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Il Disinformatico: cinema

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2023/04/05

Traduzioni impossibili: il gioco di parole scurrile nel trailer originale del film “Barbie”

Il nuovo trailer del film Barbie contiene uno scambio di battute che nella versione italiana può lasciare molto perplessi, con questa ripetizione apparentemente senza senso del modo di dire “far fuori” che si scambiano vari personaggi nella scena finale sulla spiaggia, negli ultimi venti secondi del trailer.

- Se non fossi gravemente ferito ti sbatterei fuori dalla spiaggia, Ken.
- Puoi farmi fuori quando vuoi, Ken.
- Se vuoi fare fuori lui devi prima fare fuori me.
- Io vi farei fuori tutti e due insieme.
- Basta, Ken.
- Oh, ci fai fuori tutti e due?
- E allora perché non vediamo co...
- Nessuno deve fare fuori nessuno.

Se vi state chiedendo come mai questi personaggi indugino così tanto sulla questione di chi vada fatto fuori, la ragione è che nell’originale l’intero battibecco è in realtà un gioco di parole a sfondo sessuale, che la traduzione italiana non rende. Non ne faccio una colpa al traduttore; non avrei saputo far di meglio in una situazione disperata del genere.

Se volete saperne di più, ho riesumato il Disinformatico NSFW, che giaceva inutilizzato da anni, per spiegare il tutto. Ovviamente l’articolo completo è sconsigliato ai bigotti e agli animi sensibili.

2023/03/07

Nuovo trailer del film russo girato (in parte) a bordo della Stazione Spaziale Internazionale

Con tutte le cautele e i distinguo che ho già scritto in occasione della pubblicazione del primo trailer del film russo Vyzov (Вызов), ossia Sfida, che è stato girato in parte a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, segnalo l’uscita di un suo secondo trailer, che potete vedere qui sopra.

La descrizione in russo su YouTube annuncia che il film uscirà il prossimo 20 aprile, non il 12 come annunciato inizialmente. Il trailer non è sottotitolato, ma usando il riconoscimento vocale di YouTube e Google Translate viene fuori grosso modo che un cosmonauta russo si è ferito durante una EVA e morirebbe durante il rientro se non venisse operato a bordo; vari chirurghi si offrono di andare nello spazio per effettuare l’operazione. Viene scelta E. Belyaeva (l’attrice Julia Peresild).

Nei dialoghi spicca un “lo spazio non è per le donne”, ma dal poco contesto non è chiaro se sia sarcastico o intenzionalmente sessista; nelle immagini, a differenza del primo trailer, si vede che alcune riprese sono state effettuate nella sezione non russa della Stazione (in particolare nella Cupola).

Ci sono anche dei video della realizzazione:

Nel video qui sotto vengono mostrati parecchi dettagli piuttosto rari della parte russa della Stazione, delle procedure di bordo e dell’addestramento al quale si sono sottoposti l’attrice-cosmonauta, i cosmonauti che si sono improvvisati attori e il regista-cosmonauta Kim Shipenko. Due chicche: Peresild racconta che si è rifatta il trucco prima di arrivare a bordo e si è lavata i capelli alla maniera tradizionale, consumando moltissima acqua invece dello shampoo senza risciacquo usato da astronauti e cosmonauti, e questo ha quasi intasato il sistema di riciclaggio dell’acqua della sezione russa. Le esigenze di scena sono scarsamente compatibili con la realtà delle attività spaziali.

Il film è chiaramente un’operazione di propaganda per un regime che sta commettendo atrocità in Ucraina, e questo purtroppo getta una luce sinistra sull’indubbia bellezza dell’attrice e sull’intera impresa cinematografica che in altri momenti sarebbe stata una splendida celebrazione della collaborazione internazionale e dell’avventura spaziale.

2023/01/08

È vero che i cattivi non possono usare gli iPhone nei film e nei telefilm?

L’uscita del film Glass Onion - Knives Out di Rian Johnson ha fatto riemergere una teoria informatico-cinematografica quasi classica: esisterebbe una regola segreta in base alla quale nessun cattivo, in un film o telefilm, può maneggiare un iPhone o in generale un prodotto Apple, e questo permetterebbe agli spettatori più attenti di capire in anticipo chi è il cattivo o il traditore nascosto nelle sceneggiature.

Questa regola è stata descritta dal regista Rian Johnson in un’intervista a Vanity Fair del 2020, rilasciata in occasione dell’uscita del primo film della serie Knives Out:

Johnson spiega (a partire da 2:50) che non sa se rivelarlo o no, perché potrebbe causargli guai nel prossimo film d’intrigo che scriverà, ma “Apple ti lascia usare gli iPhone nei film ma – e questo è molto centrale se state mai guardando un film d’intrigo – i cattivi non possono avere un iPhone che venga inquadrato” e dice che ora “ogni regista che ha nel proprio film un cattivo che deve restare segreto ora voglia ammazzarmi”.

Also another funny thing, I don't know if I should say this or not... Not cause it's like lascivious or something, but because it's going to screw me on the next mystery movie that I write, but forget it, I'll say it. It's very interesting.

Apple... they let you use iPhones in movies but – and this is very pivotal if you're ever watching a mystery movie – bad guys cannot have iPhones on camera.

So, there you go... oh nooooooo, every single filmmaker that has a bad guy in their movie that's supposed to be a secret wants to murder me right now.

E infatti nel suo film, il primo della serie Knives Out, guardando la marca di telefonino usata dai vari personaggi si può dedurre quali sono buoni e quali sono cattivi. Nel secondo no, grazie a una soluzione molto semplice ed elegante. Non dico altro per non fare troppi spoiler.

Non è la prima volta che si parla di questa faccenda, ma mancava una dichiarazione esplicita da parte di un addetto ai lavori. La teoria dei prodotti Apple usabili solo dai “buoni” era emersa già oltre vent’anni fa, quando fu trasmessa la prima stagione della serie TV 24, nella quale un traditore inaspettato sarebbe stato in realtà smascherabile dagli spettatori, secondo la teoria presentata da alcuni fan, per il fatto che usava un laptop della marca Dell mentre tutti i suoi colleghi usavano dei Mac, e viceversa il personaggio che la trama sembrava suggerire come possibile traditore sarebbe stato scartabile immediatamente perché usava un PowerBook di Apple.

Una ricerca del sito Wired.com condotta all’epoca segnalava anche altri casi cinematografici nei quali i buoni usavano Apple e i cattivi altre marche: per esempio nei film C’è posta per te (You’ve Got Mail), La rivincita delle bionde (Legally Blonde), Austin Powers, e anche il celebre critico cinematografico Roger Ebert aveva notato nel 2003 che “siccome molti computer Windows hanno lo stesso aspetto, Apple è una delle poche case produttrici che può avere convenienza a fare product placement (pubblicità indiretta)”, aggiungendo che secondo lui “l’industria del cinema e i tipi creativi in generale preferiscono il Mac” (l’articolo originale è oggi irreperibile).

La tendenza sembra essere ben documentata, insomma, ma non è chiaro se questa regola sia una consuetudine nata per motivi estetici e narrativi oppure un’imposizione di Apple. Vanity Fair ha chiesto chiarimenti ad Apple in seguito alle parole di Rian Johnson, ma non ha ottenuto risposta; ci ha provato anche Ars Technica, con lo stesso risultato.

Secondo l’esperto di proprietà intellettuale John Bergmayer dell’associazione Public Knowledge, consultato da Ars Technica, chi realizza un film non ha bisogno di permessi o licenze dei fabbricanti per far usare dai propri personaggi dei prodotti comuni in maniere normali, ed è improbabile che una casa produttrice possa vincere una causa argomentando che far usare a un cattivo una certa marca di telefono o di auto costituisca uno screditamento di quella marca. Quindi, nota Ars Technica, la regola “i cattivi non usano prodotti Apple” non sarebbe un obbligo legale.

Le cose cambiano, però, se Apple paga per il product placement, ossia sponsorizza il film in modo che i personaggi mostrino i suoi prodotti, per esempio fornendo degli esemplari gratuiti da usare come oggetti di scena e altri dispositivi o servizi. In questo caso sarebbe normale che Apple mettesse dei vincoli sul modo in cui vengono usati e a chi vengono associati.

In altre parole: la regola non è un obbligo di legge, ma è quasi sicuramente una consuetudine diffusa regolamentata da accordi commerciali, e quindi la si può applicare per tentare di scoprire indizi utili nei film e nei telefilm.

Se riuscite a trovare altri esempi di serie TV o di film che applicano questa regola o la smentiscono, segnalateli nei commenti. Senza spoiler, mi raccomando! E sempre dai commenti arriva la segnalazione (grazie a Ivan) di Product Placement Blog, un sito che raccoglie esempi di product placement, ordinato per tipo di prodotto e per titolo di film.


Fonti aggiuntive: MacRumors, MacObserver, Iphoneitalia.com,

2023/01/02

Il primo trailer del film russo girato nello spazio

Ultimo aggiornamento: 2023/01/09 13:15.

È stato pubblicato il primo trailer del film russo Vyzov (Вызов), ossia Sfida, girato in parte a bordo della Stazione Spaziale Internazionale a ottobre 2021: ne avevo parlato in questo articolo. Nel trailer si vede l’attrice Yulia Peresild che recita la parte di un medico (“E. Belyaeva”) che deve operare un cosmonauta, a bordo della Stazione, in seguito a un malore inatteso, forse causato da una ferita subita durante una manovra della Stazione, effettuata per evitare dei detriti spaziali mentre il cosmonauta era all’esterno (premessa tecnicamente poco plausibile).

A giudicare dal logo mostrato a 1:36, la vicenda è ambientata durante la Expedition 66 (ottobre 2021-marzo 2022).

Non sono in grado di decifrare cosa viene detto nel trailer, che è in russo, ma dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo YouTube ha auto-generato i sottotitoli in russo, che sono i seguenti, e ho provato a tradurli con l’aiuto di Deepl. Se qualcuno può dare una mano a correggere gli errori, ogni aiuto è benvenuto.

ребят как состояние работаем

обломки спутника будем делать манёвру

[музыка]

Олег

Олег

[музыка]

Антон Петр просыпаемся Богданова срочно

служебный модуль

Антон мне надо чтобы на земле знали что

я начинаю операцию

[музыка]

Мы же точно знаем что делать

в нашей практике не было подобных

случаев

[музыка]

Вы меня слышите

Нижняя средняя

имеет следы разрыв

этих условиях ты промыла плевральная

полость больше ты ничего там не сделаешь

дренируй и уходи Это что значит у нас

ничего не получилось

[музыка]

я беру ответственность на себя

продолжайте операцию

поехали

[музыка]

La traduzione approssimativa:

Gente, qual è la situazione?

Detriti di satellite, faremo la manovra

[musica]

Oleg

Oleg

[musica]

Anton Petr, sveglia Bogdanov urgentemente

Modulo di servizio

Anton, ho bisogno che a terra lo sappiano.

Inizio un intervento chirurgico.

[musica]

Sappiamo esattamente cosa fare.

Non abbiamo mai avuto un caso come questo nella nostra pratica.

Casi

[musica]

Riuscite a sentirmi?

La linea centrale inferiore ha tracce di rottura. Queste condizioni hanno inondato la cavità pleurica. Non c’è altro che tu possa fare lì.

Drenala e vai. Cosa vuol dire?

Non ha funzionato.

[musica]

Mi assumo la responsabilità.

Continua l’intervento chirurgo.

Andiamo!

[musica]

Le didascalie nel trailer parlano di cose “mai viste prima” e di “primo film girato nello spazio”. Posso solo abbozzare una traduzione con DeepL della descrizione del video presente su YouTube:

La prima mondiale del trailer del primo lungometraggio della storia del cinema e dell'astronautica girato sulla Stazione Spaziale Internazionale. Con Julia Peresild, Milos Bikovich, Vladimir Mashkov, Oleg Novitsky, Anton Shkaplerov, Peter Dubrov, Elena Valyushkina, Varvara Volodina e altri. Il dramma spaziale "Sfida" del regista Klim Shippenko - in tutti i cinema dal 12 aprile. Si iscriva al nostro canale per essere il primo a vedere nuovi trailer, video dalle riprese, frammenti esclusivi del film e molto altro ancora: (link).

Nel trailer si vedono solo immagini riprese nella sezione russa della Stazione e si scorge un cosmonauta autentico (Anton Shkaplerov); forse anche il “paziente” sul lettino è un cosmonauta effettivo (Oleg Novitsky?). I movimenti della Peresild sono ripresi in modo da sottolineare (tramite i capelli sciolti e gli oggetti che fluttuano) che sono stati effettivamente compiuti dentro la Stazione in assenza di peso.

Si notano anche delle rare immagini ad alta risoluzione del decollo di un razzo Soyuz.

So che questo è un pessimo momento per parlare di cose russe, e c’è il rischio che in futuro questo film verrà visto con lo stesso atteggiamento con il quale oggi vediamo i film di Leni Riefenstahl sulla Germania nazista. Ma il film esiste e rappresenta comunque un momento tecnico e cinematografico storico.

2022/11/23

Che fine ha fatto il film russo girato nello spazio? Dovrebbe uscire il 12 aprile 2023

Il 5 ottobre 2021, l’attrice russa Yulia Peresild e il regista russo Klim Shipenko sono stati portati a bordo della Stazione Spaziale Internazionale dal cosmonauta Anton Shkaplerov con una navicella russa Soyuz (missione MS-19), e sono rimasti in orbita per dodici giorni, tornando il 17 ottobre con la missione Soyuz MS-18, per effettuare le riprese di quello che è stato spesso e impropriamente definito il primo film girato nello spazio. Da allora non si è saputo più nulla.

In realtà si tratterebbe del primo film realizzato nello spazio da attori e tecnici professionisti: prima di queste riprese, infatti, astronauti e cosmonauti hanno girato in orbita numerosi documentari (Space Station 3D, A Beautiful Planet, For All Mankind (1989) e anche alcuni brevi film amatoriali (come Apogee of Fear, 2012). 

La missione di Peresild e Shipenko era stata annunciata con parecchio rilievo mediatico, anche perché ha battuto sul tempo il progetto analogo di Tom Cruise con il regista Doug Liman, ma poi è calato il silenzio, anche a causa dell’invasione russa dell’Ucraina.

Quello che si sa è che il film è stato intitolato provvisoriamente Vyzov (Вызов), ossia Sfida, e che sono state fatte oltre 30 ore di riprese; la storia dovrebbe incentrarsi sul personaggio interpretato da Peresild, che è un chirurgo inviato sulla Stazione per salvare un cosmonauta con un intervento cardiaco. 

Il film è un progetto congiunto dell’ente spaziale russo Roscosmos, di Channel One Russia e del Yellow, Black and White Film Studio (uso i nomi inglesi per chiarezza).

Le riprese sono state effettuate in gran parte nella sezione russa della Stazione, ma circa un terzo è stato acquisito negli altri ambienti del complesso orbitale. I voli di Shipenko e Peresild sono stati pagati da Channel One Russia. I due sono stati addestrati per alcuni mesi prima di poter affrontare la missione.

Stando ad alcune fonti (Wikipedia; Kinopoisk.ru, protetta da captcha in cirillico), l’uscita del film è prevista per il 12 aprile 2023 in Russia.


Fonti aggiuntive: 1tv.ru; Russian Space Web; Deadline.


2022/01/07

Dune, il confronto fra formato standard e versione IMAX mostra quanto si perde

Ultimo aggiornamento: 2022/01/08 11:20.

Se avete avuto la fortuna di vedere Dune in IMAX invece che nel formato panoramico mostrato nei cinema normali, vi invidio. Non avevo idea di quanto le immagini fossero troncate sopra e sotto nella versione panoramica rispetto a quella IMAX.

Non è solo una questione di formato più o meno squadrato: IMAX è un formato (anzi, una serie di formati e di tecnologie) che in passato, nell‘era della pellicola, ha offerto una nitidezza e una stabilità d’immagine ineguagliabili con le pellicole normali, i cui fotogrammi erano fisicamente molto più piccoli (e quindi meno nitidi e oltretutto “stirati” per ottenere un effetto panoramico), e il cui meccanismo di trascinamento causava sfarfallii ed errori di allineamento da un fotogramma all’altro.

Ricordo ancora il brivido e i lacrimoni di commozione al mio primo impatto con l’IMAX, tanti anni fa: il logo spettacolarmente nitido della NASA, sospeso nel nero perfetto dello schermo, che cede il posto allo Shuttle librato in orbita, con la Terra maestosa sullo sfondo che lentamente gli scorre dietro. L’immagine era talmente definita, stabile e priva di qualsiasi granulosità che lo schermo semplicemente era sparito e davanti a noi c’era semplicemente un’immensa finestra panoramica, talmente ampia che per vederla tutta dovevi ruotare la testa a destra, a sinistra, in alto e in basso.

Una rara visita alla sala di proiezione mi fece conoscere i trucchi geniali usati per ottenere quel risultato magico: pellicola di formato larghissimo, proiettata orizzontalmente e trascinata con un sistema ultrastabile, e tanto altro. Poi sono arrivati i proiettori digitali laser ad altissima risoluzione, ma quella tecnologia analogica di precisione aveva un fascino speciale.

Oggi molti dei risultati qualitativi dell’IMAX originale sono ottenuti anche dai proiettori digitali dei normali cinema, soprattutto in termini di stabilità dell’immagine (nelle proiezioni su pellicola tradizionali ogni fotogramma non viene proiettato esattamente a registro con quello precedente, a causa dei limiti tecnici del sistema di trascinamento usato dal proiettore; il cervello compensa, ma si accorge che qualcosa non va). Ma per molti anni l’IMAX è stato il riferimento qualitativo incontrastato e irraggiungibile. E tuttora una sala IMAX ben fatta, con le sue gradinate molto ripide, i suoi schermi immensi (18 metri per 24) e oltretutto piazzati in modo che lo spettatore non guardi in su, come in un cinema normale, ma si trovi davanti una parete luminosa che si estende fortemente verso l’alto e verso il basso fino a coprire quasi tutto il campo visivo, offre un’esperienza immersiva straordinaria.

Le limitazioni tecniche della versione originale dell’IMAX su pellicola (soprattutto nelle cineprese usate per le riprese) obbligarono a un’immagine molto squadrata, ma in tempi recenti hanno fatto riscoprire la maestosità e l’imponenza delle inquadrature realizzate e proiettate su schermo gigante in questo formato, che era passato in secondo piano con l’avvento di quelli panoramici proposti dal cinema convenzionale non solo per dare spettacolarità ma anche perché consentono di avere più spettatori in sala rispetto agli IMAX. 

Questo video di confronto mostra molto chiaramente quanto si perde e come cambia la composizione dell’inquadratura quando si gira un film in formato 1.43:1 e poi lo si deve per forza di cose tagliare sopra e sotto per adattarlo al 16:9 (o simile) dei cinema normali.

È difficile dire quale formato sia “migliore”, perché non è soltanto una questione di rapporto fra altezza e larghezza: è anche una questione di dimensione dello schermo (un IMAX non va pensato come un 16:9 tagliato, ma come un 16:9 allargato sopra e sotto). Anche se il formato IMAX è simile a quello dei vecchi televisori catodici, l’esperienza visiva è totalmente differente perché l’immagine è spaventosamente nitida e lo schermo occupa gran parte del campo visivo in tutte le direzioni, ma è sufficientemente lontano da evitare le distorsioni e le variazioni di messa a fuoco che si avrebbero guardando da vicini uno schermo di un televisore HD (o 4/8K) in modo da fargli riempire il campo visivo quanto uno schermo IMAX.

Il modo migliore per approssimare uno schermo IMAX è probabilmente la realtà virtuale con un visore ad altissima risoluzione: le lenti ingannano il cervello, facendogli credere che lo schermo virtuale sia fisicamente lontano e quindi enorme, e il display copre il campo visivo in maniera paragonabile a quella di un IMAX (e nel caso dei video in VR 3D, anche superiore, ma non ancora con altrettanta nitidezza).

Le sale IMAX sono pochissime rispetto ai cinema normali, e le vere sale IMAX (quelle con pellicola in formato 15/70 o con proiettori IMAX With Laser) sono ancora più rare (in tempi recenti, infatti, il marchio IMAX è stato annacquato usandolo anche per impianti di proiezione molto più modesti, come il 2K del Digital IMAX). IMAX stessa propone di vedere Dune soltanto in queste poche sale. Tutto questo vuol dire che un film girato in IMAX verrà visto nel suo formato originale da pochi spettatori, ed è un peccato, specialmente quando il direttore della fotografia, e spesso anche il regista (Christopher Nolan è un esempio tipico), compone le inquadrature proprio per questo formato. Per cui se sapete che un film è girato in IMAX, cercate di andarlo a vedere in una vera sala IMAX. Ne vale assolutamente la pena.

2020/12/26

"The Midnight Sky", mini-recensione senza spoiler (ma con quizzello)

Ultimo aggiornamento: 2020/12/28 14:55

Ho visto stasera (26/12) The Midnight Sky, l’ultima fatica cinematografica di e con George Clooney. In estrema sintesi, e senza spoiler (che ci possono essere invece nei commenti):

  1. Soporifero.
  2. Prevedibile.
  3. Effetti speciali molto belli (ILM è una garanzia).
  4. Soporifero l'ho già detto? Devo essermi riaddormentato, scusate.
  5. Non pensate troppo alle implicazioni biologiche del finale, sporcaccioni.

Ci sono almeno quattro assurdità scientifiche di base che mi hanno fatto accapponare la pelle e rovinato la sospensione dell’incredulità, e una è assolutamente banale e terra terra, ma non voglio fare spoiler. Le trovate se frugate nei commenti qui sotto.

Il mio abbraccio più sentito va a chiunque lo veda e, a una, uhm... certa scena, senta la tentazione insopprimibile di dire:

-“Ben?” 

-“Tu andrai al Sistema Dagobah...“

-“Sistema...Dagobah...”

Per i Trekker: sì, quello al'inizio (a 3:14) è Tim Russ, Tuvok di Star Trek Voyager e indimenticato pettinatore di deserti in Balle Spaziali.

 

C’è anche Ethan Peck (Star Trek Discovery). E ovviamente la protagonista di The Midnight Sky, Felicity Jones, è un volto molto familiare per gli appassionati di Star Wars, essendo la protagonista di Rogue One.

 

Questa immagine, oltre a Peck, mostra anche un oggetto che uno dei commentatori di questo blog conosce molto bene :-).

Quiz: perché alcuni degli specchi nella seconda foto sembrano di colore diverso dagli altri?

 

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2020/12/16

Minuti inediti e blooper de L'Impero Colpisce Ancora, e una piccola storia di pirateria dal mio passato

Quarant’anni fa, nel 1980, usciva al cinema L'Impero Colpisce Ancora. Per celebrare la ricorrenza, sono stati pubblicati sei minuti e spiccioli di riprese inedite, ciak sbagliati e altre chicche dietro le quinte. Adesso è Natale.

Non so se vi ho mai raccontato di quanto ero ossessivamente travolto da Guerre Stellari e in particolare da questo secondo film della saga quando ero ragazzo. Non c’erano videocassette o altro e certi film in televisione proprio non passavano, per cui o andavi al cinema o ti attaccavi al tram. Quando uscì L'Impero Colpisce Ancora, fui così stregato da tutto il film che lo vidi quattro volte in due giorni (all’epoca lasciavano stare in sala fra una proiezione e la successiva).

Portai di nascosto al cinema la fotocamera (naturalmente a pellicola) per fotografare le immagini più belle, perché non c’era altro. Comprai il doppio album su vinile della colonna sonora, e cercai di memorizzare le scene e le battute il più possibile.

Una sera d’estate del 1981 o ‘82, a Pavia, il Comune organizzava il cinema all’aperto, alla Cupola Arnaboldi, e scoprii che avrebbero proiettato proprio L'Impero Colpisce Ancora. Sospetto che queste proiezioni fossero in realtà organizzate dai rivenditori di spray antizanzare, perché le proiezioni all’aperto a Pavia in prima serata erano un’orgia sanguinaria di nugoli di zanzare inferocite. Nel caldissimo pomeriggio di quel giorno il proiezionista, tutto solo, stava installando il massiccio proiettore per pellicola per la proiezione serale e aveva ancora da disporre tutte le seggioline di legno per il pubblico. Era chiaramente un po' stufo.

Io notai che il proiettore aveva un’uscita audio DIN (ovviamente analogica, a quei tempi), elaborai un piano e mi armai di quel coraggio che soltanto la passione poteva risvegliare in un nerd: andai dal proiezionista e gli proposi un baratto. Gli avrei portato e piazzato io tutte le seggioline di tutta la sala se quella sera mi avesse lasciato registrare l’audio del film.

Il proiezionista accettò, dicendo pigramente “Sì, ma non tutto quanto, solo dei pezzi” e confidando nel fatto che non c’era modo di registrare su cassetta due ore e dieci filate di sonoro, e io mi piegai al compromesso.

Andai di corsa a casa, presi il mio radioregistratore a batterie, una cassetta C120 e... feci hacking: modificai la velocità di scorrimento del nastro in modo da farci stare 127 minuti di audio su una singola cassetta. Non potevo usarne due per non perdere pezzi e per non far capire al proiezionista che stavo registrando tutto, e decisamente non avevo un registratore a bobine, men che meno uno trasportabile.

Tornai dal proiezionista e con l’aiuto degli amici appassionati di Star Wars ai quali avevo sparso la voce disponemmo le seggioline.

Quella sera il proiezionista, commosso da così tanta devozione, mi lasciò attaccare il cavetto DIN del radioregistratore al proiettore, facendo finta di non vedere. Mi disse di nascondere il radioregistratore: per fortuna il cavo di collegamento al proiettore era lungo e sottile. Il film partì e io registrai tutta la traccia audio, dall’inizio alla fine, nel magnifico doppiaggio italiano. Finsi di spegnere qualche volta quando il proiezionista mi guardava storto. Ora posso raccontarlo, il reato è prescritto e il proiezionista è probabilmente buonanima.

Anni più tardi ho riversato in digitale quella registrazione, rigorosamente mono, che avevo quasi consumato a furia di riascoltarla a occhi chiusi. Poi, naturalmente, ho comprato la videocassetta, e poi il DVD, e poi il Blu-Ray e il file digitale. Ma quella pastosa, compressa, distorta registrazione monofonica ha ancora un valore speciale per me.

Non solo per il film, e per la nostalgia di un’impresa di “pirateria” oggi impensabile. Ma perché fra gli appassionati che mi aiutarono a disporre quelle sedie c’era Elena: colei che poi, anni dopo, sarebbe diventata la Dama del Maniero.

Mai avrei immaginato che sarebbe diventata la mia Principessa Leia (va bene, va bene, Leila per i nostalgici). E mai avrei immaginato che un giorno avrei incontrato i protagonisti di quel film e avrei tradotto per loro, sempre con la Dama al mio fianco.

Mai avrei immaginato che un giorno quel doppio album di Guerre Stellari avrebbe ricevuto le loro firme con dedica. Anthony Daniels (C3PO), David Prowse (Darth Vader), Kenny Baker (R2D2). Ce l'ho qui ora, eccovelo: è enorme come solo un doppio LP poteva esserlo.


Bonus: il mio doppio LP de L'Impero Colpisce Ancora. Con le foto giganti e le note di copertina che oggi non si fanno più. Un po‘ consunto dal tempo, ma sempre memorabile. Grazie di aver letto fin qui, e che la Forza sia con voi.





2020/06/19

Film girato senza budget su Zoom diventa il numero 1 in classifica nei cinema USA

Il 10 giugno scorso il cortometraggio thriller Unsubscribe è diventato campione d’incassi in tutti gli Stati Uniti, secondo l’autorevole classifica pubblicata da Box Office Mojo.

Unsubscribe ha tre particolarità: è stato girato interamente con l’applicazione per videoconferenze Zoom, è costato esattamente zero dollari di produzione e promozione ed è stato realizzato indipendentemente da un gruppo di giovani sconosciuti. Come se non bastasse, questo primo posto in classifica è stato ottenuto con due soli spettatori. Come è stato possibile?

In termini informatici, gli autori del film hanno realizzato un hack: hanno usato un’anomalia del sistema. In questo caso, il sistema di conteggio degli incassi cinematografici statunitensi.

L’idea di diventare numero uno in classifica è venuta in mente a Eric Tabach, attore e YouTuber di Philadelphia, in Pennsylvania, e al filmmaker (o cineasta) Christian Nilsson di New York.

Si sono resi conto che a marzo 2020 la pandemia aveva fatto chiudere quasi tutte le sale cinematografiche statunitensi e hanno notato che gli incassi del periodo, per i pochi film in uscita, erano microscopici: qualche migliaio di dollari in tutto il paese. Sarebbe bastato poco per superarli se fossero riusciti a vendere un numero sufficiente di biglietti.

Hanno scritto, diretto e realizzato il loro film a tempo di record (un giorno per il copione, cinque giorni per le riprese), reclutando alcuni amici e un paio di attori professionisti, e poi hanno usato il trucco finale: il cosiddetto four-walling.

Il four-walling è la pratica in cui il distributore di un film noleggia una sala cinematografica al completo pagando una piccola cifra forfetaria e incassa tutti i soldi degli eventuali biglietti venduti. Tabach e Nilsson hanno proiettato il proprio film cinque volte a un cinema fuori New York usando il four-walling: si sono messi in abito da sera, hanno posato davanti all’insegna del cinema con il titolo del film e la scritta sold out (“tutto esaurito”) e sono stati gli unici due spettatori per tutte e cinque le proiezioni.

Tabach e Nilsson alla “prima” del loro film campione d’incassi.

Ma secondo il sistema di calcolo degli incassi statunitense, cinque proiezioni del film in four-walling equivalgono a cinque sale strapiene, per cui gli incassi di Unsubscribe vengono contabilizzati come 25.448 dollari (molto di più di quello che hanno speso i due per noleggiare la sala), battendo così la concorrenza: il secondo film più visto, The Wretched, ha incassato soltanto 22.566 dollari, pur essendo stato proiettato in 99 sale. E così l’esperimento folle può fregiarsi del titolo di campione d’incassi d’America.

Se volete vedere Unsubscribe, è su Vimeo. A pagamento.


Fonte: BBC.

2020/05/06

Tom Cruise va nello spazio? Calma un attimo

Ultimo aggiornamento: 2020/05/08 17:50.

Jim Bridenstine, Administrator (direttore generale) della NASA, ha tweetato un annuncio che molti hanno preso come una dichiarazione che l’attore Tom Cruise andrà sicuramente nello spazio: “NASA is excited to work with @TomCruise on a film aboard the @Space_Station! We need popular media to inspire a new generation of engineers and scientists to make @NASA’s ambitious plans a reality.”




Ma per il momento è consigliabile una certa prudenza. Tutto è nato da un articolo di Deadline che ha riportato una voce secondo la quale Tom Cruise e SpaceX starebbero lavorando a un progetto che sarebbe il primo lungometraggio di azione girato nello spazio; non si tratterebbe di un film della serie Mission: Impossible e non sarebbe coinvolta al momento alcuna casa di produzione.

Il tweet di Bridenstine sembrerebbe a prima vista una conferma del coinvolgimento di Tom Cruise, ma bisogna fare attenzione a come è stato formulato il suo testo: parla di “lavorare con Tom Cruise su un film a bordo della Stazione Spaziale”. Questo non significa automaticamente che Cruise andrà a bordo della Stazione: potrebbe anche voler dire che Cruise lavorerà insieme alla NASA (sulla Terra) a un film che sarà girato a bordo della Stazione.

Ma considerata la passione dell’attore per le scene d’azione girate senza controfigura e visto che i voli di passeggeri paganti verso la Stazione inizieranno nel 2021 con SpaceX, se tutti i voli di collaudo andranno bene, è perlomeno credibile che vedremo Tom Cruise galleggiare a zero g nella Stazione, anche se i commenti degli addetti ai lavori (la gente che deve garantire la sicurezza degli astronauti e delle costosissime infrastrutture spaziali) sono piuttoso sferzanti: sentite cosa dice Greg Harbaugh, astronauta ed ex direttore delle attività extraveicolari alla NASA.



Nel frattempo, gli astronauti veri si preparano a collaudare la capsula Crew Dragon: il volo di debutto è previsto per il 27 maggio prossimo e porterà alla Stazione Spaziale due americani veterani dello spazio, Robert Behnken e Douglas Hurley, che vedete qui sotto nelle tute pressurizzate progettate da SpaceX.


2020/05/08 17:50


Poco fa NasaWatch, un account Twitter solitamente bene informato sulle vicenze spaziali, ha sottolineato che la Axiom Space ha un accordo con SpaceX per portare degli astronauti privati alla Stazione Spaziale Internazionale, e che secondo alcune fonti ci sarebbe davvero un volo spaziale con Tom Cruise, che sarebbe accompagnato dall’astronauta veterano Michael López-Alegría.



I voli di Axiom per il trasporto di passeggeri privati con la capsula Crew Dragon di SpaceX dovrebbero iniziare nel 2021. Staremo a vedere.

Nel frattempo, l’astronauta Richard Garriott ha precisato che il primo film di fiction girato e montato nello spazio esiste già, anche se si tratta di un corto di sette minuti e mezzo: s’intitola Apogee of Fear ed è stato girato sulla Stazione nel 2008. Gli astronauti si sono prestati a fare gli attori, con risultati forse non entusiasmanti, ma un primato è un primato.



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2019/12/09

Ci ha lasciato René Auberjonois, Odo di “Star Trek”

 René Auberjonois a Bologna nel 2010. Credit: Rodri Van Click.

Poche ore fa è stata diffusa la notizia della morte, a 79 anni, di René Auberjonois. Gli appassionati di Star Trek lo ricorderanno per sempre per la sua interpretazione di Odo, l‘alieno mutaforma di ST: Deep Space Nine profondamente solo, respinto da tutti ma dotato di un senso innato di giustizia; ma tanti lo ricordano come padre Mulcahy nel film M*A*S*H di Robert Altman (una delle sue tante collaborazioni con questo regista), come Endicott in Benson, come personaggio ricorrente in Boston Legal o come lo svitatissimo chef de La Sirenetta in lingua originale.




Nella sua lunghissima carriera cinematografica, televisiva e teatrale aveva ricoperto numerosissimi ruoli di ogni genere e lavorato con i più grandi attori e registi, ricevendo per esempio un premio Tony come miglior attore protagonista nel 1969 accanto a Katharine Hepburn in Coco.

Gli sopravvivono la moglie Judith e i figli Tessa e Remy. Sul suo account Twitter stanno arrivando i messaggi di cordoglio di tanti colleghi attori e fan.








Io ebbi il piacere di conoscerlo fuori scena e di tradurre i suoi vulcanici interventi alle convention italiane di fantascienza: era una persona di raro garbo, umanità e profondità, doti che custodiva con discrezione e con una grande gioia di vivere che gli luccicava negli occhi.

Grazie, Odo, per tutto quanto.

Lo vorrei ricordare con qualche altra foto dell’incontro a Bologna, scattate da Rodri van Click, che ringrazio per averle ripescate dai suoi archivi.








2019/07/24

Lacrime nella pioggia. Ci ha lasciato Rutger Hauer, replicante indimenticabile

Rutger Hauer, interprete del replicante Roy Batty in Blade Runner e autore del suo struggente monologo finale, è morto il 19 luglio nella sua casa in Olanda dopo una breve malattia. Aveva 75 anni. Ne ha dato notizia solo oggi Variety, ricordando la sua ricca carriera costellata di personaggi memorabili. Lo ricordo anche per Ladyhawke e per The Hitcher, ma il suo volto mi resterà impresso per sempre insieme a queste parole:

“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”

Quel momento non è andato perduto.

2016/12/23

Il trailer sbagliato di Tom Cruise diventa la suoneria più irritante del momento

Non durerà a lungo, per cui guardatela finché c’è: è la versione IMAX del trailer di The Mummy, pubblicata per errore dalla Universal Pictures senza la colonna sonora musicale e quasi tutti gli effetti audio.

Confrontatela con quella giusta e considerate il risultato piuttosto comico di Tom Cruise che nel mezzo di una scena drammaticissima grida istericamente nel silenzio assoluto. I suoi strilli decisamente sopra le righe sono diventati una suoneria particolarmente irritante.


La Universal sta cercando di far rimuovere da Internet tutte le copie del video sbagliato, ed è un peccato, perché per quanto ridicolo è comunque un modo per far parlare del film, anche se mancano alcuni mesi prima della sua uscita.


Fonti: BBC, SMH, Gizmodo, Daily Dot.

2016/03/02

Ultimo giorno per vedere al cinema il documentario su @Astrosamantha

Astrosamantha - la donna dei record nello spazio, il documentario di Gianluca Cerasola dedicato alla missione spaziale di Samantha Cristoforetti, è disponibile nei cinema italiani ancora per oggi, dopo il debutto di ieri.

Se non volete perdervelo, questa è la vostra occasione: consultate sul sito ufficiale del documentario oppure qui l’elenco dei cinema che lo proiettano e godetevelo anche per me. Io, per impegni di lavoro, non riesco ad andare a vederlo: se lo vedete, ditemi nei commenti cosa ne pensate. Non temo gli spoiler sulla trama.

2016/01/27

Dietro le quinte degli effetti di “The Martian” e del nuovo “Star Wars”

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Ho da sempre un debole per gli effetti speciali e adoro vedere come vengono realizzati, sia quelli fisici sia quelli digitali. Il guaio di quelli digitali, in particolare, è che quando sono fatti veramente bene diventano invisibili e non si apprezza quanto lavoro richiedono. Tanti gli spettatori superficiali dicono “Ah, sì, è fatto al computer, che ci vuole”. Come se il computer sapesse fare l’artista da solo.

Anche se i video qui sotto sono materiale promozionale e quindi riconfezionano un po’ il processo di creazione degli effetti, è impressionante vedere quanti dettagli vengono aggiunti o modificati per ottenere l’illusione finale. Per esempio, avevate notato che in molte scene le visiere dei caschi di The Martian sono state aggiunte digitalmente?





2015/12/18

Recensione senza spoiler: “Star Wars – Il Risveglio del Copiaincolla”

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2016/03/22 20:10.

Per favore non mettete dettagli della trama de Il risveglio della Forza nei commenti. Se lo fate, dovrò cestinarli. Se volete discutere senza problemi di spoiler, ho preparato uno spazio apposito. Grazie.


Questa recensione non contiene spoiler. Per una ragione molto semplice: se conoscete Star Wars, non c’è praticamente niente da spoilerare, perché avete già visto tutta la trama. Star Wars: Il Risveglio della Forza è un copiaincolla di scene già viste nella trilogia classica. Talmente copiaincolla che al cinema io e chi era con me ne abbiamo ripetutamente anticipato sotto voce parecchie battute pur non avendo mai visto il film: perché erano le stesse, identiche della trilogia classica.

Intendiamoci: le citazioni sono sempre piacevoli, gli omaggi pure. Ma quando il film è composto quasi esclusivamente da ripetizioni di cose già viste nei film precedenti della stessa serie, cambiate giusto quel tantino che serve per non farsi trascinare in tribunale per plagio, e quando l’intera trama ricalca quella del primo film (Star Wars Episodio IV: Una nuova speranza, o Guerre Stellari come lo conoscono i veterani), non è più citazione. Non è più omaggio. È copiare. È rifilare minestra riscaldata spacciandola per fresca.

Non so voi, ma io mi sento preso per i fondelli. Di nuovo, perché J.J. Abrams ha fatto lo stesso copiaincolla anche con Star Trek. Speravo che Star Wars fosse più nelle sue corde e ho osato essere ottimista, ma mi sono dovuto ricredere.

Piacerà? A chi non conosce gli originali probabilmente sì, perché non sa che Il Risveglio della Forza è una scopiazzatura spudorata e c'è molta azione, ci sono scene spettacolari, ci sono personaggi interessanti, c'è una storia epica. Ai fan un po’ attempati, quelli che come me si sono innamorati da bambini dell’universo meraviglioso creato da George Lucas, probabilmente no, se non per effetto nostalgia.

Poteva andare peggio? Certamente. Se il confronto è con Episodio I: La Minaccia Fantasma, questo film è riuscitissimo. Abrams ha senz’altro fatto meno peggio di Lucas. Ma con tutti i soldi che danno agli sceneggiatori, perché dobbiamo sempre accontentarci di un misero meno peggio? Pagando la differenza, non si potrebbe avere almeno un guizzo di originalità? Una trama non già vista e stravista? Perché non basta prendere le scene dei film precedenti e rimescolare un po’ l’assegnazione delle battute ai personaggi per dire di aver scritto una sceneggiatura (metodo già usato da Abrams per Star Trek Into Darkness).

Cari fratelli e sorelle starwarsiani, ora saprete come ci siamo sentiti noi fan di Star Trek dopo che ci ha messo le mani Jar Jar Abrams. Preparo i fazzolettini anche per voi.


Quello che si salva


La musica di John Williams. Il tema di Rey è meraviglioso, un classico tema grandioso, romantico e avventuroso di quelli che solo John Williams sa comporre; il resto della colonna sonora è un gran bel supporto alle immagini, anche non è ai livelli probabilmente irripetibili di Una nuova speranza e de L'Impero colpisce ancora, e la fanfara iniziale mette ancora i brividi dopo quasi quarant’anni. Se J.J. Abrams pubblica una versione del Risveglio della Forza senza dialoghi e soltanto con la colonna sonora musicale e gli effetti sonori abbassati di volume, la compro.

Gli effetti speciali. Ottimi e ineccepibili, ma è anche vero che oggi è la norma, se hai un buon budget, e qui c’erano circa 200 milioni di dollari. Non posso dire nulla del 3D, perché l’ho visto in 2D.

Lo stile visivo. Questo film è fantasticamente fedele allo stile, al design e alla fotografia della trilogia originale. Moltissimi set e modelli fisici (anche se estesi e arricchiti digitalmente), molte creature fatte in animatronica invece che in grafica computerizzata, la stessa aria vissuta e logora degli ambienti e dei veicoli che è da sempre una delle caratteristiche geniali e inventive di Star Wars e che mancava in modo dissonante nei prequel, troppo patinati (anche per via dell’epoca diversa che descrivevano) e digitalizzati. Fra l’altro, i lens flare che Abrams ha fastidiosissimamente strausato nei suoi film precedenti qui si contano sulle dita di una mano.

Gli attori. Harrison Ford, nonostante gli anni siano passati, è perfetto nei rivestire i panni di un Han Solo più vecchio e più amaro, e Carrie Fisher è altrettanto all’altezza della situazione. Tutti gli altri attori nuovi se la cavano benissimo, specialmente Daisy Ridley, la protagonista (Rey), che è brava e intensa, e John Boyega (Finn). Il droide BB-8 è simpatico e adorabile senza essere infantile. Anche Peter Mayhew rende bene Ciubecca (o Chewbacca, a seconda del doppiaggio che considerate canonico), forse addirittura meglio che nella trilogia classica, tanto da strappare parecchi sorrisi di divertimento e di affetto per un vecchio amico ritrovato. Rivederli in azione è una gioia, anche se rifanno cose già viste.

L’umorismo. Non ci sono battute folgoranti e memorabili, ma momenti divertenti ce ne sono, e siamo anni luce (o dovrei dire “dodici parsec”) lontani dai livelli di George “gli-faccio-pestare-una-cacca-che-fa-sempre-ridere” Lucas nei prequel.

Le (poche) parti originali. Quando le scene non sono copiate, i dialoghi sono frizzanti e vivaci, molti simili come stile a quelli della trilogia originale; i personaggi vengono delineati rapidamente ma in modo chiaro. Peccato non aver osato essere creativi nella trama.

La scelta di umanizzare una Truppa d’Assalto. Questa, devo riconoscere, è una decisione originale che mostra un aspetto inesplorato dell’universo di Star Wars. E ben venga la scelta di far interpretare la parte da un attore di colore.

La scelta di avere una donna come protagonista. Considerato che le donne nella trilogia originale (a parte Leia) erano praticamente irrilevanti, anche questo è un buon passo avanti. E Rey è un personaggio subito simpatico: forte, autosufficiente, con un forte senso morale, capace di difendersi, a differenza del suo equivalente in Guerre Stellari, ossia Luke Skywalker, che all’inizio è un ragazzetto petulante che pensa solo a svagarsi al bar con gli amici.

Una scena. Ho promesso che non avrei fatto spoiler, per cui non vi dico quale, ma una scena che mi ha emozionato tanto c'è stata.  


Quello che va nello sciacquone


CORREZIONE: Terminologia fondamentale cambiata. Inizialmente avevo scritto che avevo rilevato un clamoroso errore di traduzione, ma mi sono dovuto ricredere e chiedo scusa al traduttore: ho avuto modo di ascoltare l’audio originale del Risveglio e il traduttore in realtà è stato fedele alla bizzarra scelta terminologica di Abrams.
Mi spiego: nella mitologia di Star Wars, la Forza ha da sempre un lato oscuro (dark side) e uno chiaro (light side), anche se nei film l’espressione “lato chiaro” non viene mai usata esplicitamente (questo avviene solo in altre fonti dell’universo espanso di Star Wars, secondo la Wookieepedia). Ma nel Risveglio della Forza i personaggi parlano ripetutamente del “Lato Oscuro” (della Forza) e lo contrappongono alla “luce”, cosa che mi ha sconcertato quando l’ho sentita al cinema (e so di non essere il solo).
Ho sospettato un errore del traduttore, pensando che nella battuta “The Dark Side and the Light” non fosse stato capito che dopo Light c’era un sottinteso side. Non luce, insomma, ma chiaro. E invece no: nell’audio originale del Risveglio, a 59 minuti dall'inizio, Kylo Ren dice “Forgive me, I feel it again, the call to the light.... show me again the power of the darkness”. A 1h:07m, un altro personaggio cita la Forza parlando di “the light. E a 1h:25m un altro personaggio ancora dice “There’s still light in him”. Quindi è proprio “luce”: un cambiamento spiazzante per chi conosce bene la saga. Perché?
Inoltre Stormtrooper non si traduce assaltatore, ma truppa d’assalto (come da celebre battuta di Leia “Non sei un po' basso per appartenere alle truppe d'assalto?” in Guerre Stellari).

I cattivi. Uno è un moccioso viziato; un altro, il suo superiore, è di una banalità tediosa e sconcertante. Nessuno dei due è temibile. Darth Vader, l'Imperatore e Tarkin (c'è una copia anche di lui) erano tutt’altra cosa.

La trama. Tutta. La forza dirompente del primo Star Wars non scaturiva soltanto dall'uso innovativo degli effetti speciali: sgorgava dal sovvertimento degli archetipi e delle regole classiche della trama. L’eroe senza macchia che non conquista la principessa; la principessa che invece di essere una donzella in pericolo è un peperino sarcastico; l’universo logoro e consunto, con le cose che cadono a pezzi invece di essere lucenti e asettiche; la scelta di entrare subito nell’azione, saltando persino i titoli di testa (tanto che George Lucas per questo si prese una multa); l’autoironia, all’epoca rara o inesistente nei film di fantascienza; gli alieni che parlano con i sottotitoli; eccetera, eccetera. Al Risveglio della Forza manca quasi completamente questa carica d’innovazione. È la fiera del già visto.

Ho promesso che non farò spoiler, per cui starò sul vago, ma questo è un breve elenco delle tantissime, troppe premesse o scene pigramente copiate e riconfezionate. Se non volete nemmeno questi vaghi accenni, smettete di leggere qui.

– Non si chiama più l'Impero, ma il Primo Ordine. Stessa minestra di prima.
– Non si chiama Tatooine, ma Jakku. Stesso pianeta sabbioso popolato da straccioni.
– Non si chiamano Jawa, ma la solfa è la stessa.
– I cattivi hanno costruito una superarma sferica ammazzapianeti che bisogna distruggere.
– La suddetta superarma si distrugge usando esattamente la stessa tecnica dei film precedenti. Persino Han Solo lo fa notare.
– I piani segreti di qualcosa d’importante sono nascosti e trafugati dai buoni usando esattamente lo stesso espediente dei film precedenti.
– Un alieno molto vecchio e saggio, di piccola statura, dispensa consigli di vita e custodisce segreti importanti. Solo che stavolta non è verde: in un prodigioso guizzo di originalità... è arancione.
– Il cattivo indossa una lunga tunica nera e una maschera.
– Il cattivo è ossessionato dal potere ed è manipolato, senza rendersene conto, da un cattivo più cattivo.
– La scena onirica nella quale un personaggio si confronta con i fantasmi del proprio passato (come nell’albero magico su Dagobah ne L'Impero colpisce ancora).
– Il bar popolato di alieni bizzarri dove c’è il complesso di altri alieni che suonano musica terrestre molto male: praticamente Cantina di Mos Eisley - Nuova gestione.
– Qualcuno dice che un personaggio passato al Lato Oscuro ha ancora del buono dentro di sé e lo hanno percepito (come ne Il Ritorno dello Jedi).
– Il supercattivo parla tramite ologramma con il cattivo in seconda in una sala apposita (come ne  L'Impero colpisce ancora) e si discute dell’idea che uno dei buoni andrebbe portato al Lato Oscuro (come ne L'Impero colpisce ancora).
– I cattivi si chiedono l’un l’altro se hanno avvertito un tremito (pardon, un risveglio) nella Forza.
– Mentre gli eroi sono nascosti nel ventre della base nemica, a uno di loro succede qualcosa di grave, un altro grida per lo shock e così le truppe imperiali... ehm, del Primo Ordine si accorgono di colpo della presenza degli intrusi (in Una nuova speranza, Luke grida quando Ben Kenobi viene abbattuto da Darth Vader nell’hangar della Morte Nera).
– Ce ne sono molte altre, assolutamente centrali per il film, ma come dicevo non farò spoiler. Ve ne accorgerete da soli. E griderete anche voi “NNNNOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!”.

2015/09/03

L’avventura spaziale di Samantha Cristoforetti raccontata in un documentario al cinema

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/12/01 23:55.

2015/09/03. Il viaggio nello spazio di Astrosamantha verrà raccontato al cinema in un documentario. Stanotte è stato messo online su Vimeo un trailer non ancora annunciato ufficialmente.

[2015/10/14: Il trailer è stato rimosso pochi giorni dopo la pubblicazione]

Inizialmente avevo pensato a un documentario non autorizzato, per via delle imprecisioni e delle immagini non pertinenti: la dicitura sbagliata “L'astronauta con il record di permanenza nello spazio” quando in realtà è il record femminile, non assoluto, e le riprese ripetute delle passeggiate spaziali, che Sam questa volta non ha fatto e che mostrano astronauti che non fanno parte del suo equipaggio. Mi aveva sorpreso anche l'uso di una S.r.l. per una produzione di questa importanza. Ma poco fa ho ricevuto conferma autorevole del fatto che si tratta di un documentario ufficiale e approvato ed è un progetto congiunto dell'ESA, dell'ASI e dell'Aeronautica Militare. La versione inglese del trailer è qui.

Sarà una gioia vedere l'esperienza spaziale di Sam su grande schermo. Così magari qualche zuccone sessista finalmente capirà quanto duro lavoro e quanto studio c'è dietro una missione nello spazio.


2015/10/14


Il trailer italiano originale è stato rimosso e quello inglese è stato reso privato, ma il 16 settembre scorso è stata pubblicata una nuova versione corretta dell'edizione italiana, scovata da dan, e del trailer in inglese. Nell'edizione italiana, al posto della dicitura sbagliata ora c'è, correttamente, la frase “La donna con il record di permanenza continuativa nello spazio”.


Astrosamantha Trailer Film CINEMA ita from MOROL SRL on Vimeo.

Inoltre il documentario è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il 12 ottobre scorso alla presenza di Samantha ed è “scritto, diretto e prodotto da Gianluca Cerasola” (Sole 24 Ore). La voce narrante è di Giancarlo Giannini.

Nella scheda apposita di IMDB, attualmente assai scarna, la data di rilascio del documentario è il 25 ottobre prossimo e il titolo inglese è Astrosamantha, the Space Record Woman. La scheda della Festa del Cinema riporta che il documentario dura 83 minuti e che la fotografia è curata da Alberto Di Pasquale, il montaggio è opera di Marco Guelfi e la musica è di Fabio Mandarà. Qualche informazione in più è presso il sito della Morol Srl.


2015/12/01


C'è una scheda informativa su Astrosamantha presso Officineubu.com e il documentario verrà proiettato il 13/12 a Milano al Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo. L’uscita nelle sale è prevista attualmente per il 7 gennaio 2016. Sono in contatto con il regista per organizzare una proiezione anche in Svizzera.

Fonti aggiuntive: SIAE, Futuro Quotidiano, Il profumo della dolce vita.

2015/03/20

Il meme della settimana: il Wilhelm Scream

L'avete sentito tutti mille volte, ma magari non ve ne siete accorti e non sapete come si chiama: è il Wilhelm Scream, uno degli effetti sonori più usati e abusati della storia, tanto da diventare un meme di Internet. Questo:


Il Wilhelm Scream è stato usato in oltre trecento film, telefilm e videogiochi; c'è in Avatar, in Star Wars, in Toy Story, ne Il Signore degli Anelli, in Assassin's Creed: Rogue, in Resident Evil 6, in GTA IV. Quando ne saprete la storia, non riuscirete più a non notarlo.

Questo grido drammatico e disperato, decisamente sopra le righe, fu registrato negli anni Cinquanta del secolo scorso. Nel film Distant Drums (Tamburi lontani), un western con il mitico Gary Cooper datato 1951, c'era una scena nella quale un soldato veniva attaccato da un alligatore mentre guadava una palude (immagine qui accanto).

Il grido di disperazione del soldato fu aggiunto in postproduzione chiamando un attore specializzato, la cui identità non è nota con certezza: gli indizi suggeriscono il nome del musicista, Sheb Wooley, che spesso registrava grida per il mondo del cinema. Il suo grido (in realtà una serie di grida con varie sfumature) fu archiviato nelle biblioteche di effetti sonori con un titolo poco creativo: Uomo viene mangiato da alligatore. E lì rimase quasi completamente dimenticato per circa vent'anni.

Ma a metà degli anni Settanta arrivò un giovane tecnico del suono che era a caccia di effetti sonori per una piccola produzione cinematografica di nessuna importanza: una cosa chiamata Star Wars. Il tecnico era Ben Burtt, e frugando negli archivi della Warner Brothers trovò questo grido e lo trovò troppo bello per non usarlo (in Star Wars lo potete sentire quando un membro delle truppe d'assalto imperiali precipita nel vuoto a bordo della Morte Nera). Scartabellando, scoprì che l'effetto sonoro era stato usato in un altro western (Charge at Feather River, in italiano L'Indiana Bianca, 1953) in una scena nella quale un personaggio di nome Wilhelm veniva colpito alla gamba da una freccia, e lo battezzò quindi Wilhelm Scream (il grido di Wilhelm).

Burtt cominciò a usarlo ovunque, facendolo diventare una citazione umoristica per addetti ai lavori: lo incluse in L'Impero Colpisce Ancora e Il Ritorno dello Jedi, in tutti e tre i film della trilogia di Indiana Jones, in Willow e anche nella nuova trilogia di Star Wars. Fu presto imitato da altri tecnici del suono, che lo infilarono in La Bella e la Bestia, Aladdin, Poltergeist, Il Pianeta delle Scimmie. Quentin Tarantino lo ha inserito in Le Iene e in Kill Bill Volume I; lo trovate anche in TitanicUp e in Monsters, Inc. Anche il mondo dei videogiochi colse la battuta sin dai tempi di Twisted Metal 2 (1996).

C'è chi lo odia, perché distrae troppo dall'esperienza fantastica del cinema e fa ricordare improvvisamente che si sta guardando un film, e chi lo adora perché lo vede come un tributo ai tanti attori dimenticati della storia del cinema, ma una cosa è certa: il Wilhelm Scream sarà sempre con noi e fa parte del nostro immaginario collettivo.

Eccovi dodici minuti di compilation di Wilhelm Scream: provate a vedere quanti film riconoscete. Buona visione, ma soprattutto buon ascolto.



Fonti aggiuntive: Priceonomics (con lista e grafico delle apparizioni dell'effetto sonoro), Giantbomb.

2014/11/12

Recensione: Interstellar

“Mi sono messo le cuffiette per non sentire
i dialoghi atroci di questo film, ma invano”
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Premessa: non pretendo che condividiate quello che sto per scrivere. Semplicemente, alcuni di voi hanno chiesto la mia opinione su Interstellar e quindi la pubblico qui per gli interessati. Ma la scrivo anche per lenire catarticamente il dolore mentale che mi ha causato il film. Non rivelerò dettagli della trama prima della sezione intitolata Spoiler da qui in poi. Ma vi avviso subito che la trama è una stronzata. Se non vi fidate di me, leggete cosa ne dice l'astronomo e geek Phil Plait.

Avete presente quei film dove alla prima inquadratura è già chiaro come va a finire e chi è il cattivo? Interstellar è così. E i dialoghi sono presi dagli scarti di Armageddon: oscillano fra toni di tentata poesia talmente retorici da risultare ridicoli e battute da pilota macho che sembrano prese di peso da un film di Schwarzenegger.

Quello che mi rode maggiormente è che le premesse erano stupende. C'è un regista che venero, Christopher Nolan, abile tessitore di trame complesse e intriganti (The Prestige, Inception, Memento) e aggressivo sostenitore degli effetti speciali fisici e della pellicola al posto del digitale (con risultati assolutamente strepitosi anche in Interstellar). C'è un tema che mi fa venire il magone al solo pensarci: l'umanità che si chiude ottusamente in se stessa invece di rispondere al richiamo dell'esplorazione dell'Universo, mentre quelli che non si arrendono all'idea di finire come topi in trappola fanno un ultimo, disperato tentativo di sfuggire alla propria culla trasformatasi in una tomba sterile e polverosa.

Il parallelo con le missioni Apollo, citate più volte nel film, è lampante. Abbiamo osato, abbiamo avuto successo, siamo arrivati sulla Luna sei volte, abbiamo mosso i nostri primi, incerti passi nel cosmo, quelli che dobbiamo compiere come specie se vogliamo sfuggire all'inesorabile destino di questo pianeta... e ci siamo fermati. Troppo presi a pensare all'oggi, al subito, al prossimo post su Facebook, per pensare a fare, a costruire per il futuro, ad avere il coraggio di sfidare un universo che è terrificante nella sua vastità inconcepibile ma che al tempo stesso è il nostro destino. Siamo esploratori, pronti a rischiare e a sacrificarci per scoprire nuove terre, o siamo pavide scimmie condannate a starcene chiuse nella tana a contemplarci l'ombelico e incancrenirci?

Con un tema così grandioso, in mano a un regista di questo calibro, pareva impossibile sbagliare. E invece Interstellar finisce per essere una confusa, tediosa, prevedibile storia di buoni sentimenti in cui i soliti americani – e solo loro, si vede che il resto del mondo è troppo preso a giocare a ramino – risolvono tutto con soluzioni al limite del ridicolo, condite da un technobabble frastornante e sconclusionato (se non basta la quarta dimensione c'è la quinta, e se neanche la quinta è abbastanza, c'è sempre la forza dell'ammmoooreeee che è un artefatto fisico di una dimensione spaziale superiore che trascende i limiti dello spazio e del tempo), scopiazzando a piene mani da 2001 Odissea nello spazio di Kubrick (a volte rubandone intere scene – se lo andate a vedere, vi sfido a non canticchiare il Danubio Blu o a mormorare “HAL, apri il portello”).

La prima mezz'ora circa di Interstellar getta delle premesse meravigliose che poi vengono sperperate nelle due ore restanti. La prima visita a un pianeta è splendida: le conseguenze della dilatazione del tempo subita dagli astronauti sono raccontate in modo struggente e rendono magnificamente l'immensità del viaggio e del sacrificio. Ma poi tutto scivola in un pasticcio deludente nella sua ovvietà.

Intendiamoci: visivamente Interstellar è un grande spettacolo. Se ne esistesse una versione nella quale i dialoghi sono zittiti, tutta la menata del granturco viene rimossa e la musica di Hans Zimmer viene lasciata a svettare a manetta insieme alle immagini pittoricamente meravigliose ed epiche dell'odissea spaziale, sarebbe perfetto. Il volo iniziale vicino a Saturno è un capolavoro estetico che può essere ammirato soltanto su uno schermo gigante e in alta risoluzione. I veicoli spaziali hanno una fisicità e una massa che possiedono soltanto i modelli reali, costruiti, non fatti in computergrafica. E i robot, che con i dialoghi sono insopportabili spalle pseudocomiche, senza quegli stessi dialoghi rivelano tutta la loro originalità geniale. L'uso della pellicola e dell'IMAX per le riprese è sublime, e la fotografia è favolosa: invece di ricorrere ai trucchetti del 3D, Interstellar gioca sulla profondità di campo ridottissima, alla Barry Lyndon, per stagliare gli attori sullo sfondo (guardate l'arte della messa a fuoco variabile quando Cooper si alza dal letto dopo aver parlato con Murph – se siete fotografi, è da applauso). È bellissima anche la scelta di non far sentire i rumori nel vuoto.

Insomma, Interstellar aveva tutte le carte in regola per essere un'ode all'esplorazione, una poesia del cosmo, uno spettacolo visivo grandioso, una riflessione su chi vogliamo essere come persone e come specie e quale destino vogliamo crearci. E invece finisce per essere un polpettone indigesto, che risulta ancora più amaro perché te lo rifila quello che solitamente è un grande chef.


ATTENZIONE: Spoiler da qui in poi


La scena degli insegnanti che redarguiscono il protagonista, Cooper, perché insegna alla figlia che siamo davvero andati sulla Luna, mentre i libri di testo scolastici “corretti” insegnano che le missioni lunari furono una messinscena per mandare in bancarotta i sovietici, mi ha fatto accapponare la pelle: fa vedere il mondo come sarebbe se i complottisti andassero al potere. La sorpresa di scoprire subito dopo che la NASA è diventata un'organizzazione clandestina è notevole, però scivola presto nel ridicolo.

Che ci fa un drone indiano che gira impunemente nei cieli americani? Non si capisce cosa c'entri con tutto il resto e perché dobbiamo spendere interi minuti a rincorrerlo, oltretutto falciando con un SUV chilometri di quel granturco che è diventato così prezioso. O meglio, il perché viene dato, ma è ancora più irritante perché poi non se ne sa più nulla e non serve a niente nel resto della trama.

E che dire di Cooper, che passa da ex pilota dedito da anni all'agricoltura a pilota di veicoli interstellari in men che non si dica (neanche il tempo del raccolto)? Quando ha studiato il manuale di bordo e il piano di missione? Come fa poi a pilotare un apparecchio che non ha mai preso in mano prima e calcolare sui due piedi rotte intorno a buchi neri rotanti che non sa neanche come funzionano?

Chiediamoci anche come fa la NASA a collaudare di nascosto un missile spaziale gigante (che ha una somiglianza notevolissima con un Saturn V delle missioni Apollo) e come fa a tenere segreto tutto quanto dopo ogni lancio (prima di Cooper ce ne sono stati parecchi altri): possibile che nessuno si accorga del decollo di un bestione alto cento metri, visibile da mezzo continente? E pazienza se Cooper dice che la stella più vicina a noi è a migliaia di anni luce (no, è a circa quattro; forse intendeva una stella con pianeti abitabili).

No, mi spiace: se si fa un film con grandi pretese di realismo e si ripete ossessivamente nella campagna promozionale che sono stati scomodati i migliori esperti per rendere Interstellar scientificamente corretto e poi si fanno scivoloni come questi, io mi sento preso in giro.

L'attracco all'astronave madre rotante è preso di peso da 2001, ma in 2001 la stazione era grande e pertanto le bastava ruotare abbastanza lentamente, mentre qui è piccina e quindi per generare un effetto centrifugo sufficiente gira molto rapidamente su se stessa. E che fanno i geni della NASA? Tappezzano l'astronave di finestrini, così gli astronauti vedono continuamente l'universo intero che gira davanti ai loro occhi. Poi ci si meraviglia che a uno degli astronauti viene la nausea.

Quando trovano Matt Damon ibernato e viene inquadrato il suo robot scassato, si capisce subito che c'è qualcosa che non va nella sua giustificazione del danno e che di lui non c'è da fidarsi. Suvvia, Nolan, non siamo stupidi: conosciamo il Fucile di Chekhov. Sappiamo che se viene mostrato o citato un particolare che sembra essere irrilevante per la trama, quel particolare diventerà rilevante in seguito. O lo introduci bene, integrandolo nei dialoghi in modo naturale, o ti fai sgamare. Farlo addirittura due volte nel giro di pochi minuti (quando Damon chiede, senza alcun motivo, se Cooper ha un trasmettitore a lungo raggio) è un po' un insulto all'intelligenza dello spettatore.

E a proposito di Matt Damon, l'idea che un astronauta addestrato, capace di sopravvivere per anni da solo su un pianeta totalmente inospitale, sia così cretino da non rendersi conto che se apre verso il vuoto il portello pressurizzato ci saranno conseguenze catastrofiche che lo ammazzeranno è semplicemente ridicola.

Il guaio è che anche Cooper è altrettanto cretino. Non solo gli devono fare il disegnino per spiegargli cos'è un wormhole (e glielo fanno durante la missione, che dirglielo prima pareva maleducato), ovviamente a beneficio del pubblico (espediente di sceneggiatura trito e maldestro), ma durante la colluttazione con Matt Damon, mentre quest'ultimo cerca di sfondargli il casco con il proprio per farlo soffocare (a 1h:55min), Cooper si mette a cercare di ragionare con lui, dicendogli testualmente che se fa così ha il 50% di probabilità di rompere il suo stesso casco. Giuro. Perché parlare di calcolo delle probabilità è il modo migliore per far cambiare idea a un pazzo omicida che ti sta prendendo a craniate. Non solo è stupido: è ridicolo.

L'astronave rotante, oltretutto, una volta che è stata semidistrutta dall'incidente dovrebbe perdere la stabilità di rotazione, come una trottola rotta, e invece la mantiene perfettamente. Inoltre preferisco sorvolare sull'assurdità alla Armageddon dell'attracco rotante improvvisato da Cooper e concluso da una delle battute più chucknorrisiane del film (“Non è impossibile: è necessario!”, a 2h:7min).

Che dire, poi, di tutto quello sdolcinato monologo sull'amore che sarebbe una forza reale che supera lo spazio e il tempo? Non sto parlando dell'amore come sentimento che ci spinge a fare cose straordinarie, ma di amore da includere nelle equazioni dello spaziotempo come entità concreta che consente di comunicare all'indietro nel tempo. Certo, alla fine del film si capisce che è un'ipotesi errata, ma allora perché perdere tempo e confondere lo spettatore? Sembra un concetto scopiazzato dal Quinto Elemento e non c'entra nulla con tutto il resto. Soprattutto in un film che, a differenza dell'adorabile Elemento, si prende mortalmente sul serio e si vanta di essere scientificamente rigoroso.

Se la piaga delle piante consuma l'azoto dell'atmosfera, come spiega Michael Caine a 28 minuti dall'inizio (“We don't even breathe nitrogen. The blight does, and as it thrives, our air gets less and less oxygen”), perché mai l'umanità rischia di soffocare? Gli esseri umani, appunto, non usano l'azoto atmosferico, e non lo fanno neanche le piante (usano l'azoto nel terreno). Se la piaga consuma l'azoto atmosferico ma ci sono piante che producono ossigeno (e se ne vedono tante nelle grandi panoramiche sulla Terra), la percentuale d'ossigeno in atmosfera aumenta. Non ha senso. Perché non dire semplicemente che la piaga uccide le piante e quindi l'umanità soffocherà perché non ci saranno più piante a generare ossigeno?

Se il veicolo spaziale usato da Cooper è in grado di decollare da solo da un pianeta con una gravità terrestre, perché ha bisogno di essere installato su un supermegamissile per lasciare la Terra (aggiornamento: c'è qualche possibile giustificazione nei commenti qui sotto)?

E che dire di Cooper che viene esposto per la prima volta a uno spaziotempo pentadimensionale e riesce in pochi secondi a capire come funziona e a manipolarlo talmente bene da mandare un messaggio in Morse? Se è così magicamente bravo, perché usa un sistema così criptico come la lancetta dell'orologio? Perché gli esseri umani pentadimensionali del futuro non fanno semplicemente apparire il messaggio nel laboratorio della NASA? E come fa Cooper a continuare a manipolare la lancetta quando Murph porta via l'orologio dalla libreria? Perché Murph, invece di mettersi a trascrivere subito il messaggio, ne perde il primo pezzo correndo fuori ad annunciare agli altri che papà sta comunicando?

Mi spiace, ma questa non è fantascienza: è fantasy sentimentale con le astronavi. Quelli che ho elencato sono incoerenze e assurdità (non rispetto alla scienza, ma rispetto alle premesse definite dalla trama) talmente grosse che mi tirano fuori dal film. Io sono entrato al cinema sperando di farmi incantare dal senso del meraviglioso e ne sono uscito totalmente deluso. Scusate lo sfogo.
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