Phishers are sending out fake contact-tracing messages warning people they've come into contact with infectious individuals and asking them to click a link to a malware dropper.https://t.co/Xd4Rz4FY9q— Covered Dish People (@doctorow) April 20, 2020
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Le sue osservazioni nel thread sono molto interessanti:
It's both totally predictable and extremely clever. We're primed to expect these messages, we don't know what they're supposed to look like, and finding out what this message says is really urgent. It's an ideal moment to be sending out this kind of thing if you're a scumbag. It's easy to feel invulnerable to phishing, but phishing is so persistent that the moment you are vulnerable, there will almost certainly be a phishing scam waiting to pounce (link al suo articolo Persistence Pays Parasites).
Io ho commentato causticamente ""Un'app per il tracciamento dei contatti? Cosa MAI potrebbe andare storto? Chi MAI vuoi che se ne approfitti?" :-)" ed è nato un equivoco che vorrei chiarire, visto che c’è chi è arrivato a dire che il mio commento è “ingenuo o disonesto”.
Non sto dando colpa alle app di tracciamento in sé, ma al modo in cui vengono proposte e gestite.
Chiunque lavori nella sicurezza (non solo informatica), a contatto con gli utenti, sa che ogni volta che un comportamento nuovo viene imposto tramite l'emotività, qualcuno ne approfitta. Lo schema di (in)sicurezza è classico: si crea un'esigenza nuova fortemente emotiva, con le migliori intenzioni, e poi arriva puntuale chi specula su questa esigenza. Chi crea queste esigenze dovrebbe saperlo e tenerne conto.
Per esempio, chi fa raccolte fondi per beneficenza si trova costretto a mettere in guardia i partecipanti, avvisandoli di diffidare degli impostori. La polizia avverte di non aprire a sconosciuti che dicono di essere la polizia. Quando le banche introducono app di home banking, avvisano molto chiaramente gli utenti che nessuno deve chiedere loro codici, password o PIN. Eccetera.
Sapendo che i criminali useranno ogni appiglio emotivo per le loro trappole, una buona prassi di sicurezza è non creare appigli emotivi inutili. Esempio: un'azienda mette un accesso controllato con password ai PC dei dipendenti. "Per sicurezza", l'accesso ha un timer di 30 secondi entro i quali va digitata la password, così non può essere lasciato incustodito. Errore gravissimo, perché il tempo troppo breve crea stress all'utente, che si angoscia e quindi non si accorge se l'accesso è stato sostituito da un malware rubapassword: una schermata molto simile a quella legittima, ma non proprio identica. Lo facevo io (il rubapassword) in un'azienda dove ero aiuto sysadmin, per dimostrare il concetto.
Certo, l'errore è formalmente dell'utente, ma è complice anche chi ha creato la condizione che incoraggia decisioni basate sull’ansia invece che sulla serena razionalità e valutazione della situazione.
Le app di tracciamento anti-Covid-19 sono un classico esempio di situazione fortemente emotiva. Chi le organizza dovrebbe rendersi conto che questa emotività verrà sfruttata da malintenzionati e predisporre soluzioni che riducano il rischio.
Per esempio, le app andrebbero introdotte con la chiara avvertenza "l'app si scarica solo dal sito ufficiale; l'app NON manderà mai SMS di allarme; diffidate di qualunque avviso di natura differente." Invece questa comunicazione non è stata fatta. Anzi, si è fatto solo un gran casino e non si capisce più niente.
Non solo: le situazioni emotive andrebbero introdotte solo se dimostrabilmente vantaggioso o necessario, e qui manca la dimostrazione che l’app funzioni e quindi sia realmente vantaggiosa e/o necessaria. È come offrire un’app di home banking che poi all’atto pratico ti obbliga comunque ad andare in banca di persona.
Spero di aver chiarito il concetto. Se vi sembra ancora ingenuo o disonesto, vi consiglio di cliccare qui per saperne di più e per avere una demo di cosa intendo per provocare reazioni emotive: non usate Internet Explorer per cliccare sul link.
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