2022/07/27 16:40. Sono state pubblicate poco fa le prime fotografie
scattate durante l’EVA del 21 luglio scorso. Dato che mostrano entrambi,
presumo che siano state scattate dall’interno della Stazione Spaziale
Internazionale. Sam indossa la tuta con le bande blu e ha sul braccio la
bandiera italiana.
Fotogramma tratto da video GoPro
vlcsnap-2022-07-27-01h46m23s303
(credit: ESA / NASA / Roscosmos Sergey Korsakov). Questa immagine dovrebbe
essere stata scatta all’interno della camera di decompressione o airlock denominato Poisk.
Just two words: THANK YOU! Thank you all in Europe, Moscow, Houston and
on
@Space_Station. Thanks for working to make this possible, thanks for the training, the
planning, the real-time support, the videos and pictures, the trust and the
encouragement. It was a dream come true.
pic.twitter.com/Axn7gcs9VX
— Samantha Cristoforetti (@AstroSamantha)
July 28, 2022
L’audio è parecchio carente in alcuni punti, ma se vi interessa è online la
registrazione del mio intervento
Al sicuro sul web - Sicurezza informatica e privacy digitale quotidiana, presentato da Agnese Sonato, al
CicapFest 2022.
Ben quattro testate giornalistiche italiane (Leggo,
Il Mattino, La Gazzetta del Sud e Il Gazzettino) hanno
pubblicato un fotomontaggio scrivendo che sarebbe un
selfie dell’astronauta Samantha Cristoforetti.
“Samantha Cristoforetti, il web la premia: è suo il super selfie più
bello della storia”, titola
Il Mattino
(copia permanente), precisando a
scanso di equivoci anche nel testo che la foto sarebbe sua:“tra un esperimento e l'altro AstroSamantha trova anche il tempo di
regalare al mondo uno dei selfie più belli della storia”.
Leggo pubblica un
tweet certissimo
(“è suo il super selfie della storia”) e poi un
testo
(copia permanente) praticamente identico a quello delle altre due testate, ma con l’aggiunta
di qualche frasetta dubitativa.
La
Gazzetta del Sud
titola
“Samanta Cristoforetti passeggia nello spazio: il selfie con l'Europa
alle spalle”
(copia permanente).
Gli articoli di Leggo, del Gazzettino e del Mattino sono
praticamente identici e tutti firmati da Niccolò Dainelli. Quello della
Gazzetta del Sud non è firmato.
La notizia è falsa: il presunto selfie è in realtà un vecchio
fotomontaggio che risale ad almeno un anno e mezzo fa ed è stato pescato dal
Web, a quanto pare senza effettuare il minimo controllo.
Il fotomontaggio ha le luci completamente sbagliate: l’astronauta è illuminato
a giorno, ma dietro la Terra è vista di notte. Da dove arriverebbe la luce che
illumina l’astronauta? E cosa sarebbe quel grande oggetto bianco squadrato che
si vede riflesso nella visiera?
Oltretutto il fotomontaggio mostra una tuta spaziale americana, mentre
Samantha Cristoforetti è uscita nello spazio il 21 luglio scorso usando una
tuta russa, che è completamente differente. E l’inquadratura della
Terra è decisamente troppo ampia per essere presa dalla quota della Stazione
Spaziale Internazionale, dove si trova ora Samantha, a 400 km di quota.
Non pretendo che un giornalista generalista sappia distinguere una tuta
spaziale russa da una americana o che conosca l’aspetto della Terra da 400 km.
Ma mi aspetto che
non pubblichi foto a caso prese dal Web senza verificarle.
Nel caso specifico, l’articolo del Gazzettino mostra anche la fonte
usata per questa foto falsa: un
tweet di una utente qualsiasi.
A questa utente ho chiesto educatamente se era disposta a rimuovere il tweet.
La foto è falsa; è un fotomontaggio e non mostra affatto Samantha
Cristoforetti. La tuta è americana, ma lei è uscita con una tuta russa. E la
foto gira da un anno e mezzo. Giuliana, il tuo tweet è stato ripreso dai
giornali, diffondendo la fandonia. Lo cancelleresti? Grazie.
— Paolo Attivissimo (@disinformatico)
July 25, 2022
La risposta dell’utente “Giuliana Valenti”:
Però perlomeno ha rimosso il tweet.
Il fotomontaggio gira almeno dalla fine del 2020, come è facile verificare con
tre secondi di ricerca su Tineye.
@Ufoofinterest
mi segnala che una variante della stessa foto è stata
spacciata anche da CBS News
come selfie fatto da Samantha Cristoforetti addirittura nel
2016, scrivendo persino nella didascalia “Samantha Cristoforetti/ESA” come
fonte e dando dettagli (completamente falsi) sul contesto:
“Italian Astronaut Samantha Cristoforetti sent the people of Macedonia a
greeting from space on twitter with this selfie, 2014”
(copia permanente). Non è vero, e non può
essere vero perché durante la sua prima missione Samantha non ha effettuato
nessuna uscita in tuta spaziale. Complimenti vivissimi anche a CBS News,
insomma.
Altre info sulle origini di questo fotomontaggio sono state trovate da
@PicPedant: l’immagine dell’astronauta è tratta da una foto (ISS032E025258) che mostra l’astronauta giapponese Aki Hoshide ed è stata scattata il 5
settembre 2012.
Lo sfondo, invece, è probabilmente un’immagine composita tratta da riprese
satellitari come
queste, segnalate da
SMHoaxSlayer.
---
Poco dopo la pubblicazione della mia
segnalazione
su Twitter, il Gazzettino ha semplicemente rimosso l’articolo, senza
rettificarlo come sarebbe invece previsto dal codice dentologico dell’Ordine
dei Giornalisti. La versione sul Mattino è invece ancora lì al momento
in cui scrivo queste righe, ma con un bel buco al posto della foto, visto che
il tweet di Giuliana Valenti che è stato usato per embeddare l’immagine
è stato rimosso.
Questo è il modo in cui si fa giornalismo in certe redazioni. Meno male che i
giornali dovrebbero salvarci dalle fake news.
Ringrazio i tanti che mi hanno segnalato i dettagli di questo ennesimo
scivolone giornalistico perfettamente evitabile. Ho preparato un’immagine che
se volete potete usare per rispondere concisamente ai tanti che condivideranno
questo falso:
---
2022/07/27 16:25. Sono state pubblicate le
prime foto effettive
dell’escursione di Samantha.
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Una delle critiche più frequenti alla mobilità elettrica è che non ci sia
energia elettrica sufficiente per caricare milioni di automobili. Le
analisi degli esperti
dicono che non è così, perché la percorrenza media giornaliera è ben sotto i
40 chilometri e quindi i kWh necessari ogni giorno sono una manciata
abbastanza facile da gestire con una carica lenta diurna o notturna; gli
ammodernamenti progressivi della rete elettrica che verranno fatti nei decenni
che ci vorranno per rimpiazzare tutte le auto a carburante saranno all’altezza
della situazione, a detta degli addetti ai lavori, se ci si rimbocca le
maniche invece di proclamare che ogni cambiamento è impossibile.
Ma in momenti come questo, in cui la generazione di energia elettrica è
azzoppata dalla scarsità d’acqua (necessaria per raffreddare le centrali
elettriche nucleari, a combustibili fossili e idroelettriche) e la Russia
minaccia di tagliare le forniture di gas per bullismo geopolitico, è
comprensibile che ci si preoccupi che la transizione alla mobilità elettrica
sia un passo troppo difficile da fare.
Quello che spesso non si considera in questa preoccupazione, però, è che
invece di costruire nuove centrali per caricare le automobili elettriche si
possono ridurre i consumi di queste auto. E si possono ridurre
tantissimo.
Ridurre i consumi dei veicoli elettrici significa che il loro fabbisogno
energetico diventa minore, che è già una buona cosa, ma significa anche che i
loro costi operativi diminuiscono, rendendo le auto elettriche ancora più
convenienti rispetto ai veicoli a carburante (già ora caricare un’elettrica
costa un quarto di quello che costa fare gli stessi chilometri con un’auto
tradizionale; immaginate quanto diventa attraente e conveniente un’auto che
costa sei-otto volte meno da rifornire).
Non solo: auto che consumano meno si ricaricano più in fretta, riducendo le
attese alla colonnina, e hanno bisogno di batterie più piccole a parità di
autonomia, per cui riducono anche il fabbisogno di materiali e l’impatto
ambientale (oppure rendono possibili grandissime autonomie usando le
batterie attuali). C’è insomma una sorta di effetto valanga positivo.
Il 90% di risparmio al chilometro, 1200 km di autonomia elettrica e la
possibilità di caricare semplicemente parcheggiando l’auto al sole vi
interessano? Sono risultati già fattibili adesso, con la tecnologia attuale, a
patto di ripensare a fondo il concetto di automobile e di allontanarsi
dalla mania attuale di costruire veicoli inutilmente enormi che hanno
l’aerodinamica di una lavastoviglie. Non va dimenticato, infatti, che a
velocità autostradali gran parte dell’energia viene consumata per fendere
l’aria. Pretendere di farlo con le forme ipertrofiche e squadrate che vanno
così tanto di moda adesso è una follia.
Vi propongo una rassegna di alcuni esempi di quello che si sta facendo nella
ricerca e che si fa concretamente, con veicoli che si possono acquistare già
adesso. Le tecniche usate per ottenere questi risultati non sono fantascienza:
sono, fondamentalmente, ottimizzazioni dei motori e dei materiali, riduzione
dei pesi e forme aerodinamiche più efficienti. Nulla che non si possa
fabbricare su vasta scala, insomma.
Mercedes Vision EQXX
Una casa automobilistica estremamente tradizionale come Mercedes ha realizzato
un prototipo di auto puramente elettrica che fa 1200 km con una carica e
consuma 8,7 kWh/100 km (11,25 km/kWh). Per fare un confronto, un’auto
elettrica attuale consuma oltre il doppio. La mia Tesla Model S, per
esempio, a velocità autostradali consuma 18-20 kWh/100 km, ossia fa da 5
a 6 km con un kWh. Questa Mercedes fa più del doppio della strada con gli
stessi kWh.
L’auto, una berlina a quattro posti lunga 4,97 metri, ottiene questo risultato
usando varie soluzioni. Ha un motore singolo invece dei due montati su molte
auto elettriche attuali, e questo aiuta a ridurre il peso (che è di 1700 kg,
di cui 488 kg sono costituiti dalla batteria da 100 kWh, che è a
raffreddamento passivo per ridurne la massa ed evitare il consumo energetico
di pompe e ventole); ha un impianto di climatizzazione ultraleggero e
alimentato dal pannello fotovoltaico sul tetto, in modo da non incidere sulla
batteria primaria; monta pneumatici a bassa resistenza al rotolamento e cerchi
lenticolari per ridurre la turbolenza prodotta dal passaruota; e ha
un’aerodinamica efficientissima (Cd 0,17), alla quale contribuisce uno spoiler
posteriore retrattile, che cambia la forma del retro dell’auto allungandola
quando è in movimento, in modo da farle assumere una sagoma più vicina a quella ideale. Su Ars Technica trovate una dettagliata recensione con altre informazioni tecniche.
Sorprendentemente, quest’auto non usa telecamere al posto degli specchietti
retrovisori esterni, come fanno altre auto (Audi Etron, per esempio) per
ridurre la resistenza aerodinamica. Secondo Mercedes, infatti, il consumo di
energia delle telecamere e soprattutto degli schermi interni che mostrano le
immagini delle telecamere laterali
vanifica
buona parte del loro beneficio aerodinamico; Mercedes ha scelto quindi di installare specchietti tradizionali ma meno grandi di quelli comunemente usati oggi. Anche il grande schermo del
cruscotto si accende
solo quando serve, sempre per ridurre i consumi.
La EQXX ha fatto vari viaggi dimostrativi su strade normali: per esempio, è
andata con una singola carica da Stoccarda a Cassis (in Francia, 1008 km). Con
un’altra singola carica ha anche
viaggiato
da Stoccarda a Silverstone, percorrendo 1202 km in 14 ore e 30 minuti (media
di 83 km/h), ed è avanzata carica per una decina di giri in pista a 140 km/h.
Intendiamoci: questo è un veicolo sperimentale che probabilmente non
verrà mai realizzato in serie e se lo fosse avrebbe un prezzo di listino
astronomico. Ma è una dimostrazione concreta, tangibile, di quello che si può
fare. Una volta dimostrata la loro fattibilità, le innovazioni tendono a
essere introdotte anche sui veicoli di massa. Airbag, ABS, barre
anti-intrusione, accensione elettronica, per esempio, sono tutte tecnologie
nate in fascia alta e poi portate nelle auto normali.
Lightyear 0
Questa auto elettrica iperefficiente a 5 posti, da oltre 1000 km di autonomia,
è invece acquistabile, anche se il prezzo è da capogiro: 250.000 dollari
(parte dell’importo serve a finanziare lo sviluppo del modello successivo, che
sarà a basso costo; questo è un veicolo a tiratura limitata di circa mille
esemplari).
Ruote posteriori carenate, forma a goccia, quattro motori integrati nelle
ruote (quindi niente peso e inefficienza del differenziale), telecamere al
posto degli specchietti e cerchi lenticolari contribuiscono a portare
quest’auto a 7,8 kWh/100 km o 12,8 km/kWh, ossia a consumi ancora inferiori a
quelli della Mercedes EQXX.
Inoltre la Lightyear 0 si
caratterizza per una superficie enorme di pannelli fotovoltaici, che caricano
la batteria relativamente piccola (60 kWh, ricaricabile dal 10 all'80% in
mezz'ora) anche mentre l’auto è in movimento. Normalmente i pannelli
installati sulle auto sono una perdita di tempo, perché non generano energia
in quantità significative per la propulsione, ma quest’auto è iperefficiente,
appunto, per cui quel poco di energia che i pannelli producono viene sfruttata
due volte meglio del normale, e in più la superficie dei pannelli è ben più
grande della norma (5 metri quadrati): una buona giornata di sole consente di
caricare (gratis) da 5 a 6 kWh, ossia una settantina di chilometri di
autonomia, che è più della percorrenza media giornaliera. Il che significa che
se viene parcheggiata all’aperto, è raro che debba mai caricare alla
colonnina. Addio problemi di chi non ha un posto auto da dotare di presa di
ricarica e di mancanza di colonnine. Si va in ufficio, si parcheggia l’auto
all’aperto e la si lascia lì a caricare, gratis e senza bisogno di prese o
colonnine o altro.
L’auto è lunga cinque metri e larga 1,9, e la sua forma allungata le
conferisce un Cd di 0,19. I pesi vengono ridotti usando una carrozzeria in
fibra di carbonio, che la portano a 1575 kg. Nel video qui sotto si vede un
modello di preproduzione.
Le specifiche tecniche del modello che verrà messo in vendita sono le seguenti: batteria da 60 kWh, 5 mq di pannelli fotovoltaici che generano fino a 1,05 kW, 10,5 kWh/100 km, 70 km di autonomia ricaricati per giorno di esposizione al sole (10 km per ogni ora di esposizione), Cd inferiore a 0,19, 1575 kd di peso. 640 litri di bagagliaio, carica rapida 520 km/h, carica domestica 32 km/h. La produzione dovrebbe iniziare in Finlandia entro fine 2022. L’auto è già prenotabile e configurabile online; ne verranno prodotti 946 esemplari al prezzo di vendita di 250.000 euro ciascuno.
Aptera
Quando scrivo “ripensare a fondo il concetto di automobile”, però, ho
in mente ben più di una forma a berlina molto aerodinamica. Ho in mente forme
e soluzioni come quelle di Aptera:
carrozzeria veramente a goccia (Cd 0,13), tre ruote per ridurre di un quarto
la resistenza al rotolamento, pannelli fotovoltaici per ricaricare anche in
movimento, pesi ridottissimi (da 900 a 1100 kg), due motori integrati nelle
ruote (tre nella versione top).
Risultato: fino a 1600 km di autonomia nella versione con batteria da
100 kWh, vale a dire 16 km/kWh
o 6,25 kWh/100 km. Il triplo dell’efficienza di un’auto elettrica
normale (che, non va dimenticato, è già enormemente più efficiente di qualunque auto a carburante). Ci sono inoltre fino a 65 km di autonomia gratuita ogni giorno grazie
ai pannelli fotovoltaici che generano fino a 700 watt, per cui in molti casi
non è mai necessario attaccarla alla rete elettrica per caricarla.
Quindi non grava sulla rete elettrica e nemmeno sul portafogli.
Il prezzo è già più abbordabile rispetto ai casi precedenti: si parte da
26.000 dollari per la versione base e si arriva a 50.700 per la versione a
massima autonomia. Il veicolo è a due posti, più un bagagliaio usabile ma non
eccessivo. Le dimensioni sono ragguardevoli: 4,3 metri di lunghezza e ben 2,23
metri di larghezza.
---
Questi veicoli danno un’idea di quanto margine di miglioramento ci sia
nell’efficienza dei veicoli senza per questo mortificarne le prestazioni e la
fruibilità. E c’è ancora altro margine nelle batterie, con alleggerimenti,
composizioni chimiche più efficienti e ottimizzazioni.
Ovviamente, l’auto che inquina di meno e consuma meno energia in assoluto è
comunque quella che non si compra e non si usa, per cui l’efficienza non deve
essere una scusa per usare l’auto più di quanto sia realmente necessario o per
continuare a soffocare le città con automobili che sono sì pulite ma rimangono
assurdamente ingombranti (tutti questi esemplari sfiorano o superano i quattro
metri e mezzo); ma la sfida tecnica di fornire energia per la mobilità
elettrica di massa sembra meno drammatica di quello che molti pensano.
---
Se vi state chiedendo perché questi miglioramenti di efficienza (per esempio quelli aerodinamici, relativamente semplici) non vengono applicati alle auto tradizionali, la risposta è che su un veicolo a carburante non si percepiscono tanto quanto su un’auto elettrica, e quindi c’è poca richiesta: lo si nota da quanti preferiscono correre in autostrada con SUV e simili che hanno un’aerodinamica demenziale, tanto basta mettere un po’ di benzina in più e pagare un po’ di più. Il risultato è che è rarissimo vedere qualcuno che compra un’auto perché consuma poco. Su un’elettrica, invece, l’efficienza maggiore può fare la differenza fra fermarsi mezz’ora o un’ora a caricare oppure arrivare direttamente a destinazione.
Ho rimosso i riferimenti alla Sono Sion presenti nella stesura iniziale di questo articolo perché erano dovuti a un mio errore di conversione dei valori di efficienza. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle
donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere
ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o
altri metodi.
Pochi giorni fa sono stato ospite di una live su YouTube con Luca Nardi per parlare di complottismi intorno agli allunaggi. Se vi interessa, potete rivederla qui.
Aggiungo una piccola correzione: credo di aver detto che il veicolo Apollo, durante il viaggio da e verso la Luna, veniva ruotato sul proprio asse a tre giri al minuto, che è una fesseria: erano tre giri l’ora (uno ogni venti minuti, insomma). Scusate!
Si è conclusa tardi ieri sera (alle 23:55 del 21 luglio, ora italiana), dopo
sette ore e cinque minuti, la prima attività extraveicolare (EVA) di Samantha
Cristoforetti, che è anche la prima di una donna europea, è una delle
pochissime effettuate da europei usando tute russe, ed è anche l’unica
compiuta da una persona europea usando una tuta russa sulla Stazione Spaziale
Internazionale (le altre furono effettuate sulla stazione russa Mir da
Jean-Loup Chrétien, Thomas Reiter e Jean-Pierre Haigneré). L’EVA è iniziata
formalmente alle 14.50 GMT, con circa 50 minuti di ritardo, ed è terminata
alle 21.55 GMT.
Qui sotto trovate qualche immagine presa dalla diretta-fiume di Nasa TV e
Roscosmos. Le foto in alta risoluzione e i video arriveranno nei prossimi
giorni. Alcune stanno già spuntando sull’account Flickr di Sam.
Ho caricato su YouTube la mia registrazione della diretta NASA dell’EVA: la
trovate in fondo alla serie di immagini con un indice breve delle sue fasi
salienti. La diretta commentata da Gabriele Mascetti, Responsabile
dell'ufficio volo umano dell’ASI, da Barbara Negri, responsabile dell’unità
Volo umano e Sperimentazione Scientifica e da Paolo D’Angelo, giornalista
della Direzione Comunicazione Istituzionale, è disponibile sul sito dell’ASI
(prima parte;
seconda parte). Su
Astronautinews.it
trovate una cronaca molto dettagliata dell’EVA.
Ho scritto “prima” EVA di Samantha perché credo che se ne prospetti una
seconda, dato che durante questa non è stato possibile completare tutti i
compiti previsti: sono stati lanciati dieci nanosatelliti, è stata montata una
piattaforma temporanea che verrà usata dal braccio robotico europeo, è stato
installato un adattatore per payload sul modulo russo Nauka, è stato
preparato il pannello di controllo esterno del braccio robotico, è stata
sostituita la copertura di una telecamera per migliorarne la nitidezza e sono
state effettuate varie altre
operazioni, ma non c’è stato tempo di estendere il braccio-passerella Strela per
facilitare le prossime EVA.
Normalmente, quando una EVA non completa tutti i lavori previsti ne viene
fatta un’altra con gli stessi membri d’equipaggio, dato che sono quelli che
hanno studiato e provato le operazioni da effettuare. Ma visto il metodo di
lavoro piuttosto improvvisato delle EVA russe (particolarmente evidente ieri,
con ordini e contrordini), è anche possibile che la seconda EVA venga affidata
a qualcun altro.
Oggi (venerdì 22) Artemyev e Cristoforetti hanno
riposato
fino a tardi e hanno trascorso il resto della giornata a pulire le proprie
tute spaziali e a ispezionare gli attrezzi e i cavi di sicurezza.
Nel frattempo è arrivata la
notizia
che il vettore Falcon 9 che dovrebbe essere usato per portare alla
Stazione il cambio di equipaggio, con la missione Crew-5, ha subìto un
danno durante il trasporto su strada e questo comporta il rinvio della
partenza di circa un mese, a non prima del 29 settembre 2022. Questo potrebbe
comportare uno slittamento del rientro di Samantha, previsto attualmente per
settembre.
Questa è un’immagine risalente al 2012, tratta da questo album, che mostra Samantha mentre prova la tuta Orlan sulla Terra. Le note alla foto forniscono informazioni interessanti sulla regolabilità relativamente limitata della Orlan: “Optimizing arm length adjustment: pushing the Orlan adjustments to the limit! The Orlan is "one size fits all", but it has several adjustment possibilities, like folding back the arms until you get proper finger contact in the gloves”.
Torniamo al presente con Samantha durante la vestizione prima dell’EVA: indossa la sotto-tuta
refrigerante e i doppi microfoni per le comunicazioni radio (foto tratta da
Flickr).
Al centro si intravede lo “zaino” della tuta di Samantha, appena uscita dalla
Stazione.
La Stazione passa continuamente dal giorno alla notte orbitale e quindi spesso
si lavora al buio. I puntini non sono stelle; sono pixel bruciati della
telecamera, danneggiata progressivamente dall’esposizione alle radiazioni
all’esterno della Stazione.
L’unica luce è quella delle lampade montate ai lati dei caschi delle tute.
Questa è un’immagine presa dalla telecamera installata sul casco di Oleg
Artemyev, il cosmonauta russo che dirige l’EVA.
La visuale dalla telecamera montata sul casco di Samantha Cristoforetti.
Attività per la preparazione al lancio manuale di dieci nanosatelliti.
Si torna alla luce del giorno.
Oleg, riconoscibile dalle bande rosse sulla tuta, ripreso dalla telecamera di
Samantha.
Al lavoro. Tutte le conversazioni, fra i Oleg e Sam e il centro di controllo a
terra, sono in russo.
Il centro di controllo a Korolev, in Russia.
Lavoro in coppia per il lancio dei nanosatelliti.
Sam vista dalla telecamera di Oleg.
Artemyev lancia uno di dieci nanosatelliti. Uno di essi colpisce leggermente i
pannelli fotovoltaici della sezione russa per errore. In basso, al centro,
Sam.
Inquadratura larga dell’area di lavoro. Il tubo diagonale al centro è il
braccio-passerella russo Strela. In alto, l’oggetto argenteo
tondeggiante è una parte del veicolo di rifornimento automatico russo
Progress.
Nanosatellite e Sam (a visiera riflettente alzata).
Qui si scorge bene il volto di Samantha. Non capita spesso di vedere i visi
degli astronauti durante le EVA.
Altra immagine di Sam, che “spacchetta” i nanosatelliti da porgere a Oleg.
Dev’essere difficile lavorare senza farsi incantare dalla visione della Terra.
Si nota bene la bandiera italiana sulla tuta russa Orlan di Sam.
Ancora al lavoro per i nanosatelliti.
Altra immagine di Sam dalla telecamera di Oleg.
Le custodie protettive dei nanosatelliti fanno tribolare: sono legate molto
strettamente. Sono decorate con immagini del teorico russo del volo spaziale,
Konstantin Tsiolkovski.
Via Internet è possibile sapere dove si trova la Stazione e vedere quando
sorvola l’Europa, e anche fotografarla. Alcuni appassionati sono riusciti ad
ascoltare le comunicazioni radio di Oleg e Sam, trasmesse verso Terra.
Quasi tre ore di EVA: Oleg e Sam si spostano per proseguire il lavoro di
preparazione per l’uso del braccio robotico europeo ERA.
Gli spazi sono stretti e la visibilità non è sempre ottimale. Questa è Sam,
vista da Oleg.
I due lavorano all’esterno del modulo russo Nauka. Si nota il braccio
robotico europeo ERA.
Oleg tiene in mano una foto/telecamera.
Oleg riprende Sam al lavoro.
La cassetta degli attrezzi di Oleg è decorata con foto personali.
Verso la fine dell’EVA c’è tempo di prendere fiato e farsi qualche foto e
video. Questo è Oleg Artemyev, visto da Samantha Cristoforetti.
Registrazione della diretta NASA
Fra la prima parte e la seconda c’è una leggera sovrapposizione; fra la
seconda e la terza mancano una decina di secondi.
Prima parte (uscita dall’airlock a 00:47:00 circa; 1:52:00 inizio
lancio nanosatelliti; 2:16:00 collisione di un nanosatellite con uno dei
pannelli solari russi; 2:54:00 circa, inizio lavoro all’adattore ERA; fine
video a 4:06:12):
Seconda parte (00:00:00 lavoro all’adattatore ERA; 00:45:00 Oleg mostra foto
di amici sulla sua cassetta degli attrezzi; 00:47:00 lavoro a protezione
telecamera ERA e al pannello comandi del braccio; 2:09:00 traslazione verso e
lungo il braccio-passerella Strela; fine video a 2:11:34):
Terza parte (00:15:36 ordine di iniziare procedure di rientro; 01:03:00
rientro nell’airlock e ultime immagini dalle telecamere delle tute;
fine video a 1:44:03):
---
2022/07/27 16:20. Sono state pubblicate le prime foto dell’EVA:
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