Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2016/06/06
La Luna sarà a Lugano il 9 giugno
Ultimo aggiornamento: 2016/06/06 20:50.
Il tour di conferenze-spettacolo Ti porto la Luna arriverà a Lugano giovedì 9 giugno, portando una roccia lunare antichissima (quasi 4 miliardi di anni) prelevata nel 1971 dagli astronauti della missione Apollo 14, allo Studio 2 della Radiotelevisione Svizzera di via Besso. La roccia sarà visibile e fotografabile da vicino.
La conferenza inizierà alle 20 e sarà condotta da Luigi Pizzimenti e dal sottoscritto e moderata da Nicola Colotti, giornalista della Radiotelevisione Svizzera. Ci sarà anche un intervento di Angelo Consoli, membro della Commissione Federale svizzera per le questioni spaziali; al termine ci sarà inoltre una “pasticceria lunare” (non chiedetemi i dettagli: è una sorpresa anche per me).
Per l’occasione, la Rete Uno (radio) della Radiotelevisione Svizzera dedicherà l’intera giornata alla Luna. In particolare, la puntata di Millevoci in onda alle 11.05 sarà incentrata sull’avventura dell’esplorazione lunare: io sarò fra gli ospiti in studio per parlare delle tesi di complotto. La trasmissione sarà ascoltabile anche in streaming in diretta. C'è anche un concorso fotografico a tema lunare.
Per prenotare un posto per la conferenza allo Studio 2 della RSI di Lugano-Besso bisogna chiamare il numero svizzero 091 803 91 23 oppure 091 803 90 96. L’ingresso è libero; è indispensabile arrivare alla sede RSI per le 19.30.
Maggiori informazioni sono qui sul sito della RSI.
Il tour di conferenze-spettacolo Ti porto la Luna arriverà a Lugano giovedì 9 giugno, portando una roccia lunare antichissima (quasi 4 miliardi di anni) prelevata nel 1971 dagli astronauti della missione Apollo 14, allo Studio 2 della Radiotelevisione Svizzera di via Besso. La roccia sarà visibile e fotografabile da vicino.
La conferenza inizierà alle 20 e sarà condotta da Luigi Pizzimenti e dal sottoscritto e moderata da Nicola Colotti, giornalista della Radiotelevisione Svizzera. Ci sarà anche un intervento di Angelo Consoli, membro della Commissione Federale svizzera per le questioni spaziali; al termine ci sarà inoltre una “pasticceria lunare” (non chiedetemi i dettagli: è una sorpresa anche per me).
Per l’occasione, la Rete Uno (radio) della Radiotelevisione Svizzera dedicherà l’intera giornata alla Luna. In particolare, la puntata di Millevoci in onda alle 11.05 sarà incentrata sull’avventura dell’esplorazione lunare: io sarò fra gli ospiti in studio per parlare delle tesi di complotto. La trasmissione sarà ascoltabile anche in streaming in diretta. C'è anche un concorso fotografico a tema lunare.
Per prenotare un posto per la conferenza allo Studio 2 della RSI di Lugano-Besso bisogna chiamare il numero svizzero 091 803 91 23 oppure 091 803 90 96. L’ingresso è libero; è indispensabile arrivare alla sede RSI per le 19.30.
Maggiori informazioni sono qui sul sito della RSI.
2016/06/04
Oggi Sam Cristoforetti riconsegna al WeFly! Team la bandiera spaziale a Caposile (VE)
Ultimo aggiornamento: 2016/06/05 18:10.
L’astronauta Samantha Cristoforetti sarà a Caposile (VE) oggi, 4 giugno 2016, alla manifestazione Flydonna, dedicata alle donne pilota, per un appuntamento molto speciale: la riconsegna della bandiera, portata da Sam sulla Stazione Spaziale Internazionale, al WeFly! Team, l’unica pattuglia aerea al mondo in cui due dei tre piloti sono disabili. La cerimonia ufficiale inizierà alle ore 16.
La bandiera della pattuglia era stata portata in orbita grazie all’iniziativa “WeFly! con Futura... osa volare”, organizzata con ESA, ASI e Aeronautica Militare, “per condividere con tutto il pianeta l’esempio di forza, tenacia e determinazione di persone così speciali e lanciare all’umanità un messaggio d’inclusione, contro discriminazioni e pregiudizi”, come segnala la nota stampa dell’evento di oggi.
I piloti del WeFly! Team sono Alessandro Paleri (leader), tetraplegico dal 1987, Marco Cherubini (gregario sinistro), paraplegico dal 1995, ed Erich Kustascher (gregario destro), istruttore di volo. La bandiera è stata ideata dal designer Mirco Pecorari, titolare dell’Aircraft Studio design.
CORREZIONE (aggiornata il 2016/06/05): Avevo scritto inizialmente che non ci potevo andare (oggi pomeriggio sarò a Piacenza per parlare di complotti lunari) e invitandovi ad andarci anche per me, ma mi hanno avvisato che la manifestazione è chiusa al pubblico e possono iscriversi solo donne pilota con gli eventuali accompagnatori.
L’astronauta Samantha Cristoforetti sarà a Caposile (VE) oggi, 4 giugno 2016, alla manifestazione Flydonna, dedicata alle donne pilota, per un appuntamento molto speciale: la riconsegna della bandiera, portata da Sam sulla Stazione Spaziale Internazionale, al WeFly! Team, l’unica pattuglia aerea al mondo in cui due dei tre piloti sono disabili. La cerimonia ufficiale inizierà alle ore 16.
La bandiera della pattuglia era stata portata in orbita grazie all’iniziativa “WeFly! con Futura... osa volare”, organizzata con ESA, ASI e Aeronautica Militare, “per condividere con tutto il pianeta l’esempio di forza, tenacia e determinazione di persone così speciali e lanciare all’umanità un messaggio d’inclusione, contro discriminazioni e pregiudizi”, come segnala la nota stampa dell’evento di oggi.
I piloti del WeFly! Team sono Alessandro Paleri (leader), tetraplegico dal 1987, Marco Cherubini (gregario sinistro), paraplegico dal 1995, ed Erich Kustascher (gregario destro), istruttore di volo. La bandiera è stata ideata dal designer Mirco Pecorari, titolare dell’Aircraft Studio design.
CORREZIONE (aggiornata il 2016/06/05): Avevo scritto inizialmente che non ci potevo andare (oggi pomeriggio sarò a Piacenza per parlare di complotti lunari) e invitandovi ad andarci anche per me, ma mi hanno avvisato che la manifestazione è chiusa al pubblico e possono iscriversi solo donne pilota con gli eventuali accompagnatori.
2016/06/03
Podcast del Disinformatico del 2016/06/03
È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!
Katy Perry, account Twitter violato: lezione per tutti
Pochi giorni fa l’account Twitter di Katy Perry, che ha quasi 90 milioni di seguaci ed il più seguito al mondo è stato violato, pubblicando messaggi offensivi e un link a quella che parrebbe essere una canzone inedita della cantante. I gestori di Twitter sono intervenuti rapidamente e hanno ripreso il controllo dell’account. È stata una brutta figura (ma anche pubblicità gratuita) per Katy Perry, ma poteva andare molto peggio.
L’intruso, infatti, avrebbe potuto pubblicare link a siti-trappola per rubare password oppure per infettare i dispositivi degli utenti. Questi link sarebbero arrivati a 90 milioni di utenti, offrendo quindi un canale diretto a un bersaglio vastissimo per mettere a segno attacchi, spamming e truffe di ogni genere. Chi ha un account molto popolare, su qualsiasi social network e non solo su Twitter, deve quindi mettere in preventivo che verrà attaccato e ha una responsabilità molto importante nel proteggere i propri utenti.
Per gestire bene questa responsabilità è indispensabile usare almeno la sicurezza di base fornita dal social network. Nel caso di Twitter, attivate l'opzione Verifica le richieste d'accesso.
L’intruso, infatti, avrebbe potuto pubblicare link a siti-trappola per rubare password oppure per infettare i dispositivi degli utenti. Questi link sarebbero arrivati a 90 milioni di utenti, offrendo quindi un canale diretto a un bersaglio vastissimo per mettere a segno attacchi, spamming e truffe di ogni genere. Chi ha un account molto popolare, su qualsiasi social network e non solo su Twitter, deve quindi mettere in preventivo che verrà attaccato e ha una responsabilità molto importante nel proteggere i propri utenti.
Per gestire bene questa responsabilità è indispensabile usare almeno la sicurezza di base fornita dal social network. Nel caso di Twitter, attivate l'opzione Verifica le richieste d'accesso.
Attacco di massa contro gli utenti di Teamviewer e l’azienda stessa
Se usate TeamViewer, la popolarissima applicazione per il controllo remoto e la manutenzione dei computer, fate attenzione: l’azienda è stata attaccata e anche molti utenti hanno subìto incursioni che hanno sottratto password e soldi.
Secondo The Register, utenti Windows e Mac si sono visti togliere il controllo remoto dei computer usando Teamviewer. Alcuni attacchi hanno avuto successo nonostante l’uso di password ben costruite e dell’autenticazione a due fattori.
Le prime indagini indicano che gli aggressori hanno preso di mira gli account Web degli utenti di TeamViewer e li hanno usati per collegarsi ai computer di questi utenti, prendendo il controllo dei browser per vuotare conti PayPal, accedere alla mail e fare acquisti su Amazon e eBay. Molte segnalazioni sono su Reddit. Ci sono casi di furto di alcune migliaia di dollari trasformati in buoni acquisto e quindi difficili da tracciare e recuperare; altri utenti denunciano di aver perso il controllo dei server che gestivano remotamente. Considerato che TeamViewer è usatissimo anche per comandare impianti a distanza, il pericolo non è banale.
Come se non bastasse, ieri il sito di TeamViewer è diventato inaccessibile per circa tre ore, per cui gli utenti non erano in grado di connettersi da remoto ai propri computer. L’azienda dice che la sua sicurezza non è stata violata e che invece la colpa è degli utenti che hanno “usato con trascuratezza” le password, per esempio usando su TeamViewer delle password che usavano anche altrove, per esempio su siti violati come LinkedIn e Tumblr. TeamViewer ha dichiarato di essere stata attaccata da un denial of service sui propri server DNS, ma insiste che la sua sicurezza non è stata violata.
Se usate Teamviewer, verificate di usare password non ovvie e non usate altrove. Se possibile, attivate l’autenticazione a due fattori e le altre restrizioni di sicurezza sulle connessioni.
Secondo The Register, utenti Windows e Mac si sono visti togliere il controllo remoto dei computer usando Teamviewer. Alcuni attacchi hanno avuto successo nonostante l’uso di password ben costruite e dell’autenticazione a due fattori.
Le prime indagini indicano che gli aggressori hanno preso di mira gli account Web degli utenti di TeamViewer e li hanno usati per collegarsi ai computer di questi utenti, prendendo il controllo dei browser per vuotare conti PayPal, accedere alla mail e fare acquisti su Amazon e eBay. Molte segnalazioni sono su Reddit. Ci sono casi di furto di alcune migliaia di dollari trasformati in buoni acquisto e quindi difficili da tracciare e recuperare; altri utenti denunciano di aver perso il controllo dei server che gestivano remotamente. Considerato che TeamViewer è usatissimo anche per comandare impianti a distanza, il pericolo non è banale.
Come se non bastasse, ieri il sito di TeamViewer è diventato inaccessibile per circa tre ore, per cui gli utenti non erano in grado di connettersi da remoto ai propri computer. L’azienda dice che la sua sicurezza non è stata violata e che invece la colpa è degli utenti che hanno “usato con trascuratezza” le password, per esempio usando su TeamViewer delle password che usavano anche altrove, per esempio su siti violati come LinkedIn e Tumblr. TeamViewer ha dichiarato di essere stata attaccata da un denial of service sui propri server DNS, ma insiste che la sua sicurezza non è stata violata.
Se usate Teamviewer, verificate di usare password non ovvie e non usate altrove. Se possibile, attivate l’autenticazione a due fattori e le altre restrizioni di sicurezza sulle connessioni.
Facebook adesso traccia anche chi non è utente Facebook
L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2016/06/29 10:20.
Se visitate un sito che contiene il pulsante “Mi piace” di Facebook, il social network vi traccia anche se non siete iscritti a Facebook e vi bombarda di pubblicità mirata. L'annuncio ufficiale è uno scossone per il mondo della pubblicità online, finora dominato da colossi come Google. Ora Facebook userà l’immensa mole di dati personali regalatile dagli utenti per profilarli meglio e offrire spot pubblicitari basati sui loro gusti. Lo farà su (quasi) tutti i siti Web e quindi raccoglierà ancora più dati personali, tracciando le navigazioni di tutti.
Se inoltre siete utenti di Facebook, pensate a quante informazioni magari intime avete immesso, pensando che fossero private, e pensate all'idea di trovarvi sullo schermo pubblicità basate su quelle informazioni. Siete tranquilli? Probabilmente no.
Facebook non è l’unica azienda a fare questo genere di profilazione, ma è insieme a Google quella che ha più informazioni personali sugli utenti, e questo può causare problemi d’invadenza.
Se avete un account Facebook e preferite che il social network non vi proponga pubblicità personalizzate, andate a https://www.facebook.com/settings?tab=ads e impostate tutto a No. A questo link, invece, potete vedere quali preferenze pubblicitarie sono state scelte per voi in base alle vostre abitudini e potete eliminare quelle che non gradite.
Se non avete un account Facebook, siete comunque coinvolti in questa novità: l’annuncio dice chiaramente che Facebook sta “espandendo Audience Network in modo che gli inserzionisti e gli sviluppatori possano mostrare pubblicità migliori a tutti – compresi coloro che non usano o non sono connessi a Facebook” (“expanding Audience Network so publishers and developers can show better ads to everyone – including those who don’t use or aren’t connected to Facebook”).
Per contenere l’invasività di questo tipo di tracciamento potete prendere varie misure:
– Su un dispositivo iOS, andate in Impostazioni - Privacy - Pubblicità e attivate Limita raccolta dati.
– Su un dispositivo Android, andate in Impostazioni - Google - Annunci e attivate Disattiva annunci basati sugli interessi.
– Su un personal computer, potete installare un adblocker come per esempio Ublock (gratuito, per tutti i principali browser).
– Potete anche andare alla pagina apposita della Digital Advertising Alliance (dopo aver abilitato temporaneamente i cookie) e disattivare tutte le personalizzazioni pubblicitarie.
– In alternativa, prendete l’abitudine di usare la navigazione privata, ma tenete presente che ha il difetto di non darvi accesso automatico ai vostri account proprio perché non ricorda nulla delle vostre navigazioni.
Sì, lo so: anche il Disinformatico ospita il “Mi piace”. Ma dopo questa svolta di Facebook lo toglierò.
Aggiornamento 2016/06/29 10:20. Ho tolto il pulsante “Mi piace” da questo blog.
Fonti: Graham Cluley, ZDNet.
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Potevo mettere qui un’immagine del logo di Facebook, ma preferisco metterci un bel gatto. |
Se inoltre siete utenti di Facebook, pensate a quante informazioni magari intime avete immesso, pensando che fossero private, e pensate all'idea di trovarvi sullo schermo pubblicità basate su quelle informazioni. Siete tranquilli? Probabilmente no.
Facebook non è l’unica azienda a fare questo genere di profilazione, ma è insieme a Google quella che ha più informazioni personali sugli utenti, e questo può causare problemi d’invadenza.
Se avete un account Facebook e preferite che il social network non vi proponga pubblicità personalizzate, andate a https://www.facebook.com/settings?tab=ads e impostate tutto a No. A questo link, invece, potete vedere quali preferenze pubblicitarie sono state scelte per voi in base alle vostre abitudini e potete eliminare quelle che non gradite.
Se non avete un account Facebook, siete comunque coinvolti in questa novità: l’annuncio dice chiaramente che Facebook sta “espandendo Audience Network in modo che gli inserzionisti e gli sviluppatori possano mostrare pubblicità migliori a tutti – compresi coloro che non usano o non sono connessi a Facebook” (“expanding Audience Network so publishers and developers can show better ads to everyone – including those who don’t use or aren’t connected to Facebook”).
Per contenere l’invasività di questo tipo di tracciamento potete prendere varie misure:
– Su un dispositivo iOS, andate in Impostazioni - Privacy - Pubblicità e attivate Limita raccolta dati.
– Su un dispositivo Android, andate in Impostazioni - Google - Annunci e attivate Disattiva annunci basati sugli interessi.
– Su un personal computer, potete installare un adblocker come per esempio Ublock (gratuito, per tutti i principali browser).
– Potete anche andare alla pagina apposita della Digital Advertising Alliance (dopo aver abilitato temporaneamente i cookie) e disattivare tutte le personalizzazioni pubblicitarie.
– In alternativa, prendete l’abitudine di usare la navigazione privata, ma tenete presente che ha il difetto di non darvi accesso automatico ai vostri account proprio perché non ricorda nulla delle vostre navigazioni.
Sì, lo so: anche il Disinformatico ospita il “Mi piace”. Ma dopo questa svolta di Facebook lo toglierò.
Aggiornamento 2016/06/29 10:20. Ho tolto il pulsante “Mi piace” da questo blog.
Fonti: Graham Cluley, ZDNet.
Aiuto, Windows 10 si installa a forza sul computer!
Vedo molte segnalazioni di utenti Windows 7 e 8.1 che dicono di essersi trovati obbligati da Microsoft a installare Windows 10: in sostanza, segnalano che cliccare sulla X nella finestra di invito ad aggiornarsi (per ora, e fino a luglio, gratuitamente) a Windows 10 non rifiuta l’aggiornamento, come sarebbe normale, ma lo consente. Altri utenti segnalano che la X che consente di chiudere la finestra stessa è scomparsa e ora hanno soltanto la possibilità di scegliere quando installare Windows 10, ma non di rifiutarsi di farlo.
Ci sono ottime ragioni per non volere Windows 10: applicazioni o componenti incompatibili, per esempio (addirittura Samsung lo ha sconsigliato, ma poi ha cambiato idea). Anche chi vuole migrare a Windows 10 magari vuole avere la libertà di scegliere quando farlo e non trovarsi con il computer bloccato da un aggiornamento nel momento meno opportuno. Che fare?
Alcuni esperti consigliano di installare Never 10 di Steve Gibson, che disabilita reversibilmente l’aggiornamento automatico a Windows 10. Un’altra soluzione è non accettare la licenza (EULA) di Windows 10. In alternativa si può fare entro 31 giorni un rollback andando nelle impostazioni, scegliendo la sezione degli aggiornamenti e chiedendo di ripristinare e di disinstallare Windows 10.
Esistono anche altri metodi, ma richiedono interventi piuttosto delicati che non sono alla portata di tutti gli utenti. Una cosa da non fare, invece, è disabilitare gli aggiornamenti di Windows 7 e 8.1: è vero che questo blocca l’aggiornamento a Windows 10, ma blocca anche gli aggiornamenti di sicurezza e lascia il computer vulnerabile agli attacchi.
Ci sono ottime ragioni per non volere Windows 10: applicazioni o componenti incompatibili, per esempio (addirittura Samsung lo ha sconsigliato, ma poi ha cambiato idea). Anche chi vuole migrare a Windows 10 magari vuole avere la libertà di scegliere quando farlo e non trovarsi con il computer bloccato da un aggiornamento nel momento meno opportuno. Che fare?
Alcuni esperti consigliano di installare Never 10 di Steve Gibson, che disabilita reversibilmente l’aggiornamento automatico a Windows 10. Un’altra soluzione è non accettare la licenza (EULA) di Windows 10. In alternativa si può fare entro 31 giorni un rollback andando nelle impostazioni, scegliendo la sezione degli aggiornamenti e chiedendo di ripristinare e di disinstallare Windows 10.
Esistono anche altri metodi, ma richiedono interventi piuttosto delicati che non sono alla portata di tutti gli utenti. Una cosa da non fare, invece, è disabilitare gli aggiornamenti di Windows 7 e 8.1: è vero che questo blocca l’aggiornamento a Windows 10, ma blocca anche gli aggiornamenti di sicurezza e lascia il computer vulnerabile agli attacchi.
Perché i computer vanno spenti e riaccesi e gli smartphone no?
Rispondo a una domanda di Veronica, un’ascoltatrice del Disinformatico radiofonico: smartphone, spegnerlo sì o no? Ogni quanto?
Tralasciando gli spegnimenti imposti dal galateo e dalla sicurezza (per esempio dal dentista, ai funerali, o nei luoghi con apparati sensibili ai disturbi), gli smartphone sono in effetti dei computer a forma di telefono, ma mentre nel caso dei computer tradizionali solitamente si raccomanda di spegnere la sera e riaccendere la mattina, questo consiglio non c’è per gli smartphone.
La ragione principale di questa raccomandazione è che i computer consumano una quantità significativa di corrente anche mentre sono in standby, per cui lasciarli accesi per tutte le ore della notte incide sulla bolletta; uno smartphone, invece, consuma molto meno e quindi tenerlo acceso non pesa granché sui costi elettrici. Fra l’altro, si può risparmiare qualcosina prendendo l’abitudine di scollegare il caricabatterie dalla presa di corrente, perché questi dispositivi consumano corrente anche quando non stanno caricando uno smartphone.
Spegnere il telefonino (o metterlo in modalità aereo, se lo usate come sveglia) consente però di allungare la vita della batteria, che ha un numero limitato di cicli di carica e scarica completa (circa 500 nel migliore dei casi), per cui se si riducono o azzerano i suoi consumi di notte si rinvia la spesa del cambio di batteria.
Sul versante software, è prassi comune riavviare i computer per ripulire la memoria non liberata dalle applicazioni, ma i sistemi operativi di oggi (sia OS X o Windows per computer, sia iOS o Android per smartphone) sono piuttosto efficienti nel gestire la memoria e quindi il riavvio serve a poco: è molto meglio andare a fare pulizia delle cache delle singole applicazioni e liberare memoria, cosa che si può fare senza riavviare.
Un'altra ragione per spegnere il telefonino è ricalibrare il contatore della batteria. Ogni tanto, più o meno una volta l’anno, conviene lasciare che la batteria si scarichi completamente, fino a spegnere lo smartphone, e poi ricaricarla completamente. In questo modo il contatore sa quanta carica ha realmente la batteria e sa stimarne meglio la durata.
Fonti aggiuntive: Time.
Tralasciando gli spegnimenti imposti dal galateo e dalla sicurezza (per esempio dal dentista, ai funerali, o nei luoghi con apparati sensibili ai disturbi), gli smartphone sono in effetti dei computer a forma di telefono, ma mentre nel caso dei computer tradizionali solitamente si raccomanda di spegnere la sera e riaccendere la mattina, questo consiglio non c’è per gli smartphone.
La ragione principale di questa raccomandazione è che i computer consumano una quantità significativa di corrente anche mentre sono in standby, per cui lasciarli accesi per tutte le ore della notte incide sulla bolletta; uno smartphone, invece, consuma molto meno e quindi tenerlo acceso non pesa granché sui costi elettrici. Fra l’altro, si può risparmiare qualcosina prendendo l’abitudine di scollegare il caricabatterie dalla presa di corrente, perché questi dispositivi consumano corrente anche quando non stanno caricando uno smartphone.
Spegnere il telefonino (o metterlo in modalità aereo, se lo usate come sveglia) consente però di allungare la vita della batteria, che ha un numero limitato di cicli di carica e scarica completa (circa 500 nel migliore dei casi), per cui se si riducono o azzerano i suoi consumi di notte si rinvia la spesa del cambio di batteria.
Sul versante software, è prassi comune riavviare i computer per ripulire la memoria non liberata dalle applicazioni, ma i sistemi operativi di oggi (sia OS X o Windows per computer, sia iOS o Android per smartphone) sono piuttosto efficienti nel gestire la memoria e quindi il riavvio serve a poco: è molto meglio andare a fare pulizia delle cache delle singole applicazioni e liberare memoria, cosa che si può fare senza riavviare.
Un'altra ragione per spegnere il telefonino è ricalibrare il contatore della batteria. Ogni tanto, più o meno una volta l’anno, conviene lasciare che la batteria si scarichi completamente, fino a spegnere lo smartphone, e poi ricaricarla completamente. In questo modo il contatore sa quanta carica ha realmente la batteria e sa stimarne meglio la durata.
Fonti aggiuntive: Time.
2016/06/02
Tesla: batterie innovative ma niente cariche gratis per le Model 3; causa contro le Model X
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento).
L’auto elettrica Model 3 di Tesla Motors (quella che ho prenotato io a scatola chiusa insieme ad altre 373.000 persone, per intenderci) non avrà inclusa nel prezzo base la carica gratuita rapida presso i “distributori” Tesla, i Supercharger, come l’hanno invece le Model S e X: la decisione fa parte delle misure per ridurre il costo base dell’auto. Già si presumeva, ma ora Elon Musk lo ha chiarito segnalando un articolo del Los Angeles Times.
Nell’incontro con gli azionisti Musk ha detto che l’accesso gratuito a vita alla rete di ricarica Tesla sarà un optional, da pagare a parte (quindi non sarà gratuito, ma prepagato). Questo consentirà di ridurre il prezzo di vendita dell’auto per chi non userà i Supercharger o li userà soltanto saltuariamente. Viaggiare a corrente elettrica con la Model 3 sarà “comunque molto economico, e molto più economico della benzina” (Bloomberg).
Il concetto di fondo, secondo Elon Musk, è che non bisogna “pensare a benzina”: abituati all’idea di andare al distributore a fare rifornimento, molti automobilisti elettrici vanno a ricaricare presso i Supercharger “perché è gratis” invece di ricaricare a casa, senza considerare che portare l’auto al Supercharger più vicino e spendere almeno un’oretta fra ricarica e viaggio per risparmiare qualche dollaro di corrente elettrica (Musk dice “cinque dollari”, ai prezzi americani) ha un costo in termini di tempo e quindi non ha senso economicamente per gli utenti, oltre che per Tesla.
Io, per esempio, ho un Supercharger a 20 minuti e 24 km dal Maniero Digitale (è sul Monte Ceneri), ma caricherò quasi sempre comodamente a casa, di notte, o al punto di arrivo (albergo, agriturismo, eccetera), per cui mi va benissimo avere uno sconto sul prezzo dell’auto e pagare il Supercharger soltanto quando lo uso. Il Supercharger locale avrà senso nei rari casi nei quali arriverò a casa con poca autonomia e dovrò ripartire poco dopo, senza avere tempo per una ricarica lenta domestica.
Intanto i più entusiasti tifosi di Tesla stanno ipotizzando che la Model 3 avrà la guida totalmente autonoma (non semplicemente assistita come quella attuale) al debutto, ma si tratta di congetture basate sulle sue dichiarazioni (o non dichiarazioni) presso la Code Conference di ieri. Personalmente sono dubbioso, anche per gli ostacoli legali da superare, ma vedremo cosa verrà annunciato concretamente nella prossima anteprima dell’auto, che avverrà verso la fine del 2016. L’inizio della produzione è previsto attualmente per fine 2017; nel frattempo Tesla ha accumulato (negli ultimi 18 mesi) 1,2 miliardi di chilometri di dati di guida assistita, raccolti dalla sua flotta di Model S e X vendute, e accumula un altro milione di chilometri ogni sette ore circa. Impressionante, ma soprattutto un database di esperienze reali che nessun concorrente ha a disposizione (Ars Technica; The Verge e Electrek con video).
All'incontro con gli azionisti Musk ha anche detto che Tesla e Panasonic fabbricheranno per la Model 3 un nuovo formato di cella per le batterie, il 20700, più lungo e largo del 18650 attualmente usato nelle Model S e X. Misurerà 70 x 20 mm contro gli attuali 65 x 18 mm del formato 18650. Questo aumenta il volume di circa il 33% e aumenta quindi la capacità di carica, riducendo il costo di circa il 25%. Attualmente la batteria delle S e X ha una densità di energia di 233 Wh/kg e costituisce un terzo del peso dell’intera auto, ma se la densità di energia sale fino a circa 333 Wh/kg (come previsto dai prossimi sviluppi) il peso complessivo di un’auto elettrica scende agli stessi livelli di quelli di un’auto a carburante fossile. E si parla già di arrivare a 520 Wh/kg, per cui un’auto elettrica potrebbe presto essere più leggera di un’auto tradizionale e addirittura più a buon mercato (Cleantechnica; Electrek).
È approdata anche sui media italofoni (Repubblica, per esempio) la notizia della causa intentata contro Tesla Motors da Barrett Lyon, un proprietario californiano di una Model X da 162.000 dollari, per gravi difetti di fabbricazione. Secondo il proprietario (che è già utente soddisfatto di una Tesla Roadster e di una Model S), la portiera sul lato guidatore si chiude automaticamente addosso alla gamba del conducente se nel salire a bordo tocca per sbaglio il pedale del freno; il “pilota automatico” dell’auto la fa sbandare sotto la pioggia; le portiere anteriori (che sono automatiche) si aprono e chiudono colpendo altri oggetti invece di fermarsi; lo schermo tattile si blocca e il parcheggio automatico non funziona nella stragrande maggioranza dei casi. Il signor Lyon vuole restituire l’auto e riavere indietro i propri soldi.
La dettagliatissima telemetria delle Tesla dovrebbe chiarire le situazioni e le cause di questi malfunzionamenti, ma non è la prima volta che la Model X evidenzia dei problemi per l’eccessivo automatismo oltre che nel (mal)funzionamento delle ambiziosissime portiere posteriori ad ala di gabbiano (Courthouse News Service; Teslarati).
Per sorridere un po’, guardate questo video, nel quale un utente Tesla si traveste da sedile e crea l’illusione che l’auto stia andando in giro da sola. Ovviamente è uno scherzo pericoloso, perché il conducente non ha le mani sul volante e non è pronto a intervenire prontamente se la guida assistita non ce la fa, ma le reazioni delle persone sono eloquentissime. Il bello è che molti pensano che siamo già arrivati alle auto che circolano senza nessuno a bordo, quando in realtà siamo ancora molto lontani da questo traguardo. Buon divertimento.
L’auto elettrica Model 3 di Tesla Motors (quella che ho prenotato io a scatola chiusa insieme ad altre 373.000 persone, per intenderci) non avrà inclusa nel prezzo base la carica gratuita rapida presso i “distributori” Tesla, i Supercharger, come l’hanno invece le Model S e X: la decisione fa parte delle misure per ridurre il costo base dell’auto. Già si presumeva, ma ora Elon Musk lo ha chiarito segnalando un articolo del Los Angeles Times.
Nell’incontro con gli azionisti Musk ha detto che l’accesso gratuito a vita alla rete di ricarica Tesla sarà un optional, da pagare a parte (quindi non sarà gratuito, ma prepagato). Questo consentirà di ridurre il prezzo di vendita dell’auto per chi non userà i Supercharger o li userà soltanto saltuariamente. Viaggiare a corrente elettrica con la Model 3 sarà “comunque molto economico, e molto più economico della benzina” (Bloomberg).
Il concetto di fondo, secondo Elon Musk, è che non bisogna “pensare a benzina”: abituati all’idea di andare al distributore a fare rifornimento, molti automobilisti elettrici vanno a ricaricare presso i Supercharger “perché è gratis” invece di ricaricare a casa, senza considerare che portare l’auto al Supercharger più vicino e spendere almeno un’oretta fra ricarica e viaggio per risparmiare qualche dollaro di corrente elettrica (Musk dice “cinque dollari”, ai prezzi americani) ha un costo in termini di tempo e quindi non ha senso economicamente per gli utenti, oltre che per Tesla.
Io, per esempio, ho un Supercharger a 20 minuti e 24 km dal Maniero Digitale (è sul Monte Ceneri), ma caricherò quasi sempre comodamente a casa, di notte, o al punto di arrivo (albergo, agriturismo, eccetera), per cui mi va benissimo avere uno sconto sul prezzo dell’auto e pagare il Supercharger soltanto quando lo uso. Il Supercharger locale avrà senso nei rari casi nei quali arriverò a casa con poca autonomia e dovrò ripartire poco dopo, senza avere tempo per una ricarica lenta domestica.
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Intanto i più entusiasti tifosi di Tesla stanno ipotizzando che la Model 3 avrà la guida totalmente autonoma (non semplicemente assistita come quella attuale) al debutto, ma si tratta di congetture basate sulle sue dichiarazioni (o non dichiarazioni) presso la Code Conference di ieri. Personalmente sono dubbioso, anche per gli ostacoli legali da superare, ma vedremo cosa verrà annunciato concretamente nella prossima anteprima dell’auto, che avverrà verso la fine del 2016. L’inizio della produzione è previsto attualmente per fine 2017; nel frattempo Tesla ha accumulato (negli ultimi 18 mesi) 1,2 miliardi di chilometri di dati di guida assistita, raccolti dalla sua flotta di Model S e X vendute, e accumula un altro milione di chilometri ogni sette ore circa. Impressionante, ma soprattutto un database di esperienze reali che nessun concorrente ha a disposizione (Ars Technica; The Verge e Electrek con video).
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All'incontro con gli azionisti Musk ha anche detto che Tesla e Panasonic fabbricheranno per la Model 3 un nuovo formato di cella per le batterie, il 20700, più lungo e largo del 18650 attualmente usato nelle Model S e X. Misurerà 70 x 20 mm contro gli attuali 65 x 18 mm del formato 18650. Questo aumenta il volume di circa il 33% e aumenta quindi la capacità di carica, riducendo il costo di circa il 25%. Attualmente la batteria delle S e X ha una densità di energia di 233 Wh/kg e costituisce un terzo del peso dell’intera auto, ma se la densità di energia sale fino a circa 333 Wh/kg (come previsto dai prossimi sviluppi) il peso complessivo di un’auto elettrica scende agli stessi livelli di quelli di un’auto a carburante fossile. E si parla già di arrivare a 520 Wh/kg, per cui un’auto elettrica potrebbe presto essere più leggera di un’auto tradizionale e addirittura più a buon mercato (Cleantechnica; Electrek).
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È approdata anche sui media italofoni (Repubblica, per esempio) la notizia della causa intentata contro Tesla Motors da Barrett Lyon, un proprietario californiano di una Model X da 162.000 dollari, per gravi difetti di fabbricazione. Secondo il proprietario (che è già utente soddisfatto di una Tesla Roadster e di una Model S), la portiera sul lato guidatore si chiude automaticamente addosso alla gamba del conducente se nel salire a bordo tocca per sbaglio il pedale del freno; il “pilota automatico” dell’auto la fa sbandare sotto la pioggia; le portiere anteriori (che sono automatiche) si aprono e chiudono colpendo altri oggetti invece di fermarsi; lo schermo tattile si blocca e il parcheggio automatico non funziona nella stragrande maggioranza dei casi. Il signor Lyon vuole restituire l’auto e riavere indietro i propri soldi.
La dettagliatissima telemetria delle Tesla dovrebbe chiarire le situazioni e le cause di questi malfunzionamenti, ma non è la prima volta che la Model X evidenzia dei problemi per l’eccessivo automatismo oltre che nel (mal)funzionamento delle ambiziosissime portiere posteriori ad ala di gabbiano (Courthouse News Service; Teslarati).
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Per sorridere un po’, guardate questo video, nel quale un utente Tesla si traveste da sedile e crea l’illusione che l’auto stia andando in giro da sola. Ovviamente è uno scherzo pericoloso, perché il conducente non ha le mani sul volante e non è pronto a intervenire prontamente se la guida assistita non ce la fa, ma le reazioni delle persone sono eloquentissime. Il bello è che molti pensano che siamo già arrivati alle auto che circolano senza nessuno a bordo, quando in realtà siamo ancora molto lontani da questo traguardo. Buon divertimento.
Vaccini e autismo: nessuna correlazione anche secondo la Procura di Trani
Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento). Ultimo aggiornamento: 2016/06/02 16:50.
La magistratura è stata spesso criticata per le sue ingerenze in una questione schiettamente scientifica come il presunto (e smentitissimo) legame fra vaccini e autismo, rivelatosi poi una truffa. Molti genitori, comprensibilmente preoccupati, hanno considerato alcune sentenze come prove inoppugnabili di questo legame, dimenticando che i criteri giuridici di assegnazione di una pena o di un risarcimento sono molto diversi da quelli dei risultati scientifici. In particolare è stato dato peso alla sentenza del Tribunale di Rimini del 2012, poi ribaltata in appello.
Ora arriva la notizia che la Procura di Trani ha concluso che “non sussiste alcuna relazione tra vaccinazione e insorgenza della malattia” nell'ambito di un’indagine partita in seguito alla denuncia di una coppia di genitori, secondo i quali l'autismo che ha colpito i loro due figli sarebbe stato causato dalla vaccinazione trivalente contro morbillo, parotite e rosolia.
Non voglio assolutamente mettere in secondo piano la sofferenza della famiglia o mettere in dubbio la sua buona fede: capisco benissimo che di fronte a una situazione drammatica, circondati da un bombardamento mediatico disinformante, dei genitori possano volere una spiegazione e cercare un colpevole.
Ma questa ricerca di una giustificazione e di un colpevole sta causando danni seri. Il rifiuto delle vaccinazioni, istigato da dicerie che non hanno alcuna prova oggettiva, sta facendo riemergere malattie quasi dimenticate e sta causando sofferenze e morti. Sì, morti: se non ci si vaccina, di morbillo si può morire: ci sono stati 114.900 morti nel mondo nel 2014, secondo i dati dell'OMS. Prima delle vaccinazioni di massa erano due milioni e seicentomila l’anno.
Che cosa è successo alla Procura di Trani? Molto semplicemente, la Procura ha incaricato degli esperti (un neurologo, un medico legale, un pediatra, un cardiologo e il direttore del dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità) e li ha ascoltati. Quello che in teoria dovrebbe succedere sempre. Questi esperti hanno portato una montagna di prove: in positivo, ricordando che il legame vaccini-autismo è una truffa architettata da un ex medico britannico, Andrew Wakefield: e in negativo, presentando gli studi scientifici che hanno cercato in mille modi qualche traccia di correlazione e non l’hanno trovata.
L’autismo, insomma, ha altre cause: quali siano non si sa ancora, ma è ora di piantarla di sprecare tempo e soldi cercandole dove sappiamo benissimo che non ci sono. Ed è ora che chi dissemina la balla del legame vaccini-autismo si renda conto che sta aiutando un truffatore, Wakefield, che s’è intascato mezzo milione di euro fregandosene delle vite dei bambini che metteva a rischio ed è ancora in giro a far danni. Io non sono un medico, ma conosco le truffe. Ed è ora di dire chiaro e tondo che chi fa antivaccinismo spalleggia un truffatore.
Per quanto riguarda le critiche degli esperti della Procura di Trani alle linee guida dell’OMS sulle vaccinazioni e la loro proposta di “eseguire alcuni esami ematochimici nei soggetti a rischio e, in particolare, nei bambini piccoli” per “avere qualche elemento in più per capire se sono nella condizione di sopportare lo stress immunitario delle vaccinazioni senza rischi gravi per la salute”, va sottolineato che le linee guida sono calibrate sulle condizioni sanitarie di tutti i paesi del mondo. Ci dimentichiamo spesso che gran parte dell’umanità non ha acqua potabile, ha disperato bisogno dei vaccini per evitare decine di migliaia di morti l’anno e non può permettersi il nostro lusso di chiedere esami su esami nella remota ipotesi che ci sia un eccessivo stress immunitario. Questi sono atteggiamenti da primo mondo.
In questo senso sono chiare le parole di Alberto Villani, vicepresidente della Società italiana di Pediatria: “Le linee guida dell’Oms sui vaccini sono elaborate per tutto il mondo, e vanno poi adattate ai singoli paesi... tengono conto della situazione di tutti, poi sta al singolo stato adattarsi”. Sullo “stress immunitario” la sua risposta è altrettanto chiara: “Un banale raffreddore determina in un organismo una risposta anticorpale equivalente ad eseguire più di mille vaccinazioni”. Quindi l’idea che la vaccinazione trivalente causi uno stress eccessivo è una bufala. E il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi, ha rincarato la dose: “Non c'è alcun test del sangue da fare prima delle vaccinazioni per indicare il rischio di eventuali effetti collaterali... sarebbe inaccettabile, sia dal punto di vista etico che scientifico, sottoporre bambini piccolissimi a test invasivi, inutili e costosi”.
Infine va chiarito, giusto per scrupolo, che questi ipotetici “esami ematochimici” non avrebbero assolutamente lo scopo di rivelare eventuali sintomi di autismo.
Fonti aggiuntive: Wired, ANSA.
La magistratura è stata spesso criticata per le sue ingerenze in una questione schiettamente scientifica come il presunto (e smentitissimo) legame fra vaccini e autismo, rivelatosi poi una truffa. Molti genitori, comprensibilmente preoccupati, hanno considerato alcune sentenze come prove inoppugnabili di questo legame, dimenticando che i criteri giuridici di assegnazione di una pena o di un risarcimento sono molto diversi da quelli dei risultati scientifici. In particolare è stato dato peso alla sentenza del Tribunale di Rimini del 2012, poi ribaltata in appello.
Ora arriva la notizia che la Procura di Trani ha concluso che “non sussiste alcuna relazione tra vaccinazione e insorgenza della malattia” nell'ambito di un’indagine partita in seguito alla denuncia di una coppia di genitori, secondo i quali l'autismo che ha colpito i loro due figli sarebbe stato causato dalla vaccinazione trivalente contro morbillo, parotite e rosolia.
Non voglio assolutamente mettere in secondo piano la sofferenza della famiglia o mettere in dubbio la sua buona fede: capisco benissimo che di fronte a una situazione drammatica, circondati da un bombardamento mediatico disinformante, dei genitori possano volere una spiegazione e cercare un colpevole.
Ma questa ricerca di una giustificazione e di un colpevole sta causando danni seri. Il rifiuto delle vaccinazioni, istigato da dicerie che non hanno alcuna prova oggettiva, sta facendo riemergere malattie quasi dimenticate e sta causando sofferenze e morti. Sì, morti: se non ci si vaccina, di morbillo si può morire: ci sono stati 114.900 morti nel mondo nel 2014, secondo i dati dell'OMS. Prima delle vaccinazioni di massa erano due milioni e seicentomila l’anno.
Che cosa è successo alla Procura di Trani? Molto semplicemente, la Procura ha incaricato degli esperti (un neurologo, un medico legale, un pediatra, un cardiologo e il direttore del dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità) e li ha ascoltati. Quello che in teoria dovrebbe succedere sempre. Questi esperti hanno portato una montagna di prove: in positivo, ricordando che il legame vaccini-autismo è una truffa architettata da un ex medico britannico, Andrew Wakefield: e in negativo, presentando gli studi scientifici che hanno cercato in mille modi qualche traccia di correlazione e non l’hanno trovata.
L’autismo, insomma, ha altre cause: quali siano non si sa ancora, ma è ora di piantarla di sprecare tempo e soldi cercandole dove sappiamo benissimo che non ci sono. Ed è ora che chi dissemina la balla del legame vaccini-autismo si renda conto che sta aiutando un truffatore, Wakefield, che s’è intascato mezzo milione di euro fregandosene delle vite dei bambini che metteva a rischio ed è ancora in giro a far danni. Io non sono un medico, ma conosco le truffe. Ed è ora di dire chiaro e tondo che chi fa antivaccinismo spalleggia un truffatore.
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Per quanto riguarda le critiche degli esperti della Procura di Trani alle linee guida dell’OMS sulle vaccinazioni e la loro proposta di “eseguire alcuni esami ematochimici nei soggetti a rischio e, in particolare, nei bambini piccoli” per “avere qualche elemento in più per capire se sono nella condizione di sopportare lo stress immunitario delle vaccinazioni senza rischi gravi per la salute”, va sottolineato che le linee guida sono calibrate sulle condizioni sanitarie di tutti i paesi del mondo. Ci dimentichiamo spesso che gran parte dell’umanità non ha acqua potabile, ha disperato bisogno dei vaccini per evitare decine di migliaia di morti l’anno e non può permettersi il nostro lusso di chiedere esami su esami nella remota ipotesi che ci sia un eccessivo stress immunitario. Questi sono atteggiamenti da primo mondo.
In questo senso sono chiare le parole di Alberto Villani, vicepresidente della Società italiana di Pediatria: “Le linee guida dell’Oms sui vaccini sono elaborate per tutto il mondo, e vanno poi adattate ai singoli paesi... tengono conto della situazione di tutti, poi sta al singolo stato adattarsi”. Sullo “stress immunitario” la sua risposta è altrettanto chiara: “Un banale raffreddore determina in un organismo una risposta anticorpale equivalente ad eseguire più di mille vaccinazioni”. Quindi l’idea che la vaccinazione trivalente causi uno stress eccessivo è una bufala. E il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi, ha rincarato la dose: “Non c'è alcun test del sangue da fare prima delle vaccinazioni per indicare il rischio di eventuali effetti collaterali... sarebbe inaccettabile, sia dal punto di vista etico che scientifico, sottoporre bambini piccolissimi a test invasivi, inutili e costosi”.
Infine va chiarito, giusto per scrupolo, che questi ipotetici “esami ematochimici” non avrebbero assolutamente lo scopo di rivelare eventuali sintomi di autismo.
Fonti aggiuntive: Wired, ANSA.
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