Un mese dopo la messa in circolazione per il grande pubblico, Windows 10 ha conquistato il 5% del mercato desktop. Magari non sembra un gran risultato, ma in realtà è un record, perché Windows 7 ci aveva messo il doppio a raggiungere lo stesso traguardo e Windows 8 ci aveva messo ben sei mesi.
Ci sono quindi in questo momento circa 75 milioni di utenti di Windows 10, secondo i dati pubblicati da Microsoft.
C'è naturalmente da considerare che questa nuova versione di Windows beneficia di un costo d'installazione nullo e della possibilità di scaricarlo, mentre in passato c'era da pagare una licenza e bisognava procurarsi un supporto fisico d'installazione, per cui molti utenti passavano a una nuova versione di Windows soltanto quando cambiavano computer e se la trovavano preinstallata. Questa formula innovativa vale per tutti gli utenti Windows 7 e 8 fino a fine luglio 2016; le aziende che hanno contratti di tipo Software Assurance con Microsoft hanno sempre a disposizione gratuitamente la versione più recente del sistema operativo. Chi è rimasto fermo a Windows XP non ha diritto a Windows 10 gratuito.
Resta da risolvere la questione della presunta fame eccessiva di dati personali da parte di Windows 10, che ha visto prese di posizione piuttosto nette da parte delle autorità di protezione dei dati di alcuni paesi, come la Svizzera. Le perplessità riguardano principalmente Cortana, l'assistente vocale di Windows 10, che accede alla webcam, al microfono, ai contatti e all'agenda per dare risultati più personalizzati. Windows 10 inoltre raccoglie quello che viene digitato dall'utente e le sue posizioni attuali e passate, usa un identificativo personale per il tracciamento pubblicitario e colleziona la cronologia di navigazione. Tutto disattivabile, ma è proprio questo il problema: se l'utente non provvede alla disattivazione, questa raccolta di dati è attiva automaticamente invece di essere una scelta volontaria dell'utente.
Se volete saperne di più, ci sono in Rete molte guide (Guidami.info, Fastweb, Navigaweb in italiano; NetworkWorld, The Register in inglese) che spiegano come impostare Windows 10 in modo che sia meno incline a farsi i fatti nostri.
Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2015/09/04
Un videogioco di guerra? No, il grafico in tempo reale degli attacchi informatici
Molti utenti hanno una percezione offuscata del fatto che gli attacchi informatici avvengono in continuazione e non soltanto quando ne parlano i mezzi d'informazione. È una lotta incessante che interessa tutti in tutto il mondo.
La società di sicurezza informatica Norse ha predisposto una mappa mondiale animata che mostra in tempo reale gli attacchi informatici in corso: è decisamente illuminante e anche un po' ipnotica. E questi sono soltanto gli attacchi rilevati: ce ne sono altri che sfuggono a questo tracciamento istantaneo. Trovate la mappa presso map.norsecorp.com.
Nella tabella che accompagna la mappa vengono indicati l'origine, la destinazione e il tipo di attacco, con tanto di nomi e cognomi.
Come è possibile un monitoraggio del genere, e se esiste questa possibilità non si può sfruttarla per bloccare gli attacchi? Non è così semplice, purtroppo. Il monitoraggio si basa su una serie di honeypot gestiti dall'azienda, ossia computer che sembrano far parte della rete attaccata ma sono in realtà semplici sorveglianti del traffico. E dalla sorveglianza all'azione legale il passo è molto lungo, specialmente se l'attacco ha origine dall'estero.
Fonte: Siamogeek.
La società di sicurezza informatica Norse ha predisposto una mappa mondiale animata che mostra in tempo reale gli attacchi informatici in corso: è decisamente illuminante e anche un po' ipnotica. E questi sono soltanto gli attacchi rilevati: ce ne sono altri che sfuggono a questo tracciamento istantaneo. Trovate la mappa presso map.norsecorp.com.
Nella tabella che accompagna la mappa vengono indicati l'origine, la destinazione e il tipo di attacco, con tanto di nomi e cognomi.
Come è possibile un monitoraggio del genere, e se esiste questa possibilità non si può sfruttarla per bloccare gli attacchi? Non è così semplice, purtroppo. Il monitoraggio si basa su una serie di honeypot gestiti dall'azienda, ossia computer che sembrano far parte della rete attaccata ma sono in realtà semplici sorveglianti del traffico. E dalla sorveglianza all'azione legale il passo è molto lungo, specialmente se l'attacco ha origine dall'estero.
Fonte: Siamogeek.
Twitter senza limiti di lunghezza nei messaggi privati; arriva la ricerca di massa
Twitter ha abolito la restrizione di 140 caratteri sulla lunghezza dei messaggi privati scambiati fra persone che si seguono a vicenda: crolla così una delle regole di base che ha sempre contraddistinto questo social network e che ha imposto una concisione che per alcuni è un vantaggio e per altri è un tormento, creando forti simpatie e antipatie.
L'annuncio è stato fatto a metà agosto, ma c'è voluto un po' perché la modifica, attiva da subito via Web, si diffondesse nelle varie app per computer, tablet e telefonini.
La limitazione resta attiva per i messaggi pubblici e per chi usa Twitter tramite SMS tradizionali (è da qui che nacque anni fa l'idea del limite di 140 caratteri), ed è probabilmente dovuta alla concorrenza di altri servizi di messaggistica come WhatsApp e Instagram che non hanno mai avuto questa barriera di brevità.
D'ora in poi, inoltre, sarà più facile effettuare ricerche e analisi di massa dei tweet, grazie ai servizi commerciali di ricerca offerti da Gnip, che ora offrono l'esplorazione dell'intero archivio storico di tutti i tweet pubblici, mentre in passato vigeva il limite di trenta giorni. Per chi è interessato alla ricerca semplice resta comunque disponibile il motore di ricerca gratuito per tweet offerto da Twitter presso Twitter.com/search.
L'annuncio è stato fatto a metà agosto, ma c'è voluto un po' perché la modifica, attiva da subito via Web, si diffondesse nelle varie app per computer, tablet e telefonini.
La limitazione resta attiva per i messaggi pubblici e per chi usa Twitter tramite SMS tradizionali (è da qui che nacque anni fa l'idea del limite di 140 caratteri), ed è probabilmente dovuta alla concorrenza di altri servizi di messaggistica come WhatsApp e Instagram che non hanno mai avuto questa barriera di brevità.
D'ora in poi, inoltre, sarà più facile effettuare ricerche e analisi di massa dei tweet, grazie ai servizi commerciali di ricerca offerti da Gnip, che ora offrono l'esplorazione dell'intero archivio storico di tutti i tweet pubblici, mentre in passato vigeva il limite di trenta giorni. Per chi è interessato alla ricerca semplice resta comunque disponibile il motore di ricerca gratuito per tweet offerto da Twitter presso Twitter.com/search.
Google Docs attiva la dettatura, anche in italiano
Google Docs, il servizio di creazione di documenti via Web, ha attivato il riconoscimento vocale: ora è possibile dettare un testo al computer senza dover installare nulla e senza dover svolgere tediose sessioni di addestramento.
Per usare questa nuova funzione si apre un documento con Google Docs, si va nel menu Strumenti e si clicca la voce Digitazione vocale. Un clic sull'icona del microfono e si può cominciare subito a dettare usando il microfono integrato nel computer, senza cuffie microfoniche speciali. Bello, ma funziona?
Dipende. Se l'ambiente in cui si detta è silenzioso e si scandiscono bene le parole, facendo finta di essere uno speaker da telegiornale, i risultati sono molto buoni, anche se bisogna superare l'imbarazzo di parlare a un computer e bisogna imparare a dettare la punteggiatura: per esempio, per andare a capo si deve dire “nuova riga”, non un più normale “a capo”.
Per esempio, ecco come Docs ha riconosciuto la mia dettatura dei primi due paragrafi di questo articolo:
A parte le applicazioni ovvie, il riconoscimento vocale di Google si presta anche alla trascrizione di lezioni, discorsi e dialoghi di film, a patto che non ci siano musiche o rumori di fondo, perché è indipendente dalla persona che parla. Normalmente, invece, i software di riconoscimento vocale hanno bisogno di essere calibrati sulla singola persona che li usa.
Questa nuova funzione di Google metterà in crisi i produttori di software specializzato, come Dragon? È improbabile, perché non c'è per ora la possibilità di personalizzare il vocabolario e c'è un filtro contro le parolacce che sicuramente salverà da imbarazzi involontari ma potrebbe essere limitanti per chi usa un linguaggio colorito. Inoltre la funzione richiede una connessione continua a Internet e manda tutto quello che viene detto a Google (l'analisi viene infatti svolta dai server di Google, non dal computer locale), per cui ci sono implicazioni di riservatezza non banali. Nei miei test ho notato che il riconoscimento perde il filo se detto appena un po' rapidamente, anche se scandisco bene le parole (cosa che sono abituato a fare, sia per abitudine radiofonica, sia perché uso software di dettatura tutti i giorni da oltre un decennio). Ma per una dettatura occasionale spiccia è sicuramente un'opzione interessante e a costo zero.
Per usare questa nuova funzione si apre un documento con Google Docs, si va nel menu Strumenti e si clicca la voce Digitazione vocale. Un clic sull'icona del microfono e si può cominciare subito a dettare usando il microfono integrato nel computer, senza cuffie microfoniche speciali. Bello, ma funziona?
Dipende. Se l'ambiente in cui si detta è silenzioso e si scandiscono bene le parole, facendo finta di essere uno speaker da telegiornale, i risultati sono molto buoni, anche se bisogna superare l'imbarazzo di parlare a un computer e bisogna imparare a dettare la punteggiatura: per esempio, per andare a capo si deve dire “nuova riga”, non un più normale “a capo”.
Per esempio, ecco come Docs ha riconosciuto la mia dettatura dei primi due paragrafi di questo articolo:
Google Docs servizio di creazione di documenti via web attivato il riconoscimento vocale due punti ora è possibile dettare un testo al computer senza dover installare nulla e senza dover svolgere tediosa sessione di addestramento. Nuova linea per usare questa nuova funzione si apre un documento con Google Docs, si va nel menù Strumenti e si clicca la voce digitazione vocale. Un clic sull'icona del microfono e si può cominciare subito a dettare usando il microfono integrato nel computer senza cuffie microfoniche speciali. Bello, ma funziona?
A parte le applicazioni ovvie, il riconoscimento vocale di Google si presta anche alla trascrizione di lezioni, discorsi e dialoghi di film, a patto che non ci siano musiche o rumori di fondo, perché è indipendente dalla persona che parla. Normalmente, invece, i software di riconoscimento vocale hanno bisogno di essere calibrati sulla singola persona che li usa.
Questa nuova funzione di Google metterà in crisi i produttori di software specializzato, come Dragon? È improbabile, perché non c'è per ora la possibilità di personalizzare il vocabolario e c'è un filtro contro le parolacce che sicuramente salverà da imbarazzi involontari ma potrebbe essere limitanti per chi usa un linguaggio colorito. Inoltre la funzione richiede una connessione continua a Internet e manda tutto quello che viene detto a Google (l'analisi viene infatti svolta dai server di Google, non dal computer locale), per cui ci sono implicazioni di riservatezza non banali. Nei miei test ho notato che il riconoscimento perde il filo se detto appena un po' rapidamente, anche se scandisco bene le parole (cosa che sono abituato a fare, sia per abitudine radiofonica, sia perché uso software di dettatura tutti i giorni da oltre un decennio). Ma per una dettatura occasionale spiccia è sicuramente un'opzione interessante e a costo zero.
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Sexting e minori, facile finire nei guai
Uno studente della North Carolina dovrà presentarsi in tribunale con ben cinque capi d'accusa di pedopornografia. Quattro di questi riguardano il fatto che ha scattato e conservato sul proprio telefonino foto intime di se stesso; il quinto deriva dalla presenza, sempre sul suo telefonino, di una fotografia intima della sua ragazza, scattata da lei. Un classico caso di sexting consensuale, senza coercizione e senza distribuzione in Rete a terzi: due minorenni (di 16 e 17 anni) che si scambiano un'immagine digitale di un momento intimo, che paradossalmente hanno il diritto legale di trascorrere ma non di fotografare.
Cosa ancora più assurda, anche la ragazza è stata inizialmente accusata di sfruttamento sessuale di minorenne, nonostante il fatto che la minorenne in questione fosse lei stessa e che quindi il mandato di arresto la citasse sia come imputata, sia come vittima. Comunque vada il loro processo, i loro nomi sono già sui giornali e l'accusa infamante di pedopornografia emergerà ogni volta che un futuro partner o datore di lavoro cercherà su Google il loro nome.
Non va meglio nel Regno Unito, dove un quattordicenne è finito negli schedari della polizia per aver usato Snapchat per inviare una foto di nudo di se stesso alla ragazza con la quale stava flirtando. La ragazza ha salvato l'immagine e l'ha distribuita ad altri. In questo caso non c'è stato l'arresto, ma il ragazzo è ora schedato per il reato di “realizzazione e distribuzione di immagine indecente di un bambino” e questo fatto verrà segnalato ai datori di lavoro che chiederanno informazioni, come è obbligatorio per esempio per chi lavora con i bambini.
Sono due esempi di come le leggi in una materia così delicata come la pedopornografia siano rimaste pericolosamente indietro rispetto alla tecnologia. Sono state concepite quando l'idea che ogni minore avesse una fotocamera digitale e la potesse usare per condividere in segreto foto intime era pura fantascienza. Il risultato è che per un minore è molto facile trovarsi a commettere un reato gravissimo senza neanche rendersene conto, per cui è opportuno parlarne.
Non è un problema limitato agli Stati Uniti o al Regno Unito: è opportuno ricordare che anche in Svizzera “la foto... di una quattordicenne in una posa inequivocabilmente sexy può già essere considerata pedopornografia, anche se la ragazzina l'ha scattata perché è innamorata del suo ragazzo. In caso di dubbio, spetta al giudice decidere cosa sia pornografico o meno”, spiega l'opuscolo sulla pornografia preparato dalla Polizia e dalla Prevenzione Svizzera della Criminalità citando l'articolo 197, numeri 1 e 3, del Codice Penale.
Molti altri paesi, come l'Italia, hanno leggi che puniscono severamente la disseminazione di immagini intime di minori e durante un'esame di un telefonino sequestrato per altre ragioni non c'è modo di sapere se le immagini sono del proprietario del telefono o mostrano altri, per cui l'accusa parte facilmente ed è molto difficile fermarla (“per la legislazione, una volta in circolo, sono materiale pedopornografico”, scrive la guida informativa di Save the Children). L'unica difesa è evitare di fare questo tipo di foto e video e condividere la consapevolezza di questa situazione contradditoria e per nulla intuitiva.
Cosa ancora più assurda, anche la ragazza è stata inizialmente accusata di sfruttamento sessuale di minorenne, nonostante il fatto che la minorenne in questione fosse lei stessa e che quindi il mandato di arresto la citasse sia come imputata, sia come vittima. Comunque vada il loro processo, i loro nomi sono già sui giornali e l'accusa infamante di pedopornografia emergerà ogni volta che un futuro partner o datore di lavoro cercherà su Google il loro nome.
Non va meglio nel Regno Unito, dove un quattordicenne è finito negli schedari della polizia per aver usato Snapchat per inviare una foto di nudo di se stesso alla ragazza con la quale stava flirtando. La ragazza ha salvato l'immagine e l'ha distribuita ad altri. In questo caso non c'è stato l'arresto, ma il ragazzo è ora schedato per il reato di “realizzazione e distribuzione di immagine indecente di un bambino” e questo fatto verrà segnalato ai datori di lavoro che chiederanno informazioni, come è obbligatorio per esempio per chi lavora con i bambini.
Sono due esempi di come le leggi in una materia così delicata come la pedopornografia siano rimaste pericolosamente indietro rispetto alla tecnologia. Sono state concepite quando l'idea che ogni minore avesse una fotocamera digitale e la potesse usare per condividere in segreto foto intime era pura fantascienza. Il risultato è che per un minore è molto facile trovarsi a commettere un reato gravissimo senza neanche rendersene conto, per cui è opportuno parlarne.
Non è un problema limitato agli Stati Uniti o al Regno Unito: è opportuno ricordare che anche in Svizzera “la foto... di una quattordicenne in una posa inequivocabilmente sexy può già essere considerata pedopornografia, anche se la ragazzina l'ha scattata perché è innamorata del suo ragazzo. In caso di dubbio, spetta al giudice decidere cosa sia pornografico o meno”, spiega l'opuscolo sulla pornografia preparato dalla Polizia e dalla Prevenzione Svizzera della Criminalità citando l'articolo 197, numeri 1 e 3, del Codice Penale.
Molti altri paesi, come l'Italia, hanno leggi che puniscono severamente la disseminazione di immagini intime di minori e durante un'esame di un telefonino sequestrato per altre ragioni non c'è modo di sapere se le immagini sono del proprietario del telefono o mostrano altri, per cui l'accusa parte facilmente ed è molto difficile fermarla (“per la legislazione, una volta in circolo, sono materiale pedopornografico”, scrive la guida informativa di Save the Children). L'unica difesa è evitare di fare questo tipo di foto e video e condividere la consapevolezza di questa situazione contradditoria e per nulla intuitiva.
2015/09/03
L’avventura spaziale di Samantha Cristoforetti raccontata in un documentario al cinema
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2015/12/01 23:55.
2015/09/03. Il viaggio nello spazio di Astrosamantha verrà raccontato al cinema in un documentario. Stanotte è stato messo online su Vimeo un trailer non ancora annunciato ufficialmente.
[2015/10/14: Il trailer è stato rimosso pochi giorni dopo la pubblicazione]
Inizialmente avevo pensato a un documentario non autorizzato, per via delle imprecisioni e delle immagini non pertinenti: la dicitura sbagliata “L'astronauta con il record di permanenza nello spazio” quando in realtà è il record femminile, non assoluto, e le riprese ripetute delle passeggiate spaziali, che Sam questa volta non ha fatto e che mostrano astronauti che non fanno parte del suo equipaggio. Mi aveva sorpreso anche l'uso di una S.r.l. per una produzione di questa importanza. Ma poco fa ho ricevuto conferma autorevole del fatto che si tratta di un documentario ufficiale e approvato ed è un progetto congiunto dell'ESA, dell'ASI e dell'Aeronautica Militare. La versione inglese del trailer è qui.
Sarà una gioia vedere l'esperienza spaziale di Sam su grande schermo. Così magari qualche zuccone sessista finalmente capirà quanto duro lavoro e quanto studio c'è dietro una missione nello spazio.
Il trailer italiano originale è stato rimosso e quello inglese è stato reso privato, ma il 16 settembre scorso è stata pubblicata una nuova versione corretta dell'edizione italiana, scovata da dan, e del trailer in inglese. Nell'edizione italiana, al posto della dicitura sbagliata ora c'è, correttamente, la frase “La donna con il record di permanenza continuativa nello spazio”.
Astrosamantha Trailer Film CINEMA ita from MOROL SRL on Vimeo.
Inoltre il documentario è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il 12 ottobre scorso alla presenza di Samantha ed è “scritto, diretto e prodotto da Gianluca Cerasola” (Sole 24 Ore). La voce narrante è di Giancarlo Giannini.
Nella scheda apposita di IMDB, attualmente assai scarna, la data di rilascio del documentario è il 25 ottobre prossimo e il titolo inglese è Astrosamantha, the Space Record Woman. La scheda della Festa del Cinema riporta che il documentario dura 83 minuti e che la fotografia è curata da Alberto Di Pasquale, il montaggio è opera di Marco Guelfi e la musica è di Fabio Mandarà. Qualche informazione in più è presso il sito della Morol Srl.
C'è una scheda informativa su Astrosamantha presso Officineubu.com e il documentario verrà proiettato il 13/12 a Milano al Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo. L’uscita nelle sale è prevista attualmente per il 7 gennaio 2016. Sono in contatto con il regista per organizzare una proiezione anche in Svizzera.
Fonti aggiuntive: SIAE, Futuro Quotidiano, Il profumo della dolce vita.
2015/09/03. Il viaggio nello spazio di Astrosamantha verrà raccontato al cinema in un documentario. Stanotte è stato messo online su Vimeo un trailer non ancora annunciato ufficialmente.
[2015/10/14: Il trailer è stato rimosso pochi giorni dopo la pubblicazione]
Sarà una gioia vedere l'esperienza spaziale di Sam su grande schermo. Così magari qualche zuccone sessista finalmente capirà quanto duro lavoro e quanto studio c'è dietro una missione nello spazio.
2015/10/14
Il trailer italiano originale è stato rimosso e quello inglese è stato reso privato, ma il 16 settembre scorso è stata pubblicata una nuova versione corretta dell'edizione italiana, scovata da dan, e del trailer in inglese. Nell'edizione italiana, al posto della dicitura sbagliata ora c'è, correttamente, la frase “La donna con il record di permanenza continuativa nello spazio”.
Astrosamantha Trailer Film CINEMA ita from MOROL SRL on Vimeo.
Inoltre il documentario è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il 12 ottobre scorso alla presenza di Samantha ed è “scritto, diretto e prodotto da Gianluca Cerasola” (Sole 24 Ore). La voce narrante è di Giancarlo Giannini.
Nella scheda apposita di IMDB, attualmente assai scarna, la data di rilascio del documentario è il 25 ottobre prossimo e il titolo inglese è Astrosamantha, the Space Record Woman. La scheda della Festa del Cinema riporta che il documentario dura 83 minuti e che la fotografia è curata da Alberto Di Pasquale, il montaggio è opera di Marco Guelfi e la musica è di Fabio Mandarà. Qualche informazione in più è presso il sito della Morol Srl.
2015/12/01
C'è una scheda informativa su Astrosamantha presso Officineubu.com e il documentario verrà proiettato il 13/12 a Milano al Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo. L’uscita nelle sale è prevista attualmente per il 7 gennaio 2016. Sono in contatto con il regista per organizzare una proiezione anche in Svizzera.
Fonti aggiuntive: SIAE, Futuro Quotidiano, Il profumo della dolce vita.
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Trovato un cucchiaio su Marte: stavolta non è un’illusione ottica
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “newfil*” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2015/09/05 00:30.
Quella mostrata qui accanto è una foto reale, non ritoccata, proveniente da Marte, scattata dalla sonda Curiosity, e quello al centro è davvero un oggetto a forma di cucchiaio. Niente Photoshop, nessun inganno della prospettiva; l'ombra è vera e delinea le forme correttamente.
I fufologi si calmino, perché non c'entrano i marziani distratti: il cucchiaio è una struttura scolpita dal vento nella roccia marziana. Una spettacolare dimostrazione di quello che la natura sa fare quando ha tempo, ci si mette d'impegno e non ci sono pioggia, piante o animali a disturbare le sue fragili sculture (e la gravità è un quarto di quella terrestre).
L'immagine è un dettaglio di questa foto originale:
La foto è stata scattata il 30 agosto scorso. Il “cucchiaio” si trova nella zona in basso e al centro e misura una decina di centimetri, secondo questi calcoli di Emily Lakdawalla della Planetary Society.
Non è l'unica roccia scolpita in forme affusolate e lamellari dal sottile ma abrasivo vento di Marte nella zona esplorata dalla sonda, come si nota in queste foto. Naturalmente la nostra familiarità con la forma di un cucchiaio fa risaltare subito questa specifica formazione rocciosa, ma nella stessa area ce ne sono molte altre straordinariamente scolpite ed erose con forme meno familiari. Qualcuna è visibile in questa panoramica composita, soprattutto sulla destra:
Se siete capaci di vedere gli stereogrammi o avete un paio di occhialini 3D con i filtri rossi e blu potete anche vedere il “cucchiaio” in tre dimensioni grazie al lavoro di Atomoid su Unmanned Spaceflight, che ha combinato due immagini della stessa zona scattate da Curiosity, ottenendo risultati impressionanti: emerge perfettamente la complessità delle forme, che si perde completamente nella versione 2D, e si nota bene il fatto che il “cucchiaio” è attaccato alle rocce adiacenti nella parte iniziale del “manico”.
Se qualcuno ha tempo di preparare una wiggle GIF, la pubblico volentieri.
2015/09/03 11:15
Ecco la wiggle GIF preparata da Riccardo Rossi (RikyUnreal):
Ho scelto quella di RikyUnreal perché al mio occhio è quella che produce l'effetto più intenso, ma le altre che ho ricevuto sono qui: Ufoofinterest, Davide, Bettella87 e Maxspace.
Segnalo inoltre un bel documento PDF della NASA che mostra esempi di come il vento può lavorare la roccia anche sulla Terra in forme incredibili.
Quella mostrata qui accanto è una foto reale, non ritoccata, proveniente da Marte, scattata dalla sonda Curiosity, e quello al centro è davvero un oggetto a forma di cucchiaio. Niente Photoshop, nessun inganno della prospettiva; l'ombra è vera e delinea le forme correttamente.
I fufologi si calmino, perché non c'entrano i marziani distratti: il cucchiaio è una struttura scolpita dal vento nella roccia marziana. Una spettacolare dimostrazione di quello che la natura sa fare quando ha tempo, ci si mette d'impegno e non ci sono pioggia, piante o animali a disturbare le sue fragili sculture (e la gravità è un quarto di quella terrestre).
L'immagine è un dettaglio di questa foto originale:
Image Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS |
La foto è stata scattata il 30 agosto scorso. Il “cucchiaio” si trova nella zona in basso e al centro e misura una decina di centimetri, secondo questi calcoli di Emily Lakdawalla della Planetary Society.
Non è l'unica roccia scolpita in forme affusolate e lamellari dal sottile ma abrasivo vento di Marte nella zona esplorata dalla sonda, come si nota in queste foto. Naturalmente la nostra familiarità con la forma di un cucchiaio fa risaltare subito questa specifica formazione rocciosa, ma nella stessa area ce ne sono molte altre straordinariamente scolpite ed erose con forme meno familiari. Qualcuna è visibile in questa panoramica composita, soprattutto sulla destra:
Se siete capaci di vedere gli stereogrammi o avete un paio di occhialini 3D con i filtri rossi e blu potete anche vedere il “cucchiaio” in tre dimensioni grazie al lavoro di Atomoid su Unmanned Spaceflight, che ha combinato due immagini della stessa zona scattate da Curiosity, ottenendo risultati impressionanti: emerge perfettamente la complessità delle forme, che si perde completamente nella versione 2D, e si nota bene il fatto che il “cucchiaio” è attaccato alle rocce adiacenti nella parte iniziale del “manico”.
Se qualcuno ha tempo di preparare una wiggle GIF, la pubblico volentieri.
2015/09/03 11:15
Ecco la wiggle GIF preparata da Riccardo Rossi (RikyUnreal):
Ho scelto quella di RikyUnreal perché al mio occhio è quella che produce l'effetto più intenso, ma le altre che ho ricevuto sono qui: Ufoofinterest, Davide, Bettella87 e Maxspace.
Segnalo inoltre un bel documento PDF della NASA che mostra esempi di come il vento può lavorare la roccia anche sulla Terra in forme incredibili.
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2015/09/02
Politico svizzero bandito da Facebook: un’occasione per ripassare le regole dei social network
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni di “livio*” e “La.fabb*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2015/09/02 12:45.
In Svizzera ha suscitato notevole scalpore (Le Matin; RTS; Blick; Giornale del Popolo; Corriere del Ticino; 20min) l'eliminazione da Facebook dell'intero profilo personale del politico Christoph Mörgeli proprio durante la campagna elettorale. Il profilo personale è stato poi riattivato poco fa (quello ufficiale resta aperto). La rimozione, scrive la RSI, era avvenuta a causa dei “contenuti inadeguati” che erano stati “segnalati da diversi utenti”. In particolare ci sarebbe stato di mezzo un post di Möergeli contenente la foto di un barcone carico di migranti accompagnata dalla scritta “arriva la forza lavoro” (immagine qui accanto). Dopo la chiusura del suo profilo, Moergeli ha detto che la decisione di Facebook era “un segnale negativo per la libertà di espressione in Svizzera”. L'allarme è poi rientrato.
Tuttavia vanno ricordate le regole del gioco: non ha molto senso lamentarsi di problemi per la libertà di espressione in Svizzera se si viene censurati quando si scrive su un sito americano.
Eh già: se lo sono dimenticati in molti, ma Facebook non è Internet. È uno spazio di proprietà privata su Internet gestito da una società commerciale. Chi scrive su Facebook accetta delle condizioni di contratto, decise unilateralmente da Facebook. Quello che si scrive su Facebook deve rispettare non le leggi nazionali, ma gli Standard della Comunità di Facebook, decisi da Facebook (immagine parziale qui accanto). Se quello che si scrive su Facebook viene segnalato da un altro utente qualsiasi, verrà vagliato da un addetto di Facebook, che giudicherà insindacabilmente se rispetta o meno gli Standard della Comunità. Prendere o lasciare.
Facebook, insomma, è anfitrione, editore, legislatore, giudice, giuria e censore, tutto in uno. Non è una piazza pubblica, dove quello che si può dire o fare è governato dalle leggi dello stato, decise democraticamente: è grosso modo l'equivalente virtuale di un centro commerciale, dove la libertà è regolamentata arbitrariamente dal proprietario di quello spazio. Provate a manifestare o volantinare in un centro commerciale e ditemi quanto tempo ci mettono ad accompagnarvi alla porta e se avete il diritto legale di opporvi alla cacciata.
Questo è Facebook. Quando si dice che l'abitudine sempre più diffusa a comunicare esclusivamente via Facebook rischia di diventare un problema di democrazia e di libertà perché l'uso di Facebook crea dipendenza da una società privata, è proprio questo che si intende. Lo stesso vale anche per gli altri social network, ma in misura minore perché non sono così pervasivi come Facebook, che conta oltre un miliardo e 400 milioni di utenti attivi.
Se usate Facebook per la vostra vita sociale, per la vostra azienda o per gestire la vostra immagine pubblica o la vostra campagna elettorale, dovreste ricordarvi tutte queste cose, prima di assumere atteggiamenti da martiri e lamentarvi di attentati alla libertà d'espressione. Se non vi piace, aprite un vostro sito Web: lì risponderete direttamente alle leggi dello stato, non agli umori mutevoli del californianissimo Galateo di Zuckerberg.
In Svizzera ha suscitato notevole scalpore (Le Matin; RTS; Blick; Giornale del Popolo; Corriere del Ticino; 20min) l'eliminazione da Facebook dell'intero profilo personale del politico Christoph Mörgeli proprio durante la campagna elettorale. Il profilo personale è stato poi riattivato poco fa (quello ufficiale resta aperto). La rimozione, scrive la RSI, era avvenuta a causa dei “contenuti inadeguati” che erano stati “segnalati da diversi utenti”. In particolare ci sarebbe stato di mezzo un post di Möergeli contenente la foto di un barcone carico di migranti accompagnata dalla scritta “arriva la forza lavoro” (immagine qui accanto). Dopo la chiusura del suo profilo, Moergeli ha detto che la decisione di Facebook era “un segnale negativo per la libertà di espressione in Svizzera”. L'allarme è poi rientrato.
Tuttavia vanno ricordate le regole del gioco: non ha molto senso lamentarsi di problemi per la libertà di espressione in Svizzera se si viene censurati quando si scrive su un sito americano.
Eh già: se lo sono dimenticati in molti, ma Facebook non è Internet. È uno spazio di proprietà privata su Internet gestito da una società commerciale. Chi scrive su Facebook accetta delle condizioni di contratto, decise unilateralmente da Facebook. Quello che si scrive su Facebook deve rispettare non le leggi nazionali, ma gli Standard della Comunità di Facebook, decisi da Facebook (immagine parziale qui accanto). Se quello che si scrive su Facebook viene segnalato da un altro utente qualsiasi, verrà vagliato da un addetto di Facebook, che giudicherà insindacabilmente se rispetta o meno gli Standard della Comunità. Prendere o lasciare.
Facebook, insomma, è anfitrione, editore, legislatore, giudice, giuria e censore, tutto in uno. Non è una piazza pubblica, dove quello che si può dire o fare è governato dalle leggi dello stato, decise democraticamente: è grosso modo l'equivalente virtuale di un centro commerciale, dove la libertà è regolamentata arbitrariamente dal proprietario di quello spazio. Provate a manifestare o volantinare in un centro commerciale e ditemi quanto tempo ci mettono ad accompagnarvi alla porta e se avete il diritto legale di opporvi alla cacciata.
Questo è Facebook. Quando si dice che l'abitudine sempre più diffusa a comunicare esclusivamente via Facebook rischia di diventare un problema di democrazia e di libertà perché l'uso di Facebook crea dipendenza da una società privata, è proprio questo che si intende. Lo stesso vale anche per gli altri social network, ma in misura minore perché non sono così pervasivi come Facebook, che conta oltre un miliardo e 400 milioni di utenti attivi.
Se usate Facebook per la vostra vita sociale, per la vostra azienda o per gestire la vostra immagine pubblica o la vostra campagna elettorale, dovreste ricordarvi tutte queste cose, prima di assumere atteggiamenti da martiri e lamentarvi di attentati alla libertà d'espressione. Se non vi piace, aprite un vostro sito Web: lì risponderete direttamente alle leggi dello stato, non agli umori mutevoli del californianissimo Galateo di Zuckerberg.
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Crolli dell’11 settembre, la parola a un professore d’ingegneria strutturale
New York, 8 ottobre 2001. Credit: Andrea Booher/FEMA News |
Si avvicina un altro anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001 che causarono il crollo delle Torri Gemelle e di altri edifici a New York e danneggiarono il Pentagono usando quattro aerei di linea dirottati pieni di passeggeri. Ci sono ancora, naturalmente, i male informati, gli ottusi e i cercatori di vanagloria che insistono con le tesi di complotto. Invece di proporre l'ennesimo scontro fra opinionisti e teste parlanti, potremmo provare a fare una cosa poco spettacolare ma molto concreta: far parlare gli esperti.
È quello che ha fatto Undicisettembre, il gruppo d'indagine del quale ho l'onore di far parte, intervistando Asif Usmani, professore di ingegneria strutturale alla University of Edinburgh e autore di vari articoli tecnici sul crollo delle Torri Gemelle. Articoli che sono stati pubblicati da riviste tecniche qualificate: cosa che dopo tutti questi anni i complottisti non sono ancora riusciti a fare. Chissà perché. In compenso hanno partorito un fiume di video che attirano clic e introiti e creano solo confusione.
L'intervista a Usmani non solo spiega i crolli di New York e perché non possono essere stati causati da demolizioni controllate di alcun tipo, ma mostra anche che nonostante non via siano dubbi tra gli specialisti riguardo al fatto che si sia trattato di crolli spontanei c'è tuttora un vivo dibattito sui dettagli dei crolli. Per esempio, fra gli esperti si discute ancora di quale sia stato il ruolo preciso del danno strutturale causato dagli aerei e quali elementi del WTC7 abbiano ceduto per primi. Tutto questo dimostra, fra l'altro, che non esiste affatto una "versione ufficiale" accettata passivamente dalla comunità scientifica, come invece insistono a sostenere i complottisti.
L'intervista è disponibile in originale inglese e in traduzione italiana.
Per approfondire l'argomento dell'11/9 c'è tutto il blog Undicisettembre.info, del quale invito a leggere almeno le FAQ prima di fare domande o commenti.
2015/09/01
Da oggi Chrome e Amazon bloccano Flash negli spot. È ora di dirgli addio
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Un altro chiodo nella bara di Adobe Flash: da oggi, come preannunciato a giugno, Google Chrome comincerà a bloccare automaticamente i contenuti Web non essenziali (tipicamente pubblicità) che usano Flash: per sbloccarli sarà necessario cliccarvi sopra. Questo ridurrà fortemente i rischi comportati dall'uso di Flash, rivelatosi un vero colabrodo di sicurezza, e anche i consumi energetici e di potenza di calcolo legati a questa tecnologia.
I contenuti Flash ritenuti importanti (per esempio i player video nei siti dedicati ai video) non verranno bloccati, ma ci sarà un'ecatombe di spot pubblicitari basati su Flash. Per noi utenti è un sollievo oltre che un miglioramento della sicurezza, visto che Flash viene usato spesso per veicolare infezioni, ma per i pubblicitari e per i siti che si mantengono tramite gli introiti della pubblicità potrebbe esserci qualche problema.
Convertirsi (da Flash a HTML5) o perire, insomma; ma dietro tanto altruismo e amore del risparmio energetico c'è anche un vantaggio non banale per Google. Le pubblicità Flash diffuse tramite i canali pubblicitari gestiti da Google, infatti, verranno convertite automaticamente in HTML e quindi verranno visualizzate senza problemi, mentre gli spot veicolati da altri operatori pubblicitari verranno sostituiti da una simpatica casellina grigia. Chi controlla il browser controlla la Rete, come ha ben insegnato la vertenza antitrust contro Microsoft ai tempi in cui Internet Explorer dominava il mercato dei browser.
Tuttavia Google non è sola nel boicottare Flash: anche Amazon da oggi non accetta più pubblicità Flash sulla propria rete. Per non parlare dei dispositivi iOS (iPhone, iPad e simili), che non hanno mai supportato Flash. La tecnologia Adobe è ormai accerchiata e destinata all'oblio: webmaster che insistete a fare i siti che richiedono Flash perché è facile e figo, prendete nota.
Un altro chiodo nella bara di Adobe Flash: da oggi, come preannunciato a giugno, Google Chrome comincerà a bloccare automaticamente i contenuti Web non essenziali (tipicamente pubblicità) che usano Flash: per sbloccarli sarà necessario cliccarvi sopra. Questo ridurrà fortemente i rischi comportati dall'uso di Flash, rivelatosi un vero colabrodo di sicurezza, e anche i consumi energetici e di potenza di calcolo legati a questa tecnologia.
I contenuti Flash ritenuti importanti (per esempio i player video nei siti dedicati ai video) non verranno bloccati, ma ci sarà un'ecatombe di spot pubblicitari basati su Flash. Per noi utenti è un sollievo oltre che un miglioramento della sicurezza, visto che Flash viene usato spesso per veicolare infezioni, ma per i pubblicitari e per i siti che si mantengono tramite gli introiti della pubblicità potrebbe esserci qualche problema.
Convertirsi (da Flash a HTML5) o perire, insomma; ma dietro tanto altruismo e amore del risparmio energetico c'è anche un vantaggio non banale per Google. Le pubblicità Flash diffuse tramite i canali pubblicitari gestiti da Google, infatti, verranno convertite automaticamente in HTML e quindi verranno visualizzate senza problemi, mentre gli spot veicolati da altri operatori pubblicitari verranno sostituiti da una simpatica casellina grigia. Chi controlla il browser controlla la Rete, come ha ben insegnato la vertenza antitrust contro Microsoft ai tempi in cui Internet Explorer dominava il mercato dei browser.
Tuttavia Google non è sola nel boicottare Flash: anche Amazon da oggi non accetta più pubblicità Flash sulla propria rete. Per non parlare dei dispositivi iOS (iPhone, iPad e simili), che non hanno mai supportato Flash. La tecnologia Adobe è ormai accerchiata e destinata all'oblio: webmaster che insistete a fare i siti che richiedono Flash perché è facile e figo, prendete nota.
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