storie, insomma, immagini non ritoccate ma usate fuori contesto sono state sfruttate per produrre un forte impatto emotivo che crea un inganno e rende difficile qualunque discussione razionale. Chi condivide queste immagini e gli slogan che le accompagnano crederà che siano una descrizione fedele della realtà, ma non lo sono. Cosa peggiore, se viene a sapere che le immagini sono ingannevoli, spesso ribatterà che non ha importanza, perché comunque sono state usate in buona fede, con le migliori intenzioni, per attirare l’attenzione su problemi seri e reali, e che se questi video e queste foto esagerano e drammatizzano un po’ i termini dei problemi non c’è niente di male.
Ma in realtà, a parte l’ovvia questione di correttezza, rimane il fatto che usare informazioni false o esagerate rischia di essere un autogol per le cause, magari perfettamente legittime, che si vogliono promuovere, perché quando poi la falsificazione viene scoperta getta discredito non solo sul singolo messaggio, ma sull’intero argomento, e probabilmente anche sul messaggero che la condivide sui social network, che potreste essere voi. Siate prudenti.
Questo articolo è il testo preparato per il mio servizio La Rete in 3 minuti per Radio Inblu del 28 dicembre 2017.
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2015/03/03
Il gattino tinto di rosa è vivo. Giornalisti, piantatela di copiare senza verificare
No, il gattino di Elena Lenina tinto di rosa non è morto. La bufala, pubblicata dal Messaggero (screenshot qui accanto), da Panorama a firma di Barbara Massaro, da LiberoQuotidiano e naturalmente dal Daily Mail e da molti altri siti di notizie di vari paesi (e anche in televisione dal varietà d'informazione Studio Aperto), racconta che la scrittrice e modella russa Elena Lenina avrebbe tinto di rosa shocking un gattino per una festa e che il micio sarebbe morto per sospetto avvelenamento del sangue qualche mese dopo. Sui social network la storia è stata ripresa, fra gli altri, anche da Francesco Facchinetti.
Falso. Il gatto sta bene e la Lenina ha postato su Twitter le foto che lo mostrano, cresciuto e ancora un po’ rosato, e ha linkato un articolo su Dni.ru che smonta la bufala. L'attuale proprietaria del gatto, inoltre, ha osservato che nessun giornalista l'ha contattata per verificare se il gatto fosse davvero morto.
Antiviral segnala che questa storia è già vecchia in Russia, dove a settembre 2014 la Lenina è andata in televisione per mostrare che il gatto stava bene nonostante la discutibile tinta, e Yuri Kulachev, che il Daily Mail cita come critico e accusatore, ha in realtà chiesto scusa in TV.
Ancora una volta, troppi giornalisti e troppe redazioni blasonate dimostrano di aver talento solo nel copiare dai peggiori ma non nel cercare conferme delle notizie.
Aggiornamento (2015/03/04): Il Messaggero ha rimosso l'articolo originale e pubblicato altrove una rettifica. Fra l'altro, l'articolo originale conteneva l'attribuzione sbagliata dell'autore e citava una giornalista che non c'entrava nulla. Per evitare di coinvolgere una persona che non ha colpa, ho pertanto usato uno screenshot nel quale il nome errato è stato cancellato.
2014/06/12
Il 14 giugno a Milano studenti e ricercatori in piazza per dire basta all’antiscienza
Non basta la lezione delle truffe di Wanna Marchi, di Stamina, della cura Di Bella e di tutte le altre panzane mediche: l'Italia si sta dimostrando culla ostinata e ottusa dell'antiscienza. Mentre negli Stati Uniti si comincia a capire, amaramente, che il legame vaccini-autismo è una balla che uccide, perché l'incoscienza di chi ci crede e non vaccina i figli sta rimettendo in circolazione malattie che sembravano relegate nei libri di storia, in Italia continuano allegramente a prosperare Le Iene.
La ricerca medica italiana paga il prezzo di questa deriva verso l'antiscienza, alimentata da governanti la cui miopia sembra scomparire soltanto quando c'è da vedere dove arraffare soldi. La paga sotto forma di leggi idiote, contrarie persino alle direttive europee, e sotto forma di posti di lavoro che vanno all'estero, dove le leggi invece consentono di proseguire la ricerca farmaceutica e biomedica.
E intanto gli animalisti si sentono forti e diventano violenti. Perché per gli animalisterici chi salva la vita alla gente facendo (magari a malincuore) sperimentazione animale è un crudele assassino da fermare a qualunque costo, secondo loro, ma il loro gatto Fuffi che stacca la testa a morsi ai topolini va benissimo. Giusto un numero: i gatti del mondo uccidono ogni anno almeno sette miliardi di piccoli mammiferi soltanto negli Stati Uniti, secondo la rivista scientifica Nature. Nessuno di quei sette miliardi di animali uccisi contribuisce alla ricerca medica. Non vedo animalisti sbracciarsi per avere una legge che tenga i gatti chiusi in casa e ponga fine alla strage.
Prima che me lo chiediate: sì, trovo angosciante la sperimentazione animale, e sì, ho due gatti che spesso uccidono adorabili topolini, talpe, passerotti e pettirossi nonostante abbiano tutto il cibo che possono volere. Proprio per questo non faccio l'ipocrita. Se permetto ai miei gatti di ammazzare i topi per puro diletto, di certo non mi posso permettere di criticare chi uccide topi allo scopo di curare le persone.
Sabato 14 giugno a Milano, in via Mercanti, dalle 15:30 in poi, si terrà una manifestazione aperta a tutti (in particolare a studenti, ricercatori e veterinari) e indetta da Pro-Test Italia per chiedere “alle istituzioni di ascoltare la comunità scientifica sulle leggi che impattano la ricerca. Per chiedere la revisione delle restrizioni aggiunte dall'Italia alla direttiva europea 2010/63/UE, restrizioni che la direttiva stessa nega agli Stati membri di poter istituire e per cui paghiamo ingenti multe. Per chiedere di aumentare i fondi alla ricerca: investire nel futuro è l'unico volano per uscire dalla crisi. Per chiedere più protezione dagli attacchi sempre più preoccupanti da parte dell'estremismo animalista.”
È un'occasione per informarsi invece di litigare a colpi di slogan: ci saranno approfondimenti sulla direttiva europea e sull'estremismo animalista, insieme a testimonianze di malati alle prese con l'antiscienza, la disinformazione e le leggi anti-ricerca italiane che salvano gli animali soltanto in apparenza. Se volete saperne di più, il link della manifestazione è http://bit.ly/ricerchiAMO. E per sbufalare il mito che sperimentazione significa vivisezione, date un'occhiata a questo quadro della situazione legale italiana. Verificatelo e fatevi un po' di domande razionali. Non è detto che le risposte vi piacciano. Non piacciono neanche a me. Ma le alternative mi disgustano anche di più.
La ricerca medica italiana paga il prezzo di questa deriva verso l'antiscienza, alimentata da governanti la cui miopia sembra scomparire soltanto quando c'è da vedere dove arraffare soldi. La paga sotto forma di leggi idiote, contrarie persino alle direttive europee, e sotto forma di posti di lavoro che vanno all'estero, dove le leggi invece consentono di proseguire la ricerca farmaceutica e biomedica.
E intanto gli animalisti si sentono forti e diventano violenti. Perché per gli animalisterici chi salva la vita alla gente facendo (magari a malincuore) sperimentazione animale è un crudele assassino da fermare a qualunque costo, secondo loro, ma il loro gatto Fuffi che stacca la testa a morsi ai topolini va benissimo. Giusto un numero: i gatti del mondo uccidono ogni anno almeno sette miliardi di piccoli mammiferi soltanto negli Stati Uniti, secondo la rivista scientifica Nature. Nessuno di quei sette miliardi di animali uccisi contribuisce alla ricerca medica. Non vedo animalisti sbracciarsi per avere una legge che tenga i gatti chiusi in casa e ponga fine alla strage.
Prima che me lo chiediate: sì, trovo angosciante la sperimentazione animale, e sì, ho due gatti che spesso uccidono adorabili topolini, talpe, passerotti e pettirossi nonostante abbiano tutto il cibo che possono volere. Proprio per questo non faccio l'ipocrita. Se permetto ai miei gatti di ammazzare i topi per puro diletto, di certo non mi posso permettere di criticare chi uccide topi allo scopo di curare le persone.
Sabato 14 giugno a Milano, in via Mercanti, dalle 15:30 in poi, si terrà una manifestazione aperta a tutti (in particolare a studenti, ricercatori e veterinari) e indetta da Pro-Test Italia per chiedere “alle istituzioni di ascoltare la comunità scientifica sulle leggi che impattano la ricerca. Per chiedere la revisione delle restrizioni aggiunte dall'Italia alla direttiva europea 2010/63/UE, restrizioni che la direttiva stessa nega agli Stati membri di poter istituire e per cui paghiamo ingenti multe. Per chiedere di aumentare i fondi alla ricerca: investire nel futuro è l'unico volano per uscire dalla crisi. Per chiedere più protezione dagli attacchi sempre più preoccupanti da parte dell'estremismo animalista.”
È un'occasione per informarsi invece di litigare a colpi di slogan: ci saranno approfondimenti sulla direttiva europea e sull'estremismo animalista, insieme a testimonianze di malati alle prese con l'antiscienza, la disinformazione e le leggi anti-ricerca italiane che salvano gli animali soltanto in apparenza. Se volete saperne di più, il link della manifestazione è http://bit.ly/ricerchiAMO. E per sbufalare il mito che sperimentazione significa vivisezione, date un'occhiata a questo quadro della situazione legale italiana. Verificatelo e fatevi un po' di domande razionali. Non è detto che le risposte vi piacciano. Non piacciono neanche a me. Ma le alternative mi disgustano anche di più.
2011/01/13
Poli che si spostano, polli che ci cascano
Catastrofe du jour: lo spostamento repentino del Polo magnetico manda in tilt aerei e uccelli. Chiusa una pista a Tampa
La notizia della chiusura di una pista dell'aeroporto internazionale di Tampa per tenere conto del repentino spostamento del polo magnetico ha scatenato il solito delirio di ipotesi: sarà per questo che ci sono le morie di uccelli? Ho fatto un'indaginetta in proposito e l'ho pubblicata su Wired [2014/12/13: ripubblicata qui] poco fa. L'unica consolazione di questa mandria di bufale intorno alle notizie di animali morti è che si può cogliere l'occasione per imparare qualcosa di nuovo. Per esempio, che il polo nord magnetico terrestre si sposta di 80 chilometri ogni giorno tracciando un ovale.
Intanto la NASA pubblica un video di sbufalamento ufficiale delle principali teorie di catastrofe intorno al 2012. Se vi interessa, ve lo traduco.
2005/10/10
Antibufala: cani vivi usati come esche a Reunion
Davvero a Réunion si usano cani vivi come esche?
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Se state cercando informazioni sull'allarme per i gatti usati come esche per gli squali, leggete qui.
Sta circolando dai primi di settembre anche in Italia un appello per fermare la barbarie che si svolgerebbe nell'isola di Reunion, dove i cani randagi verrebbero “presi all'amo per il muso e poi caricati su imbarcazioni per essere gettati in mare ancora vivi per fare da esca agli squali”.Numerose associazioni animaliste di vari paesi si sono associate a questa denuncia, riportata anche da vari giornali, ma c'è il rischio che si tratti (fortunatamente) di una bufala. Le associazioni, infatti, non avrebbero verificato l'appello e l'avrebbero diffuso prendendolo per buono.
Mancano infatti conferme locali e dirette, e il sito che sembra essere l'origine dell'appello, 30millionsdamis.fr, presenta come “prova” soltanto due foto di cani trafitti da un amo: agghiaccianti, ma si tratta di foto che non confermano realmente l'accusa infamante. Potrebbero essere, più banalmente, immagini di incidenti capitati alle bestiole.
Infatti, cinicamente parlando, dovendo mettere all'amo un animale così pesante non avrebbe senso farlo passando l'amo nelle parti molli (labbro superiore in una foto, una sola zampa in un'altra), perché la resistenza dell'acqua lo staccherebbe subito.
Il medesimo sito presenta anche un video, che però in realtà non mostra nulla se non immagini dell'isola e di cani randagi a zonzo. È strano che questa pratica terribile non sia stata filmata: se è così diffusa e “normale” come dice l'appello, non dovrebbe essere difficile documentarla. La mancanza di documentazione, che in altri casi analoghi è invece tristemente abbondante, induce al dubbio.
Al dubbio si associa anche il sito antibufala Snopes.com, che trova tracce dell'appello nella stampa internazionale a partire da agosto 2005. Ci vorrebbe un'agenzia giornalistica seria che mandasse un inviato sul posto per raccogliere notizie di prima mano, ma nel frattempo è interessante notare un articolo della stampa di Reunion, citato da Snopes.com, che descrive un processo contro un pescatore dilettante accusato di questa pratica.
L'articolo chiarisce che i cani vengono effettivamente usati come esche, ma da morti. La popolazione di randagi di Reunion è vasta, e non è difficile imbattersi in cadaveri di cani sul ciglio della strada. Così i pescatori di squali li raccattano e li agganciano saldamente a degli ami. Sempre parlando molto cinicamente, è molto più pratico infilare all'amo un cadavere che un animale vivo e scalciante (e dotato di denti e artigli coi quali difendersi), e difficilmente gli squali fanno gli schizzinosi.
Il dubbio rimane, naturalmente, perché alla crudeltà e alla stupidità umana non c'è limite: ma piuttosto che inoltrare ciecamente un appello sospetto che parla di un evento improbabile in un'isola remota, sarebbe meglio chiedere agli animalisti (e ai giornali) di verificare l'accusa prima di spararla, per difendere la loro stessa credibilità.
Aggiornamento (2005/10/10 13:30). L'Associazione Animalisti Italiani Onlus mi ha scritto dicendomi che “sta pianificando un viaggio per verificare l'autenticità o meno del messaggio in questione” e che mi manderanno notizie.
Sarebbe anche molto più costruttivo se nel frattempo noi tutti ci impegnassimo per lottare contro i casi di abusi veri e documentati che avvengono sotto i nostri occhi a casa nostra, invece di limitarci a un pigro “inoltra a tutti”.
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