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Il Disinformatico

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2021/02/12

L’avvocato che diventa gatto su Zoom fa sorridere il mondo. Sì, ma come si fa a diventare gatti?

Collegarsi a una videoconferenza e accorgersi troppo tardi che chi ha usato il computer prima di noi ha lasciato attivi i filtri che aggiungono baffi o orecchie da coniglietto può capitare, ma stavolta è capitato in un contesto particolarmente comico.

L‘avvocato texano Rod Ponton ha cercato di collegarsi su Zoom con il tribunale per un‘udienza e si è reso conto che il suo volto veniva sostituito digitalmente da un filtro, diventando quello di un gattino che ne seguiva i movimenti e le espressioni, muovendo la bocca quando l‘avvocato parlava.

Lo spezzone di video dell’incidente ha fatto subito il giro di tutta Internet, non solo per le espressioni ridicole del gattino ma anche per la serietà e l’aplomb con il quale tutti hanno gestito la situazione, specialmente quando l’avvocato ha detto al giudice, Roy B. Ferguson, che non riusciva a disattivare il filtro e che era disposto a proseguire l’udienza in quelle condizioni, dichiarando solennemente di essere presente e di non essere un gatto. "I'm here live; I'm not a cat".

L‘avvocato Ponton è diventato immediatamente una celebrità mondiale grazie al fatto che il giudice ha pubblicato lo spezzone su Twitter, usandolo per diffondere un avviso: “CONSIGLIO IMPORTANTE PER ZOOM: se un bambino ha usato il vostro computer, prima di collegarvi a un’udienza virtuale controllate le Opzioni Video di Zoom per assicurarvi che i filtri siano disattivati. Questo gattino ha appena rilasciato una dichiarazione formale in un caso presso il 349° [tribunale distrettuale]”.

Il giudice ha lodato l’impegno e la professionalità di tutti i partecipanti e ha chiarito che il momentaneo inconveniente è stato risolto e l’udienza è proseguita regolarmente. L’avvocato, da parte sua, ha spiegato che ha usato il computer della sua segretaria, sul quale era attivo quel filtro per ragioni non meglio chiarite. 

Succedeva anche agli antichi egizi.

 

Ma a questo punto, finite le risate, all’informatico viene spontanea e irresistibile una domanda: come si fa, di preciso, ad attivare in Zoom il filtro testa di gatto? Non c’è. I filtri disponibili Zoom aggiungono barba e/o baffi, occhiali, cappelli, orecchie o antenne e poco altro. Non c’è traccia di gattini. Allora da dove arriva il gattino animato dell’avvocato texano?

Secondo LifeHacker e la BBC, quello specifico gattino così comicamente animato esiste soltanto in Live Cam Avatar della Reallusion, un vecchio software per webcam della Dell che risale al 2010 circa

Se però vi accontentate di un filtro che ottenga un effetto analogo anche se non identico, potete usare Snap Camera, per Windows 10 o macOS 10.13 o successivi. Dopo averlo installato, cercate uno dei suoi filtri felini, attivatelo e poi lanciate Zoom o Teams o qualunque altro software di videoconferenza, avendo cura di scegliere come webcam non quella integrata nel computer ma quella virtuale creata da Snap Camera. 

Per disattivare questo filtro è sufficiente riselezionare la webcam normale.

La domanda finale, però, arriva dall’account Twitter di Larry the Cat, il gatto del numero 10 di Downing Street: “Esiste un filtro per Zoom che trasforma i gatti in avvocati?”

Florida, impianto di depurazione delle acque “hackerato” con rischio di avvelenamento di massa. Sicurezza sottozero

C’è parecchio clamore intorno alla notizia che aggressori informatici ignoti sono entrati via Internet nei sistemi di controllo di un impianto di trattamento delle acque a Oldsmar, in Florida, e ne hanno alterato i valori delle sostanze chimiche immesse per la depurazione, con conseguente rischio di avvelenamento della popolazione servita dall’impianto (circa 15.000 residenti).

Il Tampa Bay Times riferisce che uno degli addetti all’impianto stava monitorando i sistemi quando ha visto che il cursore del mouse si stava muovendo da solo e che qualcuno lo stava usando per cambiare la quantità di idrossido di sodio (soda caustica) da 100 parti per milione a 11.100 parti per milione. L’operatore ha subito ripristinato il valore originale. La vicenda viene ora investigata dall’FBI oltre che dalle autorità locali.

A prima vista sembrerebbe un attacco molto sofisticato, opera di terroristi o altri grandi malfattori. Ma leggendo il resoconto ufficiale delle autorità emerge un quadro ben diverso: gli intrusi sono entrati facilmente perché la gestione remota dell’impianto usava un semplice TeamViewer che permetteva di accedere a tutti i computer usando la stessa password di accesso remoto, e i computer erano collegati direttamente a Internet senza alcuna protezione (firewall o simili). Inoltre tutti i computer erano connessi al sistema SCADA di gestione dell’impianto e usavano ancora Windows 7.

Come se non bastasse, l’impianto aveva smesso di usare TeamViewer sei mesi fa, ma l’aveva lasciato installato.

Insomma, un disastro annunciato. Probabilmente si tratta di un ex dipendente oppure di qualcuno che pigramente ha usato i motori di ricerca che trovano gli impianti lasciati aperti online, come Shodan, e fra i tanti honeypot (trappole) ha trovato quel bersaglio assurdamente facile.

Se avete impianti di qualunque tipo comandabili da remoto, pensate alla sicurezza; aggiornateli, usate password robuste e differenti, e non lasciate tutto spalancato sperando che nessuno vi trovi. Esistono motori di ricerca appositi: vi troveranno. Non fate come quell’impianto idrico italiano che è rimasto aperto e visibile per mesi nonostante le mie segnalazioni.


Fonti aggiuntive: The Verge, AP.


2021/02/11

Falsi allarmi virus appaiono sugli smartphone: la truffa del Calendar spam

Uno studente di Modena, dove sono stato a far lezione qualche tempo fa, mi segnala una tecnica molto particolare usata dai truffatori online per tentare di ingannarlo: un allarme che è comparso sul suo iPhone e lo avvisa che il dispositivo “è gravemente danneggiato da (4)”. Quattro cosa, non si sa.

L’avviso prosegue dicendo che “Senza una protezione adeguata, la tua identità e altri dati importanti possono essere facilmente sottratti. L’applicazione consigliata da iOS evitare [sic] che ciò accada in modo efficace. Clicca qui sotto per avvalerti della necessaria protezione.”


Viene inoltre fornito un link da seguire:

h**p://load03[.]biz/?cc=a922a578-4872-45eb-a7e4-2fc71777bc40&sid=8k5zel

che non visualizza nulla in Browserling.com (emulando Android o Windows 7), ma il sito Load03[.]biz è segnalato come diffusore di truffe basate su falsi allarmi antivirus.

Infatti questo avviso è in realtà un innocuo evento del Calendario, confezionato in modo da sembrare un allarme. I truffatori iniettano l’evento nel Calendario della vittima sfruttando la funzione di invito, che consente di aggiungere eventi a un Calendario altrui semplicemente conoscendone l’indirizzo di mail.

Gli utenti non particolarmente esperti, presi dall’ansia, spesso non si accorgono che si tratta semplicemente di un evento del Calendario e cadono nella trappola.

L’allarme va ignorato, nel senso che non bisogna seguire le sue istruzioni, ma è meglio eliminarlo cancellando il calendario-truffa che lo contiene. Niente paura, non occorre cancellare il vostro calendario, ma soltanto quello al quale il truffatore vi ha iscritto: nell’esempio qui sopra, il calendario Events (nome scelto intenzionalmente per confondere la vittima).

Per prevenire il ripetersi di questo genere di attacco si può andare nelle impostazioni del Calendario (accedendo a iCloud con un browser, se necessario) e chiedere che gli inviti arrivino come mail invece che come notifiche in-app.

Il giornalismo affidato agli analfabeti: scrittore in ospedale “per avere esalato un gas”

Sono lo scrittore Valerio Massimo Manfredi e la moglie le due persone trasportate in ospedale per aver esalato un gas, molto probabilmente monossido di carbonio, nel loro appartamento di via dei Vascellari, a Roma.

Scrive così ADNKronos. Scrive così anche Rainews

Come è possibile arrivare a lavorare in una redazione d’agenzia, o di un canale nazionale, e non sapere la differenza fra inalare ed esalare?

Copia permanente per gli increduli: ADNKronos, Rainews. Allego, sconsolatamente, relativi screenshot.






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2021/02/10

Nessuno rilegge: ReggiOnline

“Questa volta è accaduto a Ca’ de Caroli di Scandiano, al bar Jolly di via Ubersetto. Ieri mattina alle 6,30 il titolare ha dato l’allarme ai carabinieri. I carabinieri sono entrati dopo aver forzato la porta sul retro e, una volta all’interno, hanno fatto razzia dei tagliandi della lotteria istantanea Gratta e Vinci e hanno preso circa 100 euro presenti in cassa.”

Reggionline.com, 10 febbraio 2021. Copia permanente

Nessuno rilegge.

 

18.00. Dopo la segnalazione su Twitter, il testo è stato corretto.


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2021/02/07

L’analfabetismo numerico come metodo redazionale: la bufala dei “7 italiani su 10” che ieri hanno pranzato al ristorante

Ultimo aggiornamento: 2021/02/07 22:10.

Il Corriere della sera di oggi, nell’edizione cartacea, a pagina 13, ha scritto che “ieri 7 italiani su 10 hanno pranzato al ristorante”. L’articolo è a firma di Rinaldo Frignani.

La stessa idiozia è stata ripetuta al TG1 della RAI oggi alle 13.30.

Nessuno, ma proprio nessuno, che si sia chiesto come sarebbe stato possibile per quarantadue milioni di italiani recarsi contemporaneamente a pranzo al ristorante e come avrebbero fatto i ristoratori a sfamarli tutti di colpo.

C’è poi il problema degli incassi: se a Roma si fossero davvero incassati 5 milioni di euro su 2 milioni di pasti (il 70% di 2,9 milioni di abitanti), vorrebbe dire che ogni pasto è stato pagato un paio di euro e spiccioli. 

C’è cascato anche il Corriere del Ticino:Sette su dieci hanno pranzato fuori secondo la Coldiretti” (copia permanente)

Il Giornale di Sicilia ha titolato “Covid, nel weekend 7 italiani su 10 a pranzo fuori”, spalmando l’orda su due giorni invece di uno, ma l’assurdità resta (copia permanente).

Non c’è niente da fare: la discalculia impera e i giornalisti non sanno resistere al fascino dei numeri e delle pseudostatistiche.

La probabile origine di questa scemenza è spiegata da Giornalettismo: un comunicato stampa di Coldiretti, che titola “Covid: 7 italiani su 10 a pranzo fuori nel week end” ma nel testo dice che quei 7 su 10 erano gli italiani che pranzavano fuori almeno un sabato o una domenica al mese.

Se l’ipotesi è corretta, allora alcuni giornalisti hanno anche difficoltà a capire quello che leggono. Il Post fa bene il punto sulla desolante consuetudine del giornalismo basato su comunicati stampa letti male e mai verificati. E l’Ordine dei Giornalisti pare troppo impegnato a pettinare lampadine. Siamo in buone mani.

 

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Per il Corriere, Alessandro Magno fu imperatore di Roma. Ma le fake news son colpa di Internet

Scrive così Maria Rosaria Spadaccino sul Corriere della sera il 5 febbraio 2021: “Napoleone non venne mai a Roma, ma la desiderò molto. A lei si ispirò e ai suoi imperatori Augusto, Alessandro Magno, ma anche a Giulio Cesare”.

Link all’originale; copia permanente su Archive.is; screenshot per i giustamente increduli qui sotto.

 


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Per Piero Melati di Repubblica, la Stazione Spaziale Internazionale orbita intorno alla Luna e Tom Cruise volerà su uno Shuttle

Questa è Repubblica. Il giornale cartaceo. Quello che si paga per avere informazioni corrette. Ma il 6 febbraio 2021, ieri, Piero Melati su quel giornale cartaceo ha scritto che la Stazione Spaziale Internazionale orbita intorno alla Luna.

“I primi pionieri sono pronti a partire. Da Hollywood, naturalmente. Tom Cruise ha annunciato che il suo prossimo set saranno le stelle. In ottobre decollerà insieme al regista Doug Liman a bordo di uno space shuttle, per raggiungere la Stazione spaziale internazionale che orbita intorno alla Luna.”

No, Melati: la Stazione orbita intorno alla Terra, a 400 chilometri di quota, non intorno alla Luna, che sta a quattrocentomila chilometri. Il volo di Tom Cruise è stato rinviato di uno o due anni. E l’attore non prenderà uno Shuttle, visto che lo Shuttle ha smesso di volare dieci anni fa. Volerà su una capsula Dragon.

Tre notizie false in un colpo solo.



Ringrazio @BibMarino per la segnalazione.

 

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Carlo Lucarelli e Alessandro Baricco “firmano” due recensioni identiche. Dello stesso libro. Su due giornali differenti. Allora, chi ha copiato? Nessuno

Ultimo aggiornamento: 2021/02/07 13:30.

Quando un lettore paga il Corriere della sera per leggere un articolo firmato da Carlo Lucarelli, si aspetta che l’articolo sia scritto da Carlo Lucarelli. Immagino che anche i lettori di Repubblica si aspettino che se un articolo porta la firma di Alessandro Baricco sia scritto appunto da Alessandro Baricco. Ma sembra che anche queste ormai siano pretese eccessive: il giornalismo italiano sa raggiungere vette sempre nuove di cialtroneria e di presa in giro dei suoi lettori.

Questo è Carlo Lucarelli sul Corriere della sera di sabato 6 febbraio 2021. O almeno così sarebbe portato a credere il lettore, vista la firma:

E questo è, sempre stando a quello che si legge, Alessandro Baricco su Repubblica il 26 gennaio 2021 (link alla fonte, successivamente modificata; copia permanente su Archive.org):

Screenshot della versione originale, tratto da Archive.org:


La straordinaria coincidenza è stata scoperta da @magellano83 e segnalata in questo suo tweet:

Come spiega Giornalettismo, le due recensioni sono identiche, ma non si tratta di plagio da parte di Lucarelli o Baricco: Repubblica ha pubblicato, al posto della sintesi dell’intervento video di Baricco, un testo di Lucarelli inviato da Einaudi.

Lucarelli ha spiegato pubblicamente la situazione: “Ragazzi, non so che dirvi. Ho scritto la mia recensione molto tempo fa, non conoscevo quella di Baricco e sono sicuro che lui non aveva letto la mia. Che ribadisco sincera e sinceramente mia”.

Repubblica si è scusata e si è difesa parlando di “errore redazionale”.


In altre parole, l’ennesimo esempio di metodo redazionale colabrodo. Però le fake news, signora mia, son colpa di Internet.

Come al solito arriveranno quelli che diranno “Eh, dai, non è morto nessuno, gli errori possono capitare, te la prendi troppo”. Ma a furia di commettere un errore oggi, un errore domani, un errore tutti i giorni, la fiducia del lettore crolla. E non si rialza più.

 

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2021/02/06

50 anni fa, un uomo giocava a golf sulla Luna: immagini inedite


L’uomo che vedete nella foto si chiamava Alan Shepard. È morto nel 1998, a 74 anni. È la prima e finora unica persona, nella storia dell’umanità, ad aver mai giocato a golf sulla Luna.

Questo evento bizzarro accadde proprio cinquant’anni fa, il 6 febbraio 1971, durante la missione Apollo 14. Shepard, appassionato giocatore di golf oltre che astronauta celeberrimo (fu il primo americano a volare nello spazio, nel 1961), era sulla Luna insieme al collega Ed Mitchell, e alla fine della loro estenuante escursione sulla superficie lunare estrasse da una tasca della sua tuta spaziale una testa di bastone da golf, la agganciò al manico di uno degli strumenti scientifici usati per la raccolta dei campioni e la usò per lanciare alcune palline da golf che aveva portato con sé nella stessa tasca.

L’evento fu trasmesso in diretta TV, e rimase celebre la frase che Shepard usò per descrivere il risultato dei suoi tiri, effettuati nonostante l’impaccio della rigidissima tuta spaziale ma con il vantaggio della ridotta gravità lunare (un sesto di quella terrestre) e dell’assenza di resistenza aerodinamica (non essendoci un’atmosfera).

“Miles and miles and miles!”, disse scherzosamente Shepard. Miglia e miglia e miglia. Durante il viaggio di ritorno, riferì via radio che stimava che una pallina avesse percorso circa duecento metri e l’altra ne avesse coperti circa quattrocento. Ma come andarono realmente le cose? Era chiaro sin da subito che quelle miglia erano un’esagerazione, viste le condizioni difficilissime del tiro, ma oggi sappiamo con precisione quanta strada fecero quelle palline grazie alle ricerche degli esperti e al restauro digitale delle immagini scattate all’epoca sulla Luna.

Le palline da golf tirate da Shepard e le posizioni di tiro sono state infatti localizzate nelle fotografie, come mostrato qui sotto (divot è il termine inglese usato per indicare un incavo nel terreno prodotto dal bastone da golf nel colpire la pallina):


L’immagine qui sopra è una composizione digitale di varie fotografie scattate dall’interno del Modulo Lunare (il veicolo che aveva portato sulla Luna i due astronauti).

Il restauratore di fotografie Andy Saunders ha recuperato le immagini migliori disponibili della missione e ha prodotto questi ingrandimenti delle zone intorno alle due palline da golf (l’asta nella prima foto proviene da un esperimento per il vento solare e fu lanciata dal collega Ed Mitchell come se fosse un giavellotto):



Sì, sulla Luna ci sono due palline da golf, ripetutamente cotte e congelate da cinquant’anni di esposizione al calore del sole e al gelo della notte lunare (un “giorno” lunare dura circa 29 giorni terrestri). E ora sappiamo anche a che distanza si trovano dal punto di tiro.

Infatti Saunders ha elaborato digitalmente tramite stacking i fotogrammi della ripresa del decollo dalla Luna, fatta dall’interno del Modulo Lunare usando pellicola cinematografica nel formato 16 mm, e ha ottenuto quest’immagine della zona di decollo, nella quale si possono scorgere le due palline e il “giavellotto”.


Quest’immagine, però, è inclinata, per cui è difficile usarla per determinare le distanze esatte. Ma dal 2009 la sonda Lunar Reconnaissance Orbiter fotografa l’intera superficie lunare da una quota di circa 100 chilometri, con occasionali discese a quote più basse, e nel 2011 ha scattato un’immagine della zona di allunaggio di Apollo 14 che è una veduta sostanzialmente verticale della zona e come tale non è affetta da distorsioni di prospettiva.

Saunders l’ha elaborata per ottenere questo risultato: 22 metri per il primo tiro e 36,5 metri per il secondo.


Il bastone da golf usato sulla Luna fu riportato sulla Terra e ora è presso il museo della USGA, che racconta in dettaglio tutta la vicenda, spiegando che la testa è una Wilson Staff Dyna-Power da ferro 6 (credo che si dica così nel gergo del golf italiano) e mostrando anche le foto di una delle fosse e delle impronte lasciate nella polvere lunare da Shepard quando si posizionò per uno dei tiri. L’astronauta non rivelò mai la marca delle palline usate, per evitare pubblicità, anche se ci sono alcuni indizi in proposito: gli furono donate da un professionista del golf, Jack Harden, presso il River Oaks Country Club di Houston.


 

Questa è una foto di Shepard, scattata qualche anno dopo, che mostra bene l’attacco della testa e le dimensioni molto compatte del manico ripiegabile.


Il gesto di Alan Shepard fu un momento di umanità in una serie di missioni a volte caratterizzate da un eccesso di tecnologica freddezza, ma ebbe anche un valore simbolico. Il golf divenne il primo sport giocato su un altro corpo celeste e gli Stati Uniti dimostrarono anche in questo modo la loro maestria nel campo spaziale rispetto ai sovietici, che non riuscivano neppure a far arrivare sulla Luna un cosmonauta mentre gli americani si permettevano persino di giocare. Non va dimenticato che le missioni Apollo erano un esercizio di propaganda politica nel quale la scienza era secondaria.

Fra l’altro, inizialmente la NASA si era opposta all’idea di Shepard. L’astronauta spiegò che il bastone e le due palline non sarebbero costate nulla al contribuente americano e che li avrebbe usati soltanto se la missione avesse avuto successo e soltanto al termine di tutte le attività pianificate. In un’intervista nel 1998, Shepard raccontò di aver detto molto chiaramente a Bob Gilruth, direttore del Manned Spaceflight Center che era contrario alla proposta, queste parole: “Non sarò così frivolo. Voglio aspettare la fine della missione, mettermi davanti alla telecamera, dare una botta a queste palline con questo bastone improvvisato, ripiegarlo, mettermelo in tasca, risalire la scaletta, chiudere la porta e andare.”

In ogni caso, quei due tiri di Alan Shepard costituirono un esperimento di fisica non banale. L’idea di giocare a golf sulla Luna era stata lanciata per scherzo dal popolarissimo comico statunitense Bob Hope durante una sua visita alla NASA e Shepard notò che sarebbe stato un ottimo modo per mostrare agli spettatori della missione la differenza della gravità lunare. Nessuno aveva mai tirato una pallina da golf nel vuoto, dove non c’è l’effetto Magnus prodotto dall’interazione delle fossette della pallina con l’aria. Inoltre il fatto stesso di riuscire a centrare le palline con la testa del bastone, nonostante la limitatissima visibilità verso il basso offerta dalla tuta e la rigidità delle articolazioni delle braccia della tuta, fu una testimonianza dell’abilità e della determinazione di Alan Shepard.

Quelle palline sono ancora là, piccole testimoni di un’avventura incredibile di mezzo secolo fa, in attesa che qualcuno ritorni a visitare quei luoghi alieni e silenti. 

 

Fonti aggiuntive: BBC Sport, Ars Technica

 

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