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Il Disinformatico: Marte

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2023/06/25

(AGG 23:55) Tutti i video del convegno Cicap “Siamo soli nell'universo? Alla ricerca della vita, fra mito e realtà”

Come ho segnalato qualche giorno fa, il 6 maggio scorso sono stato uno dei relatori del Convegno nazionale del Cicap intitolato “Siamo soli nell'universo? Alla ricerca della vita, fra mito e realtà” presso l’Aula Magna dell’Università dell’Insubria, a Como. Nei giorni scorsi il Cicap ha pubblicato man mano anche gli altri video, interessantissimi, del convegno, per cui raduno tutto qui in un unico post cronologico.

Prologo: diretta streaming Aspettando "Siamo soli nell'Universo?", con Amedeo Balbi, professore associato di astronomia e astrofisica all’Università di Roma “Tor Vergata”, intervistato da Serena Pescuma, medico chirurgo e coordinatrice dei social del CICAP.

 

I “canali” di Schiaparelli ed il mito dei Marziani - Patrizia Caraveo (Astrofisica)

 

Dagli UFO ai complotti spaziali - Paolo Attivissimo (Giornalista scientifico)

 

Il progetto SETI, alla ricerca di vita intelligente - Stefano Covino (INAF Brera)

 

La scoperta degli esopianeti - Monica Rainer (INAF Brera)

 

Le molecole della vita - Giuseppe Galletta (Senior-Unipd)

 

Esistono civiltà tecnologiche aliene? - Amedeo Balbi (Unitorvergata)

 

Viaggi interstellari: solo fantascienza? - Andrea Ferrero (Ingegnere spaziale)

2022/04/07

Nello spazio nessuno può sentirti urlare, ma su Marte sì

Siamo abituati a pensare che lo spazio sia un ambiente totalmente silenzioso, perché nel vuoto i suoni non si propagano. Il film Alien (un classico del 1979) divenne famoso per il suo slogan “nello spazio nessuno può sentirti urlare”. Le immagini delle sonde spaziali o degli astronauti sulla Luna sono sempre silenziose o al massimo sono accompagnate dalle loro comunicazioni via radio. Ma non è sempre così.

Il suono non si propaga nello spazio, ma su Marte, per esempio, sì. Il pianeta, infatti, è dotato di un’atmosfera. È molto tenue, rispetto a quella terrestre, ma c’è, e quindi i suoni si possono sentire. A patto, però, che ci sia qualcuno o qualcosa a produrli e ad ascoltarli.

Su YouTube è stato pubblicato un video che presenta suoni di Marte, e non si tratta di uno scherzo: sono realmente suoni captati sul pianeta rosso.

Il video è opera del Jet Propulsion Laboratory della NASA e presenta i suoni captati su Marte dai due microfoni montati per questo scopo sul veicolo robotico Perseverance, che sta esplorando il pianeta da più di un anno (è arrivata su Marte a febbraio del 2021).

Nel video si sentono degli sbuffi, prodotti dal getto gassoso usato per soffiare via la polvere prodotta dagli strumenti che analizzano le rocce marziane: i crepitii del laser usato per vaporizzare le rocce allo scopo di conoscerne la composizione chimica; il fruscìo del vento marziano; e anche il rumore del piccolo drone Ingenuity, il primo veicolo a elica usato su un altro mondo.

L’idea di montare dei microfoni su una sonda spaziale può sembrare frivola, e inizialmente fu bocciata dalla NASA, diventando realtà soltanto grazie a una colletta di 100.000 dollari realizzata via Internet dall’associazione di divulgazione scientifica Planetary Society. In realtà ascoltare i suoni di un altro pianeta ha permesso ai ricercatori di scoprire alcune strane caratteristiche dell’atmosfera di Marte.

Per esempio, su Marte il suono si propaga più lentamente che sulla Terra e a velocità differenti a seconda della frequenza. I suoni di bassa frequenza viaggiano sul pianeta rosso a circa 240 metri al secondo, mentre quelli più acuti si propagano più rapidamente, a circa 250 metri al secondo. Un concerto su Marte produrrebbe insomma effetti molto strani: le note alte arriverebbero agli ascoltatori prima di quelle basse. I suoni marziani in generale sono inoltre più lenti che sulla Terra, dove viaggiano normalmente a circa 343 metri al secondo.

Questi sono effetti della composizione chimica dell’atmosfera marziana, che oltre a essere molto sottile e molto fredda è composta principalmente da anidride carbonica. Gli scienziati avevano previsto questi fenomeni, ma sentirli confermare direttamente da una registrazione audio è una bella soddisfazione.

Un altro effetto insolito dell‘atmosfera marziana è che i suoni non vanno molto lontano, e quelli acuti si propagano meno di quelli bassi. Sulla Terra un suono normalmente si smorza fortemente dopo una sessantina di metri, mentre su Marte i suoni acuti si perdono completamente già a otto metri di distanza, scrive il JPL. Lo si nota nel rumore del drone Ingenuity nel video, i cui piccoli rotori girano velocissimi, a 2500 giri al minuto, ma nell’atmosfera marziana producono un suono molto cupo. Il risultato è che se una persona potesse stare senza protezioni su Marte, sentirebbe quasi sempre un silenzio totale, punteggiato solo occasionalmente da rumori sordi. 

Marte è davvero un mondo alieno, insomma, nel quale per farsi sentire non conviene strillare ma è invece necessario usare toni molto bassi e stare vicini. Ed è affascinante che si possano udire questi suoni alieni che arrivano da decine di milioni di chilometri di distanza, e ci si possa fare un’idea di cosa sentiremmo se fossimo lì di persona, su Marte, grazie a una colletta fatta su Internet.

2022/01/04

Gli straordinari “selfie” marziani di Tianwen-1 e Zhurong

Siamo abituati alle illustrazioni artistiche che mostrano le sonde spaziali mentre si avvicinano al pianeta o altro corpo celeste che devono visitare. Ma queste non sono illustrazioni: sono foto della parte orbitale della sonda cinese Tianwen-1, nelle vicinanze di Marte. La sonda è partita dalla Terra il 23 luglio 2020 ed è arrivata in orbita marziana a febbraio del 2021.

Queste fotografie sono state ottenute sganciando dalla sonda un piccolo subsatellite contenente una fotocamera, che ha scattato le immagini e le ha trasmesse alla sonda via WiFi. Un sistema semplice e geniale.

Anche il rover Zhurong, una volta sganciatosi dalla sonda Tianwen-1 e atterrato su Marte in 14 maggio 2021, ha rilasciato una piccola fotocamera sul suolo marziano e poi si è allontanato per farsi fotografare accanto al lander che l’ha trasportato dall’orbita fino alla superficie del pianeta rosso.



Un sistema decisamente più semplice e versatile di quello usato dai rover marziani statunitensi, i cui autoritratti sono ottenuti attraverso un collage di fotografie nelle quali il braccio robotico del rover regge la fotocamera e viene poi cancellato digitalmente. Questo metodo produce foto leggermente artificiose e non consente inquadrature da lontano dei nostri emissari robotici, che permetterebbero di apprezzare meglio le dimensioni e il contesto del paesaggio marziano.

Perché non si fanno più spesso scatti come questo? Le immagini sono importanti per la comunicazione della scienza. Senza comunicazione, il contribuente non capisce dove vanno i suoi soldi, e non tutti i contribuenti hanno interesse per le indagini sui campi magnetici o sulla geologia dei pianeti. Una foto parla un linguaggio universale, e la Cina l’ha capito benissimo.

Fonti: CNSA Watcher, Space.com, Planetary.org.

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2021/04/17

Stasera alle 21 parlerò delle bufale e del realismo di The Martian, per conoscere meglio Marte

Stasera sarò ospite in videoconferenza del ciclo di eventi Indiscienza organizzato dal Collegio Ghislieri di Pavia (ghislieri.it/indiscienza) per una conferenza intitolata Non è Marte, è Hollywood: bufale e realismo di “The Martian”.

Il film è un atto d’amore verso il metodo scientifico per risolvere i problemi, ma ha alcuni scivoloni hollywoodiani che è meglio conoscere per non confondere la fantasia degli sceneggiatori con la realtà delle missioni spaziali.

Se vi va, dalle 21 la conferenza sarà fruibile in diretta per tutti su Youtube (embed qui sotto) e su Facebook.

 

Per chi la vede in seguito: la conferenza inizia a 7:40. Grazie a tutti per aver seguito e per le belle domande. La questione dell’ossidazione delle rocce marziane nonostante l’assenza di ossigeno nell’atmosfera, citata in una delle domande, ha risposta dettagliata qui e qui. In sintesi, la patina ossidata si sarebbe formata anticamente, quando l’atmosfera marziana conteneva molto più ossigeno.

2021/02/22

Video, foto e audio stupefacenti da Marte: l’atterraggio di Perseverance

Ultimo aggiornamento: 2021/02/26 16:30.

La NASA ha appena rilasciato una serie di video assolutamente, inimmaginabilmente spettacolari ripresi dalle telecamere di bordo durante l’atterraggio di Perseverance, insieme a una bordata di fotografie, alcune delle quali sono già state elaborate per creare immagini panoramiche a 360° come questa (che vista in un visore per realtà virtuale è totalmente immersiva, sembra proprio di essere seduti sul Rover a guardare il panorama di Marte):

O queste:

Non c’è niente da fare: il video a colori batte completamente la fotografia statica nel dare la sensazione di essere lì e nel permettere di capire concretamente la dinamica degli eventi. E oltre al valore mediatico spettacolare, viscerale di questi video, c’è il fatto che vediamo per la prima volta con immagini fluide in movimento cosa succede realmente durante un atterraggio su Marte. Anche gli scienziati e i progettisti dei veicoli spaziali sono entusiasti, perché finalmente vedono direttamente i comportamenti dei materiali e della polvere che prima potevano soltanto stimare.

Pubblicherò le altre man mano che mi riprendo dall’emozione: e questo non è che l’inizio, visto che a bordo ci sono telecamere stereoscopiche da 20 megapixel e c’è persino un elicottero con una telecamera tutta sua. 

Per ora chiarisco che le immagini sono grezze e non sono ancora state elaborate per fornire i colori reali (ossia come li vedrebbe il nostro occhio) e segnalo che le immagini vengono pubblicate man mano a questo indirizzo: 

https://mars.nasa.gov/mars2020/multimedia/raw-images/

---

Questa è la zona di atterraggio di Perseverance, vista dall’orbita marziana grazie allo strumento HiRise a bordo della sonda Mars Reconnaissance Orbiter. Da sinistra, il paracadute e la carenatura posteriore; lo stadio di discesa; il rover vero e proprio; lo scudo termico. Ognuno dei riquadri ha un lato di circa 200 metri (credit: NASA/JPL/University of Arizona). Stando ai dati dichiarati nella conferenza stampa dalla NASA (la trovate più sotto), rispetto a Percy lo stadio di discesa si trova a circa 700 metri, il paracadute sta a circa 1200 metri e lo scudo termico è a 1500 metri.


Alcuni dettagli dell’immagine di HiRise: ecco Perseverance (fonte).


Lo stadio di discesa o “gru volante”, il cui impatto intenzionale ha creato un ventaglio di detriti:

 

Il paracadute:


Suoni! Uno dei microfoni di bordo ha registrato il rumore di bordo del veicolo e una folata di vento marziano. Altri campioni audio sono qui. Siamo talmente abituati al silenzio delle riprese nel vuoto che non pensiamo mai al fatto che questi veicoli sono pieni di motorini, attuatori, parti mobili che fanno rumore. E il fatto che si possa sentire questo rumore ci ricorda molto potentemente che questa sonda è su un pianeta, un pianeta che ha un’atmosfera, non un deserto senz’aria come la Luna.

Il paracadute, con la sua colorazione asimmetrica usata per rilevare eventuali rotazioni o deformazioni e contenente un codice da decifrare (ne parlo più sotto):

 

La gru volante a razzo, uno dei veicoli spaziali più pazzeschi mai concepiti, vista da sotto, dal punto di vista di Percy durante lo sgancio. Notate che i motori non emettono fiammate: sono alimentati a idrazina con catalizzatore, che brucia senza produrre fiamme colorate. È lo stesso fenomeno che si nota nelle missioni lunari Apollo, in cui i motori del Modulo Lunare usavano una miscela di Aerozine 50 (50% idrazina, 50% dimetil idrazina asimmetrica) e tetrossido di diazoto che non produceva fiammate visibili (cosa che i lunacomplottisti non hanno ancora capito).

 

Andy Saunders ha ricalibrato e ripulito un’altra immagine della skycrane:

 

Questa è un’elaborazione stereoscopica delle immagini riprese dalla “gru volante” (servono gli occhialini rossi e blu), creata da Nathaniel Bradford:


La conferenza stampa di presentazione delle immagini e dell’audio (da 38:22), che fornisce moltissimi dettagli della manovra di atterraggio (compresa la presenza di un messaggio nascosto nel paracadute e già scoperto dagli appassionati in poche ore) e spiega bene cosa si vede nei video:

Una chicca fra le tante: le telecamere hanno ripreso fino a ben 75 fotogrammi al secondo (il triplo della cadenza normale). A parte le riprese su pellicola sulla Luna delle missioni Apollo, che comunque arrivarono solo a 12 fotogrammi al secondo (e 10 in video), non credo che ci sia mai stata una ripresa su un corpo celeste fatta con cadenze vicine a quelle necessarie per ottenere immagini realmente fluide. Notate inoltre che una di queste telecamere, montata sulla gru volante, ha trasmesso immagini fino all’ultimo istante, quando è stato sganciato il rover, sfruttando il cavo spiralato che si vede nelle foto qui sopra, e il file video è sopravvissuto al tranciamento improvviso del cavo.

Sul rover ci sono dei pannelli di riferimento per la calibrazione del colore nelle foto. La calibrazione e i suoi pannelli sono spiegati in grande dettaglio, insieme al significato delle icone e delle diciture, qui):


 

Uno dei pannelli è questo, segnalato da @Rainmaker1973:


 

Chicca: c’è anche una “foto di famiglia” dei vari rover marziani, che ricorda molto gli adesivi che si mettono sulle automobili per rappresentare le famiglie a bordo:

 

C’è anche una foto della colonna di fumo prodotta dallo schianto della gru volante, vista da una delle telecamere di Perseverance. Spettacolare.

Vale la pena di confrontare la potenza di calcolo di Perseverance con quella di uno smartphone: il suo processore principale è una terna di BAE RAD 750, che operano fino a 200 MHz (un iPhone 11, classe 2019, opera a dieci volte questa frequenza). Lentissimo, ma è protetto contro le radiazioni, cosa di cui l’iPhone non ha bisogno (per questo nello spazio si usano processori “vecchi”: essendo meno densi di componenti, sono meno sensibili alle radiazioni). Percy include anche dei processori FPGA Virtex-5 usati per la navigazione e per l’elaborazione delle immagini.

Il rover ha 2 GB di memoria flash, 256 MB di RAM dinamica e 256 KB di EEPROM. Oggi uno smartphone con meno di 16 GB di memoria flash è impensabile: l’iPhone 12 parte da 64 GB. Per cui se le immagini arrivano da Marte un po’ a rilento, non lamentatevi. State usando tecnologia degli anni Novanta. Vi ricordate com’era l’informatica di quei tempi? Appunto.

Le specifiche complete dei processori e delle telecamere di Perseverance sono su Nasa.gov (anche qui).

Le fotocamere di Perseverance sono posizionate in modo da consentire foto stereoscopiche in altissima risoluzione. Già ora gli appassionati stanno estraendo le parti comuni delle foto scattate da fotocamere differenti per ottenere immagini 3D. Fra questi appassionati c’è anche Brian May, che insieme a Claudia Manzoni ha creato queste foto:


2021/02/19

Prime immagini straordinarie da Perseverance su Marte

Questa non è un’illustrazione digitale: è una foto reale. State guardando un robot grosso come un’automobile mentre viene calato su Marte dalla gru volante a razzo che lo sta trasportando. Il robot è Perseverance, atterrato ieri, e l’inquadratura è presa da una fotocamera montata sulla gru e rivolta verso il basso.

La foto è stata ripresa mentre Perseverance era ancora appesa alla gru volante. Si notano le striature nel terreno prodotte dai getti dei razzi della gru che stanno spostando la polvere. I tre cavi rettilinei sono quelli che reggono il rover e lo calano dalla gru che rimane fermo a mezz’aria; il cavo spiralato è quello che trasporta i dati dalla gru a Perseverance. Se volete la versione a massima risoluzione, è qui

La foto qui sotto, invece, mostra Perseverance mentre è ancora appesa al paracadute che la sta portando verso il sito di atterraggio. L’immagine è stata scattata dalla fotocamera HiRISE montata a bordo della sonda orbitante Mars Reconnaissance Orbiter da una distanza di circa 700 chilometri, mentre MRO si spostava a circa 3 chilometri al secondo. La precisione e abilità necessarie per riuscire a sincronizzare e orientare un veicolo orbitante in modo che riesca a fotografare l’altro mentre sta scendendo -- e fare tutto questo su Marte -- sono straordinarie.


Questa (tratta da qui) è la prima immagine a colori ad alta risoluzione trasmessa da una delle telecamere montate a bordo di Perseverance:


La foto qui sotto mostra una ruota del rover e le rocce estremamente porose sul suolo marziano.


Pensiamo un momento al fatto che riceviamo queste immagini da un altro pianeta, situato attualmente a duecento milioni di chilometri di distanza (11 minuti-luce), e le vediamo tutti insieme su Internet grazie alla tecnologia creata dall’ingegno di tantissime persone di enorme talento.

Le immagini di Perseverance vengono pubblicate man mano a questi indirizzi:

Moltissimo materiale, compresi i modelli 3D interattivi del veicolo, è disponibile nel Resource Kit

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2021/02/18

Il rover Perseverance è atterrato su Marte

Ultimo aggiornamento: 2021/02/19 18:00.

Con una emozionante riedizione dei “sette minuti di terrore” del suo predecessore Curiosity nel 2012, il rover o veicolo semovente Perseverance è arrivato sano e salvo su Marte, atterrando come previsto nel grande cratere Jezero di Isidis Planitia dopo 203 giorni di viaggio (era partito dalla Terra il 30 luglio 2020).

Perseverance è il veicolo più pesante mai arrivato su Marte (1025 kg). È un robot grosso come un’automobile: misura 3 metri di lunghezza, 2,7 metri di larghezza e 2,2 metri di altezza. Trasporta a bordo Ingenuity, il primo elicottero-drone progettato per volare su un altro pianeta, nella tenuissima atmosfera marziana.

Questo rover è appunto una versione evoluta di Curiosity, atterrato su Marte il 5 agosto 2012, rispetto al quale ha strumenti più sofisticati, fra cui un sistema di raccolta di campioni predisposto per il ritorno sulla Terra grazie a un veicolo da lanciare successivamente, un esperimento per la produzione di ossigeno usando le risorse locali, e telecamere stereoscopiche che dovrebbero regalarci immagini 3D sensazionali.

Questa qui sotto è la prima immagine arrivata sulla Terra da Perseverance: è in bianco e nero e a bassa risoluzione perché è stata trasmessa dalle telecamere di navigazione di Perseverance subito dopo l’atterraggio su Marte, in modo da dare le prime informazioni sull’esatta localizzazione del rover e sulle sue condizioni ambientali e operative.

La manovra di discesa e atterraggio ha seguito l’acrobatica falsariga inaugurata con Curiosity: lo scudo termico ha frenato il veicolo in arrivo direttamente dalla Terra, assorbendo il calore prodotto dalla compressione dell’atmosfera davanti allo scudo; una volta effettuata la frenata, si è aperto un paracadute che ha portato il veicolo fino a poche centinaia di metri dal suolo, rallentandolo ulteriormente; poi si sono attivati i razzi della “gru volante” (skycrane), che è rimasta in volo librato a circa 10 metri dal suolo e ha calato il rover Perseverance, per poi allontanarsi e schiantarsi con il propellente residuo (questo allontanamento serve per evitare di contaminare la zona di atterraggio).

Qui sotto vedete i componenti del veicolo Mars 2020 Perseverance: dall’alto, lo stadio di crociera usato per il viaggio dalla Terra a Marte; la carenatura superiore (backshell); lo stadio di discesa, che ha agito da gru volante; il rover Perseverance ripiegato; lo scudo termico per l’attraversamento dell’atmosfera marziana (NASA).

Aggiungo tre note linguistiche per rispondere a tre domande ricorrenti:

  • sì, in inglese i veicoli spaziali, e quindi anche Perseverance, sono femminili, come lo sono le navi e tutti i veicoli assimilabili. È per questo che la NASA e i giornalisti anglofoni usano she.
  • si pronuncia persi-VERANS, non per-SEVER-ans, sia in inglese UK sia in inglese USA.
  • Il nome dell’elicottero-drone Ingenuity non va tradotto “ingenuità”, ma “ingegno”. Ingenuity è un false friend. In inglese, “ingenuità” si dice “naiveness” o “ingenuousness”.

Sta iniziando una nuova fase della ricerca della vita su Marte. Jezero (“lago” in molte lingue slave) è un grande cratere di circa 49 chilometri di diametro che si ritiene abbia ospitato un lago oltre tre miliardi di anni fa e quindi è considerato un luogo ottimale dove cercare la vita o tracce della sua passata esistenza.

 

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2020/09/20

Le meraviglie reali di Marte, con un trucco per capirne la scala

Le immagini delle sonde esplorative che abbiamo inviato su Marte sono meravigliose, ma spesso è difficile capire la scala delle formazioni che mostrano. L’artista digitale Seán Doran ha trovato una soluzione semplice, elegante e intuitiva a questa difficoltà: aggiungere un astronauta in scala alle foto reali della superficie marziana. Il risultato è straordinario.

Quanto tempo passerà prima che quell’astronauta ci sia davvero?




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2019/07/26

43 anni fa la NASA “creò” il Volto su Marte

Il 25 luglio 1976 la sonda Viking 1 della NASA, in orbita intorno a Marte, scattò una delle fotografie più celebri dell’esplorazione spaziale: quella che sembra mostrare, sulla superficie del pianeta, una enorme struttura a forma di volto umano, lunga circa tre chilometri e larga uno e mezzo.

Le immagini scattate successivamente, insieme alle misurazioni altimetriche dettagliatissime, hanno chiarito che si tratta semplicemente di una collina la cui forma creava in quel momento un’illusione ottica (pareidolia) grazie al gioco delle ombre e alla bassa risoluzione, ma questo non ha impedito a generazioni di ufologi di continuare a presentare questa struttura come una prova della presenza di civiltà extraterrestri su Marte, naturalmente tenute nascoste dalla NASA brutta e cattiva e intente, chissà perché, a creare sculture di noi terrestri.

C’è chi si è spinto a dire che la NASA avrebbe addirittura falsificato le immagini successive per nascondere questa prova, senza pensare che l’ente spaziale avrebbe potuto semplicemente fare a meno di mostrare la foto iniziale, visto che all’epoca era l’unica fonte di immagini del suolo marziano a questa risoluzione.

Da sinistra: Viking 1 (1976); Mars Global Surveyor (1998); Mars Global Surveyor (2001).


Ma in realtà, andando a ripescare i comunicati stampa dell’epoca, salta fuori che fu proprio la NASA a creare il mito del Volto su Marte. La didascalia originale della foto, riportata qui sotto e pubblicata pochi giorni dopo lo scatto, attirava l’attenzione proprio su questa struttura, parlando di “una enorme formazione rocciosa... che somiglia a una testa umana,,, formata dalle ombre, che producono l’illusione di occhi, naso e bocca” ("huge rock formation ... which resembles a human head ... formed by shadows giving the illusion of eyes, nose and mouth.").

NATIONAL  AERONAUTICS  AND  SPACE  ADMINISTRATION
VIKING  NEWS  CENTER
PASADENA,  CALIFORNIA
(213) 354-6000
       Viking 1-61
       P-17384 (35A72)
PHOTO CAPTION      July  31,  1976

This picture is one of many taken in the northern latitudes of Mars by
the Viking 1 Orbiter in search of a landing site for Viking 2.

The picture shows eroded mesa-like landforms.  The huge rock formation
in the center, which resembles a human head, is formed by shadows
giving the illusion of eyes, nose and mouth.  The feature is 1.5
kilometers (one mile) across, with the sun angle at approximately
20 degrees.  The speckled appearance of the image is due to bit errors,
emphasized by enlargement of the photo.  The picture was taken on July
25 from a range of 1873 kilometers (1162 miles).  Viking 2 will arrive
in Mars orbit next Saturday (August 7) with a landing scheduled for
early September.

Gli autori del comunicato stampa pensarono che sarebbe stato un modo per attirare l’interesse dell’opinione pubblica. Non l’avessero mai fatto: più di quarant’anni dopo, questa storia è ancora un tormentone che affligge chiunque si occupi seriamente di esplorazione spaziale.

2018/07/28

Il giornalismo italiano e l’eclissi: una grande prova di imbecillità col copiaincolla

Ultimo aggiornamento: 2018/07/30 00:50.

Il giornalismo italiano ha messo a nudo in maniera perfetta il proprio disastroso metodo redazionale quando ha proposto notizie sull’eclissi di Luna di ieri sera.

Molte testate online, cartacee e televisive hanno infatti citato l’incredibile idiozia secondo la quale la colorazione rossastra della Luna durante l’eclissi sarebbe dovuta alla vicinanza del pianeta Marte. Marte è rosso, la luna diventa rossa, non fa una grinza, giusto?

Prendetevi pure un attimo di pausa per riprendervi da questa imbecillità. Poi, se avete bisogno di fornire a qualcuno la spiegazione corretta del fenomeno, usate pure questo video della NASA, disponibile anche per qualunque giornalista che si degni di informarsi.



In parole povere: la colorazione è dovuto alla luce solare filtrata dall’atmosfera della Terra. Marte non c’entra nulla, anche perché se ne sta in questo momento a cinquantasette milioni di chilometri dalla Terra e dalla Luna.

Ma i Veri Giornalisti non si curano di quisquilie come i fatti. Cominciamo con Alessandro Belardetti su Quotidiano.net, secondo il quale “Marte colorerà di rosso la Luna”:



Passiamo all’edizione cartacea del Corriere della Sera, dove Laura Vincenti scrive che la Luna “si colora di rosso per effetto di Marte in opposizione”:



Sottolineo che si tratta dell’edizione cartacea perché c’è chi obietta che le castronerie escono sulla versione Web, che è gratuita (come se questo fosse una giustificazione per pubblicare falsità), ma non su quella cartacea.

Non manca anche il contributo de Il Giorno, che scrive che la Luna “si colorerà di rosso grazie alla vicinanza di Marte”:




Maria Cristina Massaro, su Repubblica (link intenzionalmente alterato), ripete la stessa scemenza astronomica e vi aggiunge anche ben due errori d’ortografia nella stessa frase. Rileggere, a quanto pare, proprio non si usa più. Grazie ad @aldolat per la segnalazione e la copia su Archive.is.

A rendere ancora più suggestivi gli sbattila colorazione rossastra assunta dal satellite grazie a Marte in "grande opposizione", cioè alla mini distanza dal nostro pianeta e al suo massimo splendore.

Screenshot per chi non riesce a concepire che il giornalismo possa essere sceso così in basso:


Repubblica ha anche ribadito il concetto su Twitter, dicendo che “La Luna sarà illuminata di rosso grazie a #Marte in 'grande opposizione', cioè alla minima distanza dalla Terra e al suo massimo splendore”:



E per finire, ecco SkyTG24, che ha affermato (durante il telegiornale, non nella rubrica degli oroscopi) che “le persone hanno così potuto ammirare il satellite colorato dai riflessi del pianeta Marte”, come dice la conduttrice in studio, e come ribadisce l’autrice del servizio, Laura Cappon, che parla di “riflessi prestati da Marte” e poi ribadisce la scemenza astronomica, come potete sentire in questo spezzone fornitomi gentilmente da biemmic:



Che io sappia, nessuno dei giornali, siti o telegiornali citati ha finora corretto o chiesto scusa per gli errori.

Lezioni di giornalismo che possiamo trarre da questa storia:

  1. Rileggere quello che si scrive non si usa più.
  2. Le redazioni fanno lavorare persone alle quali mancano le conoscenze più elementari. 
  3. I giornalisti fanno copiaincolla gli uni dagli altri, e senza chiedersi se quello che copiano abbia vagamente senso.
  4. Le redazioni, pur avvisate, non correggono gli errori e non pubblicano rettifiche.
  5. Conclusioni: ai giornali non gliene frega nulla di fottere il lettore e pubblicare notizie false. Non sono errori occasionali, è proprio metodo redazionale. Se questo è il loro modo di fare giornalismo, non si lamentino che il giornalismo sta morendo per colpa di Internet. Questo tipo di giornalismo merita di morire.

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2018/07/25

Un lago di acqua liquida nel sottosuolo di Marte? Forse

Lo strumento italiano MARSIS a bordo della sonda europea Mars Express, in orbita intorno a Marte da quasi 15 anni, ha rilevato segnali radar compatibili con la presenza di uno strato significativo di acqua liquida sotto la superficie di Marte, a circa 1,5 km di profondità, nella regione del Planum Australe, la pianura vicina al polo sud del pianeta, in un’area larga circa 20 chilometri. Ne ha dato notizia oggi l’Agenzia Spaziale Italiana.

Credit: Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La zona colorata indica i segnali compatibili con la presenza d’acqua.

I dettagli della scoperta sono pubblicati sulla rivista scientifica Science, nell’articolo Radar evidence of subglacial liquid water on Mars. Si ipotizza, sulla base dei dati, che l’acqua sia salata, perché altrimenti a quella profondità le basse temperature la farebbero ghiacciare. Un ambiente di questo tipo, protetto dalle radiazioni provenienti dallo spazio, potrebbe essere congeniale alla vita.

Ma come nota Emily Lakdawalla su Planetary.org, a quella profondità la temperatura dovrebbe aggirarsi intorno ai -68°C, per cui dovrebbe trattarsi di acqua molto, molto, molto salata.

Inoltre Lakdawalla sottolinea che le dimensioni indicate per il possibile lago sotterraneo sono vicine al limite della risoluzione dello strumento MARSIS, e lo confermano gli stessi ricercatori (“For most Martian areas, MARSIS lateral resolution is about 10 - 30 km whereas along track resolution is 5 - 10 km after Synthetic Aperture Radar (SAR) processing”, R. Orosei et al., Supporting online material, Science), per cui servirebbero strumenti molto più sensibili per determinare con precisione le dimensioni del ritrovamento.

Data l’importanza della possibile scoperta, che consentirebbe per esempio di attingere alle risorse locali invece di dover portare l’acqua dalla Terra, è opportuno avere molta cautela e attendere conferme ulteriori. La tecnica usata è molto sofisticata e solitamente affidabile, ma non è un’osservazione diretta, e sappiamo che l’Universo spesso riserva sorprese a chi si fa prendere troppo dall’entusiasmo.

Maggiori informazioni sono su Science (Liquid Water on Mars), Nature, ESA, BBC, The Verge.



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2017/05/25

Cos’è successo realmente a Schiaparelli? La spiegazione dell’ESA

Quando ho scritto questo articolo nel quale riferivo le prime informazioni non ufficiali sulle cause dello schianto su Marte della sonda Schiaparelli ci sono state un po' di polemiche e di reazioni incredule nei commenti. Adesso è uscita la spiegazione ufficiale dell’ESA, che a pagina 12 del PDF EXOMARS 2016 - Schiaparelli Anomaly Inquiry (linkato in fondo alla pagina) riporta questa frase:

Because of the error in the estimated attitude that occurred at parachute inflation, the GNC Software projected the RDA range measurements with an erroneous off-vertical angle and deduced a negative altitude (cosinus of angles > 90 degrees are negative). There was no check on board of the plausibility of this altitude calculation

Che è quello che avevo scritto.

2016/09/28

Elon Musk: tecnologie fattibili e costi accettabili per colonizzare Marte

Questo articolo vi arriva gratuitamente grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete farne una per incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2016/09/29 12:40.

La prima cosa che si chiedono tutti non è come andare su Marte, ma perché mai vorremmo andarci, ammesso di poterlo fare. Già: chi mai vorrebbe andare a vivere in un mondo incontaminato, tutto da esplorare, insieme alle menti migliori dell’umanità, in una colonia autosufficiente, in un ambiente impegnativo e ricco di sfide, lontano e al riparo dalle diarree mentali dei politici, dei complottisti, degli sciachimisti, degli antivaccinisti, di Roberto Giacobbo e dal rischio di autodistruzione per epidemie, riscaldamento globale, guerra nucleare o semplice, inesorabile coglionaggine collettiva?

Elon Musk ha le idee molto chiare in proposito: a costo di essere scambiato per pazzo, dice spesso che l’unico modo per garantire la sopravvivenza a lungo termine della specie umana è colonizzare anche altri pianeti oltre alla Terra, in modo da non avere tutte le uova nello stesso paniere. Un concetto di pura, istintiva sopravvivenza, semplice e comprensibile da chiunque. Meno semplice è come realizzare questa colonizzazione.

Ieri Musk, nel corso di un’ora abbondante di conferenza pubblica all’International Astronautical Congress (IAC) a Guadalajara, in Messico, ha presentato la sua proposta: non si tratta solo di un video accattivante (che trovate qui sotto), ma di un piano tecnicamente dettagliato, al quale Musk e SpaceX hanno chiaramente dedicato molta attenzione e per il quale sono già stati costruiti i primi componenti sperimentali. Un piano che non solo è tecnicamente fattibile, dato che non richiede alcuna nuova scoperta scientifica, ma che è anche economicamente sostenibile. Musk, nella sua presentazione, ha dedicato molto tempo alla questione dei costi: un aspetto che mancava completamente nei piani di esplorazione marziana di Wernher Von Braun di cinquant’anni fa, spinti solo dalla politica. Qui, invece, lo sguardo è verso le stelle ma la mano è sul portafogli.

Il video presentato da Musk è puro space porn: il razzo più grande mai costruito, capace di portare cento astronauti per volta fino a Marte e di essere riutilizzato interamente più volte; un veicolo spaziale di rifornimento in volo; e un impianto di produzione di propellente su Marte che utilizza le risorse locali. Musk dice che il video è basato su progetti tecnici concreti (i modelli ingegneristici CAD creati da SpaceX) e non è una semplice rappresentazione artistica (anche se personalmente ho qualche riserva sulla plausibilità di quel colossale finestrone anteriore, della torre di lancio snellissima e del secondo veicolo parcheggiato accanto alla rampa).


Interstellar, mangia la mia polvere.

Musk presenta il suo progetto (PDF) senza slanci retorici, quasi sottotono, con la sua caratteristica cadenza esitante, come se stesse presentando un nuovo modello di telefonino che ha le icone disposte così invece che cosà invece che una flotta di astronavi per la colonizzazione di un pianeta. E man mano le obiezioni di pancia, che vengono spontanee di fronte all’idea di astronavi da cento passeggeri e di un milione di abitanti su Marte entro cent’anni, vengono smontate.

La diretta della presentazione di Elon Musk è archiviata qui su Youtube; una versione ripulita, senza i venti minuti di musichetta d’attesa iniziale e la sessione di domande e risposte, è qui sotto.



Costi, costi, costi


Esplorare lo spazio con i costi di missioni come quelle lunari degli anni Sessanta (circa 10 miliardi di dollari di oggi per persona portata sulla Luna) è insostenibile. Per far scendere i costi bisogna puntare sulla riusabilità completa dei veicoli, sul rifornimento in orbita, sulla produzione di propellente in loco, e sul tipo di propellente adatto.

La riusabilità è in via di sviluppo (il primo stadio dei Falcon 9 di SpaceX l’ha dimostrata); il rifornimento in orbita è in fase sperimentale su piccoli satelliti; la produzione in loco di propellente è fattibile se si sceglie una materia prima disponibile su Marte. E su Marte c’è la possibilità di produrre ossigeno e metano. Ovviamente serve un propulsore a metano: c’è, si chiama Raptor e ha completato con successo il primo test di accensione pochi giorni fa. A parità di dimensioni, ha il triplo della spinta dei motori attuali di SpaceX. E SpaceX ha già dimostrato di saper fabbricare un gran numero di motori per i suoi razzi Falcon 9, che ne usano nove per volta.


Profilo di missione


Nella visione di Elon Musk, il razzo gigante, alto 122 metri e largo 12, pesante 10.500 tonnellate al decollo, più grande dell’immenso Saturn V che portò i primi astronauti sulla Luna, decolla da Cape Canaveral, proprio dalla Rampa 39A dalla quale partirono le missioni lunari. Una rampa che SpaceX sta già adattando alle proprie esigenze di lancio.

Il primo stadio ha ben 42 motori (un numero che piacerà molto ai fan della Guida Galattica per Autostoppisti), di cui i sette centrali sono orientabili, e torna a Terra atterrando verticalmente, come fa oggi il primo stadio del Falcon 9, ma con precisione ancora maggiore: si posa direttamente sulla rampa dalla quale è partito.

Questo primo stadio è un mostro: è capace di portare in orbita terrestre circa 550 tonnellate in un solo volo (se si rinuncia al rientro controllato, altrimenti scendono a 330). Per intenderci, un Saturn V ne portava 135. Se volete un altro paragone, un solo razzo come quello proposto da SpaceX sarebbe in grado di mettere in orbita l’intera Stazione Spaziale Internazionale in un colpo solo.

L’astronave vera e propria costituisce il secondo stadio del razzo gigante e viene parcheggiata in orbita intorno alla Terra con i serbatoi quasi vuoti perché ha consumato quasi tutto il propellente per raggiungere l’orbita. Viene raggiunta da veicoli di rifornimento, sempre lanciati con l’aiuto del primo stadio e basati sullo stesso progetto dell’astronave, per contenere i costi di sviluppo.

Quando ha fatto il pieno, l’astronave (il cui primo esemplare Musk vorrebbe battezzare Cuore d'Oro o Heart of Gold, sempre citando la Guida Galattica) viene caricata di astronauti con un altro volo e poi parte verso Marte, dove arriva dopo circa tre mesi di viaggio (può viaggiare velocemente perché ha molto propellente che le consente di accelerare e poi frenare), sfruttando pannelli fotovoltaici a ventaglio per generare circa 200 kW di energia elettrica per i sistemi di bordo.

Arrivata a Marte, scende sulla superficie utilizzando inizialmente uno scudo termico per frenare sfruttando la tenue atmosfera del pianeta e poi i motori di discesa per rallentare e infine effettuare un atterraggio verticale: tecnica già dimostrata da SpaceX sulla Terra, dove la gravità maggiore di quella marziana è una sfida molto più impegnativa.

Su Marte, trasportato da una missione precedente, c’è un impianto di estrazione e produzione di metano e ossigeno che consente di rifornire l’astronave. Terminato il rifornimento, l’astronave riparte verso la Terra (per decollare da Marte non ha bisogno del primo stadio gigante che serve sulla Terra), dove rientra usando prima lo scudo termico multiuso per la frenata iniziale e poi i motori per rallentare ulteriormente e atterrare in verticale.

I viaggi partirebbero ogni due anni, quando Marte è alla distanza minima dalla Terra, a una sessantina di milioni di chilometri, e le astronavi formerebbero periodicamente una flotta, anche di mille unità, distribuite su varie fasi e in vari punti del sistema solare; la produzione in massa ridurrebbe i costi unitari.


Costi, costi, costi (ancora)


Se il primo stadio viene usato 1000 volte, il veicolo di rifornimento 100 volte e l’astronave una dozzina di volte, Musk stima che i costi di un viaggio possano scendere a circa 200.000 dollari a persona (o per tonnellata di carico). A queste cifre, e solo a queste cifre, diventa realistico parlare di colonizzazione di Marte e non di semplici missioni mordi e fuggi.

Musk è consapevole del fatto che non ha un piano finanziario che gli consenta di trovare i dieci miliardi di dollari che servono per arrivare al primo veicolo (se tutto va bene) e non c’è una speranza di ritorno economico da una flotta di navi coloniali che, dice esplicitamente durante la conferenza, richiama quella di Battlestar Galactica. Non è l’unica citazione nerd della serata: oltre alla già menzionata Guida Galattica, Musk sdrammatizza la mancanza di un piano finanziario con un’immagine che dice letteralmente che le tappe sono “rubare mutande, lanciare satelliti, mandare cargo e astronauti alla ISS, Kickstater, guadagnare.” La questione del furto di biancheria intima deriva da una puntata di South Park, dove gli gnomi avevano un piano finanziario altrettanto irrealistico basato proprio sul furto di mutande.


Semplificazione ed efficienza


I costi del veicolo si riducono usando una struttura in fibra di carbonio invece di quella metallica attuale e semplificandone il funzionamento: invece di pressurizzare il propellente liquido usando serbatoi supplementari di elio (come avviene oggi sui Falcon 9, per esempio), si usa direttamente il propellente stesso, una cui frazione viene convertita in gas. Elegante.

L’astronave, fra l’altro, è in grado (secondo Musk, perlomeno) di raggiungere l’orbita terrestre da sola, anche senza primo stadio, se si riduce drasticamente il carico a bordo (lo dice a 54 minuti dall’inizio). Se è vero, sarebbe il coronamento del sogno astronautico di un veicolo SSTO (Single Stage To Orbit), già tentato in tante occasioni passate.


Tempi di marcia


Musk pensa di avere pronto il primo stadio entro quattro anni da oggi (per i primi voli di collaudo suborbitali) e l’intero sistema entro una decina. Una capsula Dragon verrà lanciata per atterrare su Marte fra due anni, nel 2018 usando il Falcon Heavy. Tutto questo, s’intende, se non ci sono intoppi e sorprese: ma nel settore aerospaziale ci sono sempre (il Falcon Heavy, tanto per fare un esempio, non ha ancora volato ed è in ritardo sulle date previste). Ma Musk ragiona su una scala di quaranta e più anni, per cui c’è margine per qualche slittamento. Comunque il primo pezzo del grande veicolo, un enorme serbatoio sperimentale per l’ossigeno liquido, è già stato costruito.




Non solo Marte


Una delle più grandi sorprese della presentazione di Elon Musk è che non propone un veicolo fatto su misura per Marte, ma un’astronave concepita per essere usabile anche in molti altri posti del Sistema Solare, perché non usa ali o paracadute che dipendono dalla presenza di un’atmosfera. Se ci sono punti di rifornimento intermedi, può viaggiare fino a Giove o Europa e anche oltre, fino ai pianeti esterni, incluso Plutone, atterrando sui loro satelliti e ripartendo senza bisogno di un primo stadio. Musk, tuttavia, umoristicamente la sconsiglia per i viaggi interstellari.

Per la protezione contro le radiazioni, specialmente in caso di attività solare intensa e viaggi lunghi, è previsto un campo magnetico deflettore, combinato con il puntamento dei motori verso il Sole in modo da usarli come schermatura per le radiazioni provenienti dal Sole e con una grande massa d’acqua a bordo. Non si sa quanto possa essere efficace tutto questo per campi elettromagnetici intensissimi come quelli che circondano Giove e i suoi satelliti.

Fra l'altro, l’astronave, da sola, sarebbe anche usabile come trasporto terrestre iperveloce: da un capo all’altro del mondo in 45 minuti. Da New York a Tokyo in 25 minuti. Un volo transatlantico in dieci. Il problema principale sarebbe il rumore, per cui sarebbero necessarie basi di atterraggio al largo della costa.



Ma è credibile tutto questo?


Musk non ha perso l’occasione per sottolineare che SpaceX, nel 2002, era solo “moquette e una banda di mariachi”. Oggi rifornisce la Stazione Spaziale Internazionale (dal 2012), mette in orbita satelliti per telecomunicazioni e fa atterrare verticalmente i primi stadi dei suoi vettori per riutilizzarli, cosa che nessuno ha mai fatto prima (il primo lancio di un vettore che ha già volato è previsto a breve). Se tanto ci dà tanto, se i fondi ci sono e se c’è l’interesse, non c’è motivo di pensare che questo piano colossale di colonizzazione marziana, per quanto ambizioso, non sia tecnicamente fattibile, a patto di accettare delle perdite umane (come ha sottolineato Musk).

Personalmente credo che l’ostacolo più grande sia la questione etica dell’interferenza con eventuali forme di vita marziane. Se ci andiamo in massa e decidiamo di trasformarne l’atmosfera per renderlo abitabile, bisognerà decidere che non c’è speranza di trovare vita su Marte e che il pianeta è sterile, per cui possiamo sfruttarlo. Questa questione non è stata toccata da Elon Musk durante la presentazione (ma, mi dicono nei commenti qui sotto, ne ha parlato nella conferenza stampa post-evento).

Musk ha invece detto molto chiaramente che ha più soldi di quanti ne possa mai spendere in una vita e che quindi l’unica motivazione che ha per lavorare e guadagnarne altri è l’esplorazione dello spazio. Si è messo a nudo, molto schiettamente, parlando di morti da mettere in preventivo e presentando oggi la mappa dettagliata della sua ambizione ultima, l’obiettivo finale al quale tende tutta la sua vita. E con motivazioni del genere, molto meno variabili dell’umore e delle convenienze elettorali di un governo, c’è poco da scherzare.

Con cauto entusiasmo staremo a vedere: di certo il boss di SpaceX e Tesla ci ha già regalato una visione e una speranza che non si vedevano dai tempi delle missioni Apollo, quando sembrava che l’Universo fosse a portata di mano di chiunque avesse determinazione, risorse, intelligenza e coraggio. Chissà se questa è la volta buona.


Fonti aggiuntive: Ars Technica.

2016/06/17

Marte a 17.000x6000 pixel

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Cliccate pure sull’immagine e godetevela ingrandita. Poi, se vi serve uno sfondo per il vostro computer (o per la vostra parete), scaricate l’originale. E perdetevi sulle colline e le valli di Marte: siete nella Marathon Valley, vista attraverso gli occhi del veicolo robotico Opportunity. Con le notizie che arrivano dalla Terra, ogni tanto ci vuole uno sguardo verso orizzonti più puri.

2016/02/04

Panorama di Marte mozzafiato in realtà virtuale

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Ci vorranno probabilmente decenni prima che qualcuno possa camminare su Marte e guardarsi intorno, ma i nostri emissari robotici sono già lì e le loro immagini possono essere composte per creare panorami che approssimano molto bene la sensazione di essere sul pianeta rosso.

Se avete un oculare per la realtà virtuale anche modesto, come per esempio Google Cardboard, potete guardarvi intorno spostando la testa con questo video, basato su immagini recentissime (sono state scattate dal rover Curiosity su Marte un mese e mezzo fa):


Se non avete un oculare, potete comunque guardarlo su uno smartphone o tablet e guardarvi intorno spostando il dispositivo. E se non avete neanche questi dispositivi ma un buon monitor, provate la versione ad altissima risoluzione, zoomabile a livelli impressionanti, che trovate qui su Trustedphoto.com. Buona visione.


2016/01/25

Un altro incredibile autoritratto da Marte: il robot Curiosity ai piedi di una duna

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Il veicolo robotico Curiosity sta ancora esplorando Marte: è facile dimenticarsi di quanto sia incredibilmente eccezionale questa frase. A decine di milioni di chilometri da noi, su un altro pianeta, c’è un nostro emissario meccanico. Un emissario che oltre ad analizzare il suolo marziano scatta migliaia di foto e le manda a Terra, dove sono a disposizione di chiunque. C’è chi preferisce sprecare il proprio tempo trovando in queste foto piramidi, umanoidi e altre allucinazioni, e chi invece mette insieme queste foto per creare autoritratti incantevoli come questo, che è opera di Paul Hammond e mostra Curiosity alla base di una duna sabbiosa che sta esplorando con molta cautela per non incagliarsi.



Non fermatevi alla versione piccola che ho pubblicato qui: andate a prendervi l’originale su Flickr, che misura 10400 per 4732 pixel, e divertitevi considerando che state guardando granelli di polvere che stanno su un altro pianeta.

Tanto per darvi un assaggio di cosa vuol dire una risoluzione come quella di questa foto composita, questa è la ruota posteriore sinistra del veicolo:



Ringrazio @Rainmaker1973 per la segnalazione.

2015/10/14

Due autoritratti straordinari di Curiosity su Marte

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Questo autoritratto del robot Curiosity della NASA su Marte è stato scattato il 6 ottobre scorso presso il sito soprannominato Big Sky, dove il trapano di Curiosity ha raccolto il quinto campione di roccia delle pendici del Monte Sharp. Il link diretto per scaricare la versione a massima risoluzione (7149 x 10036 pixel) di questo selfie da un altro pianeta è questo.

La foto è una composizione di decine di immagini scattate nel corso della giornata mediante la fotocamera MAHLI che sta all'estremità del braccio robotico di Curiosity. Il braccio non è visibile (ma la sua ombra sì) perché durante le singole foto è stato spostato man mano in modo da essere sempre fuori dall'inquadratura, dando l'effetto di una foto scattata da qualcun altro, come già avvenuto in altre occasioni, come per esempio questa e questa.

L'orizzonte nella foto è in realtà pianeggiante, ma sembra in pendenza perché i creatori dell'autoritratto hanno scelto di allineare l'inquadratura rispetto allo strumento ChemCam che sovrasta Curiosity.

Per dare un'idea delle dimensioni di Curiosity, le ruote hanno un diametro di 50 centimetri e sono larghe circa 40 centimetri. Il foro trapanato della roccia ha un diametro di 16 millimetri.

Un altro autoritratto composito di Curiosity, visto dal basso, risale al 5 agosto scorso ed è scaricabile a piena risoluzione in due versioni: questa e questa.


Se vi può essere utile una spiegazione grafica di come funziona la manovra per nascondere il braccio che regge la fotocamera, date un'occhiata qui sotto.

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