Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2018/11/02
Scaricare i dati del proprio account Apple: seconda parte
Di recente ho segnalato che ora è possibile chiedere ad Apple di ricevere una copia di tutti i propri dati andando presso Privacy.apple.com. Ho provato a farlo il 19 ottobre scorso, e quattro giorni dopo mi è arrivata una mail di Apple contenente un link per scaricare i miei dati.
Cliccando sul link (dopo aver verificato che si trattava effettivamente di una mail di Apple, visto che non si sa mai) sono stato portato a una pagina del sito Apple, accessibile solo digitando il mio nome utente e la mia password.
Visto che ho attivato l’autenticazione a due fattori per proteggere i miei dati da un eventuale furto di password, a tutti i miei dispositivi collegati all’account (iPad e Mac) è arrivato un avviso che qualcuno voleva accedere all’account e che se volevo dare il consenso all’accesso dovevo cliccare sull’apposito pulsante per farlo. L’ho fatto da un mio Mac.
Sul computer dal quale stavo accedendo all’account è comparsa la richiesta di digitare il codice di sicurezza temporaneo comparso sul Mac.
Ho digitato il codice e ho avuto accesso ai miei dati. In altre parole, è piuttosto difficile che un intruso riesca a scaricarsi una copia dei vostri dati Apple se non ha anche uno dei vostri dispositivi e senza che voi riceviate un avviso molto chiaro.
Cliccando su Ottieni i tuoi dati ho avuto accesso all’elenco dei dati, suddivisi per categoria. Ciascuna categoria è scaricabile separatamente sotto forma di file ZIP; se i dati sono tanti, sono suddivisi in blocchi. I dati sono in formati facilmente esportabili: i contatti, per esempio, sono in formato vCard (VCF).
Il sistema, insomma, funziona ed effettivamente si può usare per recuperare dati perduti o per trasferirli ad account di altri fornitori. Allo stesso tempo, ci rivela chiaramente quanti dati personali affidiamo ad Apple, e questa è sempre una consapevolezza utile.
Cliccando sul link (dopo aver verificato che si trattava effettivamente di una mail di Apple, visto che non si sa mai) sono stato portato a una pagina del sito Apple, accessibile solo digitando il mio nome utente e la mia password.
Visto che ho attivato l’autenticazione a due fattori per proteggere i miei dati da un eventuale furto di password, a tutti i miei dispositivi collegati all’account (iPad e Mac) è arrivato un avviso che qualcuno voleva accedere all’account e che se volevo dare il consenso all’accesso dovevo cliccare sull’apposito pulsante per farlo. L’ho fatto da un mio Mac.
Sul computer dal quale stavo accedendo all’account è comparsa la richiesta di digitare il codice di sicurezza temporaneo comparso sul Mac.
Ho digitato il codice e ho avuto accesso ai miei dati. In altre parole, è piuttosto difficile che un intruso riesca a scaricarsi una copia dei vostri dati Apple se non ha anche uno dei vostri dispositivi e senza che voi riceviate un avviso molto chiaro.
Cliccando su Ottieni i tuoi dati ho avuto accesso all’elenco dei dati, suddivisi per categoria. Ciascuna categoria è scaricabile separatamente sotto forma di file ZIP; se i dati sono tanti, sono suddivisi in blocchi. I dati sono in formati facilmente esportabili: i contatti, per esempio, sono in formato vCard (VCF).
Il sistema, insomma, funziona ed effettivamente si può usare per recuperare dati perduti o per trasferirli ad account di altri fornitori. Allo stesso tempo, ci rivela chiaramente quanti dati personali affidiamo ad Apple, e questa è sempre una consapevolezza utile.
2018/11/01
Incidente Soyuz MS-10, video e spiegazione ufficiale
Oggi Roscosmos ha pubblicato un video che mostra da vicino il momento dell’incidente avvenuto durante le fasi iniziale del volo della Soyuz MS-10, che l’11 ottobre scorso avrebbe dovuto portare nello spazio e alla Stazione Spaziale Internazionale due astronauti, il russo Aleksey Nikolayevich Ovchinin e lo statunitense Nick Hague ma si è invece concluso con un rientro d’emergenza. I due astronauti sono rientrati sani e salvi, anche se un po’ scossi dalle decelerazioni molto intense di questa manovra, toccando terra poco meno di venti minuti dopo la partenza.
Gli investigatori russi hanno dichiarato che l’attivazione del sistema d’emergenza che ha portato in salvo i due astronauti è stata causata da un malfunzionamento di un sensore presente in uno dei quattro booster laterali del vettore Soyuz FG, quelli che si vedono sganciarsi alla fine del video. Questo sensore attiva delle valvole di sfiato dell’ossigeno liquido situate sulla sommità del booster, che normalmente spingono in fuori questa sommità, consentendo ai booster di allontanarsi e formare la cosiddetta croce di Korolev (dal nome del progettista del vettore).
Il malfunzionamento ha fatto sì che il booster, invece di essere spinto in fuori, abbia strisciato contro la parte centrale del vettore, danneggiandone un serbatoio. Questo danneggiamento ha indotto il sistema di sicurezza ad attivarsi per allontanare rapidamente la capsula con gli astronauti e prepararla per un rientro balistico in atmosfera.
Qui sotto vedete il video, già rilasciato tempo addietro, della fallita separazione vista da terra:
Secondo quanto dichiarato in conferenza stampa, il malfunzionamento è stato causato da un errore di assemblaggio. I rottami del booster difettoso, ricaduti a terra, sono già stati recuperati e analizzati.
Un altro vettore Soyuz è già stato lanciato una settimana fa per una missione militare senza equipaggio e si è comportato correttamente.
Secondo questo tweet, una Soyuz con cosmonauti a bordo verrà lanciata il 3 dicembre prossimo dal centro spaziale di Baikonur.
Uno dei membri dell’equipaggio sarà il canadese David Saint-Jacques, secondo la Canadian Space Agency. Secondo le info di Wikipedia in inglese, i suoi compagni di volo saranno il russo Oleg Kononenko e la statunitense Anne McClain. Chicca: l’equipaggio di riserva per questo volo include Luca Parmitano.
Fonti: NasaSpaceflight, NasaSpaceflight, Roscosmos. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.
Gli investigatori russi hanno dichiarato che l’attivazione del sistema d’emergenza che ha portato in salvo i due astronauti è stata causata da un malfunzionamento di un sensore presente in uno dei quattro booster laterali del vettore Soyuz FG, quelli che si vedono sganciarsi alla fine del video. Questo sensore attiva delle valvole di sfiato dell’ossigeno liquido situate sulla sommità del booster, che normalmente spingono in fuori questa sommità, consentendo ai booster di allontanarsi e formare la cosiddetta croce di Korolev (dal nome del progettista del vettore).
Il malfunzionamento ha fatto sì che il booster, invece di essere spinto in fuori, abbia strisciato contro la parte centrale del vettore, danneggiandone un serbatoio. Questo danneggiamento ha indotto il sistema di sicurezza ad attivarsi per allontanare rapidamente la capsula con gli astronauti e prepararla per un rientro balistico in atmosfera.
Qui sotto vedete il video, già rilasciato tempo addietro, della fallita separazione vista da terra:
Secondo quanto dichiarato in conferenza stampa, il malfunzionamento è stato causato da un errore di assemblaggio. I rottami del booster difettoso, ricaduti a terra, sono già stati recuperati e analizzati.
Un altro vettore Soyuz è già stato lanciato una settimana fa per una missione militare senza equipaggio e si è comportato correttamente.
Secondo questo tweet, una Soyuz con cosmonauti a bordo verrà lanciata il 3 dicembre prossimo dal centro spaziale di Baikonur.
Just now, @roscosmos released an official cause of the emergency landing of Soyuz-2! The reason turned to be operational, due to a failed opening of the cap of the block D on 118th second. Soyuz-FG with cosmonauts on board will be launched on 3rd of December from Baikonur. #GK pic.twitter.com/9U82yOJt8Q— GK Launch Services (@gk_launch) November 1, 2018
Uno dei membri dell’equipaggio sarà il canadese David Saint-Jacques, secondo la Canadian Space Agency. Secondo le info di Wikipedia in inglese, i suoi compagni di volo saranno il russo Oleg Kononenko e la statunitense Anne McClain. Chicca: l’equipaggio di riserva per questo volo include Luca Parmitano.
Fonti: NasaSpaceflight, NasaSpaceflight, Roscosmos. Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.
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L’incredibile restauro dei filmati della prima guerra mondiale firmato Peter Jackson
Sono passati cent’anni dalla Prima Guerra Mondiale. Nessuno in vita se la ricorda più per esperienza diretta: è ormai storia, sentita raccontare da nonni o bisnonni, illustrata solo da immagini traballanti in bianco e nero, la cui riproduzione scadente le fa sembrare parodie, con i loro movimenti accelerati da Oggi le Comiche.
Ma quei soldati erano persone reali; le loro morti non erano fantasia. Rivederli in immagini restaurate, stabilizzate, corrette nella cadenza e rese a colori facendo riferimento ai colori effettivi dell’epoca rende quegli uomini, quelle donne e quei bambini incredibilmente più vicini a noi. Lo ha fatto con rara maestria Peter Jackson, creando un documentario a colori, in alta definizione e 3D, partendo da quelle immagini, preziose per non dimenticare che cosa è realmente la guerra.
La cosa che colpisce di più è la giovanissima età di questi combattenti. Che un paese decidesse di mandare al massacro dei poco più che ragazzini la dice lunga sulla mentalità dei governanti di quel periodo.
Il documentario si intitola They Shall Not Grow Old (Essi non invecchieranno). Verrà presentato in prima mondiale tra pochi giorni al London Film Festival.
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Ma quei soldati erano persone reali; le loro morti non erano fantasia. Rivederli in immagini restaurate, stabilizzate, corrette nella cadenza e rese a colori facendo riferimento ai colori effettivi dell’epoca rende quegli uomini, quelle donne e quei bambini incredibilmente più vicini a noi. Lo ha fatto con rara maestria Peter Jackson, creando un documentario a colori, in alta definizione e 3D, partendo da quelle immagini, preziose per non dimenticare che cosa è realmente la guerra.
La cosa che colpisce di più è la giovanissima età di questi combattenti. Che un paese decidesse di mandare al massacro dei poco più che ragazzini la dice lunga sulla mentalità dei governanti di quel periodo.
Il documentario si intitola They Shall Not Grow Old (Essi non invecchieranno). Verrà presentato in prima mondiale tra pochi giorni al London Film Festival.
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2018/10/30
IP dice che la fuga dal diesel “non ha alcun senso”. Facciamo due conti
Ultimo aggiornamento: 2018/10/31 21:10.
Poco fa IP ha postato questo tweet, nel quale cita un articolo del Sole 24 Ore che tesse le lodi del diesel parlando di “motore virtuoso per emissioni di CO2” dimenticandosi allegramente tutte le altre emissioni dei motori a gasolio:
Dice IP che “Questa fuga dal diesel di ultima generazione non ha alcun senso per le auto medio/grandi e percorrenze elevate, se circolassero solo Euro 6 il problema non ci sarebbe”.
Non ho saputo resistere:
IP ha risposto prontamente, ed è nata una conversazione interessante:
IP cita un articolo di ottobre 2017; ma da allora non sembra che ci siano stati grandi progressi nelle installazioni di colonnine presso i distributori in Italia, specialmente lungo le autostrade (qualche indizio qui). Perché l'ultima cosa che vuoi fare, se sei in autostrada, è dover uscire e rientrare soltanto per fare rifornimento. Se avete notizie di colonnine installate presso distributori di carburante sulle autostrade italiane, ditemelo.
Nessuna risposta da parte di IP, per ora.
Spiego la mia richiesta così specifica: ormai l’unico viaggio ricorrente che faccio ancora con l’auto a benzina è quello da Lugano a Pavia. Tutti gli altri li faccio con la mia piccola auto elettrica. Potrei fare anche Lugano-Pavia-Lugano, se ci fosse una stazione di ricarica a quell’autogrill, così come c’è (e pure gratuita) all’autogrill opposto sulla via del ritorno (grazie a Loginet).
In generale, è fondamentale che le società che gestiscono gli autogrill italiani la smettano con questa loro ottusa resistenza: non hanno ancora capito che installare una colonnina elettrica significa invogliare il viaggiatore a fermarsi per una quarantina di minuti intanto che carica. E intanto che carica, mangia. In altre parole, spende. Mentre l’automobilista a pistoni passa, fa rifornimento e se ne va.
Ma a parte questo, mi ha intrigato questa tesi della “fuga dal diesel di ultima generazione“ che “non ha alcun senso per le auto medio/grandi e percorrenze elevate” sostenuta da IP, e così ho provato a fare due conti veloci lasciando da parte considerazioni ecologiche e guardando soltanto la convenienza economica.
Ho preso due “auto medio/grandi” paragonabili, una diesel e una elettrica, nel mercato italiano. Da una parte ho scelto una BMW Serie 5 540d xDrive Sport Steptronic, dall’altra una Tesla Model S 75 (le ragioni di questa scelta specifica saranno più chiare a fine novembre, quando potrò spiegarle pubblicamente; per ora vi dico solo che è questione di corretta paragonabilità).
La BMW costa 73.000 euro, mentre la Tesla costa 81.400 euro (prezzi indicati da Alvolante.it qui e qui). L’auto elettrica costa 8400 euro in più. Ma costa molto meno usarla.
La BMW, infatti, ha un consumo dichiarato di 5,4 litri per 100 km, e un litro di gasolio, al prezzo più basso indicato oggi da Prezzibenzina.it, costa 1,35 euro. 100 km costano quindi 7.29 euro.
La Tesla, invece, ha un consumo dichiarato di 20 kWh per 100 km, e un kWh, al prezzo medio indicato da Taglialabolletta.it, costa 0,22 euro. 100 km costano quindi 4,4 euro.
Prendiamo il caso proprio delle “percorrenze elevate” tirate in ballo specificamente da IP.
Dopo 100.000 km, con la BMW ho speso 7.290 euro di gasolio contro 4.400 euro di corrente elettrica con la Tesla. Dopo 150.000 km, ho speso 10.935 euro di gasolio contro 6.600 euro di corrente. Dopo 200.000 siamo a 14.580 contro 8800. Dopo 300.000 km, con la BMW ho speso 21.870 euro; con la Tesla ne ho spesi 13.200 e mi sono ripagato la differenza di costo.*
300.000 km sono tanti? Beh, si parlava appunto di “percorrenze elevate”, e chilometraggi del genere sono abbastanza normali sia per una Tesla, sia per una grande berlina diesel.
Ma non è finita: se si tratta di una Tesla che ha l’abbonamento a vita ai Supercharger oppure se carica spesso da colonnine gratuite o presso il posto di lavoro, il punto di pareggio arriva molto prima. Nel caso ottimale (cariche sempre gratuite) intorno ai 115.000 km.
Però il caso della carica sempre gratuita non è sempre fattibile. Proviamo a tenere conto del bollo auto, che sulla BMW (235 kW) ammonta a circa 780 euro l’anno mentre sulla Tesla (in quanto elettrica) è zero: in quattro anni la BMW sarà costata 3.120 euro, riducendo la differenza di costo a 5280 euro. Anche pagando sempre ogni ricarica, si raggiunge il punto di pareggio dopo 180.000 km.
In sintesi, se faccio percorrenze elevate, più uso l’auto elettrica più aumenta il risparmio. Senza contare le la minore spesa di manutenzione, perché in un’elettrica i freni si consumano meno (la frenata è solitamente elettromagnetica e recupera energia invece di buttarla via) e non ci sono filtri antiparticolato, cartucce di urea o altri marchingegni inventati per tentare di ridurre l’inquinamento del motore diesel.
Quindi ho risposto così:
Ripeto: lascio da parte l’ecologia e guardo solo egoisticamente al portafogli. Certo, è un esempio riferito ad auto molto costose: ma è proprio l’esempio scelto da IP. Attendo risposta.
IP ha risposto costruttivamente:
Io ho teso la mano e ho corretto pubblicamente i miei conticini.
Se son rose, fioriranno.
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Poco fa IP ha postato questo tweet, nel quale cita un articolo del Sole 24 Ore che tesse le lodi del diesel parlando di “motore virtuoso per emissioni di CO2” dimenticandosi allegramente tutte le altre emissioni dei motori a gasolio:
Questa fuga dal diesel di ultima generazione non ha alcun senso per le auto medio/grandi e percorrenze elevate, se circolassero solo Euro 6 il problema non ci sarebbe #mobilitàsostenibile #mobilità #carburanti pic.twitter.com/uP63P0Cvvs— IP (@gruppoapi) October 30, 2018
Dice IP che “Questa fuga dal diesel di ultima generazione non ha alcun senso per le auto medio/grandi e percorrenze elevate, se circolassero solo Euro 6 il problema non ci sarebbe”.
Non ho saputo resistere:
Se mio nonno avesse le ruote, sarebbe una carriola :-)— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 30, 2018
Ci date voi i soldi per una Euro 6 per tutti? E per la manutenzione?
Non c'è nulla di "sostenibile" nel bruciare petrolio. Fatevene una ragione, la festa è finita.
IP ha risposto prontamente, ed è nata una conversazione interessante:
Come già raccontato ci stiamo preparando a ospitare nei nostri distributori sempre più ricariche elettriche e a metano. Ciò non toglie che c'è enorme differenza tra una euro 3 e una euro 6. Le transizioni sono processi complessi, meglio evitare slogan è semplificazioni.— IP (@gruppoapi) October 30, 2018
"c'è enorme differenza tra una euro 3 e una euro 6". Vero. Una inquina tanto, l'altra inquina. E in più mi devo pagare urea, filtri, eccetera. Dove sta la convenienza? /— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 30, 2018
Lieto di sapere che vi state "preparando" all'elettrificazione. Prepararsi è un po' poco: bisognerebbe fare, come stanno facendo Shell e BP https://t.co/O7bqjs6rwA— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 30, 2018
Sarò lietissimo di ricaricare quando avrete colonnine agli autogrill e in autostrada. /
I primi ci sono già... la aspettiamo!https://t.co/1CHKeQHyeY— IP (@gruppoapi) October 30, 2018
IP cita un articolo di ottobre 2017; ma da allora non sembra che ci siano stati grandi progressi nelle installazioni di colonnine presso i distributori in Italia, specialmente lungo le autostrade (qualche indizio qui). Perché l'ultima cosa che vuoi fare, se sei in autostrada, è dover uscire e rientrare soltanto per fare rifornimento. Se avete notizie di colonnine installate presso distributori di carburante sulle autostrade italiane, ditemelo.
Ottimo. Questo risale al 2017. Quanti altri ne avete installati in autostrada?— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 30, 2018
Nessuna risposta da parte di IP, per ora.
Se riusciste a convincere per esempio i cocciutissimi dell'autogrill Villoresi Ovest, diventerei immediatamente vostro cliente (passo spesso di lì). Ma a quanto mi risulta non ne vogliono sapere. Stessa storia in tanti altri autogrill. Datevi da fare :-)— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 30, 2018
Spiego la mia richiesta così specifica: ormai l’unico viaggio ricorrente che faccio ancora con l’auto a benzina è quello da Lugano a Pavia. Tutti gli altri li faccio con la mia piccola auto elettrica. Potrei fare anche Lugano-Pavia-Lugano, se ci fosse una stazione di ricarica a quell’autogrill, così come c’è (e pure gratuita) all’autogrill opposto sulla via del ritorno (grazie a Loginet).
In generale, è fondamentale che le società che gestiscono gli autogrill italiani la smettano con questa loro ottusa resistenza: non hanno ancora capito che installare una colonnina elettrica significa invogliare il viaggiatore a fermarsi per una quarantina di minuti intanto che carica. E intanto che carica, mangia. In altre parole, spende. Mentre l’automobilista a pistoni passa, fa rifornimento e se ne va.
Ma a parte questo, mi ha intrigato questa tesi della “fuga dal diesel di ultima generazione“ che “non ha alcun senso per le auto medio/grandi e percorrenze elevate” sostenuta da IP, e così ho provato a fare due conti veloci lasciando da parte considerazioni ecologiche e guardando soltanto la convenienza economica.
Ho preso due “auto medio/grandi” paragonabili, una diesel e una elettrica, nel mercato italiano. Da una parte ho scelto una BMW Serie 5 540d xDrive Sport Steptronic, dall’altra una Tesla Model S 75 (le ragioni di questa scelta specifica saranno più chiare a fine novembre, quando potrò spiegarle pubblicamente; per ora vi dico solo che è questione di corretta paragonabilità).
La BMW costa 73.000 euro, mentre la Tesla costa 81.400 euro (prezzi indicati da Alvolante.it qui e qui). L’auto elettrica costa 8400 euro in più. Ma costa molto meno usarla.
La BMW, infatti, ha un consumo dichiarato di 5,4 litri per 100 km, e un litro di gasolio, al prezzo più basso indicato oggi da Prezzibenzina.it, costa 1,35 euro. 100 km costano quindi 7.29 euro.
La Tesla, invece, ha un consumo dichiarato di 20 kWh per 100 km, e un kWh, al prezzo medio indicato da Taglialabolletta.it, costa 0,22 euro. 100 km costano quindi 4,4 euro.
Prendiamo il caso proprio delle “percorrenze elevate” tirate in ballo specificamente da IP.
Dopo 100.000 km, con la BMW ho speso 7.290 euro di gasolio contro 4.400 euro di corrente elettrica con la Tesla. Dopo 150.000 km, ho speso 10.935 euro di gasolio contro 6.600 euro di corrente. Dopo 200.000 siamo a 14.580 contro 8800. Dopo 300.000 km, con la BMW ho speso 21.870 euro; con la Tesla ne ho spesi 13.200 e mi sono ripagato la differenza di costo.*
* Ho corretto questi calcoli rispetto alla versione iniziale nella quale per errore mio non tenevo conto del costo dell’elettricità e simulavo cariche gratuite ai Supercharger Tesla. Grazie a tutti quelli che me l’hanno fatto notare.
300.000 km sono tanti? Beh, si parlava appunto di “percorrenze elevate”, e chilometraggi del genere sono abbastanza normali sia per una Tesla, sia per una grande berlina diesel.
Ma non è finita: se si tratta di una Tesla che ha l’abbonamento a vita ai Supercharger oppure se carica spesso da colonnine gratuite o presso il posto di lavoro, il punto di pareggio arriva molto prima. Nel caso ottimale (cariche sempre gratuite) intorno ai 115.000 km.
Però il caso della carica sempre gratuita non è sempre fattibile. Proviamo a tenere conto del bollo auto, che sulla BMW (235 kW) ammonta a circa 780 euro l’anno mentre sulla Tesla (in quanto elettrica) è zero: in quattro anni la BMW sarà costata 3.120 euro, riducendo la differenza di costo a 5280 euro. Anche pagando sempre ogni ricarica, si raggiunge il punto di pareggio dopo 180.000 km.
In sintesi, se faccio percorrenze elevate, più uso l’auto elettrica più aumenta il risparmio. Senza contare le la minore spesa di manutenzione, perché in un’elettrica i freni si consumano meno (la frenata è solitamente elettromagnetica e recupera energia invece di buttarla via) e non ci sono filtri antiparticolato, cartucce di urea o altri marchingegni inventati per tentare di ridurre l’inquinamento del motore diesel.
Quindi ho risposto così:
Ma evitiamo slogan. Facciamo il caso pratico di "auto medio/grandi e percorrenze elevate". BMW 540d xDrive Sport vs Tesla Model S 75. 73.000€ vs 81.400€. Dopo 115.000 km ho speso in gasolio la differenza di prezzo. Da lì in poi è tutto guadagno. Perché dovrei stare col diesel?— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 30, 2018
Ripeto: lascio da parte l’ecologia e guardo solo egoisticamente al portafogli. Certo, è un esempio riferito ad auto molto costose: ma è proprio l’esempio scelto da IP. Attendo risposta.
2018/10/31 21:10
IP ha risposto costruttivamente:
Con @disinformatico (che ringraziamo per la punzecchiatura) abbiamo iniziato proprio un bel dibattito! ps per chiarezza noi alla sostenibilità ci teniamo, e guardiamo al metano, al gpl, e anche all'elettrico: venite a trovarci! https://t.co/1CHKeQHyeY— IP (@gruppoapi) October 31, 2018
Io ho teso la mano e ho corretto pubblicamente i miei conticini.
Volentieri: se mi segnalate le aperture dei punti di ricarica presso i vostri distributori, sarà mio piacere farlo sapere ai miei lettori.— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 31, 2018
Colgo l'occasione per correggere i conti che ho fatto maldestramente ieri: il punto di pareggio che citavo è a circa 180.000 km, non 115.000. Il concetto non cambia: da lì in poi è tutto guadagno. Perché dovrei stare col diesel? :-)— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 31, 2018
Se son rose, fioriranno.
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Islam e pseudoscienze a Lugano-Paradiso il 4 novembre alle 17:30
Domenica 4 novembre alle 17:30 si terrà a Lugano una conferenza su un tema poco conosciuto e molto intrigante: la pseudoscienza e le bufale nella cultura islamica.
Il relatore, Stefano Bigliardi, è Assistant Professor all’Università Al Akhwayn di Ifrane, in Marocco, ed è autore del libro La mezzaluna e la Luna dimezzata, che esplora in dettaglio questo tema, smontando miti e pregiudizi e al tempo stesso schiudendo un mondo che è per molti linguisticamente e culturalmente quasi inaccessibile. Anch’io lo conosco poco: l’ho incontrato raramente, per esempio con Harun Yahya/Adnan Oktar, che nel 2010 tappezzò Lugano e Milano di poster creazionisti. Bigliardi ha incontrato Yahya e ci saprà raccontare questo personaggio davvero particolare.
La conferenza è organizzata dal CICAP Ticino e dai Liberi pensatori (Libero-pensiero.ch). Per esplorare i temi della serata potete leggere questa intervista a Stefano Bigliardi su La Regione del 6 marzo scorso.
Avrò il piacere di moderare la serata, che si terrà alla Sala Multiuso di Lugano-Paradiso, in via delle Scuole 21. L’ingresso è libero.
Per chi viene dall’Italia e desidera evitare di pagare la “vignetta” autostradale (40 franchi, valida fino a fine gennaio 2019), Lugano-Paradiso è raggiungibile semplicemente impostando il navigatore in modo che eviti le autostrade. Per chi arriva lungo l’autostrada italiana A9, l’ultima uscita utile in territorio italiano è Como Lago; da lì si attraversa la frontiera con la Svizzera e si procede lungo le strade cantonali, per le quali non è richiesta la vignetta. Qui su Viamichelin.it trovate un esempio di itinerario senza vignetta partendo da Milano.
Per maggiori informazioni potete scrivere a ticino@cicap.org.
Il relatore, Stefano Bigliardi, è Assistant Professor all’Università Al Akhwayn di Ifrane, in Marocco, ed è autore del libro La mezzaluna e la Luna dimezzata, che esplora in dettaglio questo tema, smontando miti e pregiudizi e al tempo stesso schiudendo un mondo che è per molti linguisticamente e culturalmente quasi inaccessibile. Anch’io lo conosco poco: l’ho incontrato raramente, per esempio con Harun Yahya/Adnan Oktar, che nel 2010 tappezzò Lugano e Milano di poster creazionisti. Bigliardi ha incontrato Yahya e ci saprà raccontare questo personaggio davvero particolare.
La conferenza è organizzata dal CICAP Ticino e dai Liberi pensatori (Libero-pensiero.ch). Per esplorare i temi della serata potete leggere questa intervista a Stefano Bigliardi su La Regione del 6 marzo scorso.
Avrò il piacere di moderare la serata, che si terrà alla Sala Multiuso di Lugano-Paradiso, in via delle Scuole 21. L’ingresso è libero.
Per chi viene dall’Italia e desidera evitare di pagare la “vignetta” autostradale (40 franchi, valida fino a fine gennaio 2019), Lugano-Paradiso è raggiungibile semplicemente impostando il navigatore in modo che eviti le autostrade. Per chi arriva lungo l’autostrada italiana A9, l’ultima uscita utile in territorio italiano è Como Lago; da lì si attraversa la frontiera con la Svizzera e si procede lungo le strade cantonali, per le quali non è richiesta la vignetta. Qui su Viamichelin.it trovate un esempio di itinerario senza vignetta partendo da Milano.
Per maggiori informazioni potete scrivere a ticino@cicap.org.
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2018/10/27
Puntata del Disinformatico RSI del 2018/10/26
È disponibile lo streaming audio e video della puntata del 26 ottobre scorso del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera.La versione podcast solo audio (senza canzoni, circa 20 minuti) è scaricabile qui sul sito RSI (o direttamente qui) e disponibile qui su iTunes (per dispositivi compatibili) e tramite le app RSI (iOS/Android); la versione video (canzoni incluse, circa 60 minuti) è nella sezione La radio da guardare del sito della RSI ed è incorporata qui sotto. Buona visione e buon ascolto!
2018/10/26
Hai problemi con un supertelescopio spaziale? Hai provato a spegnerlo e riaccenderlo?
Il telescopio spaziale Hubble è un gioiello di tecnologia che ha permesso di scoprire innumerevoli fenomeni astronomici, ma gli anni passano per tutti, anche per le meraviglie della tecnica, e così un paio di settimane fa Hubble è entrato in safe mode, ossia in una modalità di sicurezza, a causa del malfunzionamento di uno dei giroscopi che lo stabilizzano e ne consentono il puntamento.
Il telescopio spaziale, in orbita ormai da quasi trent’anni, ha bisogno che almeno tre dei suoi sei giroscopi funzionino correttamente per poter operare al massimo delle prestazioni (può funzionare, anche se con forti limitazioni, anche con un solo giroscopio). Prima di questa avaria ne aveva quattro in buone condizioni. Quando si è verificato il guasto, i controllori da terra hanno cercato di avviare un altro giroscopio, ma hanno scoperto che non funzionava bene.
La soluzione della NASA somiglia molto alla tecnica standard di risoluzione dei problemi informatici che usiamo spesso e che è stata immortalata dalla serie TV The IT Crowd, nella quale i due malcapitati addetti all’assistenza informatica di una grande azienda evadono sistematicamente le chiamate chiedendo per prima cosa “Ha provato a spegnerlo e riaccenderlo?”.
Il comunicato stampa della NASA spiega che il 16 ottobre è stato effettuato un running restart del giroscopio malfunzionante: il dispositivo è stato spento per un secondo e poi riavviato prima che si fermasse del tutto. Il riavvio serviva per azzerare eventuali malfunzionamenti verificatisi durante l’avvio, effettuato il 6 ottobre scorso dopo sette anni e mezzo di inattività. Il 18 ottobre Hubble ha eseguito una serie di spostamenti in direzioni opposte nel tentativo di sbloccare eventuali residui interni dei giroscopi, e ora sembra tutto a posto.
Morale della storia: non importa se il tuo aggeggio è costato un fantastilione di dollari; se non funziona più bene, spegnilo, riaccendilo e scuotilo un po’.
Il telescopio spaziale, in orbita ormai da quasi trent’anni, ha bisogno che almeno tre dei suoi sei giroscopi funzionino correttamente per poter operare al massimo delle prestazioni (può funzionare, anche se con forti limitazioni, anche con un solo giroscopio). Prima di questa avaria ne aveva quattro in buone condizioni. Quando si è verificato il guasto, i controllori da terra hanno cercato di avviare un altro giroscopio, ma hanno scoperto che non funzionava bene.
La soluzione della NASA somiglia molto alla tecnica standard di risoluzione dei problemi informatici che usiamo spesso e che è stata immortalata dalla serie TV The IT Crowd, nella quale i due malcapitati addetti all’assistenza informatica di una grande azienda evadono sistematicamente le chiamate chiedendo per prima cosa “Ha provato a spegnerlo e riaccenderlo?”.
Il comunicato stampa della NASA spiega che il 16 ottobre è stato effettuato un running restart del giroscopio malfunzionante: il dispositivo è stato spento per un secondo e poi riavviato prima che si fermasse del tutto. Il riavvio serviva per azzerare eventuali malfunzionamenti verificatisi durante l’avvio, effettuato il 6 ottobre scorso dopo sette anni e mezzo di inattività. Il 18 ottobre Hubble ha eseguito una serie di spostamenti in direzioni opposte nel tentativo di sbloccare eventuali residui interni dei giroscopi, e ora sembra tutto a posto.
Morale della storia: non importa se il tuo aggeggio è costato un fantastilione di dollari; se non funziona più bene, spegnilo, riaccendilo e scuotilo un po’.
Camminereste su un ponte stampato da una stampante 3D?
Ultimo aggiornamento: 2018/10/26 14:50.
Siamo abituati a pensare alla stampa 3D come un divertimento per fabbricare oggettini, ma al Dutch Design Week adAmsterdam Eindhoven, in Olanda, c’è un intero ponte di dodici metri stampato in acciaio con questa tecnologia.
Chicca: verrà poi installato nel quartiere a luci rosse di Amsterdam. Immagino già gli equivoci: “No, caro, posso spiegarti tutto, sono andata nel quartiere a luci rosse per vedere un ponte stampato in in 3D.”
Fonte: Gizmodo.
Siamo abituati a pensare alla stampa 3D come un divertimento per fabbricare oggettini, ma al Dutch Design Week ad
Chicca: verrà poi installato nel quartiere a luci rosse di Amsterdam. Immagino già gli equivoci: “No, caro, posso spiegarti tutto, sono andata nel quartiere a luci rosse per vedere un ponte stampato in in 3D.”
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| Credit: MX3D (Joris Laarman Lab). |
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| Credit: MX3D (Adriaan de Groot). |
Fonte: Gizmodo.
Google ricorda tutto quello che abbiamo cercato, ma gli si può chiedere di dimenticare
Quando cercate qualcosa con Google usando il vostro account Google, il motore di ricerca se lo ricorda. Si ricorda tutto quello che avete mai cercato. Per vedere la cronologia delle ricerche, entrate nel vostro account e andate a myactivity.google.com.
Da computer, cliccate su Filtra per data e prodotto, disattivate Tutti i prodotti e attivate Ricerca, Ricerca immagini, Ricerca video e Vocale e audio. Infine cliccate sull’icona della lente d’ingrandimento.
Comparirà un elenco delle cose che avete cercato: se volete cancellare tutto, cliccate sui tre puntini nella casella di ricerca e scegliete Elimina risultati. Vi verrà chiesto di confermare questa eliminazione totale.
Se invece volete solo eliminare qualche ricerca potenzialmente imbarazzante, cliccate sui tre puntini a destra della ricerca in questione e scegliete Elimina.
Una procedura analoga è fattibile anche da tablet o smartphone Android e iOS: la trovate descritta in italiano qui su Google. Nello stesso posto trovate anche istruzioni su come impedire che Google riprenda a ricordare le nuove ricerche.
Da computer, cliccate su Filtra per data e prodotto, disattivate Tutti i prodotti e attivate Ricerca, Ricerca immagini, Ricerca video e Vocale e audio. Infine cliccate sull’icona della lente d’ingrandimento.
Comparirà un elenco delle cose che avete cercato: se volete cancellare tutto, cliccate sui tre puntini nella casella di ricerca e scegliete Elimina risultati. Vi verrà chiesto di confermare questa eliminazione totale.
Se invece volete solo eliminare qualche ricerca potenzialmente imbarazzante, cliccate sui tre puntini a destra della ricerca in questione e scegliete Elimina.
Una procedura analoga è fattibile anche da tablet o smartphone Android e iOS: la trovate descritta in italiano qui su Google. Nello stesso posto trovate anche istruzioni su come impedire che Google riprenda a ricordare le nuove ricerche.
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