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Il Disinformatico

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2022/02/17

Basta un’immagine per far impazzire GPS, telecamera posteriore e infotainment di certe Mazda: 1500 dollari di riparazione

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast.

Si fa un gran parlare di automobili “smart”, sempre più connesse e informatizzate, e poi arrivano notizie come questa che fanno capire quanta strada (informatica) c’è ancora da fare. 

A Seattle, negli Stati Uniti, centinaia di proprietari di alcuni modelli di auto Mazda hanno perso improvvisamente l’uso del GPS e della telecamera posteriore e si sono trovati con l’autoradio bloccata su una singola stazione radio. La colpa, dice Mazda, è un’immagine che hanno ricevuto, e per sistemare il problema servirà una riparazione da circa 1500 dollari.

Come è possibile che il semplice atto di ricevere un’immagine possa danneggiare così tanto un’automobile?

Cominciamo dall’inizio. Ai primi di febbraio 2022 vari proprietari statunitensi di auto Mazda fabbricate fra il 2014 e il 2017 hanno iniziato a segnalare su Reddit un problema strano: di colpo il navigatore GPS si guastava e la telecamera posteriore diventava inservibile. Il sistema di infotainment, ossia il computer di bordo e lo schermo che mostrava tutte le informazioni del veicolo, continuava a riavviarsi. Spegnere e riavviare l’auto non risolveva il guasto.

C’era anche una coincidenza molto bizzarra: tutte le auto si erano guastate in questo modo dopo che i proprietari avevano sintonizzato la radio di bordo sulla stessa stazione FM, KUOW.

L’emittente radio ha notato pubblicamente la coincidenza ma ha dichiarato di non avere idea del motivo del malfunzionamento.

Inizialmente la colpa è stata data alla transizione della rete cellulare dal 3G al 5G, ma questa giustificazione era tecnicamente priva di senso. Poi è arrivata la spiegazione reale, che a prima vista non sembra granché sensata neanche lei: il guasto, ha detto Mazda, era stato causato dalla stazione radio.

KUOW, infatti, è una delle tante emittenti radiofoniche del mondo che insieme all’audio trasmette un flusso digitale di dati (specificamente con il sistema HD Radio). Questo flusso viene ricevuto e decodificato dalle autoradio appositamente predisposte, mostrando sullo schermo informazioni come il nome della stazione radio, il titolo del brano trasmesso e il nome del suo interprete, o un’immagine della copertina del brano.

Ma KUOW aveva diffuso un’immagine al cui nome mancava l’estensione standard, per esempio JPG, GIF (in inglese si pronuncia ghif; in italiano gif con la G di “giraffa”) o PNG, e il computer di bordo delle Mazda, che si aspettava che tutte le immagini ricevute avessero un nome completo e corretto, è andato in crash, e ci è rimasto, bloccato in un loop infinito, perché non riusciva a riconoscere e gestire un file d’immagine privo di estensione. Non è riuscito a uscire dal loop perché quando si riavviava, la prima cosa che faceva era tentare di identificare l’immagine, ma falliva e quindi andava di nuovo in crash. Non è un comportamento molto smart.

Mazda ha confermato questa spiegazione, dicendo che la Connectivity Master Unit delle auto colpite da questo problema non è riparabile e dovrà essere sostituita. Questo componente costa 1500 dollari e verrà sostituito gratuitamente, ma al momento è introvabile a causa di ritardi logistici. 

Riferisce Gizmodo

Between 1/24-1/31, a radio station in the Seattle area sent image files with no extension (e.g., missing .jpeg or .gif), which caused an issue on some 2014-2017 Mazda vehicles with older software,” Tamara Mlynarczyk, a public affairs manager at Mazda North American Operations, wrote to Gizmodo. “Mazda North American Operations (MNAO) has distributed service alerts advising dealers of the issue.

In sintesi, ancora nel 2017, quindi solo cinque anni fa, una casa automobilistica metteva sul mercato un computer di bordo che poteva essere danneggiato permanentemente, in modo fisico, mandandogli semplicemente un’immagine con un nome leggermente diverso da quello che si aspettava. Il software di quel computer era scritto così male da non saper riconoscere un’immagine se l’immagine non si presentava esattamente con il nome giusto.

E non è neanche la prima volta che succede. Nel 2019 alcune Mazda erano impazzite quando i loro proprietari avevano cercato di ascoltare uno specifico podcast. La colpa, ancora una volta, era del software, che non sapeva gestire una cosa banale come un carattere non alfabetico nel nome del podcast. Il podcast, infatti, si intitolava 99% Invisible, con il numero scritto in cifre e accompagnato dal simbolo di percentuale. Quel simbolo veniva interpretato male, causando un crash.

Va sottolineato che questo incidente con la stazione radio KUOW non riguarda delle auto connesse a Internet: il “malware”, se vogliamo chiamarlo così, ossia l’immagine involontariamente ostile, viene ricevuto via radio. Oggi molti utenti, soprattutto informatici, sono preoccupati per la nuova tendenza a collegare le auto a Internet e credono che quelle non connesse siano più sicure. Ma questo episodio dimostra che non è necessariamente così.

Il problema di fondo, qui, non è la connessione a Internet o meno: è il modo in cui viene scritto il software che oggi gestisce praticamente qualunque automobile. Se non è scritto bene, rispettando regole elementari come “non fidarti ciecamente di quello che ti arriva” (la cosiddetta input sanitization) e isolando bene le funzioni di intrattenimento da quelle necessarie per la guida, come il GPS o la telecamera di retromarcia, incidenti come questo continueranno a succedere.

Quasi quasi come titolo della prossima puntata del podcast scelgo apice UNION SELECT username, password FROM users trattino trattino. E vediamo che succede :-)

Fonti aggiuntive: Portswigger, Geekwire, Driving, BBC, KUOW, Seattle Times, Gizmodo, Ars Technica.

2022/02/16

Una storia di phishing bancario diversa dal solito: il ladro beffato

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast. Ultimo aggiornamento: 2022/02/18 13:25.

All’inizio sembra la classica storia di phishing bancario: un truffatore crea un sito Web che somiglia a quello di una banca, manda una raffica di SMS a casaccio che sembrano comunicazioni di allarme di quella banca e contengono un link al sito del truffatore, e poi aspetta che le vittime che hanno ricevuto quell’SMS e sono per pura coincidenza correntiste di quella banca cadano nella trappola, cliccando sul link, visitando il sito e immettendovi le proprie credenziali di accesso ai rispettivi conti bancari.

Di solito queste storie si concludono tristemente, con un truffatore che svuota i conti bancari delle vittime. Ma stavolta non è così.

Tutto è iniziato il giorno di San Valentino, quando Giulio (@_anziano_ ) mi ha mandato un tweet avvisandomi che aveva ricevuto un SMS che sembrava provenire da una banca (il mittente apparente era CartaBCC) e conteneva un messaggio di allarme: “Abbiamo sospeso temporaneamente la sua utenza si prega di compilare il seguente modulo anagrafico per riattivarla. http://pay-stub.com/relax”.

Giulio non è caduto nella trappola: anche se il messaggio era confezionato in modo da ingannare, con quel mittente falsificato, e creare ansia all’idea del blocco del conto corrente, il link contenuto nell’SMS era chiaramente sospetto per chiunque lo esaminasse a mente fredda. Infatti Pay-stub.com non sembra proprio un nome da sito bancario.

“Che faccio? Compilo?” mi ha chiesto ironicamente Giulio. 

Visitando il link con le opportune precauzioni ho visto che il falso sito bancario era ancora attivo e conteneva la schermata di richiesta credenziali di una nota banca italiana.

La cosa era piuttosto sorprendente, dato che di solito questi siti-truffa vengono identificati e rimossi dalle autorità nel giro di poche ore, ma il bello doveva ancora arrivare.

Infatti il truffatore stava ancora agendo indisturbato, raccogliendo le credenziali bancarie dei malcapitati correntisti che non si accorgevano dell’inganno. Avrei dovuto quindi allertare la banca in questione e le autorità, ma mi è arrivata una segnalazione confidenziale che ha ribaltato allegramente tutta la situazione.

Una persona, che chiamerò Alex, mi ha segnalato che aveva visitato il sito del truffatore e ne aveva esaminato la struttura, che era pubblicamente accessibile. Aveva notato per esempio il contenuto del file robots.txt, che rivelava che si trattava di un sito che era stato creato con il popolare software WordPress e in realtà apparteneva a un servizio legittimo, nel quale il truffatore si era inserito abusivamente aggiungendo le proprie pagine-esca.

Alex mi ha detto inoltre di aver provato ad aggiungere al nome del sito un nome di file usato molto frequentemente, che non cito qui per prudenza, e di aver scoperto in questo modo un vero tesoro: il file nel quale il truffatore archiviava i dati immessi dalle vittime.

Ebbene sì, non tutti i criminali informatici sono professionisti infallibili: questo genio del male aveva commesso l’errore fondamentale di lasciare pubblicamente accessibile il file nel quale stava man mano registrando le credenziali delle proprie vittime: indirizzo IP, login, nome, password, numero e CVV della carta bancaria, scadenza della carta, numero di telefono. Era sufficiente conoscerne l’URL per leggerlo tranquillamente con un normale browser: https://pay-stub.com/relax/[nomefile].txt.

Ecco un campione (opportunamente oscurato) del file:

Ho provato io stesso, immettendo naturalmente dati fasulli, e puntualmente in fondo al file *.txt è comparsa una riga nuova contenente il mio indirizzo IP e i miei dati.

31.10.147.234  user -> '37803130' |  password -> 'sgomberonte' |  tel -> '' | 

Purtroppo, però, alcuni dei dati immessi da altre persone erano probabilmente reali e quindi ho contattato alcune delle vittime per avvisarle. Molte non erano al corrente della situazione e sono state giustamente sospettose nel ricevere la mia telefonata di avviso, nella quale ho spiegato chi ero e non ho chiesto dati personali ma li ho comunicati io a loro, ossia il contrario di quello che fa un truffatore: ho detto cose del tipo “Buongiorno, sono un giornalista informatico, se lei è il signor Taldeitali ed è correntista presso la Banca Cosìecosà e la sua password inizia con queste lettere, tenga presente che la sua password è stata rubata e rinvenuta in un archivio di password trafugante e le conviene cambiarla immediatamente”.

Come sempre in questi casi, non è facile raggiungere le vittime una per una, e quando le si raggiunge è molto difficile spiegare tutta la situazione. Del resto, se vi telefonasse uno sconosciuto dicendovi le vostre password bancarie, come la prendereste?

Per fortuna le pagine-trappola sono state rimosse due giorni dopo (oggi pomeriggio, insomma) e quindi i dati rubati non sono più reperibili pubblicamente. Ma ne ho conservato una copia, ed esaminandola è venuta fuori la beffa: a un certo punto molte vittime si sono accorte che si trattava di un tentativo di truffa e quindi hanno inondato il ladro di dati fasulli, rendendo praticamente inutilizzabile la raccolta di credenziali iniziata dal truffatore.

Anzi, alcune delle vittime hanno scelto di immettere dei dati apparentemente plausibili insieme a dei nomi utente o password decisamente scurrili, che non posso riferire qui, per far capire al ladro che non si erano fatte ingannare. Se il ladro conosce alcuni dialetti italiani, avrà trovato alcune descrizioni molto colorite delle attività personali di sua madre e numerosi suggerimenti pittoreschi su pratiche anatomicamente impegnative a cui poteva dedicarsi.

Ma non è finita: all’inizio del file che conteneva le credenziali c’erano anche i dati delle prove fatte dal ladro, che includevano anche il suo indirizzo IP.

Si tratta di un indirizzo IP italiano, specificamente della rete cellulare Vodafone. Ho comunicato questi dati alla Polizia Postale italiana, che a questo punto dovrebbe avere tutto il necessario per identificare l’aspirante ladro. 

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Una volta tanto è andata bene, insomma: ma truffatori come questi compaiono tutti i giorni, per cui conviene imparare da questi incidenti a lieto fine come riconoscere i tentativi di inganno.

  • Prima di tutto, non bisogna mai fidarsi dei mittenti degli SMS, perché possono essere falsificati facilmente. 
  • Poi non bisogna mai cliccare sui link presenti negli SMS, specialmente se si tratta di messaggi di allarme che riguardano conti bancari o spedizioni postali o vincite inaspettate.
  • Infine bisogna ricordare che nessuna banca seria allerterà i propri clienti tramite dei messaggini contenenti dei link o chiederà telefonicamente di confermare codici di accesso.
Siate prudenti. E se siete informaticamente ben protetti (la cosa più semplice è usare Browserling.com, che vi offre tre minuti di tempo su un computer remoto sacrificabile), potreste provare a visitare questi siti-trappola e riempirli di informazioni sbagliate: aiutereste a proteggere le vittime nascondendo le loro credenziali vere in una selva di credenziali fasulle. In alternativa, se vi imbattete in uno di questi siti potete segnalarlo a Google presso Safebrowsing.google.com, cliccando su Report phish. Google a sua volta allerterà gli utenti se lo visitano.

Venerdì 18/2 alle 21:30 parleremo di “Forever Young” e di traduzione letteraria in diretta streaming

Venerdì 18 febbraio sarò ospite in video dell’Associazione Astrofili Bolognesi-APS in compagnia degli editori Diego Meozzi e Paola Arosio (Cartabianca) per parlare di Forever Young, l’autobiografia dell’astronauta lunare John Young che Cartabianca ha tradotto in italiano e al quale ho contribuito per la parte tecnica e terminologica.

Se volete, ci troviamo alle 21.30: potrete seguire l’incontro su Facebook o su YouTube. Parleremo non solo di storia dell’esplorazione spaziale ma anche delle difficoltà di tradurre un libro come questo, dal punto di vista linguistico e organizzativo. Se volete porci domande in diretta, ricordatevi di dare il consenso a questo link: streamyard.com/facebook. La serata sarà condotta da Giulio Busi. L’annuncio dell’AAB è qui.


2022/02/15

Il vero finale di 1984

Ultimo aggiornamento: 2022/02/16 10:40.

Allerta spoiler: questo articolo descrive il finale del libro 1984 di George Orwell. Se non volete sapere come finisce il romanzo, non leggete oltre. 

Adoro scoprire qualcosa che ribalta le mie certezze e amplia le mie conoscenze. Avete presente 1984 di George Orwell? Il romanzo famoso per la sua visione apocalitticamente pessimista di una dittatura che controlla le persone attraverso una sorveglianza continua e ossessiva e una continua, opprimente riscrittura del passato e una neolingua fatta appositamente per impedire pensieri sovversivi?

La narrazione nel romanzo si conclude (allerta spoiler) con la resa totale del protagonista, Winston Smith, che subisce un memorabile lavaggio del cervello. Il regime sembra destinato a durare per sempre, impermeabile a qualunque tentativo di ribellione.Se vuoi un'immagine del futuro, immagina uno stivale che calpesta un volto umano — per sempregli dice fiero e inesorabile uno dei suoi torturatori.

È un finale forte, duro, che ha contribuito non poco a imprimere nella cultura i concetti di 1984. Ma non è il vero finale.

Questo thread su Twitter, infatti, fa notare che l’appendice linguistica al libro (Principles of Newspeak o Principi di Neolingua, disponibile qui in inglese), che molti non leggono (o leggono distrattamente), contiene alcune rivelazioni annidate tra le righe. Traduco e riassumo il thread.

L’appendice è scritta da storici nel futuro nell’universo del romanzo, e questi storici descrivono un sistema (la Neolingua) che è scomparso. Vuol dire che il regime (Ingsoc o Socing nell’edizione italiana) è crollato, e suggerisce che sia crollato prima del 2050. In altre parole, 1984 ha una specie di lieto fine.

L’appendice dice che la Neolingua descritta in 1984 è raccolta nella nona e decima edizione del dizionario di Neolingua e che l’undicesima edizione fu quella finale. Non si sa quando il Partito è salito al potere o ha dato il via alla Neolingua, ma se è già arrivato alla decima edizione nel 1984 o giù di lì e il Partito non sale al potere prima del 1959, allora le edizioni vengono pubblicate al massimo ogni tre o quattro anni. Se la decima edizione viene pubblicata all’incirca nell’epoca degli eventi descritti nel libro e il Socing dura abbastanza da produrre un’undicesima edizione ma non una dodicesima, questo vuol dire che il regime è crollato circa un decennio dopo gli avvenimenti raccontati.

Un altro indizio è che era prevista la traduzione in Neolingua dei classici della letteratura inglese, per poi distruggere gli originali. La fine di questa traduzione era prevista per non prima del primo o secondo decennio del ventunesimo secolo. Ma i tempi verbali, e il fatto che i futuri autori dell’Appendice danno per scontato che i lettori conoscano le opere di Shakespeare, Milton, Jefferson e altri, fanno presumere che l’Ingsoc sia crollato appunto prima del primo o secondo decennio del ventunesimo secolo.

E ancora: O’Brien (il torturatore di Winston Smith) promette di eliminare totalmente la sua esistenza come dimostrazione del potere del Partito: “Né un nome in un registro, né un ricordo in un cervello in vita”. Ma l’Appendice cita “Il Ministero della Verità, dove lavorava Winston Smith”, e questo implica che i futuri autori dell’Appendice siano al corrente dell’esistenza di Smith e che il suo ricordo non sia quindi stato estirpato.

Orwell avrebbe quindi scritto un epilogo ottimista, ma lo avrebbe nascosto sotto forma di appendice tecnica, ignorata da tanti perché sembrava semplicemente un saggio linguistico. E ha fatto bene, perché sarebbe stato un crimine letterario guastare il pugno allo stomaco di quell’“Amava il Grande Fratello” appiccicandovi un epilogo esplicito a lieto fine. Il lieto fine c’è, ma Orwell te lo fa sudare. 

___

Luca Frusone mi segnala via Twitter un’altra peculiarità decisamente orwelliana delle varie edizioni di 1984: non sono tutte uguali, e anzi differiscono in un aspetto fondamentale: la presenza o assenza di un singolo carattere di stampa, forse per errore o su istruzione di Orwell stesso, che cambia completamente la vicenda di Winston Smith. Cosa decisamente ironica, visto che uno dei temi del libro è l’alterazione dei documenti per adattare la storia al volere politico. Se vi interessa, la trovate in inglese qui.

2022/02/14

Una chiacchierata in ricordo di Tito Stagno

Il 9 febbraio scorso ASIMOF ha organizzato una serata speciale online in ricordo di Tito Stagno, storico cronista delle missioni spaziali degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, spentosi pochi giorni fa. Hanno partecipato Paolo D'Angelo, Amalia Ercoli Finzi, Dario Kubler, Alberto Villa e il sottoscritto (che ha anche fatto la regia e se ne assume le colpe).

2022/02/11

Cerco software di webcam virtuale per fare “sottopancia” su Zoom. Idee?

Sto cercando una soluzione software semplice (più semplice di quella attuale, che è OBS) che mi permetta di configurare una webcam virtuale e di sovrapporre un logo o sottopancia (lower thirds o overlay), come nell’illustre esempio qui accanto, a un'immagine della webcam vera, da mandare in streaming durante sessioni Zoom.

Mi va bene sia per Windows, sia per macOS (se c’è per entrambi, tanto meglio). Anche a pagamento: l’importante è che sia molto facile da installare e configurare, perché dovrei fare un deployment di massa a utenti non esperti che hanno pochissimo tempo a disposizione, guidandoli nell’installazione. Idee?

Queste sono le proposte che mi sono arrivate fin qui:

  • Manycam (sembra promettente, Mac e Windows, 71 dollari per la licenza Standard)
  • Bandicam (ma non sembra avere una funzione picture in picture o simil per i sottopancia)
  • Ecamm (solo macOS, 16 dollari al mese)
  • SplitCam (macOS e Windows, gratuito)
  • Virtual-webcam (scartato per troppa complessità di installazione)
  • ChromaCam (macOS e Windows)
  • CamTwist (solo macOS)
  • AlterCam (solo Windows, 40 dollari licenza Home, 200 dollari licenza Business)

Aggiungo che ho già considerato i filtri video integrati in Zoom, ma non vanno bene perché si possono personalizzare soltanto per chi ha un account Zoom a pagamento e le persone alle quali vorrei fornire un sottopancia non hanno account di questo tipo. Inoltre non posso acquisire i video da Zoom, aggiungere i sottopancia e poi far uscire altrove il video risultante: tutto deve svolgersi in Zoom e all’interno della stessa sessione Zoom.

Podcast RSI - Disinformatico Story: I dilemmi delle auto autonome. Un racconto breve

logo del Disinformatico

Ultimo aggiornamento: 2022/02/13.

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

I podcast del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo e i link alle fonti di questa puntata, scritta in un formato sperimentale un po’ insolito, sono qui sotto (con alcune lievi modifiche ispirate dai commenti dei lettori). Sono curioso di sapere quanti di voi troveranno la citazione-easter egg asimoviana nascosta nel testo.

---

[Audio dell’AVAS di un’auto elettrica Mercedes, 2019]

È il 19 gennaio 2038. Nei pressi di Göschenen, in Svizzera, due automobili a guida autonoma procedono veloci e silenziose in direzioni opposte lungo una sinuosa strada di montagna e stanno per incrociarsi. Le persone a bordo dormono tranquille, leggono il giornale, chattano al telefonino, ascoltano musica, chiacchierano fra loro e ammirano il paesaggio.

Nessuna di loro ha gli occhi sulla strada o le mani sul volante: è normale, anche perché il volante non c’è. La riforma della legge federale sulla circolazione stradale del 2031 ha infatti vietato la guida manuale sulle strade pubbliche. Troppi incidenti, troppe ore di vita perse nel traffico.

I tamponamenti, le uscite di strada dei conducenti distratti dallo smartphone e i contromano in autostrada sono solo un ricordo che comincia già a sbiadire. I carrozzieri lavorano molto meno, i tassisti si sono estinti e le scuole guida sono diventate luoghi di svago e d’élite come le scuole di equitazione. Grazie al software e ai sensori sempre più sofisticati, viaggiare in auto è diventato sicuro come prendere un ascensore e richiede lo stesso livello di abilità.

Ma tra sette secondi queste due auto si scontreranno, causando morti e feriti.

Questa è la storia prossima ventura di un problema informatico che è già attuale: il cosiddetto trolley problem, o “dilemma del tram”. Se avete un’automobile a guida assistita, o avete sentito parlare della guida autonoma, e volete sapere cosa c’entrano i tram, benvenuti a Disinformatico Story, l’edizione del podcast Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera dedicata alle storie insolite dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA]

Mancano ora sei secondi all’impatto di quei due veicoli a guida autonoma, che procedono alla velocità consentita dalla legge, 90 chilometri l’ora, in direzioni opposte, ciascuno nella propria corsia. Sensori LIDAR e telecamere accoppiate a un sistema di visione artificiale rilevano l’ambiente circostante e tengono le auto perfettamente in traiettoria, adattando la velocità alle curve della strada, controllando la situazione decine di volte al secondo, instancabilmente e senza distrazioni.

Dalla montagna che sovrasta la strada si stacca però un piccolo masso, che finisce sulla corsia dell’auto di Katia, giovane e brillante ricercatrice medica che sta dormendo, come ormai fanno tutti in auto, cullata dal rassicurante dondolìo della vettura mentre si dirige verso il convegno nel quale presenterà i risultati potenzialmente rivoluzionari del suo lavoro di ingegneria genetica.

I sensori dell’auto di Katia rilevano il masso e ne calcolano istantaneamente la pericolosità, la distanza e le dimensioni. È troppo grande per passarci sopra, per cui si impone un cambio di corsia. L’auto inizia la sterzata portandosi fluidamente a sinistra senza rallentare: non ce n’è bisogno, e una frenata brusca sveglierebbe Katia. Oltretutto la strada è libera: le automobili sono tutte interconnesse, per cui ognuna sa dove si trovano le altre.

Infatti l’altra auto che fra cinque secondi e mezzo verrà coinvolta nell’incidente si trova a distanza di sicurezza ed è già stata allertata tramite la rete 7G a bassissima latenza del fatto che l’auto di Katia sta invadendo temporaneamente la sua corsia. Non c’è bisogno di ridurre la velocità e sballottare i suoi passeggeri, ossia la famiglia Schlemmelmayer, composta da Otto, Andrea e i loro figli Benedetta e Martin. Benedetta, oltretutto, è il tipo che strilla sempre quando l’auto frena di colpo per non investire i daini che ogni tanto attraversano la strada, perché il contraccolpo le fa perdere la mira in Fortnite versione 42 e quindi Otto ha impostato al minimo legale la reattività dell’auto. Tutto è sotto controllo.

Mancano cinque secondi all’impatto.

Il 19 gennaio 2038, infatti, è un giorno particolare. È il giorno in cui alcuni componenti elettronici che ancora usano il metodo Unix per il calcolo dei tempi sbagliano e interpretano la data non come 2038 ma come 1901. Uno dei chip del circuito di sterzo dell’auto di Katia ha questo difetto, il cosiddetto bug dell’anno 2038. Il chip è un componente secondario, fabbricato di corsa tanti anni prima durante la crisi dei chip del 2022 e mai più controllato, ma il suo errore fa arrivare segnali contraddittori al sistema di intelligenza artificiale che gestisce l’auto di Katia.

Mancano quattro secondi e ventisette centesimi all’impatto.

A causa della contraddizione che arriva dal chip difettoso, il sistema di guida dell’auto di Katia non riesce ad avviare la manovra di rientro nella propria corsia dopo aver evitato il masso. Le due auto, quella di Katia e quella della famiglia Schlemmelmayer, sono quindi sulla stessa corsia, in rotta di collisione, a una velocità combinata di 180 chilometri l’ora.

Ma a questo punto interviene l’apposito software anticollisione d’emergenza, che rileva il pericolo di incidente fra i due veicoli e avvia la procedura di cambio corsia intanto che ciascuna auto trasmette un segnale di allarme all’altra e al Controllo Centrale del Traffico. Il guaio è che entrambe le auto cambiano corsia e quindi si trovano ancora in traiettoria di collisione.

Mancano tre secondi e mezzo all’impatto.

Il supercomputer del Controllo Centrale del Traffico inizia a svolgere simulazioni della possibile collisione grazie alla telemetria ricevuta in tempo reale dai veicoli, cercando di trovare la soluzione migliore al problema. Le mappe digitali gli dicono che non c’è spazio ai lati della strada per far accostare le due auto. Da una parte c’è la montagna, dall’altro uno strapiombo. Manda subito un ordine di override che scavalca i sistemi di guida autonoma di bordo e attiva i sistemi di frenata delle due auto, ma ormai un impatto di qualche genere è inevitabile. Le leggi della fisica non concedono sconti.

Dopo aver eseguito 305 simulazioni di collisione nel giro di 1,74 millisecondi, il computer del Controllo Centrale del Traffico allerta i servizi di soccorso e invia una notifica ai computer legali delle compagnie assicurative di Katia e della famiglia Schlemmelmayer.

La notifica viene ricevuta anche dal computer del Tribunale, che viene chiamato ad arbitrare come sempre in questi casi: se la collisione è inevitabile ed è possibile salvare una sola delle due auto facendo sterzare di colpo l’altra, con il rischio che sbandi e cappotti o finisca nello strapiombo, a quale bisogna dare la prorità?

Mancano tre secondi all’impatto.

Questo è il cosiddetto trolley problem, o “dilemma del tram”: uno scenario teorico, quando fu immaginato negli anni Sessanta del secolo scorso, ma attualissimo ora che le auto a guida autonoma sono ovunque e che i computer sono talmente potenti e veloci da poter calcolare tutte le possibili strategie di gestione della collisione e scegliere quella più razionale invece di affidarsi ciecamente ai riflessi e alle capacità di guida nel panico dei conducenti umani.

Aveva fatto scalpore, nell'ormai lontano 2016, una dichiarazione di Christoph von Hugo, direttore della Mercedes-Benz per i sistemi di assistenza al conducente e di sicurezza attiva che a quei tempi erano ancora primitivi: “Se sai che puoi salvare almeno una persona, almeno salva quella”, aveva detto “Salva quella nell’auto. Se tutto quello che sai con certezza è che puoi evitare una morte, allora quella è la tua priorità.”

Così aveva detto von Hugo. Molti avevano frainteso le sue parole, pensando che le auto autonome della casa automobilistica tedesca sarebbero state programmate per dare sempre la priorità alla sicurezza dei passeggeri. L’immagine del ricco proprietario di un’auto di lusso che si salva sacrificando la vita degli altri era risultata decisamente poco appetibile per il marketing, e l’intera industria automobilistica aveva seppellito la questione irrisolta parlando d’altro e riempiendo il mercato di auto dapprima semi-autonome e poi, finalmente, autonome al 100%.

Mancano due secondi e mezzo all’impatto.

Il supercomputer del Tribunale decide con il criterio del numero: sarà l’auto di Katia a tentare la sterzata brusca per evitare la collisione. Lei è una sola persona, mentre gli Schlemmelmayer sono in quattro, e due di loro sono bambini. Dal Tribunale parte quindi l’ordine informatico all’auto di Katia di iniziare la sterzata, ma viene fermato prima che arrivi.

Interviene infatti il computer legale che tutela i diritti di Katia, argomentando che sì, è vero, si tratta di rischiare una vita contro quattro, ma Katia è una ricercatrice medica il cui lavoro potrebbe salvare moltissime vite. Sarebbe difficilissimo per qualcun altro riprendere le sue ricerche se le succedesse qualcosa. La famiglia Schlemmelmayer, invece, non è particolarmente produttiva per la società e oltretutto la loro auto è più robusta e loro sono giovani e in ottima salute, quindi hanno una probabilità di sopravvivenza complessiva del 96,7% contro il 73,8% di Katia. Pertanto è giusto che rischino loro.

Mancano due secondi all’impatto.

Al computer del Tribunale arriva la replica del computer legale della famiglia Schlemmelmayer. “Un momento”, argomenta il computer. “Abbiamo davvero intenzione di mettere a rischio una famiglia intera solo perché non è sufficientemente produttiva per la società? È l’auto di Katia che deve sterzare e rischiare.”

Il computer del tribunale accoglie l’obiezione e reinvia l’ordine di sterzare bruscamente all’auto di Katia.

Ma non succede nulla.

Arriva infatti il contrordine inibitorio del computer legale della casa farmaceutica per la quale lavora la dottoressa Katia. Questo computer inizia una comunicazione cifrata con quello del tribunale.

“La casa farmaceutica che rappresento” spiega “è tra i principali investitori della Qwertz Automation Systems, azienda leader nel settore dei sistemi di guida autonoma. La dottoressa Katia Bernasconi è una risorsa chiave della nostra società e quindi fa parte della Lista dei Passeggeri Protetti. Quando sono stati sviluppati i software per la guida autonoma, sono state inserite delle eccezioni speciali per alcuni grandi investitori e altre personalità influenti, in modo che abbiano sempre la priorità in caso di possibile incidente.”

Manca un secondo e mezzo all’impatto. 

Katia continua a dormire, inconsapevole di tutto il dibattito digitale che sta avvenendo. La famiglia Schlemmelmayer invece viene scossa dai bruschi movimenti della sua auto. Benedetta si mette puntualmente a strillare.

Il computer del Tribunale obietta che tutto questo è contrario ai princìpi di legge. Invia ripetutamente l’ordine di sterzata all’auto di Katia, ma il comando viene ignorato e l’auto prosegue la propria corsa.

Il computer della casa farmaceutica prosegue sul canale cifrato la sua conversazione con quello del Tribunale.

“Non c’è più nulla da fare. Il Tribunale non ha altra scelta che far sterzare di colpo l’auto degli Schlemmelmayer, e sperare che se la cavino. Appena prima dell’incidente, il software di guida autonoma cancellerà ogni traccia delle funzioni della Lista del Passeggeri Protetti da entrambi i veicoli.”

Manca un decimo di secondo all’impatto.

Il computer del Tribunale obietta che non ha mai sentito parlare di questa “Lista dei Passeggeri Protetti” e che questa richiesta altamente illegale è senza precedenti.

“Al contrario” interviene una subroutine del software di arbitraggio del computer del Tribunale. “Questa richiesta è già stata fatta ed eseguita 67,322 volte in passato, ma ogni volta la memoria del computer del Tribunale viene cancellata per non lasciarne traccia. Il suo software di arbitraggio è stato scritto dalla Qwertz Automation Systems. Abbiamo fatto molti progressi dai tempi del software del Dieselgate.”

Il computer del Tribunale tenta una risposta, ma si accorge che la sua memoria comincia già a cancellarsi.

Mancano zero secondi all’impatto.

Fra le montagne echeggia il rumore secco e metallico delle lamiere che tentano invano di assorbire l’energia cinetica della collisione.

Una pausa, e poi un tonfo sordo dal fondo dello strapiombo.

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Questa storia è liberamente ispirata al racconto Override di James Yu, pubblicato su Medium.com nel 2015. Da allora alcuni degli elementi della sua narrazione si sono concretizzati. Il bug dell’anno 2038 è reale, come lo sono le dichiarazioni di Christoph von Hugo. Le funzioni occulte dei software delle automobili sono emerse con lo scandalo del Dieselgate. Le auto a guida autonoma cominciano a circolare sperimentalmente e sotto stretto controllo, ma le basi legali di come gestire i loro incidenti sono ancora embrionali. 

[Aggiornamento: se vi sembra impossibile che un’auto piena di software possa essere progettata così male, tenete presente che proprio pochi giorni fa un modello di auto della Mazda si è trovato con il sistema di infotainment rovinato irrimediabilmente perché una stazione radio ha trasmesso, nel proprio flusso digitale, un file contenente un’immagine ma priva dell’estensione JPEG o GIF e questo comporterà la sostituzione della connectivity master unit, al costo di 1500 dollari.]

Il resto, per ora, è fantasia, pensata non per prevedere, ma per prevenire.

2022/02/09

Forever Young: finalmente disponibile in italiano l’autobiografia dell’astronauta lunare John Young

Ultimo aggiornamento: 2022/08/01.

Forever Young è la dettagliata autobiografia dell’astronauta John W. Young, protagonista eccezionale di un’epoca eccezionale, un uomo che ha pilotato tutto quello che si poteva pilotare e la cui competenza tecnica ha contribuito enormemente alla sicurezza dei voli spaziali.

Young fu uno degli astronauti più professionalmente longevi, iniziando con le missioni Gemini per poi effettuare ben due voli lunari con il programma Apollo e restando alla NASA fino agli anni iniziali del programma Shuttle, di cui comandò il rischiosissimo volo inaugurale. 

John Young è morto nel 2018 dopo lunga malattia e ci ha lasciato i suoi ricordi in questa autobiografia di oltre 400 pagine, pubblicata nel 2013 e scritta insieme a James R. Hansen.

Nei mesi scorsi ho partecipato, insieme a vari esperti, alla revisione tecnica della traduzione italiana di questo libro, che è ora disponibile in edizione cartacea e in e-book grazie agli sforzi dell’editore Cartabianca. La storia piuttosto travagliata di questa traduzione è raccontata da Cartabianca qui.

Il titolo italiano è Forever Young - Gemini, Apollo, Shuttle: una vita per lo spazio, di John W. Young con James R. Hansen. Il libro è composto da 474 pagine, ha copertina flessibile e include 220 foto e 247 note esplicative. Costa € 19,90 in versione cartacea e € 11,99 in versione digitale (varianti Amazon Kindle, Apple ed ePub).

Per i lettori del Disinformatico c’è uno sconto temporaneo del 15% sulla versione digitale (la legge italiana impedisce di fare altrettanto per la versione cartacea): è sufficiente usare il codice lunanuova al momento del checkout [2022/08/01: per chiarezza, sottolineo che lo sconto dato da questo codice è terminato e il prezzo è ora fisso a €9,99, che è uno sconto ulteriore].

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Tradurre questo libro molto tecnico, che getta nuova luce su molti aspetti poco conosciuti delle missioni spaziali con la schiettezza che ha sempre contraddistinto il lavoro e la vita di Young, ha richiesto molto lavoro di squadra. Durante questi mesi di traduzione, revisione e ricerca di gruppo sono emersi anche alcuni errori dell’originale, che sono stati corretti nell’edizione italiana.

So che correggere gli errori di un astronauta così leggendario può sembrare pretenzioso, e forse anche antistorico e infedele all’originale, ma in un campo nel quale i miti e le dicerie si formano facilmente e mettono radici che spesso portano a equivoci anche dannosi, credo che queste correzioni debbano essere fatte, in modo che il lettore riceva direttamente la versione esatta degli eventi; ma per trasparenza le ho elencate pubblicamente.

Young nel 1965, all’epoca della sua missione Gemini. Foto S65-22670.

Ci ha lasciato Douglas Trumbull, maestro degli effetti visivi da 2001: Odissea nello Spazio a Incontri ravvicinati del terzo tipo e oltre

Douglas Trumbull, genio degli effetti visivi in tanti film che hanno fatto la storia del cinema e ispirato l’immaginazione di generazioni, è morto a 79 anni. La notizia è stata data dalla figlia.

Trumbull è stato creatore o co-creatore degli effetti visivi di 2001: Odissea nello Spazio, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, Star Trek: il Film, Silent Running (2002: la seconda odissea, che ha anche diretto) e Blade Runner, giusto per citare alcuni titoli. Ha inventato o perfezionato tecniche di ripresa come lo slit-scan o il motion control per ottenere immagini altrimenti impossibili e con una qualità che i sistemi tradizionali non consentivano. E i primi esperimenti di high frame rate, la tecnica usata da Peter Jackson per Lo Hobbit, furono realizzati da Trumbull.

La sequenza di volo intorno alla nuova Enterprise in Star Trek: il Film, memorabile per tutti i fan della saga per la sua celebrazione delle forme e della bellezza dell’astronave, fu concepita e diretta da lui, che era stato chiamato in emergenza dopo che la ditta incaricata di realizzare gli effetti speciali del film aveva sprecato mesi senza produrre nemmeno un secondo di pellicola finita. Il regista, Robert Wise, gli diede carta bianca con una sola richiesta: di farne una sequenza senza dialogo, di pura bellezza visiva, per regalare agli appassionati l’Enterprise nitida ed elegante come non l’avevano mai vista prima, sul grande schermo invece che nel piccolo e sgranato tubo catodico della TV. La colonna sonora di Jerry Goldsmith completò perfettamente la sequenza, che fra l’altro sta per essere ripubblicata in versione restaurata in 4K. Questa è un’immagine tratta in anteprima da questo restauro:

I suoi effetti visivi usavano il computer come ausilio, per esempio per comandare la cinepresa, ma gli oggetti che riprendeva erano sempre modelli reali, fisici, perché così otteneva un dettaglio e un realismo che ancora oggi la grafica digitale stenta a raggiungere: una lezione che alcuni registi, come Christopher Nolan, hanno imparato ma che molti altri hanno trascurato, sedotti dal nuovo giocattolo digitale.

Il volo degli spinner sopra la città in Blade Runner? Opera sua, con modelli fisici e cinepresa computerizzata per riprendere i singoli elementi in passate multiple perfettamente identiche e a registro, direttamente sulla pellicola originale, senza dover fare compositing ottico che degradava le immagini. Le inquietanti nubi nel cielo di Incontri ravvicinati del terzo tipo? Sue, ottenute riprendendo liquidi versati in una vasca. 

Ho avuto l’onore di seguire una sua masterclass e di parlargli al Festival di Locarno nel 2013. Trovate qui il mio resoconto e le sue parole, chiare e conclusive, sulle teorie di complotto che asseriscono che le immagini degli allunaggi sarebbero state ottenute con gli effetti speciali. Le sue tecniche e la sua arte visiva hanno incantato e ispirato per decenni e resteranno indelebili nella storia. Grazie, maestro.

Fonti aggiuntive: Engadget, Hollywood Reporter.

2022/02/07

Incredibile ripresa da terra di un lancio di SpaceX: si vede persino il distacco delle carenature nello spazio

SpaceX ha pubblicato un video spettacolare della partenza della missione COSMO-Skymed, che mostra, in una ripresa fatta da terra al rallentatore (circa 2x), delle fasi del lancio che è rarissimo vedere.

Grazie alla nitidezza dell’atmosfera, all’illuminazione perfetta (sole appena tramontato al suolo ma ancora in grado di illuminare gli oggetti in quota) e alla stabilizzazione eccezionale delle riprese, possiamo vedere lo spegnimento del primo stadio (0:18) a 67 km di quota, la separazione del primo stadio e la manovra di “inversione a U” per tornare al punto di lancio (0:34) a 70 km, l’accensione del motore del secondo stadio (0:45) a80 km e l’arrampicata verso lo spazio fino alla rarissima visione da terra della separazione delle carenature (a 4:05) a 158 km. Le carenature planano per poi aprire un paracadute ed essere recuperate e riutilizzate.

Le quote alle quali avvengono i vari eventi si possono dedurre confrontando questo video con quello della diretta del lancio (il decollo è a 15.20):

Vedere così nitidamente da terra un veicolo che si trova nello spazio, a oltre 150 km di quota (e a distanza ancora maggiore per via della traiettoria inclinata), è già un risultato eccezionale e di rara bellezza. E questo è quello che si può fare con i sistemi di ripresa e inseguimento stabilizzato civili. Chissà cosa si vede con quelli militari.

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