Ultimo aggiornamento: 2021/04/13 14:20.
Il 12 aprile 1961 il sovietico Yuri Gagarin si fece caricare in cima a un missile militare intercontinentale modificato, all’interno di una capsula spaziale, la Vostok, realizzata con mille compromessi (perché doveva fungere anche da satellite spia nella variante Zenit-2 senza equipaggio), e fece quello che molti all’epoca ritenevano impossibile: sopravvivere a un volo nello spazio.
Nei 108 minuti della sua singola orbita intorno al globo, il giovanissimo pilota (27 anni) scrisse una pagina di storia non solo dell’esplorazione spaziale ma anche della politica. L’“arretrato”, chiusissimo regime sovietico aveva battuto tutti ed era diventato il primo paese a far volare un essere umano oltre l’atmosfera.
Oggi sappiamo tanti dettagli della storia di Gagarin, ma all’epoca l’impresa fu avvolta in una coltre di segretezza quasi surreale: non si sapeva nulla del suo veicolo spaziale e del suo razzo vettore, non si sapeva neanche dove fosse di preciso la sua base di partenza, non si sapeva il nome del progettista che aveva creato il razzo e la capsula o dove fosse la fabbrica che lo realizzava. L’uomo nella fotografia qui sopra, quello in piedi dietro Gagarin, fu letteralmente cancellato dalle foto ufficiali (era Grigory Nelyubov). Questa è la versione della stessa foto diffusa nel 1961 e pubblicata dal Corriere della Sera il 15 aprile dello stesso anno: notate la cancellazione di moltissimi dettagli, compreso il volto di Nelyubov, e il ritocco pesantissimo del volto di Gagarin.
Il governo sovietico, ossessionato dal timore che paesi rivali potessero carpire le sue tecnologie o capire che in realtà le sue competenze spaziali erano molto più primitive di quello che la propaganda dava a intendere, nascondeva tutto.
Le copertine della Domenica del Corriere e di Stampa sera di quel periodo mostrano chiaramente la differenza fra le fantasie dei cronisti e la grezza, rudimentale realtà.
Ne abbiamo parlato stamattina (12 aprile) alla Rete Uno della Radio Svizzera, insieme a Loris Fedele, storico cronista spaziale della RSI, e Nicola Colotti. Abbiamo ospitato un’intervista con Samantha Cristoforetti e siamo riusciti a contattare Andrei Korolev, nipote del Progettista Capo Sergei Korolev, il cui nome era segreto di stato, per un racconto della sua esperienza come erede e custode della figura storica del nonno.
Lo streaming (anche video) del programma è
qui
e anche qui sotto:
Per quel che riguarda i segreti del volo di Gagarin, ce ne sono due in particolare che tuttora sono misconosciuti.
Il primo è che la sua missione fu monitorata dall’NSA statunitense, che confermò la presenza a bordo di un essere umano intercettando i segnali radio e TV della capsula, come ho raccontato qui cinque anni fa. Il governo americano sapeva di Gagarin ancora prima che Radio Mosca ne desse l’annuncio ufficiale.
Il secondo segreto è che per anni fu tenuto nascosto il fatto che la capsula di Gagarin non era in grado di atterrare: il cosmonauta doveva lanciarsi con il paracadute prima di schiantarsi al suolo. Questo ingannò l’opinione pubblica mondiale sulla reale capacità spaziale dei sovietici, che erano molto più indietro di quel che si pensasse. Il segreto rimase tale per molti anni in Occidente; alcuni storici sostengono che fu ammesso formalmente dal governo sovietico solo dieci anni dopo, nel 1971, anche se La Stampa del 15 aprile 1961 scriveva che “I testimoni raccontano che Yuri è disceso col paracadute (fino a ieri si diceva che la stessa cabina spaziale lo avesse ricondotto a terra)” e il Corriere della sera dello stesso giorno ribadiva il concetto, come segnalato nei commenti). Ho anche trovato un libro per ragazzi distribuito in Russia nel 1965 che mostra inequivocabilmente Gagarin che atterra separatamente.
Insomma, i ragazzini russi sapevano, beffando gli storici occidentali. Ma tanto nessuno di quei ragazzini poteva parlare con l’Occidente: il paese che aveva aperto la frontiera dello spazio teneva severamente chiusa la propria.
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