È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della
Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo
trovate presso
www.rsi.ch/ildisinformatico
(link diretto) e qui sotto.
Dal Giappone arriva un’idea decisamente originale per migliorare la sicurezza
dei veicoli a guida autonoma. In un
articolo scientifico
pubblicato di recente, un gruppo di ricercatori dell’Università di Tokyo e
Kyoto ha descritto i risultati incoraggianti di un esperimento in cui un
veicolo è stato equipaggiato con due enormi occhi finti montati sul muso,
capaci di ruotare in varie direzioni per indicare ai pedoni se sono stati
“visti” dai sensori del sistema di guida.
Se questi occhi si rivolgono verso un pedone, quel pedone sa di essere stato
visto; se gli occhi non si orientano nella sua direzione, il pedone ha una
chiara indicazione visiva del fatto che il sistema di guida non l’ha
riconosciuto.
Secondo i ricercatori, l’aggiunta degli occhi al muso del veicolo ha ridotto
del 64% gli attraversamenti pericolosi della strada effettuati dalle persone
in un ambiente simulato in realtà virtuale. Con sorpresa, la ricerca ha
rilevato anche che gli uomini tendono a prendere decisioni più avventate e
scelgono più spesso di attraversare anche quando il veicolo non ha dato segni
di averli visti, mentre le donne sono molto più caute e spesso scelgono di non
attraversare anche quando il veicolo sta chiaramente per fermarsi.
Se l’idea di montare degli enormi occhi sulla vostra automobile vi sembra
leggermente ridicola, non siete i soli. Ma va detto che per le auto a guida
autonoma gestire le persone e la loro imprevedibilità è una delle sfide
tecniche più difficili, per cui questa potrebbe davvero essere una soluzione
efficace per salvare delle vite in modo relativamente economico. E comico.
Con tempismo perfetto per Halloween arriva un avviso di sicurezza per le
lampadine smart di IKEA, che hanno due vulnerabilità (CVE-2022-39064 e
CVE-2022-39065) sfruttabili per farle sfarfallare come se fossero infestate o
provenissero da una delle case della serie Stranger Things.
Jonathan Knudsen, del Synopsys Cybersecurity Research Center, ha
scoperto
infatti che le lampadine Tradfri e il loro gateway
o dispositivo di controllo possono essere indotte a fare un reset
semplicemente mandando loro un segnale radio apposito (tecnicamente, se ci
tenete a saperlo, si chiama
frame Zigbeemalformato).
Una volta resettate, le lampadine restano tutte accese al massimo della
luminosità e l’utente non riesce più a comandarle, né con l’app né con il
telecomando apposito. Per riprenderne il controllo, l’utente deve riaggiungere
manualmente alla propria rete domestica ciascuna lampadina. Ma siccome non
esiste un aggiornamento correttivo completo, l’aggressore può ripetere
l’attacco tutte le volte che vuole, usando semplicemente un laptop e un
radiotrasmettitore che costa una trentina di euro o franchi e può agire anche
da un centinaio di metri di distanza.
IKEA è stata avvisata delle falle e ha messo a disposizione un aggiornamento
parziale, che conviene sicuramente installare, ma la vulnerabilità in questo
caso deriva dalla natura stessa del sistema di trasmissione e di comando
utilizzato, chiamato Zigbee, e quindi non è completamente rimediabile.
Un attacco di questo genere non comporta fughe di dati, ma può essere comunque
un fastidio notevolissimo. Se avete queste lampadine smart e vedete che
sfarfallano o lampeggiano e non rispondono ai comandi, i casi sono due: o
avete un vicino informaticamente dispettoso, oppure qualcuno sta cercando di
comunicare con voi dal Sottosopra.
Questo articolo è disponibile anche in versione podcast audio. Ultimo aggiornamento: 2022/10/14 14:10.
Milleseicento franchi o euro per un visore per realtà virtuale sono una cifra
che può indurre vertigini maggiori di quelle che provano molti utenti quando
entrano nei mondi virtuali ipercinetici offerti da questa tecnologia. Questo è
il prezzo di vendita del
Meta Quest Pro,
presentato questa settimana da Mark Zuckerberg di Meta, che è deciso a
trasformare il suo impero planetario nei social network in un metaverso basato
sulla realtà virtuale. Meta Quest Pro costa quattro volte di più dei visori
precedenti della stessa azienda, però promette prestazioni decisamente
superiori.
Lasciando da parte i dettagli strettamente tecnici, la novità più importante è
il fatto che a differenza dei normali visori per realtà virtuale, che bloccano
completamente la visuale, il Quest Pro permette di vedere il mondo esterno
grazie a delle ampie aperture laterali anche quando lo si indossa. È infatti
predisposto per la cosiddetta mixed reality o realtà mista o
ibrida, che combina elementi del mondo reale con elementi generati dal
visore. Anzi, se volete la realtà virtuale vera, quella in cui tutto
quello che vedete è generato dal visore, con il Quest Pro vi servono dei
paraocchi appositi aggiuntivi (50 CHF).
Come i modelli precedenti, Quest Pro non ha bisogno di un computer o di
marcatori piazzati nella stanza: è completamente autonomo e riconosce il
perimetro dell’ambiente grazie alle telecamerine esterne, che gli consentono
anche di rilevare gli oggetti presenti nel mondo reale, come pareti o
scrivanie o tastiere, e integrarli nell’esperienza virtuale.
A differenza dei visori che l’hanno preceduto, però, ha anche delle telecamere
che guardano l’utente, per due ragioni principali: una è catturare e
trasmettere le espressioni facciali, in modo da applicarle agli avatar,
ossia ai simulacri che gli utenti usano per rappresentarsi negli ambienti di
realtà virtuale; l’altra è tracciare lo sguardo dell’utente, in modo da
generare la massima qualità d’immagine solo nella porzione di schermo
effettivamente guardata istante per istante (foveated rendering: “This feature is used to make your avatar's eye contact and facial expressions look more natural during your virtual interactions with other users and to improve the image quality within the area where you are looking in VR”, dice Meta), senza
sprecare potenza di calcolo per disegnare in dettaglio elementi che stanno
nella zona periferica del campo visivo e che quindi non verrebbero comunque
osservati approfonditamente.
Le prime recensioni sono molto incoraggianti e notano una netta riduzione
dell’effetto zanzariera tipico di molti visori, in cui si vede la griglia dei
puntini che compongono l’immagine, riducendo nitidezza e realismo. Ma la
fascia di prezzo è adatta ai gamer più incalliti o spendaccioni oppure
a un uso professionale. E infatti Microsoft ha annunciato che nel 2023 offrirà
una versione di Windows 11, Teams e Office apposita per la realtà virtuale,
che consentirà di creare un ambiente collaborativo immersivo con scrivanie
virtuali (a prova di gatto salterino, si spera) e schermi virtuali condivisi.
Al posto di annoiarci facendo interminabili riunioni e call stando
fermi per ore davanti allo schermo di un computer, insomma, potremo finalmente
annoiarci in 3D e con un casco in testa che sa in che direzione stiamo guardando.
Gli AirTag, i localizzatori elettronici di Apple grandi quanto una moneta,
sono ottimi non solo per ritrovare le chiavi smarrite ma anche per scoprire
che fine hanno fatto le nostre valigie dopo un volo in aereo, soprattutto
quando la compagnia aerea le smarrisce.
Molti viaggiatori hanno preso l’abitudine di infilare uno di questi
localizzatori nelle proprie valigie prima dell’imbarco, usando sia gli AirTag
sia i prodotti analoghi di altre marche, e in parecchi
casi questo
ha
rivelato
dove si trovavano gli effetti personali smarriti ben prima che venissero
localizzati dalle compagnie aeree, causando imbarazzi e cattiva pubblicità. Ad
aprile 2022, per esempio, la compagnia Aer Lingus ha
perso
i bagagli di un passeggero, dichiarando di non avere idea di dove si
trovassero, ma il proprietario ha usato gli AirTag per indicare alla compagnia
aerea dov’erano e li ha recuperati con l’aiuto della polizia.
Tuttavia l’8 ottobre scorso Lufthansa ha
dichiarato
pubblicamente che vietava gli AirTag accesi lasciati nei bagagli
“perché –ha detto – sono classificati come pericolosi e devono essere spenti”. È stata la
prima compagnia a vietarli esplicitamente. Ma il 12 ottobre Lufthansa ha fatto
dietrofront,
dicendo
che le autorità tedesche avevano dato il via libera.
Il divieto iniziale era dovuto al fatto che gli AirTag sono considerati
“dispositivi elettronici portatili” e quindi sono soggetti alle norme
sulle merci pericolose emesse dall’Organizzazione Internazionale
dell'Aviazione Civile (ICAO) per il trasporto sugli aerei. Avendo un
trasmettitore, in teoria andrebbero spenti, come si fa per i telefonini, i
computer portatili, i tablet e simili messi nel bagaglio e stivati.
Ma si tratta di un trasmettitore Bluetooth Low Energy, alimentato oltretutto
da una batteria minuscola, una CR2032 approvata per l’uso negli orologi e nei
telecomandi per automobili, per cui le emissioni radio e la pericolosità di
questi localizzatori non sono paragonabili per esempio a quelle di un
telefonino, tablet o computer. Infatti alcune compagnie aeree li accettano
esplicitamente e negli Stati Uniti sono
consentiti
dalla FAA, l’ente che si occupa della regolamentazione dell’aviazione civile.
Al momento attuale, insomma, sembra che gli AirTag e i localizzatori affini si
possano mettere tranquillamente nelle valigie, ma è sempre opportuno chiedere
alla specifica compagnia aerea con la quale si vola.
Comunque stiano le cose, la vicenda è un esempio notevole della potenza della
tecnologia informatica moderna, che permette a un singolo utente di essere più
efficace di un servizio bagagli smarriti di un’intera compagnia aerea.
È stato pubblicato pochi giorni fa un nuovo podcast
nel quale il popolarissimo podcaster statunitense Joe
Rogan intervista un ospite molto speciale: Steve Jobs. I due si
parlano e si scambiano opinioni e battute sull’attualità per una
ventina di minuti, eppure Jobs, cofondatore di Apple, è morto nel
2011.
Medium e spiritisti non c’entrano: la voce del defunto e quella
di Joe Rogan sono state ricreate usando un generatore di voci umane
basato sull’intelligenza artificiale, disponibile presso Play.ht,
e questo non è realmente il podcast di Joe Rogan: se ci avete fatto
caso, infatti, il conduttore si è presentato come Bro Jogan,
presumibilmente per evitare complicazioni legali. Si tratta insomma
di un podcast sintetico dimostrativo, creato appunto da Play.ht.
Il generatore ha usato registrazioni pubbliche della voce di Jobs
e ha “imparato”, per così dire, a parlare come parlava lui. Il
risultato è davvero notevole: la voce è quella caratteristica che
abbiamo sentito per anni nelle presentazioni dei prodotti Apple.
L’unico indizio di artificialità è il tono, che sembra un po’
troppo da palcoscenico e leggermente fuori luogo per una
conversazione personale come è un podcast, ma questo è
probabilmente un effetto dei campioni utilizzati, che provengono
appunto dalle presentazioni fatte in pubblico. La voce di Joe Rogan,
invece, è praticamente perfetta, probabilmente perché il software
ha potuto attingere a tutti i suoi podcast, che hanno il tono giusto.
Play.ht propone un servizio nel quale i clienti usano voci
sintetiche generiche oppure personalizzate. In sostanza, è possibile
mandare all’azienda dei campioni di una voce che si desidera usare
e poi farle dire qualunque cosa. Le demo sono davvero notevoli, con
esempi delle voci sintetiche di Elon Musk, Tom Hanks e persino del
presidente statunitense John Kennedy, assassinato nel 1963.
Per ora questa tecnologia viene usata presso Podcast.ai
dichiarando esplicitamente che si tratta di voci sintetiche create
per intrattenimento e offrendo agli ascoltatori la possibilità di
scegliere gli
ospiti virtuali; inoltre i tempi di generazione sono relativamente
lenti, per cui non è possibile usare software di questo tipo per
imitare qualcuno in diretta al telefono, per esempio. Ma è il caso
di cominciare a non fidarsi delle registrazioni audio di persone
famose o dei nostri amici e conoscenti, specialmente se dicono cose
che non direbbero mai.
La NASA ha
comunicato
che l’equipaggio della missione Crew-4 rientrerà sulla Terra dalla
Stazione Spaziale Internazionale a bordo della Crew Dragon Freedom il
13 ottobre, con ammaraggio previsto per le 17:41 EDT (le 23:41 ora dell’Europa
centrale o CET). Qualora le condizioni meteo nella zona di ammaraggio non
fossero favorevoli, potranno esserci degli slittamenti d’orario.
Bob Hines, Kjell Lindgren, Jessica Watkins e Samantha Cristoforetti si
congederanno dalla Stazione il 12 ottobre alle 10:05 EDT (16:05 CET) dopo che
Samantha Cristoforetti, attualmente comandante della Stazione, avrà ceduto il
comando al cosmonauta russo Sergey Prokopyev.
I portelli della capsula Crew Dragon e della Stazione verranno chiusi a
partire dalle 17 EDT (23 CET); lo sgancio è previsto per le 19:05 EDT (1:05
CET del 13 ottobre). Per garantire la corretta illuminazione della zona di
rientro, la Freedom resterà in volo autonomo per circa 20 ore per
ammarare appunto intorno alle 17:41 EDT (23:41 CET) del 13 ottobre in una
delle sette zone possibili di ammaraggio nell’Oceano Atlantico e nel Golfo del
Messico, al largo della Florida.
---
2022/10/13 1:20. ANSA ha
comunicato
un paio d’ore fa che la partenza dalla Stazione è stata rinviata alle 16.05
del 14 ottobre (ora italiana, si presume) a causa delle condizioni meteo nella
zona di ammaraggio. La NASA
parla
invece di sgancio
“non prima delle 10:05 AM EDT [le 16:05 CET] di giovedì 13 ottobre” con ammaraggio alle 17:43 (23:43 CET) dello stesso giorno. La cerimonia di
passaggio delle consegne si è svolta normalmente.
---
2022/10/13 18:00. Dopo un rinvio iniziale di circa 45 minuti, alle
14.50 CET di oggi è stato deciso lo stand down, ossia la cessazione di
tutte le attività di rientro, a causa delle condizioni meteorologiche (vento eccessivo) nelle
zone di ammaraggio. Si ritenterà domani: la prima occasione disponibile è non prima delle 11:35 AM EDT (17:35 CET) di venerdì 14 ottobre, con ammaraggio alle 16:50 EDT (22:50 CET). La diretta streaming della NASA coprirà la chiusura dei portelli dalle 9:30 AM EDT (15:30 CET), lo sgancio o undocking dalle 11:15 AM EDT (17:15 CET) e l’ammaraggio.
Immagine dei detriti scagliati via dalla superficie dell’asteroide Dimorphos,
scattata dal telescopio spaziale Hubble l’8 ottobre scorso, 285 ore dopo
l’impatto della sonda DART. Credit: NASA/ESA/STScI/Hubble.
Ultimo aggiornamento: 2022/10/12 10:30.
Un
comunicato stampa
della NASA ha annunciato che l’analisi dei dati ottenuti nelle ultime due
settimane dal team investigativo della sonda Double Asteroid Redirection Test
(DART) della NASA mostra che l’impatto sperimentale del veicolo spaziale con
l’asteroide bersaglio, Dimorphos, avvenuto il 26 settembre scorso, ha alterato
con successo l’orbita dell'asteroide stesso. È la prima volta che viene modificato di
proposito il moto di un corpo celeste. Questa è anche la prima dimostrazione
su larga scala di una tecnologia di deviazione di un asteroide.
Prima dell’impatto di DART, Dimorphos impiegava 11 ore e 55 minuti per
orbitare intorno all’asteroide Didymos. L’osservazione telescopica dalla Terra
ha consentito di misurare la variazione di questo periodo orbitale, che ora è
sceso a 11 ore e 23 minuti (con un margine di incertezza di circa due minuti
in più o in meno). In altre parole, il periodo orbitale di Dimorphos è stato
variato di circa 32 minuti dalla sonda. Secondo il comunicato NASA, la
variazione minima accettabile per considerare la missione un successo era di
73 secondi.
Le osservazioni telescopiche continuano, e ora si tratta di misurare
l’efficienza del trasferimento della quantità di moto della collisione,
avvenuta a circa 22.530 chilometri l’ora, e di comprendere meglio le proprietà
fisiche dell’asteroide colpito. A quanto risulta, l’eiezione di molte
tonnellate di roccia asteroidale prodotta dall’impatto ha amplificato
notevolmente la spinta della sonda DART contro Dimorphos
“un po’ come un getto d’aria che esce da un palloncino manda il palloncino
nella direzione opposta”, dice la NASA.
L’analisi proseguirà anche studiando le immagini di Dimorphos ottenute durante
le fasi finali di avvicinamento di DART dalla sonda stessa e subito dopo
l’impatto grazie al mini-satellite
Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids (LICIACube), fornito
dall’Agenzia Spaziale Italiana.
Tra circa quattro anni è previsto anche il progetto Hera dell’Agenzia Spaziale
Europea per svolgere indagini dettagliate sia su Dimorphos che su Didymos, con
attenzione particolare al cratere lasciato dalla collisione di DART e alla
misurazione precisa della massa di Dimorphos.
La NASA sottolinea che
“Né Dimorphos né Didymos rappresentano un pericolo per la Terra, prima o
dopo la collisione controllata di DART con Dimorphos.”
Maggiori informazioni sulla missione DART sono presso
www.nasa.gov/dart.
Questo è il testo integrale del comunicato stampa della NASA:
Analysis of data obtained over the past two weeks by NASA’s Double Asteroid
Redirection Test (DART) investigation team shows the spacecraft's kinetic
impact with its target asteroid, Dimorphos, successfully altered the
asteroid’s orbit. This marks humanity’s first time purposely changing the
motion of a celestial object and the first full-scale demonstration of
asteroid deflection technology.
“All of us have a responsibility to
protect our home planet. After all, it’s the only one we have,” said NASA
Administrator Bill Nelson. “This mission shows that NASA is trying to be ready
for whatever the universe throws at us. NASA has proven we are serious as a
defender of the planet. This is a watershed moment for planetary defense and
all of humanity, demonstrating commitment from NASA's exceptional team and
partners from around the world.”
Prior to DART’s impact, it took
Dimorphos 11 hours and 55 minutes to orbit its larger parent asteroid,
Didymos. Since DART’s intentional collision with Dimorphos on Sept. 26,
astronomers have been using telescopes on Earth to measure how much that time
has changed. Now, the investigation team has confirmed the spacecraft’s impact
altered Dimorphos’ orbit around Didymos by 32 minutes, shortening the 11 hour
and 55-minute orbit to 11 hours and 23 minutes. This measurement has a margin
of uncertainty of approximately plus or minus 2 minutes.
Before its
encounter, NASA had defined a minimum successful orbit period change of
Dimorphos as change of 73 seconds or more. This early data show DART surpassed
this minimum benchmark by more than 25 times.
“This result
is one important step toward understanding the full effect of DART’s impact
with its target asteroid” said Lori Glaze, director of NASA’s Planetary
Science Division at NASA Headquarters in Washington. “As new data come in each
day, astronomers will be able to better assess whether, and how, a mission
like DART could be used in the future to help protect Earth from a collision
with an asteroid if we ever discover one headed our way.”
The
investigation team is still acquiring data with ground-based observatories
around the world – as well as with radar facilities at NASA Jet Propulsion
Laboratory’s Goldstone planetary radar in California and the National Science
Foundation’s Green Bank Observatory in West Virginia. They are updating the
period measurement with frequent observations to improve its precision.
Focus
now is shifting toward measuring the efficiency of momentum transfer from
DART’s roughly 14,000-mile (22,530-kilometer) per hour collision with its
target. This includes further analysis of the "ejecta” – the many tons of
asteroidal rock displaced and launched into space by the impact. The recoil
from this blast of debris substantially enhanced DART’s push against Dimorphos
– a little like a jet of air streaming out of a balloon sends the balloon in
the opposite direction.
To successfully understand the effect of
the recoil from the ejecta, more information on of the asteroid’s physical
properties, such as the characteristics of its surface, and how strong or weak
it is, is needed. These issues are still being investigated.
“DART
has given us some fascinating data about both asteroid properties and the
effectiveness of a kinetic impactor as a planetary defense technology,” said
Nancy Chabot, the DART coordination lead from the Johns Hopkins Applied
Physics Laboratory (APL) in Laurel, Maryland. “The DART team is continuing to
work on this rich dataset to fully understand this first planetary defense
test of asteroid deflection.”
For this analysis, astronomers will
continue to study imagery of Dimorphos from DART’s terminal approach and from
the Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids (LICIACube), provided by
the Italian Space Agency, to approximate the asteroid’s mass and shape.
Roughly four years from now, the European Space Agency’s Hera project is also
planned to conduct detailed surveys of both Dimorphos and Didymos, with a
particular focus on the crater left by DART’s collision and a precise
measurement of Dimorphos’ mass.
Johns Hopkins APL built and
operated the DART spacecraft and manages the DART mission for NASA's Planetary
Defense Coordination Office as a project of the agency's Planetary Missions
Program Office. Telescopic facilities contributing to the observations used by
the DART team to determine this result include: Goldstone, Green Bank
Observatory, Swope Telescope at the Las Campanas Observatory in Chile, the
Danish Telescope at the La Silla Observatory in Chile, and the Las Cumbres
Observatory global telescope network facilities in Chile and in South
Africa.
Neither Dimorphos nor Didymos poses any hazard to Earth
before or after DART’s controlled collision with Dimorphos.
For
more information about the DART mission, visit: https://www.nasa.gov/dart
---
Intanto l’ufficio stampa dell’Agenzia Spaziale Italiana segnala che durante la
conferenza stampa della NASA che ha presentato gli aggiornamenti riguardanti a
missione DART, il presidente dell’ASI, Giorgio Saccoccia, ha mostrato le
ultime immagini elaborate provenienti dal satellite LICIACube, con dei video
in timelapse che ritraggono l’impatto a partire da alcuni secondi prima
fino a circa 30 dopo.
Il satellite italiano ha realizzato in totale 627 immagini; finora ne sono arrivate sulla Terra 326. “Una volta ricevute tutte le
immagini, queste saranno oggetto di studi scientifici che ci daranno maggiori
informazioni sulla nube creata dall’impatto e in particolare per
caratterizzarne la struttura e la sua evoluzione. Altro importante risultato è
la raccolta di immagini degli emisferi degli asteroidi non visibili a DART,
utili a definire la forma e densità dei corpi celesti.” scrive l’ASI.
L’ASI sottolinea inoltre che LICIACube è un
progetto dell’Agenzia, è stato realizzato interamente negli stabilimenti della
società Argotec di Torino ed è il primo satellite costruito in Italia ad affrontare un viaggio nello spazio profondo. Anche il team di LICIACube è tutto italiano e comprende ricercatori del
Politecnico di Milano, delle Università di Bologna e Parthenope di Napoli e
dell'IFAC-CNR di Firenze, coordinati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica
(INAF).
Il Messaggero e il TG3 della Rai (che, ricordo per i distratti, sono
servizi informativi gestiti da giornalisti, ossia da gente il cui lavoro
sarebbe pubblicare notizie e che ha sottoscritto un codice deontologico) hanno
postato su Facebook
e rispettivamente mandato in onda (nel
TG3 delle 19 dell’8 ottobre 2022, dal minuto 2:30) il video di cui vedete qui sopra uno screenshot. Il
Messaggero ha scritto che mostra "La festa degli ucraini per l'esplosione del ponte tra Russia e Crimea"
e il TG3 lo ha descritto in modo analogo.
Screenshot dal servizio del TG3. La voce fuori campo della Rai dice “qualcuno esulta”.
A quanto pare nessuno nelle due redazioni ha notato che questi "ucraini" hanno
un
fantastico accento British.
Infatti la "notizia" è falsa e Il Messaggero e il TG3 l’hanno
pubblicata senza alcuna verifica. Prendendola di peso,
dice
il Messaggero, nientemeno che dall’account Twitter
SaintJavelin. Non da un’agenzia di stampa o un’altra fonte giornalistica autorevole.
Scrive infatti la redazione del Messaggero (evidenziazione mia): “Era un tormentone dance degli anni Novanta: Free from desire, la cantava
Gala Rizzatto, meglio conosciuta come Gala. Ora è diventato un ritornello ad
uso e consumo delle tifoserie calcistiche che improvvisano strofe per
supportare le proprie squadre. E
l'hanno utilizzata anche in Ucraina per festeggiare l'esplosione del ponte
che collega Russia e Crimea.
Nel video si vedono gruppi di persone festeggiare. Il ritornello è: "Kerch
Bridge on fire! Your defence is terrified, na na na na na na" ("Ponte di
Kerch in fiamme! La vostra difesa è terrorizzata, na na na na na na na").
(Fonte: account Twitter SaintJavelin)”.
Ma meno male che i giornali e i telegiornali ci dovrebbero
salvare dalle fake news che son colpa di Internet, vero?
Nessuno in queste redazioni si chiede come mai tutti questi ucraini abbiano
già pronta in tre secondi una canzone per celebrare l'attacco al ponte
in Crimea e l'abbiano pronta in inglese. Eh no, la "notizia" è troppo
ghiotta. Perché pensare?
Eppure bastano tre secondi di neuroni accesi per andare su Google e digitare
"your defense is terrified". Si ottiene questo:
Sono dei tifosi di calcio che cantano "Will Grigg's on fire" (testo integrale). "On fire" in questo contesto significa
"sta giocando da dio" o simile. Questo è il video originale:
Ora io vorrei sapere dalla redazione del Messaggero e da quella del
TG3:
È questo il modo in cui preparate le notizie che pubblicate? Prendete il
primo video che trovate su YouTube o su Twitter, postato da chissà chi, e lo
spacciate per "notizia" senza alcun controllo?
Rettificherete e chiederete scusa ai lettori per la fake news che
avete pubblicato?
La persona che ha pubblicato questa porcheria verrà allontanata, licenziata
o almeno resa incapace di nuocere ulteriormente, oppure
“chissene tienefamiglia e tanto i clic pubblicitari li abbiamo
incassati”?
Come è possibile che il vostro metodo redazionale lasci uscire una
scempiaggine simile? Non è il caso di ripensarlo e farsi un esame di
coscienza?
Vi rendete conto che pubblicare questa spazzatura devasta la credibilità del
vostro giornale/telegiornale e della nostra professione?
A me dispiace per tutti i giornalisti bravi, onesti, scrupolosi che vengono
umiliati da dimostrazioni di inettitudine come questa. Ma se poi la gente non
si fida dei giornali e non li compra, la colpa è solo vostra, care redazioni
del Messaggero e del TG3. Perché parliamoci chiaro: se
"giornalismo" per voi è
"prendi un video da un anonimo su Internet e sbattilo sul sito come
notizia", allora è meglio che questo 'giornalismo' muoia, e in fretta. Perché sta
facendo danni irreparabili.
E prima che arrivi il solito tizio a dire
"Eh ma dai Paolo è solo un video di tifosi che è stato frainteso, che sarà
mai, te la prendi troppo", vorrei ricordare che lo stesso 'metodo' è stato usato anche per notizie ben
più serie e da tante redazioni. Questo blog ne raccoglie una vasta collezione
di esempi.
L'unico aspetto positivo di questa vicenda è che costituisce un caso da
manuale di
pareidolia acustica: nel video dicono "Will Grigg", ma i
sottotitoli dicono "Kerch Bridge" e quindi chi guarda il video 'sente'
quello che dicono i sottotitoli.
Complimenti, quindi, a chi ha avuto l'idea di creare il video. Agli inetti che
l'hanno pubblicato, invece, solo commiserazione. Ringrazio
@Stfn_Mrtz
per la
segnalazione.
---
23:55. Il video e la “notizia” sono stati
rimossi
dalla pagina Facebook del Messaggero. Non ho visto rettifiche o
scuse.
2022/10/09 11:20.@perugini
mi segnala che la stessa fake news è stata trasmessa dal
TG3 Rai delle 19 di ieri
(8 ottobre) dal minuto 2:30.
2022/10/09 15:35. Ho aggiornato questo articolo per tenere conto della
pubblicazione della fake news da parte del TG3.
Questa foto è solo un teaser di un momento di nerditudine spaziale
suprema per qualunque appassionato di fantascienza e soprattutto di
“2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, uno dei capolavori
assoluti del genere.
Versione schiarita per mostrare i dettagli della divisa:
Se non cogliete il riferimento, è alle hostess che in “2001” si muovono
a bordo delle astronavi simulando la camminata terrestre in assenza di peso
grazie a pantofole con suola in Velcro, in una delle scene più magiche del
film.
Ed ecco la versione di Samantha, che se non erro è stata girata con un obiettivo grandangolare molto spinto e nella sezione russa della Stazione (ma non riesco a decifrare in quale punto preciso, anche se elaborando il video si notano sullo sfondo due tute russe da EVA):
All’epoca di “2001”, alla fine degli anni Sessanta, scene come queste erano assolutamente stupefacenti: mi chiesi per
anni, da ragazzino, come avessero potuto ottenere questi effetti. Ora
lo so, e questo non fa che aumentare la mia ammirazione per Kubrick e i suoi
tecnici; se vi interessa, lo spiego qui sotto, ma non voglio fare spoiler.
Visti con gli occhi di oggi e con mezzo secolo di esperienza di spostamento
delle persone in grandi ambienti a zero G, i movimenti delle hostess sembrano
fisicamente implausibili: non perderebbero tempo a camminare o a ruotare per
cambiare corridoio, ma semplicemente fluttuerebbero da un posto all’altro,
come vediamo fare agli astronauti sulla Stazione. Ed è abbastanza ovvio che la
scelta narrativa e visiva delle “scarpette di Velcro” fu adottata perché
all’epoca era impraticabile simulare l’assenza di peso in modo realistico e
per periodi prolungati in una produzione cinematografica. Ma la bellezza ed
eleganza delle immagini non sfiorisce.
Chicca: il comandante della navetta lunare (quello che nel secondo spezzone
entra per salutare l’unico passeggero) è Ed Bishop, indimenticabile comandante
Straker della serie “UFO”.
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ALLERTA SPOILER: come furono realizzati questi effetti?
La cosa più sorprendente di queste riprese è che sono ottenute tutte con
effetti in-camera, ossia creati fisicamente sul set: non ci sono
sovrapposizioni o effetti ottici aggiunti.
Le hostess erano su un set sulla Terra, in gravità normale, e furono
addestrate a camminare fingendo di attaccarsi al pavimento con le scarpette e
aggrappandosi agli oggetti. Il copricapo fu un espediente per non far vedere i
capelli, che in una ripresa realmente a zero G avrebbero dovuto fluttuare
(effetto impossibile da ottenere negli anni Sessanta).
La presa della biro fluttuante fu realizzata applicando la biro a una enorme,
pulitissima lastra di vetro montata su un telaio girevole, i cui bordi erano
fuori dall’inquadratura. La biro era attaccata al vetro con un pezzetto di
doppio adesivo, che all’epoca era una novità assoluta.
Il passaggio da un corridoio all’altro fu ottenuto
ruotando l’intero corridoio mentre la cinepresa era vincolata al
corridoio stesso. La hostess era quindi sempre in piedi. Semplice, ma
efficacissimo.