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Il Disinformatico: Il Messaggero

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2022/11/02

Il Messaggero pubblica un tweet di un finto Zuckerberg spacciandolo per vero

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast audio.

Il Messaggero ha pubblicato oggi (2 novembre 2022) a firma di Francesca Pierantozzi una “polemica a colpi di tweet” fra Stephen King, Elon Musk e Mark Zuckerberg a proposito dell’ipotesi di far pagare un canone mensile per il bollino blu di autenticazione su Twitter.

Il siparietto è surreale e divertente: secondo la traduzione del Messaggero, il celeberrimo autore horror Stephen King avrebbe scritto “Venti dollari al mese per le mie spunte blu? Che si fott... Mi dovrebbero pagare. Se fanno una cosa simile, vado via come Enron”.

Enron, per chi non se lo ricordasse, non è un personaggio del Signore degli Anelli ma era una multinazionale statunitense del settore energetico, fallita clamorosamente e di colpo nel 2001 in seguito a un enorme scandalo contabile (Britannica; Wikipedia).

Elon Musk avrebbe risposto così a Stephen King: “Dobbiamo in qualche modo pagare le bollette! Twitter non può fare interamente affidamento sulla pubblicità. Che ne dici di 8 dollari?”.

Sempre secondo l’infografica del giornale, il battibecco sarebbe proseguito con l’intervento di Mark Zuckerberg, che avrebbe messo a segno una battuta tagliente: “Ciao Elon, Facebook è gratuito”.

Ma solo i primi due tweet sono autentici. Quello di King è qui (“$20 a month to keep my blue check? Fuck that, they should pay me. If that gets instituted, I’m gone like Enron.”) e quello di Musk è qui (“We need to pay the bills somehow! Twitter cannot rely entirely on advertisers. How about $8?”).

Il terzo, invece, è stato scritto da un account di un utente comune, privo di bollino, che il giornale ha disinvoltamente pubblicato spacciandolo per una vera risposta del CEO di Meta.

L’utente comune scambiato per Zuckerberg è @di_reddito, che ha semplicemente impostato il proprio account in modo che il suo nickname, ossia il nome in grassetto, sia Mark Zuckerberg e ha usato una foto di Zuckerberg come immagine del proprio profilo, ma ha il vero nome account, cioè @di_reddito, ben visibile e non ha appunto il bollino blu di autenticazione.

Inoltre nella bio dell’utente è scritto chiaramente che si tratta di un account parodia: “Non sono Mark Zuckerberg. Sono il Ceo-Gestore del @posillipostore e Sindaco del @Comune_Fanculo.”

Ma tutti questi avvisi sono stati ignorati: come capita spesso, chi fa giornalismo si è fatto sedurre dalla fretta e dalla notizia ghiotta, non ha controllato e ha mandato in stampa.

La pagina del Messaggero (fonte: @di_reddito):

Ironicamente, lo scivolone avviene proprio in un articolo nel quale si parla del bollino blu di autenticazione. L’errore del giornale non è il primo del suo genere, ed è probabilmente la migliore dimostrazione della tesi che l’autenticazione che Elon Musk vorrebbe far pagare ai propri utenti viene ignorata molto facilmente, specialmente quando si vuole credere che un tweet sia autentico, e quindi forse quel bollino vale meno di quello che molti pensano.

Fonte aggiuntiva: Giornalettismo.

2022/10/08

Il Messaggero e il TG3 fanno fake news: il falso video degli ucraini che cantano per l’attacco al ponte in Crimea

Ultimo aggiornamento: 2022/10/09 20:20.

Il Messaggero e il TG3 della Rai (che, ricordo per i distratti, sono servizi informativi gestiti da giornalisti, ossia da gente il cui lavoro sarebbe pubblicare notizie e che ha sottoscritto un codice deontologico) hanno postato su Facebook e rispettivamente mandato in onda (nel TG3 delle 19 dell’8 ottobre 2022, dal minuto 2:30) il video di cui vedete qui sopra uno screenshot. Il Messaggero ha scritto che mostra "La festa degli ucraini per l'esplosione del ponte tra Russia e Crimea" e il TG3 lo ha descritto in modo analogo.

Screenshot dal servizio del TG3. La voce fuori campo della Rai dice “qualcuno esulta”.

A quanto pare nessuno nelle due redazioni ha notato che questi "ucraini" hanno un fantastico accento British.

Infatti la "notizia" è falsa e Il Messaggero e il TG3 l’hanno pubblicata senza alcuna verifica. Prendendola di peso, dice il Messaggero, nientemeno che dall’account Twitter SaintJavelin. Non da un’agenzia di stampa o un’altra fonte giornalistica autorevole.

Scrive infatti la redazione del Messaggero (evidenziazione mia): “Era un tormentone dance degli anni Novanta: Free from desire, la cantava Gala Rizzatto, meglio conosciuta come Gala. Ora è diventato un ritornello ad uso e consumo delle tifoserie calcistiche che improvvisano strofe per supportare le proprie squadre. E l'hanno utilizzata anche in Ucraina per festeggiare l'esplosione del ponte che collega Russia e Crimea. Nel video si vedono gruppi di persone festeggiare. Il ritornello è: "Kerch Bridge on fire! Your defence is terrified, na na na na na na" ("Ponte di Kerch in fiamme! La vostra difesa è terrorizzata, na na na na na na na"). (Fonte: account Twitter SaintJavelin)”.

Ma meno male che i giornali e i telegiornali ci dovrebbero salvare dalle fake news che son colpa di Internet, vero?

Nessuno in queste redazioni si chiede come mai tutti questi ucraini abbiano già pronta in tre secondi una canzone per celebrare l'attacco al ponte in Crimea e l'abbiano pronta in inglese. Eh no, la "notizia" è troppo ghiotta. Perché pensare?

Eppure bastano tre secondi di neuroni accesi per andare su Google e digitare "your defense is terrified". Si ottiene questo:

Sono dei tifosi di calcio che cantano "Will Grigg's on fire" (testo integrale). "On fire" in questo contesto significa "sta giocando da dio" o simile. Questo è il video originale:

Ora io vorrei sapere dalla redazione del Messaggero e da quella del TG3:

  1. È questo il modo in cui preparate le notizie che pubblicate? Prendete il primo video che trovate su YouTube o su Twitter, postato da chissà chi, e lo spacciate per "notizia" senza alcun controllo? 
  2. Rettificherete e chiederete scusa ai lettori per la fake news che avete pubblicato? 
  3. La persona che ha pubblicato questa porcheria verrà allontanata, licenziata o almeno resa incapace di nuocere ulteriormente, oppure “chissene tienefamiglia e tanto i clic pubblicitari li abbiamo incassati”?
  4. Come è possibile che il vostro metodo redazionale lasci uscire una scempiaggine simile? Non è il caso di ripensarlo e farsi un esame di coscienza?
  5. Vi rendete conto che pubblicare questa spazzatura devasta la credibilità del vostro giornale/telegiornale e della nostra professione?

A me dispiace per tutti i giornalisti bravi, onesti, scrupolosi che vengono umiliati da dimostrazioni di inettitudine come questa. Ma se poi la gente non si fida dei giornali e non li compra, la colpa è solo vostra, care redazioni del Messaggero e del TG3. Perché parliamoci chiaro: se "giornalismo" per voi è "prendi un video da un anonimo su Internet e sbattilo sul sito come notizia", allora è meglio che questo 'giornalismo' muoia, e in fretta. Perché sta facendo danni irreparabili.

E prima che arrivi il solito tizio a dire "Eh ma dai Paolo è solo un video di tifosi che è stato frainteso, che sarà mai, te la prendi troppo", vorrei ricordare che lo stesso 'metodo' è stato usato anche per notizie ben più serie e da tante redazioni. Questo blog ne raccoglie una vasta collezione di esempi.

L'unico aspetto positivo di questa vicenda è che costituisce un caso da manuale di pareidolia acustica: nel video dicono "Will Grigg", ma i sottotitoli dicono "Kerch Bridge" e quindi chi guarda il video 'sente' quello che dicono i sottotitoli.

Complimenti, quindi, a chi ha avuto l'idea di creare il video. Agli inetti che l'hanno pubblicato, invece, solo commiserazione. Ringrazio @Stfn_Mrtz per la segnalazione

---

23:55. Il video e la “notizia” sono stati rimossi dalla pagina Facebook del Messaggero. Non ho visto rettifiche o scuse. 

2022/10/09 11:20. @perugini mi segnala che la stessa fake news è stata trasmessa dal TG3 Rai delle 19 di ieri (8 ottobre) dal minuto 2:30.

2022/10/09 15:35. Ho aggiornato questo articolo per tenere conto della pubblicazione della fake news da parte del TG3.

2022/10/03

Antibufala mini: “Acquista un Suv elettrico da 80.000 euro e scopre che per ricaricarlo in garage servono più di 4 giorni” (bufala)

Ultimo aggiornamento: 2022/10/04 17:20.

Mi sono arrivate parecchie segnalazioni a proposito di un articolo pubblicato da Il Gazzettino, Leggo e Il Messaggero e firmato da Angela Casano (copia permanente; copia permanente; copia permanente). L’articolo titola “Acquista un Suv elettrico da 80.000 euro e scopre che per ricaricarlo in garage servono più di 4 giorni”, ma è falso e ingannevole: non è affatto vero che normalmente serve così tanto tempo e non viene precisato che l’auto ha una batteria grande il triplo di quelle normali.

La giornalista non ha incluso nel suo articolo il link al video che descrive (un’omissione frequentissima nel giornalismo online), rendendo impossibile al lettore qualunque approfondimento, ma grazie a @Ruggio81, che ha trovato il video in questione, si può capire come stanno realmente le cose.

Il video citato e descritto da Angela Casano non mostra alcuna scoperta improvvisa da parte di un utente particolarmente sprovveduto (come suggerisce il titolo) ma presenta semplicemente un esperimento consapevole, pubblicato oltretutto su un canale YouTube dedicato alle auto elettriche e quindi competente in materia.

L’esperimento è stato fatto per dare risposta a una semplice curiosità: quella di vedere quanto ci vorrebbe a caricare un veicolo elefantiaco (oltre 4 tonnellate), che ha una batteria enorme (da ben 212 kWh, il triplo di un’auto elettrica normale), se si volesse usare una comune presa domestica statunitense (a 110 V) e un caricatore mobile invece di una presa domestica apposita o di una wallbox. Tutto qui.

È grave e fuorviante che l’articolo di Angela Casano non dica che l’auto in questione ha una batteria tre volte più grande di quelle normali, triplicando quindi i tempi di carica. Questo rischia di far pensare al lettore che persino “uno dei Suv con più alte prestazioni sul mercato” richieda tempi biblici per la ricarica quando non è affatto così. Infatti anche nelle condizioni atipiche usate per l’esperimento, un’auto elettrica normale (con una batteria da 60-70 kWh) si caricherebbe in un giorno.

È inoltre falso scrivere che “per ricaricarlo in garage servono più di 4 giorni”, perché collegando questo veicolo a una normale presa di ricarica per auto elettriche serve un giorno solo, non quattro. Questo viene detto e mostrato esplicitamente nella seconda parte del video stesso.

Questa è la trascrizione di quello che viene detto nel video:

“The new GMC Hummer EV truck is the quickest charging vehicle on the market right now. But what if you're not at a fast charger and just at home? How fast does it charge? Just plugged it at my house, 120 volts, using the Hummer cable. Level 1 charging, 120 volts, using the Hummer cable. Right now it's about 6 pm on Tuesday and it says it will be full by Saturday at 10:55, which is four plus days of charging. Wow. I have a Juice Box Level 2 charger, 240 volts at my garage. Plug in Level 2 charger. Now it says it will be done tomorrow by 6:30, so about 24 hours of charging from 4% to 100%. It's a 212 kWh battery. Still takes a while.” 

Nessuna dichiarazione di disappunto o scoperta.

In traduzione:

“Il nuovo autocarro Hummer EV della GMC è il veicolo che ha la carica più rapida fra quelli oggi sul mercato. Ma che succede se non sei a una colonnina di ricarica rapida e sei semplicemente a casa? A che velocità si carica? L’ho appena collegato a casa mia, a 120 volt, usando il cavo dell’Hummer. Carica di Livello 1, 120 volt, usando il cavo dell’Hummer. Ora sono circa le 18 di martedì e dice che sarà completamente carica entro sabato alle 10:che sono oltre quattro giorni di carica. Wow. Ho un caricatore di Livello 2 Juice Box da 240 volt nel mio garage. Collego il caricatore di Livello 2. Ora dice che avrà finito domani entro le 18:30, quindi circa 24 ore di carica dal 4% al 100%. È una batteria da 212 kWh. Ci mette comunque un po’.”

Inoltre alle colonnine rapide pubbliche da 350 kW un Hummer elettrico aggiunge 100 miglia (160 km) di autonomia in 10 minuti, secondo il costruttore. Se si ha fretta di caricare, si va a una di queste stazioni di ricarica.

Resta il fatto che usare su strada un veicolo energivoro del genere è la totale antitesi dell’efficienza e dell’attenzione per l’ambiente che invece una normale auto elettrica consente.

 

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2022/02/21

Vent’anni di Bonsaikitten, fake news ante litteram

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast audio.

Vent’anni fa, il 18 febbraio 2002, Repubblica pubblicò un ormai storico articolo firmato da Ferruccio Sansa per denunciare l’orrendo crimine dei gatti bonsai, con tanto di fotografia a illustrare il dramma.

Il giornale lo ha archiviato qui con un testo differente, ma quello che segue è il suo testo originale, come riportato nella scansione dell’epoca, tratta dai miei archivi, che vedete qui accanto.

Un calvario che dura quattro mesi. Poi la vendita su Internet

Quei mici condannati a crescere in bottiglia

ROMA – Bonsai. Non di un albero, ma di un gatto. Anche questo si trova su Internet: www.bonsaikitten.com. Così, pagando qualche centinaio di dollari, potrete portarvi a casa un gatto in miniatura. Andando a vedere le immagini e le descrizioni che pubblicizzano il prodotto, però, c'è da rabbrividire. Una vetrina dell'orrore. Per bloccarne la crescita, i cuccioli vengono rinchiusi per quattro mesi dentro un contenitore dove non hanno lo spazio per muovere un muscolo.

«Produrre bonsai è una delle più nobili arti orientali», dicono con orgoglio i responsabili della Bonsaikitten, una ditta di New York. Nonostante centinaia di messaggi di protesta e raccolte di firme sulla rete, vanno avanti per la loro strada, anche perché, assicurano, «i gatti bonsai vanno forte, soprattutto negli Stati Uniti, in Australia e Nuova Zelanda». Insomma, sta nascendo una moda. Provare per credere. È tutto fotografato e documentato su Internet, a cominciare «dalla tecnica per rimpicciolire l' animale». Gatti, ma con un piccolo sovrapprezzo sono disponibili anche altre specie.

«Bisogna cominciare subito, perché dopo una settimana l'ossatura del gatto diventa rigida», spiega con voce vellutata uno degli autori di questi "capolavori". Aggiunge: «Appena nato, il gatto ha ossa flessibili che possono essere modellate secondo i vostri desideri». Il resto lo mostrano le fotografie. Agghiaccianti. Il cucciolo viene imbottito di tranquillanti o anestetizzato, «anche se così gli animali spesso muoiono». E comincia il calvario: bisogna infilare l'animale in un contenitore di cristallo e non è facile, c'è da far passare la testa, da piegare le ossa senza spezzarle. «Ci vogliono perizia e delicatezza per evitare lesioni allo scheletro che danneggerebbero il risultato finale», avvertono quelli della Bonsaikitten.

È un lavoro di ore, ma alla fine eccolo, il micio: un groviglio di zampe e coda, la spina dorsale piegata fino a spezzarsi, il muso premuto contro il vetro. È solo l'inizio della tortura. «Con un trapano facciamo un foro nel vetro, inseriamo un tubo in bocca al gatto e lo nutriamo di cibi liquidi», spiegano alla Bonsaikitten. Ma non basta: c' è il problema degli escrementi. Un altro tubo viene inserito nell'ano. Poi comincia la crescita. Giorno dopo giorno le ossa del gatto premono per allungarsi, i muscoli si contraggono. I dolori sono lancinanti. Il cuore batte impazzito fino quasi a esplodere, ma non c’è spazio, nemmeno per miagolare. Alla fine, dopo quattro mesi, il bonsai è pronto: un gatto adulto, ma grande come un batuffolo. «Un prodotto ideale per i bambini» garantiscono alla Bonsaikitten.


Queste sono le differenze principali fra la copia attualmente archiviata da Repubblica e quella uscita in stampa:

  • Su carta: Così, pagando qualche centinaio di dollari, potrete portarvi a casa un gatto in miniatura.
    In digitale: Così, pare che pagando qualche centinaio di dollari, potrete portarvi a casa un gatto in miniatura.  
  • Su carta: ...una ditta di New York. Nonostante...
    In digitale: ...una ditta di New York. Al principio sembrava soltanto una montatura, qualche tempo fa la notizia venne addirittura smentita, ma il sito esiste realmente, per rintracciare l'azienda basta comporre un numero di telefono, lo 0012126627544. Nonostante...
  • Su carta: Nonostante centinaia di messaggi di protesta e raccolte di firme sulla rete, vanno avanti per la loro strada, anche perché...
    In digitale: Nonostante centinaia di messaggi di protesta e raccolte di firme sulla rete, quelli della Bonsaikitten vanno avanti per la loro strada, anche perché...
  • Su carta: È tutto fotografato e documentato su Internet, a cominciare «dalla tecnica per rimpicciolire l'animale». Gatti, ma con un piccolo sovrapprezzo sono disponibili anche altre specie. «Bisogna cominciare subito...
    In digitale:  È tutto fotografato e documentato su Internet, a cominciare «dalla tecnica per rimpicciolire l'animale». «Bisogna cominciare subito...
  • Su carta: «Ci vogliono perizia e delicatezza per evitare lesioni allo scheletro che danneggerebbero il risultato finale», avvertono quelli della Bonsaikitten. È un lavoro di ore...
    In digitale: «Ci vogliono perizia e delicatezza per evitare lesioni allo scheletro che danneggerebbero il risultato finale». È un lavoro di ore... 
  • Su carta: Giorno dopo giorno le ossa del gatto premono per allungarsi, i muscoli si contraggono. I dolori sono lancinanti. Il cuore batte impazzito fino quasi a esplodere, ma non c’è spazio, nemmeno per miagolare. Alla fine, dopo quattro mesi, il bonsai è pronto: un gatto adulto, ma grande come un batuffolo. «Un prodotto ideale per i bambini» garantiscono alla Bonsaikitten.
    In digitale: Giorno dopo giorno le ossa del gatto premono per allungarsi, i muscoli si contraggono. Alla fine, dopo quattro mesi, il bonsai è pronto: un gatto adulto, ma grande come un batuffolo. 

La differenza più interessante fra l’originale cartaceo e la copia archiviata in digitale è quel “pare che” aggiunto a posteriori, che sembra rendere tutto più incerto, come se Ferruccio Sansa riferisse una diceria, mentre l’originale su carta era ben più categorico e certo sull’esistenza del servizio di produzione e vendita di gattini imbottigliati vivi.

Non vi preoccupate: la notizia era falsa.

Sarebbe interessante capire come mai la copia archiviata non sia fedele all’originale cartaceo, ma questa è un’altra storia. A distanza di vent’anni si è un po’ persa la memoria della genesi di una delle burle più classiche di Internet, per cui la ripropongo qui partendo dalla mia indagine originale del 2002.

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A dicembre 2000 (più di un anno prima dell’articolo di Sansa) circolava su Internet un appello, sotto forma di catena di Sant’Antonio (quindi con preghiera di inoltro a tutti i propri contatti via mail), che segnalava il sito Bonsaikitten.com. Una delle versioni in italiano, entrata in circolazione successivamente, descriveva il sito come “l’affare di un CRETINO di un giapponese che vende GATTI IMBOTTIGLIATI VIVI” e “LA STA FACENDO DIVENTARE UNA MODA in USA”.

Ma il sito, oggi chiuso ma archiviato da Archive.org, era in realtà una burla inventata da studenti dell’MIT. Wired lo aveva spiegato già a febbraio 2001, un anno prima dell’articolo di Sansa, raccontando anche dell’indagine dell’FBI sul sito (copia permanente). La natura satirica di Bonsaikitten.com era stata spiegata anche da Salon.com il 29 gennaio 2001 (copia su Archive.org), dall’associazione animalista PETA (copia su Archive.org) e dal sito antibufala Urban Legends (copia su Archive.org).

In italiano ne avevano parlato, chiarendo ancora una volta che si trattava soltanto di uno scherzo discutibile, il WWF (copia su Archive.org) e la trasmissione RAI Golem del 17 gennaio 2001 (copia su Archive.org).

Tuttavia il primo giornalista italiano a pubblicare quella che oggi chiameremmo una fake news su Bonsaikitten.com non fu Ferruccio Sansa. Infatti un anno prima dell’articolo di Sansa su Repubblica Josto Maffeo aveva pubblicato sul Messaggero un primo indignatissimo articolo sullo stesso tema: era il 15 gennaio 2001. L’articolo “I mostri esistono e mettono i mici in bottiglia” (copia su Archive.org) era addirittura in prima pagina (lo potete intravedere nell’immagine qui sotto, in basso a destra).

Maffeo aveva poi pubblicato un secondo articolo il 18 gennaio 2001 (“Il «mostro dei gattini» batte in ritirata dal Web”), nel quale rifiutava di accettare le smentite di Golem e di altri esperti e menzionava addirittura un esposto alla Procura della parlamentare Annamaria Procacci per far oscurare il sito.

I testi di entrambi gli articoli di Maffeo sono disponibili nella mia indagine originale.

Nacque anche un sito satirico emulatore italiano, Gattibonsai.it, che fu però chiuso in seguito a una denuncia della conduttrice televisiva Licia Colò, come racconta Hoax.it citando anche il legale che difese il creatore del sito.

Stando a quanto riportato da Punto Informatico l’11 luglio 2001, forse la conduttrice credeva che Bonsaikitten.com fosse realmente un sito di vendita di gattini vivi in bottiglia. Tuttavia le parole pubblicate sul sito della Colò, Animalieanimali.it, sono ambigue: da un lato descrivono “una vicenda assurda e inquietante che potrebbe però diventare vera”, dall’altro parlano concretamente di “folli esperimenti” di un “violentatore di gatti” a proposito del sito statunitense.

Il sito Animalieanimali.it oggi è accessibile solo immettendo login e password, ma ne possiamo leggere lo stesso il contenuto integrale dell’epoca a proposito di Bonsaikitten e del sito emulatore italiano grazie alla copia archiviata presso Archive.org il 2 agosto 2001 (evidenziazioni mie):

[...] La storia era iniziata nei mesi scorsi negli Stati Uniti. Una vicenda assurda ed inquietante che potrebbe però diventare vera grazie ai possibili emuli dei loro folli esperimenti. A seguito di indagini, si è scoperto che il violentatore di gatti, noto come l'inesistente Mister Michael Wong è in realtà un anonimo studente americano fornito di una buona apparecchiatura digitale. L'uomo è riuscito a diffondere le sue idee dal mese di dicembre 2000 quando è cresciuto negli USA l'allarme per la creazione di "felini bonsai", gatti messi in bottiglie di vetro. Sul sito Internet www.bonsaikitten.com si trovano minuziose descrizioni su questa pratica barbara [...].

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Insomma, Sansa arrivò a scrivere il suo articolo di denuncia un anno dopo che la storia era già stata smontata anche sui giornali italiani e dopo la denuncia molto pubblica fatta da Licia Colò. Sarebbe bastato un minimo di ricerca per scoprire questi precedenti. E sarebbe bastato un briciolo di lucidità mentale per rendersi conto che le cose descritte su Bonsaikitten erano semplicemente impossibili.

Le cattive abitudini odierne del giornalismo arrivano da lontano, e in questi vent’anni è stato fatto poco o niente per correggerle. I risultati sono il disastro delle fake news sulla pandemia e su mille altri argomenti ben più drammatici degli ipotetici gattini in bottiglia.

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Per prevenire le obiezioni di chi dirà che satira o meno, Bonsaikitten.com promuoverebbe la crudeltà nei confronti degli animali, ripubblico qui quello che scrissi vent’anni fa.

Di solito non mi intrometto nel merito morale delle bufale sulle quali indago, ma questa è particolarmente controversa. Burla o meno, c'è chi argomenta che il sito istiga comunque alla crudeltà verso gli animali.

Tuttavia non posso fare a meno di considerare che la crudeltà verso gli animali esiste da molto prima che nascesse Internet. So di attirarmi molte reazioni adirate, ma non è un po’ come dire che i siti pornografici istigano allo stupro? E anche in questo caso, mi tocca notare con tristezza che lo stupro esiste da molto prima dell’invenzione della Rete, e che i diritti delle donne sono calpestati più brutalmente nei paesi in cui Internet e la pornografia manco sanno cosa sono. Per non parlare del fatto che le edicole italiane sono piene di pornografia, messa all’altezza degli occhi dei bambini, eppure nessuno organizza petizioni o denunce in Procura in proposito. Come mai?

Un’altra considerazione sollevata da questo sito-burla è il fatto che ci inalberiamo per un ipotetico gattino in bottiglia ma mangiamo disinvoltamente polli allevati in batteria (in gabbie in cui non possono nemmeno girarsi, non molto più grandi delle bottiglie di Bonsaikitten.com). Forse lo scopo del sito-burla è indurci a riflettere sulla nostra coerenza morale prima di trinciare giudizi su cosa è crudele e cosa non lo è. Ha senso commuoversi per un film come Babe maialino coraggioso e continuare a mangiare prosciutto?

Infine c’è da ponderare il concetto della tentata censura al sito: anche quando viene usata per scopi discutibilissimi, la libertà di espressione e di satira è uno dei capisaldi della nostra cultura. È considerato un diritto fondamentale. Ha senso mandare al diavolo questo principio e stabilire un precedente pericolosissimo?

Nel frattempo sono passati due decenni, durante i quali Bonsaikitten.com ha vagato da un servizio di hosting all’altro perché veniva sistematicamente bandito a causa delle proteste di chi non si rendeva conto della presa in giro. Ne rimane comunque traccia nella grande memoria storica di Internet costituita da Archive.org. 

Oggi c‘è chi in Svizzera ha un sito di vendita di gatti (non imbottigliati) che si chiama Bonsaikitten.ch. Chissà se i suoi proprietari sono al corrente delle origini del nome che hanno scelto. Gliel’ho chiesto e sono in attesa di risposta.

 

Fonti aggiuntive: Wikipedia in italiano, Wikipedia in inglese. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o altri metodi.

2021/02/14

Cialtronismo e sismologia: i giornali copiaincolla parlano di “placche teutoniche”

Ultimo aggiornamento: 2021/02/14 17:35.

Ormai il giornalismo si è ridotto a tre regole:

  1. La competenza costa troppo e fa perdere tempo.
  2. Nessuno rilegge.
  3. Tutti copiano.

Piccolo esempio di oggi: qualcuno, forse ANSA, ha diffuso una notizia sul terremoto avvenuto in Giappone scrivendo che è dovuto probabilmente a un “assestamento delle placche teutoniche”. Fa ridere, ma dimostra ancora una volta che chi ha scritto la notizia non l’ha riletta, e che tutti gli altri l’hanno copiata, senza rileggerla.

ANSA (con tanto di osceno bollino “notizia d’origine certificata”):


Repubblica:


SkyTG24:


L’Unione Sarda:

Il copiaincolla arriva anche in Svizzera, con il Corriere del Ticino (che ha corretto quasi subito, scusandosi) e con La Regione Ticino, che hanno attinto al comunicato dell’agenzia ATS.


Ci sarebbe poi da dire dell’errore di usare epicentro per parlare del punto di origine del sisma nel sottosuolo: “La scossa, con una magnitudo rivista al rialzo di 7.3, ha avuto come epicentro una profondità di 55 chilometri al largo della costa di Fukushima” (no, quello è l’ipocentro; l’epicentro è il punto corrispondente sulla superficie). È stato corretto da alcune testate (per esempio CdT), ma il concetto è già chiaro.


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2021/01/05

Per Rai, Il Tempo e altri, nel Regno Unito ci si difende dai virus mettendosi uno scudo. Poi arriva Il Messaggero

Ultimo aggiornamento: 2021/01/07 11:50. 

Guardate quante testate giornalistiche hanno scritto che stasera il primo ministro britannico Boris Johnson si è rivolto ai cittadini dicendo Se siete persone vulnerabili vi consiglio di proteggervi, riceverete una lettera per indicarvi come mettere uno scudo”.


 

Cialtroni, inetti e incompetenti. Nessuno, ma dico nessuno, che si chieda cosa possa voler mai dire "mettere uno scudo" quando si parla di virus? Pensano che nel Regno Unito si difendano dalle malattie con le armature? Sono imbecilli?

Complimenti a Rainews, RadioNBC, Leggo, Romalife, Il Tempo e a tutti gli altri, che copiaincollano l'uno dall'altro o si fidano ciecamente di agenzie popolate da capre di guerra. E questi ci dovrebbero informare.

Nel momento in cui ci sarebbe disperato bisogno di giornalismo competente, cauto, rigoroso, ci regalano questa diarrea verbale. Ditemi perché mai dovremmo pagare per questo schifo.

Per chi volesse capire la nuova vetta d'imbecillità collettiva del giornalismo italiano, mi affido alle olimpiche parole di Licia Corbolante: 

E tutti hanno tradotto così: mettere uno scudo.

La cosa che mi manda più in bestia non è soltanto (si fa per dire) l’errore grossolano di traduzione, roba che a scuola avrebbe preso un due secco con convocazione dei genitori. Che nelle redazioni dei giornali non si sappia l’inglese, e non si abbia almeno l’umiltà di dire “non so l’inglese, chiedo a un traduttore”, è già uno sconcio, certo, ed è un chiaro sintomo di un giornalismo che lavora a neuroni spenti. 

Ma quello che mi imbestialisce, e che dovrebbe far preoccupare ancora di più, è che erroracci come questo dimostrano il fatto che tutti copiano e nessuno controlla. Vuol dire che in ognuna di queste redazioni si lavora allo stesso modo reso celebre da René Ferretti di Boris.


Questo vuol dire che uno dei pilastri del giornalismo, ossia la pluralità delle fonti, il pluralismo delle voci, è una foglia di fico. In realtà tutti copiano (male) dalla stessa fonte. Che lavora col deretano. Il risultato è questo.

---

Ma non è ancora finita. Quando pensi che più imbecilli di così non si possa essere, che lavorare più col deretano di così sia impossibile, arriva Il Messaggero con questa “traduzione” della telefonata di Donald Trump che chiede di “trovare” voti per lui in Georgia.

Guardate e piangete: si comincia con “lo stato di Peach”, "Il signor Germania" e con "è negli anni '50 di migliaia".

Poi arriva la ciliegina sulla torta: "La mattina tardi, la mattina presto, andarono a tavola con la veste nera e lo scudo nero, e tirarono fuori i voti."

Copia permanente, per chi non riesce a immaginare che questo schifo sia davvero uscito da una redazione di un giornale: Archive.is/HcU5Y. La fonte potrebbe essere questo lancio dell’agenzia Italpress (copia permanente), a giudicare dalla citazione fatta da RadioNBC, che ha successivamente corretto.

Scusatemi se me la prendo, ma sono traduttore professionista, madrelingua inglese. La traduzione è il mio campo di competenza specifico, più di ogni altro. Quando vedo questo genere di scempio e penso a quanto invece tribolo ogni giorno per trovare la sfumatura precisa, mi ribolle il sangue.

Se riuscite a immaginare un cardiochirurgo che vede entrare in sala operatoria Jason Voorhees (quello di Venerdì 13) che dice "Fatti da parte, ci penso io", coi dirigenti dell'ospedale che applaudono pensando al contenimento dei costi che hanno ottenuto, ecco, questo è quello che si prova a vedere giornalisti che lavorano così. 

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Se vi state chiedendo quale fosse l’originale di quel medievaleggiante “la mattina tardi...”, la storia è piuttosto complicata.

La trascrizione integrale della telefonata è pubblicata dalla CNN (senza paywall, a differenza del Washington Post che è la fonte originale della notizia e della registrazione). Riporta che Trump dice “Late in the morning, they went early in the morning they went to the table with the black robe, the black shield and they pulled out the votes”

Ascoltando l’audio (spezzone qui) diventa chiaro che Trump dice "la mattina tardi andarono", poi si corregge e dice "la mattina presto andarono". Un traduttore decente spiegherebbe questo fatto con un "[si corregge]" o con un trattino di sospensione (“La mattina tardi andarono -- La mattina presto andarono...”).

“They went to the table” non è "andarono a tavola" è "andarono al tavolo", visto che Trump sta parlando di presunti voti rubati durante le operazioni di conteggio e quindi non si tratta di una tavola da pranzo ma di un tavolo tipo scrivania. A questo servono i traduttori umani competenti: a capire il contesto, bestia nera dei traduttori automatici e dei traduttori umani inetti.

La "black robe" e il “black shield” sono in effetti enigmatici a prima vista, ma basta fare un attimo di ricerca in Google (a questo servono i giornalisti) per trovare questo debunking che spiega che si tratta di un riferimento a questa tesi di complotto: in un video di sorveglianza ripreso in un locale adibito alle operazioni di gestione delle schede elettorali in Georgia si vedono degli addetti che prendono delle scheda da dei contenitori situati sotto un tavolo coperto da un telo nero (la “veste nera”; sì, Trump parla come un imbecille, e il “black shield” è un emblema nero che forse si è immaginato e che nel video in questione non si vede). Si tratta di contenitori appositi, nei quali erano state messe le schede aperte ma non ancora conteggiate, in attesa che il conteggio riprendesse l’indomani. Non documentano alcuna irregolarità, come hanno accertato i funzionari della Georgia in tribunale.

 

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2020/08/20

Sembra reale, ma è grafica digitale (e ci cascano in molti): i “fuochi d’artificio olimpici”

Il 19 agosto scorso Il Messaggero ha pubblicato un articolo, ora rimosso ma archiviato su Archive.is, che mostra un video descritto come “lo spettacolo dei fuochi d'artificio per le Olimpiadi”.

Stando all’articolo, “erano stati approntati per l'apertura dei Giochi Olimpici, lo spettacolo a sorpresa ha illuminato lo stesso il cielo nonostante l'assenza degli atleti. Il tutto condito con la traccia musicale del "Guglielmo Tell", del nostro Giocchino Rossini. Il Giappone ha deciso di condividere questo spettacolo con il mondo per l'impossibilità di far arrivare integri i fuochi fino al 2021”.

La stessa notizia è stata pubblicata da altri siti di news (Cagliaripad, Gulf News) e condivisa da molti utenti, ma è tutto falso, come ha segnalato Bufale.net grazie alle ricerche di Boomlive. In realtà il video è una simulazione digitale, fatta con il software FWSim, e risale a cinque anni fa. La si trova su Youtube con il titolo FWsim Mount Fuji Synchronized Fireworks Show2.

Il video presentato dal Messaggero e il video di cinque anni fa su Youtube. Credit: Bufale.net.

Ecco la simulazione del 2015 spacciata per evento reale di quest’anno:


Il servizio antibufala di AFP ha sbufalato la falsa notizia, indicando che era stata presa di peso, e senza alcuna verifica, da un post su Facebook del 13 agosto 2020, che ora è segnato come “informazione falsa”. Solo in quel post, il video è stato visto oltre 1,3 milioni di volte. La stessa bufala è stata pubblicata in vari altri account su Facebook e Youtube (1, 2, 3, 4, 5).

Nella bufala è inciampato anche Luca Zaia, presidente della Regione Veneto:



Come è finita sui giornali? Evidentemente per mancanza di controlli e verifiche: nelle redazioni si pesca a casaccio da Internet invece di affidarsi alle fonti giornalistiche attendibili.

Per capire che un video del genere è falso basta osservarne i dettagli: i fuochi sono troppo perfetti e regolari, senza le sbavature e imprecisioni di quelli reali, e soprattutto non fanno fumo. Se poi si sa usare Internet, basta fare un fermo immagine e cercare quell’immagine su Google o Tineye.com per trovare tanti altri video che hanno esattamente la stessa inquadratura e la stessa illuminazione della riva.

2020/07/06

Il Messaggero fa scempio della morte di Ennio Morricone

Se qualcuno avesse ancora bisogno di dimostrazioni di come funziona male il giornalismo italiano, considerate la sua patetica incapacità di fare correttamente persino una cosa semplice e banale come calcolare l'età di una persona. La persona in questione, fra l’altro, è Ennio Morricone, ed è appena morta. Ma questi non riescono ad azzeccare nemmeno quanti anni avesse.



La cialtroneria raggiunge livelli stratosferici su Il Messaggero, che usa il famoso metodo “Copia, incolla, reincolla, non rileggere, strafottiamocene dei lettori”.




Copia permanente, perché di questo sconcio non ci si deve dimenticare: archive.is/xcpUi.

E non è finita:



Rubare da Wikipedia, senza nemmeno cancellare le note, incollare due volte lo stesso pezzo di testo e per di più sbatterci su anche un bel “Riproduzione riservata”: basta, gente, andate a casa, avete dimostrato che della correttezza verso i lettori non ve ne frega proprio nulla.




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2019/09/28

Centro Meteo Italiano: la “tuta spaziale di Louis Armstrong”

A volte non si capisce se il giornalismo verrà ucciso dai giornalisti capra o dai titolisti imbecilli. Forse si accoppieranno tra loro e creeranno un mostro metà capra e metà titolista, la cui orrenda nascita scatenerà l’apocalisse finale. Nel frattempo, contemplate questo spettacolo (copia permanente su Archive.org; copia su Archive.is), offerto da Centro Meteo Italiano, che si dichiara orgoglioso di “contribuire alla audience di Il Messaggero.it”. Fossi in quelli del Messaggero, non so se vorrei questo tipo di “contributo”.

Gìà il titolo, con quel “Tuta spaziale di Louis Armstrong” è da vergogna totale. Santo cielo, bisogna essere supremamente ignoranti per confondere il jazzista (Louis) con il primo uomo sulla Luna (Neil). Però potrebbe essere colpa del titolista, e il povero autore dell'articolo, Alessandro Allegrucci, potrebbe sembrare a prima vista vittima di un sommo Clouseau della titolazione. Ma poi si leggono nel suo testo perle come questa: “Tutti gli appassionati di baseball, uno sport molto popolare negli USA”. Ma non mi dire. Meno male che c’è Allegrucci a informarci, altrimenti chi l’avrebbe mai saputo?

Ma la mazzata finale, quella che frantuma ogni speranza di redenzione, arriva quando ci si accorge che Allegrucci scrive per una sezione intitolata “Astronomia, spazio e astrologia”.

E allora diventa chiaro che qui non è il singolo che sbaglia. È proprio un metodo collettivo.


2019/09/05



Il nome di Armstrong è stato corretto nel titolo (ma non nell’URL) e ho ricevuto una mail di contestazione da parte di una persona che si è qualificata come redattore di Centro Meteo Italiano e ha chiesto la rimozione dei contenuti riferiti a CMI, parlando di lesioni all'onorabilità e minacciando velatamente un’azione legale.

La mia risposta, in sintesi: no. L'erroraccio l'avete fatto voi, non io. Vi siete lesi da soli. Ho concluso chiedendo se non sarebbe stato più elegante ed efficiente scrivere semplicemente "abbiamo sbagliato, ce ne scusiamo con i lettori, staremo più attenti" e ho ricordato l’esistenza dell’Effetto Streisand.



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2019/05/07

Per Il Messaggero e il Gazzettino,“RoyalbabyGINGERofsussex” è un account ufficiale

Anche oggi arriva una nuova conferma che il giornalismo italiano ha superato brillantemente il concetto di qualità e di verifica delle fonti con un sorpasso a destra e un dito medio alzato verso i lettori che continuano a foraggiarlo.

Il Messaggero e Il Gazzettino pubblicano un intero articolo (i link portano a copie su Archive.org) dedicato al royal baby, raccontando che “il neo papà Harry ha voluto dedicare un pensiero speciale alla amatissima principessa morta quando lui aveva solo 13 anni.”

Lo avrebbe fatto, secondo l’anonimo redattore, postandolo “sul profilo Instagram ufficiale Royalbabygingerofsussex”.

Sì, avete capito bene. Al Messaggero e al Gazzettino pensano che un account ufficiale della famiglia reale britannica possa chiamarsi Royalbabygingerofsussex. Ginger significa “coi capelli rossi”. Pensano che un account ufficiale non abbia il bollino di autenticazione per distinguerlo dai cloni e dalle parodie (quello vero, @sussexroyal, ce l’ha).

Non solo: è chiaro che ormai rileggere è un residuo inutile del passato che le redazioni hanno abbandonato. Perché c’è un errore persino nel titolo ( “tua braccia”).


Sarebbe interessante, a questo punto, capire come è nata questa bufala: Il Messaggero ha copiato dal Gazzettino (compreso l’erroraccio nel titolo) o viceversa? Oppure entrambi hanno attinto alla stessa fonte, che magari pagano pure per questo ciarpame?


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2019/04/09

Il Messaggero e gli insetti spaziali. E lo chiamano giornalismo

Ultimo aggiornamento: 2022/02/11.

Basta. Mi arrendo. Su giornalismo come questo non resta che tirare lo sciacquone. Il Messaggero titola “Stazione internazionale attaccata da insetti spaziali, allarme Nasa: «Corrodono il metallo»”. Ho salvato una copia permanente qui per gli increduli.


Articoli come questo sono la conferma che ormai nelle redazioni si fa lavorare gente che non sa niente e pretende di insegnare agli altri. La qualità? Si fotta. La deontologia? L’hanno mandata a prostituirsi e hanno assunto dato lavoro a Simone Corbetta, che scrive in tutta serietà di “insetti spaziali”. Perché Simone Corbetta a quanto pare non sa che in inglese bug significa sia insetto sia microorganismo. E non si chiede che senso abbia parlare di insetti per poi dire, nella frase immediatamente successiva, che si tratta di “batteri e funghi”. Non si chiede nemmeno come sia possibile che ci siano degli insetti nello spazio. Eppure firma un articolo nella sezione Tecnologia del Messaggero.

Non solo. Al Messaggero hanno anche assunto un titolista che pensa che nello spazio ci siano gli insetti che attaccano la Stazione Spaziale e corrodono il metallo. 

Insomma, non è il singolo che sbaglia: è proprio un metodo di redazione. Perché questi due incompetenti sono stati selezionati da qualcuno. Sono stati messi a lavorare in un giornale da qualcuno. Vengono tenuti in redazione e messi a titolare e scrivere articoli da qualcuno, invece di essere mandati a casa a cercare i calzini spaiati o fare qualche altro mestiere col quale non possano contribuire a rimbambire una nazione.

Ed è così che muore il giornalismo italiano. Eroso dall’interno, consumato dalla coglionaggine elevata a sistema, troppo preso a dar la colpa dei suoi mali a Internet per rendersi conto di essere marcio dentro. Mi spiace solo per i pochi bravi che fieramente resistono. Scendete da questo cadavere ambulante intanto che siete ancora in tempo.

Per chi volesse informarsi seriamente, la ricerca scientifica che probabilmente ha ispirato questo sconcio giornalistico dovrebbe essere questa.

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2022/02/11. Su recente richiesta telefonica di Simone Corbetta, ho modificato il testo del mio articolo per precisare che all’epoca dei fatti (2019) Corbetta non era stato assunto dal Messaggero ma era un collaboratore esterno.


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2017/08/01

Antibufala mini: “robot di Facebook” che parlano fra loro una lingua sconosciuta

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No, non c’è nessuna “paura nella Silicon Valley”, come scrive Il Messaggero (copia su Archive.is) titolando “Due robot iniziano a parlare fra loro in una lingua sconosciuta: sospeso l'esperimento di Facebook”. Huffington Post, invece, titola “Facebook sospende il test per l'Intelligenza Artificiale: "Due bot hanno inventato un proprio linguaggio, incomprensibile all'uomo"” (copia su Archive.is).

La realtà, come spiega divertita la BBC invece di fare terrorismo luddista, è che la notizia, pubblicata inizialmente da Facebook, risale a giugno scorso, quando era passata inosservata (a parte qualche commento di riviste scientifiche divulgative): due chatbot di Facebook avevano dialogato tra loro in modo curioso. Tutto qui.

Ma adesso la storia è stata ripresa dai tabloid britannici (Mirror e dal Sun, per esempio, che mi rifiuto di linkare) con toni catastrofici, da insurrezione robotica imminente, come se domattina dovessimo temere l’attacco dei tostapane che hanno preso coscienza della propria condizione sociale. E guarda caso la notizia viene pubblicata solo ora dai media italofoni. Sarà un caso? Noi crediamo di no, direbbe qualcuno.

Non c’è nessuna intelligenza artificiale ostile che trama contro l’umanità in lingue segrete e non c’è stato nessun panico: semplicemente l’esperimento di intelligenza artificiale (due programmi che dialogavano tra loro, non due robot) “è stato chiuso perché faceva cose che al team di ricercatori non interessavano -- non perché i ricercatori pensavano di essersi imbattuti in un rischio per l’esistenza dell’umanità.”

Ancora una volta e con sentimento: non perdete tempo a leggere notizie tecniche o scientifiche sui giornali generalisti. Con pochissime eccezioni (per esempio Il Post), chi le scrive non capisce un’acca della materia e per di più copia dai peggiori giornali britannici invece che dalle pubblicazioni divulgative competenti. Procuratevi una rivista tecnica e leggetela: se non potete, date per scontato che quello che leggete sui giornali generalisti è una bufala.

2017/07/01

Il Messaggero, la scienza e l’“unsteroide”: il lento suicidio del giornalismo

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Sì, avete letto bene. Sul Messaggero C’è proprio scritto così:

«La Terra riischia di essere distrutta da unsteroide», la rivelazione choc

Questo è il modo in cui il Messaggero scrive un articolo per la sua sezione Scienze. Citando, oltretutto, come fonte il Daily Mail. E parlando di “asteroidi dal diametri” e di “impati rilevante”.

Lasciando stare il suo contenuto allarmistico-catastrofico, che è completamente falso, vorrei far notare che questo capolavoro non è frutto di una scrittura frettolosa: è stato pure aggiornato, come indicano la data di pubblicazione (30 giugno) e quella di aggiornamento (1 luglio alle 8:09).

Non è finita: quel titolo è stato anche pubblicato su Twitter pari pari, senza che nessuno si accorgesse degli errori.




Se una testata giornalistica registrata crede di poter spacciare questo sconcio per giornalismo, se assume o incarica gente che scrive in questo modo e accetta di pubblicare questa diarrea verbale, allora quella testata non può lamentarsi per il crollo dei ricavi dando la colpa a Internet o alle fake news. Il giornalismo che si comporta così non sta morendo per cause esterne. Si sta suicidando.


Copia dell’articolo originale è archiviata qui presso Archive.is.

2017/01/04

Il Messaggero, il Gazzettino e la qualità dell’informazione

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una anche voi (Paypal/ricarica Vodafone/wishlist Amazon) per incoraggiarmi a scrivere ancora. Ultimo aggiornamento: 2017/01/05 00:25.

Non ho parole. Mi riprendo dalla nausea di questa diarrea verbale firmata da Nicoletta Gigli e poi provo a scrivere qualcosa.

La fonte è Il Messaggero. Non un blog di un moccioso: Il Messaggero.


Ne trovate archiviata qui su Archive.org una copia. Lo stesso “articolo” c’è anche sul Gazzettino: altra testata giornalistica registrata, non il quadernino dei compiti di un bambino delle elementari. Non ho salvato lo screenshot, purtroppo.

Trascrivo questo scempio per chi non può leggere le immagini:

TERNA Bimba di 12 anni violentata da un amico di famiglia Resta INCINTA e partorisce. La polizia Arresta lo stupratore. Il Bambino e la NATO e date in Affido. Una storia drammatica Che ha visto venire Vittima Una bambina innocente costretta ad affrontare un calvario Che la segnerà per sempre. Ha 12 anni, E straniera MA vive a Terni da anni, ed ha nascosto nel grembo un bimbo Frutto della Violenza consumata da un amico di famiglia. Lui, 31 anni, connazionale della bambina senza macchia e senza Precedenti, Ora e rinchiuso in Una cella del carcere di Sabbione con l'accusa di Averla violentata e di Averla messa INCINTA. Poi di averla minacciata: «Se parli ti ammazzo».
La delicata Indagine Portata avanti Dagli Uomini della Squadra mobile, guidati da Alfredo Luzi, has been Tutta in salita. Era cominciata alla multa del 2015, when la bimba si presento in ospedale accompagnata Dai genitori per degli accertamenti. I medici scopriranno Che la 12enne E INCINTA, Che È già al quarto mese di Gravidanza E che l'aborto, per legge, E Ormai impossibile. La bimba dovra far nascere Quel bimbo, Frutto Di Una Violenza senza attenuanti, Che sarà date in affidamento per l'Adozione. La delicata Indagine, coordinata dal pm Raffaele Iannella, l'Avra bisogno di riscontri e testimonianze Perché la mamma-bambina non racconterà mai Quello che ha dovuto subito. La mobile alla multa Riuscirà una accertare la cruda verità: il 31enne, L'amico di famiglia Che frequenta abitualmente la piccola ei suoi genitori, l'avrebbe violentata. Forse Un solo episodio, ma decisivo Perché la 12enne sarebbe Rimasta subito INCINTA. Lei Seguita da mesi da Una Psicologa, non racconterà mai la verità. Lui, di fronte ai Poliziotti Che lo Stanno arrestando, non reagisce, resta in silenzio, Resistenza non oppone. Per lui si aprono le porte del carcere. 


Editori, piantate di dare la colpa a Internet o ai lettori: se siamo arrivati agli attuali livelli di sfiducia nei confronti del giornalismo, è anche colpa vostra, che pubblicate questo schifo.


2017/01/04 20:55. Dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo, Messaggero e Gazzettino hanno riscritto gli articoli. Stavolta in italiano. Come al solito, senza una parola di scuse e senza spiegare come sia mai possibile che un disastro linguistico del genere possa essere pubblicato sotto la loro testata senza che ci sia alcun controllo.


2017/01/05 00:25. Ho rimosso lo screenshot del Gazzettino perché mostrava la versione già aggiornata. Purtroppo non ho quella pre-aggiornamento e la cache di Google è già aggiornata.

Ringrazio jpaboytes per la segnalazione.

2015/09/17

Antibufala: università inglese annuncia che la Terra verrà distrutta da una meteora tra pochi giorni. MORIREMO TUTTI

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni di “maurizio.to*” e “luca@*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento, come ha fatto “emi.it*”). Ringrazio @lucianog, @mrdaltri e @ufoofinterest. Ultimo aggiornamento: 2015/10/01 14:30.


“«La Terra verrà colpita da un meteorite tra il 22 e il 28 settembre», la tesi choc di una università inglese.” Lo scrive oggi Emiliana Costa su Messaggero.it [donotlink; archive.is]. Non nella sezione Cazzate sentite al bar, ma nella sezione Tecnologia e Scienza. La stessa notizia esce anche su Ilmattino.it [donotlink; archive.is], sempre a firma di Emiliana Costa. E anche su Leggo.it [donotlink; archive.is]. Firmata da chi? Emiliana Costa. Ma pubblicata sotto la responsabilità delle singole redazioni.

Dice l'articolo: “"La Terra potrebbe essere spazzata via da un meteorite tra meno di una settimana". La tesi choc proviene da un gruppo di scienziati coordinati dal professor Robert Walsh, direttore esecutivo della ricerca alla University of Central Lancashire, nel Regno Unito”. Ma è una balla. La tesi non proviene affatto dal professor Walsh o dall'università: proviene dal tabloid inglese Mirror, che si è inventato la notizia di sana pianta, in una classica mossa attiraclic.

Il Mirror ha preso le dichiarazioni originali assolutamente rassicuranti del professor Walsh (che iniziano con un inequivocabile “Gli accademici dell'Università concordano con la NASA: non c'è alcun motivo di preoccuparsi”) e le ha completamente stravolte, titolando “Esperto dice che una meteora potrebbe spazzar via la Terra la settimana prossima nonostante la NASA dica che siamo al sicuro” [donotlink; archive.is], come mostrato qui accanto.

Indovinate da dove dice di aver preso la notizia Emiliana Costa? Ma dal Mirror, naturalmente. L'ammissione è nel secondo paragrafo del suo articolo.

I fatti sono questi: primo, il professor Walsh non ha mai detto che la Terra potrebbe essere spazzata via da un meteorite tra meno di una settimana. La “tesi choc” non proviene da un'università inglese. Questa stronzata (scusatemi, ma non c'è altro modo per qualificarla) gliel'hanno messa in bocca i giornalisti.

Secondo, l'idea che ci sarà un impatto catastrofico imminente è stata partorita esclusivamente da alcuni complottisti. C'è persino scritto chiaramente, e con chiaro tono di scetticismo, nell'articolo del Mirror usato come fonte autorevole (non ridete) da Emiliana Costa:

Conspiracy theorists still haven't pin pointed when earth's final day will come - insisting it could be anywhere from the 22 to the 28 September - but if we're to believe them - then we should start bidding bye-bye to our loved ones soon.

In italiano:

I complottisti non hanno ancora definito con esattezza quando arriverà l'ultimo giorno della Terra e insistono che potrebbe essere una qualunque data fra il 22 e il 28 settembre, ma se vogliamo credere a loro allora dovremmo cominciare presto a dire ciao ciao ai nostri cari.

Più chiaro di così non si può, eppure la Costa risponde così quando le segnalo che ha pubblicato una bufala: “Se legge il pezzo troverà le fonti. Compresa quella della NASA e del giornale da cui è stata ripresa la notizia Buona lettura”.

Solo che la NASA non c'entra nulla; ha anzi smentito seccamente. E persino il Mirror ha chiarito che l'annuncio di catastrofe non arriva dal professor Walsh, ma da un gruppo di complottisti.

Ma come si dice spesso nel giornalismo, mai lasciare che i fatti ostacolino una notizia ghiotta. Il Mattino e il Messaggero sembrano aver capito molto bene questa lezione. Se poi qualcuno si fa venire le crisi di panico di fronte alla dichiarazione, scritta su testate giornalistiche, che una università inglese ha annunciato una catastrofe meteorica per la fine di questo mese, chi se ne frega. L'importante è attirare clic. E se qualcuno ti fa notare che hai pubblicato una notizia da procurato allarme, chi se ne frega lo stesso. Tanto l'Ordine dei Giornalisti dorme sonni beati. Poi la gente mi dice che sono eccessivo quando parlo di “puttane del clic” riferendomi ai giornalisti (uomini e donne) e alle redazioni che tradiscono la deontologia in nome di qualche spot pubblicitario in più.

Poi, cari colleghi, non lamentatevi se nessuno compra più giornali. A furia di pubblicare balle, la gente magari s'è stufata di pagare soldi buoni in cambio di notizie marce.


Ma il povero professor Walsh che c'entra?


Magari vi state chiedendo come ha fatto il professor Walsh a finire coinvolto in questa bufala. Semplice: ha pubblicato sul sito dell'Università del Lancashire una pagina in cui sbufala le previsioni di catastrofe mentre la sua collega, Sarita Robinson, spiega gli aspetti psicologici dell'attrazione diffusa per l'idea della fine del mondo. Tutto qui. Ai giornalisti in cerca di clic facili questo basta e avanza.

Fra l'altro, le considerazioni psicologiche della Robinson sono interessanti, ma sono state ignorate in favore dell'annuncio di catastrofe. Cito in sintesi qualche brano:

La gente tende a pensare che le credenze apocalittiche siano legate alla religione e che la credenza in una fine del mondo sia un elemento chiave di una teoria spirituale. Ma risulta di no: ci sono molte persone non religiose che credono all'imminenza della fine del mondo a causa della minaccia nucleare o di altre tecnologie umane come la manipolazione genetica.

È interessante chiedersi perché le persone sono attratte da queste credenze. Una possibilità è che in un mondo imprevedibile offrono un senso di controllo. La gente può essere preoccupata per il futuro e per cosa pianificare, ma senza informazioni su cui basarsi è difficile fare piani. Se un leader carismatico ti dice che il mondo finirà in una data precisa, puoi preparare i tuoi piani di conseguenza. La data toglie l'incertezza dalla tua vita. Non solo: hai persone che la pensano come te con le quali puoi lavorare per questo obiettivo comune. Per alcuni (specialmente i religiosi) la fine del mondo può portare a un mondo migliore.

Il problema nasce quando il mondo non finisce. Può essere molto difficile per le persone quando scoprono improvvisamente che il mondo non è finito. Devono trovare una maniera di spiegarlo, come per esempio un errore nei propri calcoli.

Credere che la fine del mondo sia vicina non è una brutta cosa, se non interferisce con la tua vita quotidiana. Se non vendi la casa e spendi i soldi per farti una bella vacanza, o se non dai i tuoi soldi al leader di qualche setta, prepararsi per la fine del mondo potrebbe non essere una cattiva idea. Noi non prendiamo in considerazione molti rischi nella vita di tutti i giorni: per esempio non consideriamo le conseguenze di una pandemia d'influenza e la maggior parte della gente non vuole pensare alla morte perché la mette psicologicamente a disagio. La maggior parte di noi non si prepara per i disastri e non fa neanche i preparativi sensati, come tenere in auto una coperta e un thermos di caffé se ci troviamo bloccati per strada dalla neve in inverno.


2015/01/10: La fine del mondo è stata annullata


Siamo al primo ottobre e l'asteroide non s'è visto; siamo ancora qui. Due parole di rettifica, da parte dei giornalisti e dei giornali che hanno seminato allarme per nulla, sarebbero gradite. Attendo fiducioso? Neanche un po'.
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