Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2018/10/15
Puntata del Disinformatico RSI del 2018/10/12
È disponibile lo streaming audio e video della puntata del 12 ottobre scorso del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera.
La versione podcast solo audio (senza canzoni, circa 20 minuti) è scaricabile qui sul sito RSI (o direttamente qui) e disponibile qui su iTunes (per dispositivi compatibili) e tramite le app RSI (iOS/Android); la versione video (canzoni incluse, circa 60 minuti) è nella sezione La radio da guardare del sito della RSI ed è incorporata qui sotto. Buona visione e buon ascolto!
La versione podcast solo audio (senza canzoni, circa 20 minuti) è scaricabile qui sul sito RSI (o direttamente qui) e disponibile qui su iTunes (per dispositivi compatibili) e tramite le app RSI (iOS/Android); la versione video (canzoni incluse, circa 60 minuti) è nella sezione La radio da guardare del sito della RSI ed è incorporata qui sotto. Buona visione e buon ascolto!
2018/10/12
Arriva per tutti Fortnite per Android. Quello vero: occhio alle imitazioni
La versione Android del popolarissimo gioco Fortnite è stata finora disponibile soltanto su invito, e questo ha generato un mercato nero di compravendita di inviti e di false versioni di Fortnite che in realtà contenevano malware.
Ora basta avere uno smartphone Android compatibile e andare a Fortnite.com/android per avere la versione beta del gioco. È consigliabile avere Android 8.0 o superiore ed è necessario avere uno degli smartphone elencati qui.
Come sempre, fate attenzione ai tentativi di truffa e di furto degli account: proteggetevi usando l’autenticazione a due fattori (presso Epicgames.com/2FA) e seguendo le istruzioni: nel vostro account, scegliete la sezione Password e sicurezza, e poi scegliete se attivare un’app di autenticazione (per esempio Google Authenticator, LastPass, Microsoft Authenticator o Authy) oppure ricevere un codice di autenticazione via mail. Dovreste ricevere una danza in premio.
Ora basta avere uno smartphone Android compatibile e andare a Fortnite.com/android per avere la versione beta del gioco. È consigliabile avere Android 8.0 o superiore ed è necessario avere uno degli smartphone elencati qui.
Come sempre, fate attenzione ai tentativi di truffa e di furto degli account: proteggetevi usando l’autenticazione a due fattori (presso Epicgames.com/2FA) e seguendo le istruzioni: nel vostro account, scegliete la sezione Password e sicurezza, e poi scegliete se attivare un’app di autenticazione (per esempio Google Authenticator, LastPass, Microsoft Authenticator o Authy) oppure ricevere un codice di autenticazione via mail. Dovreste ricevere una danza in premio.
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Le foto “tridimensionali” di Facebook
Credit: Techcrunch. |
La funzione di creazione delle foto 3D sarà compatibile soltanto con gli smartphone dotati di doppia fotocamera (come gli iPhone recenti), mentre la visualizzazione sarà possibile su qualunque dispositivo.
Creare una foto 3D su Facebook funzionerà così: basterà fare una foto normale orientando lo smartphone verticalmente, come è naturale fare, e poi creare un post su Facebook. In alto a destra ci saranno tre puntini che portano a un menu dal quale si potrà scegliere la voce 3D Photo e poi scegliere la foto da elaborare.
Un software di intelligenza artificiale di Facebook analizzerà la foto e genererà una sua versione “tridimensionale” usando le informazioni di profondità fornite dall’uso di due fotocamere.
La generazione non è perfetta: il software fondamentalmente deve inventarsi le parti dell’immagine che non esistono nella foto originale, e lo fa basandosi su quello che c’è nelle vicinanze nella foto. Per esempio, nel caso della foto di un cane mostrata qui sopra, il fianco del cane e parte della roccia dietro al cane hanno un aspetto sfocato perché sono sintetizzate dal software basandosi su quello che c’è intorno, come si vede in questo video.
Questa nuova funzione verrà attivata, dice Facebook, progressivamente a tutti gli utenti nel corso delle prossime settimane.
Fonti aggiuntive: Techcrunch, Engadget.
Se vi siete mai iscritti a Moneyboxtv, forse i vostri documenti sono a spasso su Internet
Moneyboxtv.com è un servizio che prometteva agli iscritti di “guadagnare semplicemente guardando la TV” grazie a un “decoder” da ben 249 euro. Diceva che sarebbe diventato “il più grande bacino di utenza al mondo per la presentazione di Offerte commerciali attraverso la televisione, garantendo la più grande capacità di fidelizzazione della clientela che sia mai stata anche solo immaginata da qualsiasi struttura commerciale”. Un obiettivo piuttosto ambizioso, insomma, di cui però non rimane più traccia.
Il sito Moneyboxtv.com è infatti deserto. Ne resta solo il ricordo presso Archive.org, che lo immortalava a marzo 2018 come mostrato nella schermata qui accanto.
Ma in realtà Moneybox ha lasciato un altro ricordo di sé, oltre a quello degli abbonati presumibilmente delusi e rimasti con un decoder inutile, residuato di quello che aveva le caratteristiche di un marketing multilivello: i dati personali di quegli abbonati, liberamente scaricabili da chiunque perché erano custoditi dall’azienda su un bucket di Amazon maldestramente configurato.
Scansioni di carte d’identità, codici fiscali, tessere sanitarie, numeri di conto corrente, bollette italiane ed estere, corrispondenza con la Rake Business Ltd, titolare maltese di Moneyboxtv.com, e molto altro ancora; insomma tutto il necessario per compiere truffe e furti d’identità, oltre che una chiara violazione delle norme sulla privacy e la custodia delle informazioni digitali.
Questi sono alcuni esempi fra i tanti, ai quali ho mascherato i dati identificativi:
La segnalazione della presenza online di circa 2900 documenti personali mi è arrivata da un lettore che desidera restare anonimo e che ringrazio.
Il 23 agosto 2018 ho inviato un messaggio alla pagina Facebook di Moneyboxtv, avvisando che i dati dei clienti erano accessibili a chiunque tramite il loro bucket Amazon, fornendo esempi. A distanza di quasi due mesi non c’è stata nessuna risposta.
Il 24 agosto ho segnalato la vicenda alle autorità italiane, specificamente al CNAIPIC (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche). I dati ora non sono più accessibili.
La falla di privacy è stata quindi chiusa, ma è importante allertare le vittime. Non posso farlo contattandole singolarmente per via del loro numero molto elevato, ma perlomeno posso segnalare qui il nome dell’azienda e sperare che le vittime lo cerchino in Google e vengano a conoscenza del fatto che immagini dei loro documenti personali sono state a lungo in circolazione e potrebbero quindi essere usate per compiere reati usando le loro identità.
Il sito Moneyboxtv.com è infatti deserto. Ne resta solo il ricordo presso Archive.org, che lo immortalava a marzo 2018 come mostrato nella schermata qui accanto.
Ma in realtà Moneybox ha lasciato un altro ricordo di sé, oltre a quello degli abbonati presumibilmente delusi e rimasti con un decoder inutile, residuato di quello che aveva le caratteristiche di un marketing multilivello: i dati personali di quegli abbonati, liberamente scaricabili da chiunque perché erano custoditi dall’azienda su un bucket di Amazon maldestramente configurato.
Scansioni di carte d’identità, codici fiscali, tessere sanitarie, numeri di conto corrente, bollette italiane ed estere, corrispondenza con la Rake Business Ltd, titolare maltese di Moneyboxtv.com, e molto altro ancora; insomma tutto il necessario per compiere truffe e furti d’identità, oltre che una chiara violazione delle norme sulla privacy e la custodia delle informazioni digitali.
Questi sono alcuni esempi fra i tanti, ai quali ho mascherato i dati identificativi:
La segnalazione della presenza online di circa 2900 documenti personali mi è arrivata da un lettore che desidera restare anonimo e che ringrazio.
Il 23 agosto 2018 ho inviato un messaggio alla pagina Facebook di Moneyboxtv, avvisando che i dati dei clienti erano accessibili a chiunque tramite il loro bucket Amazon, fornendo esempi. A distanza di quasi due mesi non c’è stata nessuna risposta.
Il 24 agosto ho segnalato la vicenda alle autorità italiane, specificamente al CNAIPIC (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche). I dati ora non sono più accessibili.
La falla di privacy è stata quindi chiusa, ma è importante allertare le vittime. Non posso farlo contattandole singolarmente per via del loro numero molto elevato, ma perlomeno posso segnalare qui il nome dell’azienda e sperare che le vittime lo cerchino in Google e vengano a conoscenza del fatto che immagini dei loro documenti personali sono state a lungo in circolazione e potrebbero quindi essere usate per compiere reati usando le loro identità.
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Geolocalizzazione e gelosia: occhio agli errori tecnologici
L’articolo di settimana scorsa nel quale ho segnalato che la cronologia delle mie localizzazioni in Google contiene un errore vistosissimo, ossia un viaggio che avrei fatto a piedi da Lugano fino alla Turchia, ha scatenato un po’di curiosità e quindi torno sull’argomento per mettere in guardia contro i possibili errori imbarazzanti della geolocalizzazione fatta dagli smartphone.
Mi sono infatti arrivate numerose segnalazioni di partner sentimentali gelosi e di genitori preoccupati che sorvegliano rispettivamente partner e figli tramite funzioni come la Cronologia delle posizioni di Google (www.google.com/maps/timeline) o le Posizioni rilevanti nelle impostazioni degli iPhone e notano visite a luoghi sospetti. Questo scatena litigate, abbandoni o sgridate, ma attenzione: non è detto che i dati di geolocalizzazione siano affidabili.
La geolocalizzazione commerciale degli smartphone, infatti, non si basa soltanto sui dati che arrivano dai satelliti GPS, ma usa anche i segnali Wi-Fi. Per esempio, se passate vicino a un negozio che ha il Wi-Fi, Google spesso memorizza nella cronologia quel negozio, anche se non ci siete entrati. Se il luogo è un albergo di dubbia reputazione, la cosa può risultare imbarazzante. Se due luoghi hanno lo stesso nome di rete Wi-Fi e lo smartphone non vede o non riconosce altre reti Wi-Fi che gli permettono di risolvere l’ambiguità, può sbagliare luogo alla grande.
Un altro dato utilizzato spesso da questi sistemi di geolocalizzazione è l’indirizzo IP. In base a come è configurata la vostra connessione a Internet, può risultare che siete in un luogo ben diverso da quello reale, che spesso è quello nel quale il vostro fornitore di accesso a Internet si interfaccia con Internet vera e propria. Per esempio, in Svizzera molti utenti vengono geolocalizzati per errore a Zurigo o a Sachseln (presso le sedi dei vari fornitori).
Non ho ancora chiarito a cosa sia dovuto esattamente lo strano errore di Google nella mia cronologia, ma posso darvi alcuni indizi: la “località” in Turchia (dove non sono mai stato) si chiama, secondo Google, GPS SA General Power & Services, che però è un’azienda luganese (Gpscompany.ch). Questo è quello che mi mostra Google Maps se vi cerco il nome dell’azienda: non un punto di Lugano, ma un enorme perimetro al centro del quale c’è la Turchia.
Se avete idee in proposito, segnalatele nei commenti. E non siate precipitosi nell’accusare i vostri figli o partner di qualche apparente scappatella se non avete altri indizi oltre a quello tecnologico.
Mi sono infatti arrivate numerose segnalazioni di partner sentimentali gelosi e di genitori preoccupati che sorvegliano rispettivamente partner e figli tramite funzioni come la Cronologia delle posizioni di Google (www.google.com/maps/timeline) o le Posizioni rilevanti nelle impostazioni degli iPhone e notano visite a luoghi sospetti. Questo scatena litigate, abbandoni o sgridate, ma attenzione: non è detto che i dati di geolocalizzazione siano affidabili.
La geolocalizzazione commerciale degli smartphone, infatti, non si basa soltanto sui dati che arrivano dai satelliti GPS, ma usa anche i segnali Wi-Fi. Per esempio, se passate vicino a un negozio che ha il Wi-Fi, Google spesso memorizza nella cronologia quel negozio, anche se non ci siete entrati. Se il luogo è un albergo di dubbia reputazione, la cosa può risultare imbarazzante. Se due luoghi hanno lo stesso nome di rete Wi-Fi e lo smartphone non vede o non riconosce altre reti Wi-Fi che gli permettono di risolvere l’ambiguità, può sbagliare luogo alla grande.
Un altro dato utilizzato spesso da questi sistemi di geolocalizzazione è l’indirizzo IP. In base a come è configurata la vostra connessione a Internet, può risultare che siete in un luogo ben diverso da quello reale, che spesso è quello nel quale il vostro fornitore di accesso a Internet si interfaccia con Internet vera e propria. Per esempio, in Svizzera molti utenti vengono geolocalizzati per errore a Zurigo o a Sachseln (presso le sedi dei vari fornitori).
Non ho ancora chiarito a cosa sia dovuto esattamente lo strano errore di Google nella mia cronologia, ma posso darvi alcuni indizi: la “località” in Turchia (dove non sono mai stato) si chiama, secondo Google, GPS SA General Power & Services, che però è un’azienda luganese (Gpscompany.ch). Questo è quello che mi mostra Google Maps se vi cerco il nome dell’azienda: non un punto di Lugano, ma un enorme perimetro al centro del quale c’è la Turchia.
Se avete idee in proposito, segnalatele nei commenti. E non siate precipitosi nell’accusare i vostri figli o partner di qualche apparente scappatella se non avete altri indizi oltre a quello tecnologico.
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Google+ chiuderà, che fare?
Ultimo aggiornamento: 2018/10/12 16:55.
L’annuncio che Google chiuderà Google+, il suo social network famoso per la sua scarsissima popolarità (200 milioni di utenti mensili stimati, secondo Vincos.it; meno di cinque secondi per sessione nel 90% dei casi, secondo Google), ha creato qualche dubbio fra gli utenti.
Innanzi tutto, chi non ha Google+ ma ha un account Google o Gmail non deve preoccuparsi di nulla: tutti gli altri servizi di Google continueranno a funzionare esattamente come prima.
In secondo luogo, niente panico: la chiusura riguarda la versione consumer di Google+, non quella per uso aziendale, e comunque avverrà non prima di agosto 2019.
Chi teme di perdere i dati immessi in Google+ potrà scaricarli: Google ha promesso che prima della chiusura verranno messi a disposizione strumenti appositi. Ma in realtà già adesso è possibile scaricare tutti i propri contenuti Google+:
Tutto qui.
La decisione di Google di chiudere Google+ al grande pubblico dopo sette anni (debuttò il 28 giugno 2011, sostituendo Google Buzz lanciato a febbraio 2010) è stata vista come un’ammissione del fallimento del suo tentativo di contrastare Facebook; l’occasione per giustificare la chiusura è stata la scoperta, da parte di Google stessa, di una falla che avrebbe potuto permettere a terzi di accedere ai dati degli utenti di Google+.
Non risulta che ci sia stata alcuna violazione e la falla è stata chiusa, ma è abbastanza chiaro che lo sforzo per continuare a garantire la sicurezza e la privacy non è più economicamente giustificabile. E così addio Google+.
Fonti aggiuntive: 9to5google, Naked Security.
L’annuncio che Google chiuderà Google+, il suo social network famoso per la sua scarsissima popolarità (200 milioni di utenti mensili stimati, secondo Vincos.it; meno di cinque secondi per sessione nel 90% dei casi, secondo Google), ha creato qualche dubbio fra gli utenti.
Innanzi tutto, chi non ha Google+ ma ha un account Google o Gmail non deve preoccuparsi di nulla: tutti gli altri servizi di Google continueranno a funzionare esattamente come prima.
In secondo luogo, niente panico: la chiusura riguarda la versione consumer di Google+, non quella per uso aziendale, e comunque avverrà non prima di agosto 2019.
Chi teme di perdere i dati immessi in Google+ potrà scaricarli: Google ha promesso che prima della chiusura verranno messi a disposizione strumenti appositi. Ma in realtà già adesso è possibile scaricare tutti i propri contenuti Google+:
- Andate a Google Takeout (takeout.google.com)
- Nell’elenco di tipi di dati, cliccate su Deseleziona tutto
- Attivate solo la selezione di G+1
- Andate in fondo all’elenco e cliccate su Avanti
- Scegliete il formato del file e il metodo di consegna
- Cliccate su Crea archivio.
Tutto qui.
La decisione di Google di chiudere Google+ al grande pubblico dopo sette anni (debuttò il 28 giugno 2011, sostituendo Google Buzz lanciato a febbraio 2010) è stata vista come un’ammissione del fallimento del suo tentativo di contrastare Facebook; l’occasione per giustificare la chiusura è stata la scoperta, da parte di Google stessa, di una falla che avrebbe potuto permettere a terzi di accedere ai dati degli utenti di Google+.
Non risulta che ci sia stata alcuna violazione e la falla è stata chiusa, ma è abbastanza chiaro che lo sforzo per continuare a garantire la sicurezza e la privacy non è più economicamente giustificabile. E così addio Google+.
Fonti aggiuntive: 9to5google, Naked Security.
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2018/10/11
Soyuz, avaria al lancio, astronauti salvi
Sono in viaggio e non posso scrivere per mancanza di tempo: stamattina il lancio di due astronauti è fallito e la capsula è rientrata in emergenza, salvando l’equipaggio. Per tutti i dettagli, Astronautinews sta riepilogando bene la situazione. Lasciate perdere le "notizie" diffuse sull’argomento dalle redazioni generaliste: sono una fiera dell’incompetenza.
Ora che gli astronauti sono in salvo, possiamo cominciare a pensare alle conseguenze di questo incidente per quanto riguarda la Stazione Spaziale Internazionale, che ora si trova senza un veicolo affidabile per trasportare astronauti.
Ora che gli astronauti sono in salvo, possiamo cominciare a pensare alle conseguenze di questo incidente per quanto riguarda la Stazione Spaziale Internazionale, che ora si trova senza un veicolo affidabile per trasportare astronauti.
2018/10/10
Star Trek, ci ha lasciato Celeste Yarnall
StarTrek.com ha annunciato la scomparsa di Celeste Yarnall, l’attrice che interpretò l’attendente Martha Landon nell’episodio La Mela della Serie Classica, trasmessa negli Stati Uniti per la prima volta a ottobre del 1967.
Conosciuta all’epoca per la sua partecipazione a vari film con Elvis Presley e per le sue partecipazioni a molte serie televisive popolari del periodo (elenco su IMDB; pagina su Wikipedia), aveva continuato a recitare ed era diventata una beniamina di tanti raduni di fan di Star Trek.
Ho avuto il piacere di conoscerla, e di tradurre per lei, più volte alla StarCon nel 2003 e 2016: qui trovate il bel ricordo scritto dallo Star Trek Italian Club Alberto Lisiero. La sua cordialità, disponibilità e dolcezza, oltre alla sua radiosa bellezza e serenità, restano indimenticabili.
Se volete, potete lasciare un messaggio al marito, Nazim, e alla figlia, Cami, presso CelesteYarnall.com (celestialpet@sbcglobal.net).
Conosciuta all’epoca per la sua partecipazione a vari film con Elvis Presley e per le sue partecipazioni a molte serie televisive popolari del periodo (elenco su IMDB; pagina su Wikipedia), aveva continuato a recitare ed era diventata una beniamina di tanti raduni di fan di Star Trek.
Ho avuto il piacere di conoscerla, e di tradurre per lei, più volte alla StarCon nel 2003 e 2016: qui trovate il bel ricordo scritto dallo Star Trek Italian Club Alberto Lisiero. La sua cordialità, disponibilità e dolcezza, oltre alla sua radiosa bellezza e serenità, restano indimenticabili.
Celeste Yarnall in La Mela (1967). |
Celeste con il marito Nazim. |
Se volete, potete lasciare un messaggio al marito, Nazim, e alla figlia, Cami, presso CelesteYarnall.com (celestialpet@sbcglobal.net).
2018/10/09
“Moon Hoax: Debunked!” now updated and free
I‘ve just finished updating my 2013 online book Moon Hoax: Debunked!, which provides clear, in-depth answers to the most popular misconceptions and conspiracy theories regarding the Apollo moon landings.
The past sales and donations related to this book have allowed me to revise and extend it, convert it and post its full text online for free. You can read it at Moonhoaxdebunked.com.
As the 50th anniversary of the Apollo 11 landing is quickly approaching and will inevitably revive all the "moon hoax" theories and theorists, I thought that it would be useful to have a debunking resource readily available to anyone. So my book is now online and anyone can read it, search its text, and use it to dispel doubts and discover (or rediscover) a fantastic adventure.
This new edition is entirely donation-supported: if you would like your name, nickname or company name to appear in the public donor list included in the book, make a donation and let me know how you want to be listed or if you prefer to stay unlisted. Or just read it, debug it, and let me what you think of it.
Ad astra!
The past sales and donations related to this book have allowed me to revise and extend it, convert it and post its full text online for free. You can read it at Moonhoaxdebunked.com.
As the 50th anniversary of the Apollo 11 landing is quickly approaching and will inevitably revive all the "moon hoax" theories and theorists, I thought that it would be useful to have a debunking resource readily available to anyone. So my book is now online and anyone can read it, search its text, and use it to dispel doubts and discover (or rediscover) a fantastic adventure.
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Omicidio risolto da un Fitbit (o quasi)
Credit: Fitbit.com. |
In California il presunto colpevole dell’omicidio di una donna di 67 anni, Karen Navarra, è stato incastrato proprio da un braccialetto di fitness. Non il suo, ma quello della sua vittima, come raccontano il New York Times e Naked Security.
Anthony Aiello, novantenne e patrigno della vittima, aveva detto alla polizia di essere andato a trovare la figliastra il giorno in cui è stata uccisa, l’8 settembre scorso, ma di averla lasciata ben prima dell’ora del delitto e anzi di averla notata passare in auto in compagnia di qualcuno nel tardo pomeriggio.
Ma Aiello non ha considerato che la figliastra indossava un braccialetto FitBit, che aveva registrato i battiti cardiaci della donna e li aveva trasmessi al suo computer e da lì agli archivi della casa produttrice del braccialetto digitale.
Gli inquirenti, armati di un mandato di perquisizione, hanno estratto i dati del braccialetto con l’aiuto di un responsabile della Fitbit e hanno visto che alle 15:20 del giorno del delitto il dispositivo aveva rilevato un improvviso aumento delle pulsazioni cardiache della donna, che erano completamente cessate alle 15:28.
Ma a quell’ora l’auto di Aiello era ancora parcheggiata accanto alla casa della vittima, come documentato da un’altra tecnologia: quella delle telecamere di sorveglianza.
I dati di un braccialetto di fitness non hanno necessariamente valore legale, soprattutto in un caso grave come un omicidio. Per cui a questo punto gli inquirenti hanno adottato una tecnica molto astuta: hanno interrogato Anthony Aiello, spiegandogli come funziona un Fitbit e raccontandogli che registra i movimenti fisici e i battiti cardiaci, assegnando a questi dati un riferimento temporale molto preciso. Infine gli hanno detto che i dati del Fitbit dimostravano che la figliastra era già morta quando lui l’aveva lasciata, e se ne sono andati lasciandolo nella stanza d’interrogatorio.
Secondo il rapporto di polizia, Aiello a quel punto ha cominciato a parlare da solo, dicendo ripetutamente “Sono rovinato”. Questo ha portato alla sua incriminazione per omicidio. A casa di Aiello sono stati anche trovati indumenti insanguinati.
Se Aiello verrà dichiarato colpevole, sarà insomma anche grazie alla traccia di dati digitali che ogni persona lascia dietro di sé, con telefonini che fanno geolocalizzazione silente, con acquisti effettuati con carte di credito, con le telecamere di sorveglianza e con i post nei social network. La tecnologia sta rendendo sempre più difficile mentire, e in casi come questo delitto è sicuramente un bene. Ma è anche importante ricordare che questa tecnologia non è perfetta: il mio account Google, legato al mio smartphone, giura che sono stato in Turchia l’11 maggio 2016, percorrendo 5375 chilometri in un’ora e 46 minuti a piedi. Attenzione, insomma, a non incriminare solo sulla base dei dati.
Nota: Visto che me lo state segnalando in parecchi, vorrei chiarire che so che il mio indirizzo di casa è visibile nell’immagine qui sotto. Va bene così. I complottisti verranno accolti con un sorriso e una fetta di torta. In faccia.
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