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Il Disinformatico: tracciamento

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2022/10/13

Vietati gli AirTag nelle valigie stivate sui voli Lufthansa, anzi no

Questo articolo è disponibile anche in versione podcast audio.

Gli AirTag, i localizzatori elettronici di Apple grandi quanto una moneta, sono ottimi non solo per ritrovare le chiavi smarrite ma anche per scoprire che fine hanno fatto le nostre valigie dopo un volo in aereo, soprattutto quando la compagnia aerea le smarrisce.

Molti viaggiatori hanno preso l’abitudine di infilare uno di questi localizzatori nelle proprie valigie prima dell’imbarco, usando sia gli AirTag sia i prodotti analoghi di altre marche, e in parecchi casi questo ha rivelato dove si trovavano gli effetti personali smarriti ben prima che venissero localizzati dalle compagnie aeree, causando imbarazzi e cattiva pubblicità. Ad aprile 2022, per esempio, la compagnia Aer Lingus ha perso i bagagli di un passeggero, dichiarando di non avere idea di dove si trovassero, ma il proprietario ha usato gli AirTag per indicare alla compagnia aerea dov’erano e li ha recuperati con l’aiuto della polizia.

Tuttavia l’8 ottobre scorso Lufthansa ha dichiarato pubblicamente che vietava gli AirTag accesi lasciati nei bagagli perché – ha dettosono classificati come pericolosi e devono essere spenti”. È stata la prima compagnia a vietarli esplicitamente. Ma il 12 ottobre Lufthansa ha fatto dietrofront, dicendo che le autorità tedesche avevano dato il via libera.

Il divieto iniziale era dovuto al fatto che gli AirTag sono considerati “dispositivi elettronici portatili” e quindi sono soggetti alle norme sulle merci pericolose emesse dall’Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile (ICAO) per il trasporto sugli aerei. Avendo un trasmettitore, in teoria andrebbero spenti, come si fa per i telefonini, i computer portatili, i tablet e simili messi nel bagaglio e stivati.

Ma si tratta di un trasmettitore Bluetooth Low Energy, alimentato oltretutto da una batteria minuscola, una CR2032 approvata per l’uso negli orologi e nei telecomandi per automobili, per cui le emissioni radio e la pericolosità di questi localizzatori non sono paragonabili per esempio a quelle di un telefonino, tablet o computer. Infatti alcune compagnie aeree li accettano esplicitamente e negli Stati Uniti sono consentiti dalla FAA, l’ente che si occupa della regolamentazione dell’aviazione civile.

Al momento attuale, insomma, sembra che gli AirTag e i localizzatori affini si possano mettere tranquillamente nelle valigie, ma è sempre opportuno chiedere alla specifica compagnia aerea con la quale si vola.

Comunque stiano le cose, la vicenda è un esempio notevole della potenza della tecnologia informatica moderna, che permette a un singolo utente di essere più efficace di un servizio bagagli smarriti di un’intera compagnia aerea.

Fonti aggiuntive: Airwaysmag, 9to5Mac, New York Times, Watson.ch.

2021/11/28

Perché SaluteLazio ha il tracciamento di Facebook e Google nell’area privata e chiede di accettare un’informativa privacy che non esiste?

Salutelazio.it, il sito del sistema sanitario regionale della Regione Lazio, ospita tracciatori di Facebook e di Google nell’area privata. Lo segnala Eugenio Petullà, mostrando queste immagini:


Le immagini pubblicate da Petullà mostrano che nel codice HTML dell’area privata è presente il codice del Facebook Pixel, che è il sistema di tracciamento di Facebook, e c’è un link a Google Analytics. Questo sembra indicare che l’utente viene tracciato da Facebook e da Google anche nella sua sessione sanitaria privata.

Non sono utente di SaluteLazio, per cui non posso verificare questa segnalazione (di cui non ho motivo di dubitare). Se potete farlo voi, segnalatemelo nei commenti o in privato via mail (a paolo.attivissimo@gmail.com).

È assolutamente folle che un ente sanitario pubblico immetta un tracciatore commerciale nel proprio sito.

Ieri ho chiesto chiarimenti via Twitter a SaluteLazio e oggi ho scritto una PEC al DPO indicato nell’informativa sulla privacy: finora non ci sono risposte.

Intanto Petullà ha scoperto che l’informativa sui cookie di SaluteLazio porta al nulla. Se ci si collega al sito per la prima volta (o in navigazione privata), compare infatti la richiesta di accettare i cookie, accompagnata dal link Leggi l’informativa cookie completa; ma questo link porta semplicemente a salutelazio.it (l’HREF è vuoto, nota Camelia Boban; copia permanente). 

In altre parole: Salutelazio.it chiede agli utenti di accettare un’informativa che non esiste.

Ci fanno una testa così con la tutela della privacy e il GDPR, e poi fanno sconcezze ridicole come queste.

Intanto, se volete farvi un’idea di quanto sia invasivo e pervasivo il tracciamento commerciale effettuato da Facebook (con il consenso dei vari siti), provate a sfogliare la vostra Attività fuori da Facebook, che “include informazioni che aziende e organizzazioni condividono con noi sulle tue interazioni con loro, ad esempio quando visiti le loro app o i loro siti web”

Sarà interessante scoprire perché la Regione Lazio manda a Facebook informazioni sulle interazioni degli utenti con il sito e in particolare con la sezione dedicata alla salute.

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o altri metodi.

2021/06/09

SwissCovid avrà nuove funzioni: altro test pubblico di sicurezza

Stamattina l’Ufficio federale della sanità pubblica svizzero ha annunciato l‘avvio di un test pubblico di sicurezza per SwissCovid, l’app di tracciamento di prossimità finora usata per consentire di allertare anonimamente chi è stato vicino a una persona risultata poi positiva.

Il tweet è piuttosto ermetico: che cos’è la “funzione check-in”? E perché viene aggiunta a SwissCovid? Sono sempre un po’ sospettoso quando vedo aggiunte di questo genere, perché temo il classico feature creep che ha spesso conseguenze impreviste.

Questo è quello che ho trovato finora: l’annuncio del Centro Nazionale di Cibersicurezza dice che

Tra breve l'app SwissCovid sarà completata con l'applicazione «NotifyMe», che potrà essere impiegata nel quadro di eventi e riunioni. Il codice sorgente di SwissCovid verrà pertanto ampliato. 

e linka delle FAQ che citano CrowdNotifier (altre info qui), che parlano di un tracciamento di presenza (non più di prossimità) sicuro, decentrato e protettivo della privacy, allo scopo di  (traduco) “semplificare e accelerare il processo di notifica delle persone che hanno condiviso un luogo semipubblico con una persona positiva alla SARS-CoV-2 per un tempo prolungato, senza introdurre nuovi rischi per gli utenti e i luoghi.”

La documentazione di Crowd Notifier prosegue dicendo che (traduco) “i sistemi esistenti di tracciamento di prossimità (app di tracciamento dei contatti come SwissCovid, Corona Warn App e Immuni) notificano soltanto un sottoinsieme di queste persone: quelle che sono state abbastanza vicine per abbastanza tempo. Gli eventi attuali hanno reso evidente la necessità di notificare tutte le persone che hanno condiviso uno spazio con una persona positiva alla SARS-CoV-2.”

Sembra insomma che si voglia introdurre in SwissCovid una nuova funzione che generi una notifica semplicemente quando si va in un luogo affollato nel quale risulta poi che c’era qualche persona positiva al Covid, anche se non si è stati vicini alla persona per periodi prolungati.

A giudicare dagli schemi pubblicati, che vedete in testa a questo articolo, ci sono dei codici QR che vengono generati dal proprietario del luogo (o locale) e vengono scansionati dai visitatori.

Si tratta di una proposta, per ora, e il suo scopo è (traduco) “fornire un’alternativa al crescente uso di app con intenzioni analoghe che sono basate su una raccolta invasiva o che si prestano ad abusi da parte delle autorità.”

La questione è aperta e delicata: le app di questo genere consentono, se realizzate male, tracciamenti di massa decisamente inaccettabili. Se ci saranno novità, le segnalerò qui. Se scoprite qualcosa, i commenti sono come sempre a vostra disposizione.

2021/06/04

Lo smartphone consiglia il dentifricio della mamma. Per quelli che pensano che il telefonino li ascolti: no, non ne ha bisogno

Newsweek ha segnalato un thread diventato virale su Twitter che spiega benissimo il reale potere dei sistemi di tracciamento pubblicitario e ribadisce il concetto che la paura diffusa che gli smartphone ascoltino le nostre conversazioni per proporci i prodotti di cui parliamo è infondata per una ragione molto semplice: non hanno bisogno di farlo perché hanno già tutto quello che serve, e glielo abbiamo fornito noi.

Il thread è stato pubblicato da Robert G. Reeve, che lavora nel settore della tecnologia informatica relativa alla privacy e conosce da vicino la questione.

In sintesi: Reeve è stato a casa di sua madre per una settimana, e si è visto comparire sul telefonino la pubblicità del dentifricio usato da lei e che ha usato anche lui. Non hanno mai parlato del dentifricio in questione. Allora come fa lo smartphone a proporglielo?

Oltre a raccogliere sistematicamente dati come la geolocalizzazione, l’uso delle tessere fedeltà, le prenotazioni e gli acquisti, le applicazioni installate sui telefonini usano la geolocalizzazione correlata: prendono nota di chi si trova regolarmente nelle sue vicinanze e ricostruiscono così la rete dei suoi contatti (amici, colleghi, famiglia).

I pubblicitari usano questa correlazione per mostrargli pubblicità basate sugli interessi di chi gli sta intorno. Cose che non vuole, ma che qualcuno dei suoi contatti potrebbe volere. Lo scopo, dice Reeve, è istigare subliminalmente a parlare di quel prodotto (nel suo caso, il dentifricio). “Non ha mai avuto bisogno di ascoltarmi per farlo. Sta semplicemente confrontando metadati aggregati”.

Reeve conclude notando che questi fatti tecnici sono noti e pubblicati da tempo, ma non indignano nessuno. Tantissime persone hanno rinunciato alla propria privacy. “Conoscono il dentifricio usato da mia madre. Sanno che ero da mia madre. Sanno che io sono su Twitter. Ora ricevo pubblicità su Twitter per il dentifricio di mia madre. I tuoi dati non riguardano soltanto te: riguardano anche il fatto che possono essere usati contro tutte le persone che conosci e anche quelle che non conosci, per plasmare inconsciamente i comportamenti”.

Reeve conclude segnalando gli ultimi aggiornamenti di Apple, che consentono di bloccare buona parte di questo tipo di tracciamento. “Se non altro, rendiamoglielo difficile”, conclude.

Questo è il thread completo originale:

I'm back from a week at my mom's house and now I'm getting ads for her toothpaste brand, the brand I've been putting in my mouth for a week. We never talked about this brand or googled it or anything like that. As a privacy tech worker, let me explain why this is happening.

First of all, your social media apps are not listening to you. This is a conspiracy theory. It's been debunked over and over again. But frankly they don't need to because everything else you give them unthinkingly is way cheaper and way more powerful.

Your apps collect a ton of data from your phone. Your unique device ID. Your location. Your demographics. Weknowdis. Data aggregators pay to pull in data from EVERYWHERE. When I use my discount card at the grocery store? Every purchase? That's a dataset for sale.

They can match my Harris Teeter purchases to my Twitter account because I gave both those companies my email address and phone number and I agreed to all that data-sharing when I accepted those terms of service and the privacy policy.

Here's where it gets truly nuts, though. If my phone is regularly in the same GPS location as another phone, they take note of that. They start reconstructing the web of people I'm in regular contact with.

The advertisers can cross-reference my interests and browsing history and purchase history to those around me. It starts showing ME different ads based on the people AROUND me. Family. Friends. Coworkers.

It will serve me ads for things I DON'T WANT, but it knows someone I'm in regular contact with might want. To subliminally get me to start a conversation about, I don't know, fucking toothpaste. It never needed to listen to me for this. It's just comparing aggregated metadata.

The other thing is, this is just out there in the open. Tons of people report on this. It's just, nobody cares. We have decided our privacy just isn't worth it. It's a losing battle. We've already given away too much of ourselves [link a due articoli che ne parlano].

So. They know my mom's toothpaste. They know I was at my mom's. They know my Twitter. Now I get Twitter ads for mom's toothpaste. Your data isn't just about you. It's about how it can be used against every person you know, and people you don't. To shape behavior unconsciously.

Apple's latest updates let you block apps' tracking and Facebook is MAD. They're BEGGING you to just press accept and go back to business as usual. Block the fuck out of every app's ads. It's not just about you: your data reshapes the internet [link ad articolo sull’argomento].

The internet is never going to be the wacky place it was when I had a Livejournal and people shared protean gifs in the form of YTMNDs. Big business has come to suck the joy (and your dollars) out of it. At least make it hard for them.

2021/05/21

Facebook supplica gli utenti iPhone di non disattivare il tracciamento pubblicitario, in USA accetta solo il 4%

Ricordate l’aggiornamento di iOS alla versione 14.5? Quello che aggiungeva l’opzione di disattivare con facilità il tracciamento pubblicitario? Ne avevo parlato il 29 aprile scorso.

Quest’opzione, chiamata AppTrackingTransparency, consente la disattivazione globale andando in Impostazioni - Privacy - Tracciamento e spegnendo Richiesta tracciamento attività e consente la disattivazione per una singola app andando in Impostazioni, toccando l’app e disattivando Consenti tracciamento

Facebook, che vive fondamentalmente di tracciamento pubblicitario, non l’ha presa bene e ha lanciato una campagna contro l’opzione anti-tracciamento, con pubblicità sui principali giornali statunitensi e una pagina online che presenta una rassegna di piccoli imprenditori digitali che usano il tracciamento pubblicitario di Facebook per trovare i propri clienti e che, dice Facebook, verranno messi in crisi da questa decisione di Apple.


Gli utenti hanno reagito piuttosto eloquentemente: secondo i dati raccolti dalla società di analytics Flurry, solo il 4% degli utenti iPhone statunitensi ha acconsentito al tracciamento attivando l’opzione Richiesta tracciamento attività oppure attivando Consenti tracciamento per una specifica app. A livello mondiale gli utenti che hanno accettato il tracciamento sono il 12%.

Il dato, basato su un campione abbastanza significativo, può essere interpretato in due modi.

Il primo è che alla gente la privacy interessa. Specialmente quando è facile da mantenere e quando per perderla bisogna fare qualcosa, invece di perderla in automatico e passivamente.

Il secondo è che la gente è semplicemente pigra e quindi accetta qualunque impostazione predefinita. Come prima accettava il tracciamento pubblicitario perché era il default, oggi accetta di non essere tracciata per lo stesso motivo.

 

2021/04/29

Apple rende visibile il tracciamento pubblicitario: Facebook teme di perdere così metà del proprio fatturato

Con l’aggiornamento alla versione 14.5 di iOS e iPadOS gli utenti di iPhone e iPad possono disattivare facilmente il tracciamento pubblicitario da parte delle app.

La cosa ha mandato su tutte le furie molti siti che vivono vendendo i dati acquisiti con questo tracciamento, come Facebook, Alibaba e altri

Per disattivare il tracciamento su iOS o iPadOS da parte di una singola app si va in Impostazioni, si tocca l’app e si disattiva Consenti tracciamento. Si può anche andare in Impostazioni - Privacy - Tracciamento e disattivare globalmente il tracciamento disattivando Richiesta tracciamento attività.

La Electronic Frontier Foundation, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti digitali, ha lodato l’iniziativa di Apple descrivendola come “un passo nella direzione giusta”.

La funzione antitracciamento si chiama formalmente AppTrackingTransparency e in sintesi comporta il fatto che le app ora devono chiedervi il permesso se vogliono tracciare le vostre attività nelle altre app.

Questo tracciamento è spesso molto invasivo e finora è stato praticamente invisibile e accettato passivamente: geolocalizzazione, siti visitati, informazioni sulla salute e moltissimi altri dati personali venivano raccolti dalle app senza che gli utenti ne fossero avvisati, come spiega il video promozionale di Apple. Ora invece tutto diventa ben visibile, le app devono chiedere esplicitamente il permesso di tracciare e l’utente può decidere facilmente se concederlo o no.

Il timore delle aziende che vivono di tracciamento è che questa nuova visibilità del loro operato spinga gli utenti a rendersi conto di come stanno le cose e rifiutare di lasciarsi tracciare. 

Facebook dice che durante i test ha “rilevato un calo di oltre il 50% dei ricavi degli editori con Audience Network dopo la rimozione della personalizzazione dalle campagne con inserzioni per promuovere l'installazione di un'app mobile. In realtà, è possibile che l'impatto su Audience Network su iOS 14 sia molto maggiore.” Notate l’uso del termine “editori”, che maschera il fatto che si tratta di società che campano tracciando, profilando, schedando e catalogando le persone. E che Facebook a sua volta campa su queste società. Nel 2019 ha incassato 71 miliardi di dollari.

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Come spiega bene la EFF, il tracciamento pubblicitario nei dispositivi Apple si basa su una sequenza di numeri e lettere lunga 16 byte, che si chiama IDFA (acronimo di ID for advertisers). Questa sequenza è unica per ciascun iPhone: è la sua targa, per così dire. Un sistema analogo esiste nei telefonini Android e si chiama Android Ad ID.

Gli Ad ID sono molto diversi dai cookie, con i quali vengono spesso paragonati: i cookie hanno molte funzioni utili per gli utenti, come per esempio ricordarsi le preferenze di lingua quando si visita un sito, conservare i dati presenti in un carrello della spesa online se ci si scollega, oppure evitare di doversi identificare ogni volta che si accede a un sito protetto da login e password. Gli Ad ID, invece, servono soltanto per consentire alle aziende pubblicitarie di tracciare i singoli utenti.

La AppTrackingTransparency non è perfetta, spiega la EFF: non agisce sul tracciamento fatto da un’app per monitorare come l’utente usa quell’app. Inoltre c’è il rischio che l’utente, tartassato da tante richieste di decidere se accettare tracciamenti da parte di tante app, finisca per stufarsi e accettare senza pensarci.

Ma è, appunto, un primo passo, ed è più di quello che sta facendo Google per Android. Cioè nulla, visto che gli Ad ID sono ancora saldi al loro posto.

 

Fonti: The Register, Protocol, Punto Informatico, Ars Technica, Apple, Associated Press/Snopes, Gizmodo.

2021/03/26

Rivelare il tracciamento pubblicitario con Lightbeam

Sappiamo tutti molto bene che quando sfogliamo i siti Web veniamo tracciati a scopo pubblicitario. Quello che però molti non sanno è la scala di questo tracciamento. C’è uno strumento che consente di rivelare in tempo reale quanto sono pettegoli i siti che visitiamo e a quanti altri siti raccontano che li abbiamo visitati.

Lo strumento si chiama Lightbeam 3.0 ed è un add-on gratuito per Firefox. Non è nuovo: è tornato dopo una lunga assenza e un cambio di gestore. Prima, infatti, lo gestiva la Mozilla Foundation, che però aveva smesso a ottobre 2019; ora lo mantiene un privato, il berlinese Princiya.

Lo potete vedere in azione in questo video: i triangolini sono i siti che non vengono visitati dall’utente ma che ricevono lo stesso informazioni da quelli effettivamente visitati (i cerchi).

In questo video, che dura un solo minuto, ho semplicemente visitato una decina di siti: un motore di ricerca (Google), due social network (Instagram e Facebook), due siti di viaggi (Tripadvisor e Booking), due giornali (Repubblica e il Corriere del Ticino), e due grandi negozi online, Amazon e Alibaba. Sfogliare questa decina di siti, però, mi ha fatto visitare, senza chiedermelo, ben 178 altri siti, presumibilmente a scopo di tracciamento pubblicitario.

I risultati, visti graficamente, sono eloquentissimi: non stupitevi se quando comperate qualcosa su Internet o cercate informazioni sui viaggi venite poi sommersi di pubblicità di quel prodotto o di viaggi in generale.

Se volete evitare questo tracciamento, vi conviene perlomeno installare un adblocker e attivare la protezione antitracciamento del vostro browser, se disponibile.

2020/08/30

Credete che il vostro telefonino vi ascolti e vi mandi pubblicità delle cose di cui parlate? (seconda parte)

Ho da proporvi un altro episodio della serie "No, il tuo telefonino non ti ascolta; sei tu che noti le coincidenze", seguito ideale di questa storia.

Oggi stavo chiacchierando in casa con la famiglia. A un certo punto, parlando di risposte argute a qualcosa detto da qualcuno che ti vengono in mente sempre troppo tardi, ho citato la bella espressione francese "l'esprit de l'escalier".

Descrive esattamente quella condizione esasperante in cui la risposta perfetta e brillante ti viene in mente soltanto quando ormai sei in fondo alle scale e lontano dal tuo interlocutore, per cui è troppo tardi per dirla e ti prenderesti a calci per non averla pensata prima.

Beh, indovinate cosa è comparso poco fa nel mio flusso di tweet:



Non è stata una proposta di Twitter estemporanea: seguo abitualmente Quite Interesting perché è, appunto... parecchio interessante. Però quando ho notato il tweet di QI mi è venuta subito in mente la conversazione di poco prima.

Quante probabilità ci sono che quella esatta espressione assolutamente specifica mi capiti a distanza temporale cosi ravvicinata due volte di fila? Non si tratta di un generico "scarpe" o "divani". Però è successo, e non c’è nessun modo in cui quelli di QI possano aver sentito la nostra conversazione per poi decidere di mandare quel loro tweet.

Morale della storia: dato un numero sufficientemente elevato di eventi, le coincidenze, anche le più strane, a volte accadono. Se nel corso della giornata vedo tanti tweet e dico tante cose, prima o poi l'argomento di quello che ho detto e quello che ho visto coinciderà, e io me ne accorgerò perché siamo animali abili a riconoscere gli schemi.

Quindi prima di accusare i social network, Microsoft, Samsung, Apple o Google di usare i nostri telefonini per ascoltare tutto quello che diciamo, pensiamoci bene. Anche perché non ne hanno bisogno: hanno già tantissimi dati su di noi e sui nostri gusti.

E se alla fine di questa storia ancora non siete convinti e pensate che il telefonino vi spii, allora siate coerenti e buttate via lo smartphone. Oppure state in dignitoso silenzio, così Facebook dovrà leggervi nel pensiero :-)


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2020/08/11

Credete che il vostro telefonino vi ascolti e vi mandi pubblicità delle cose di cui parlate?

Ultimo aggiornamento: 2021/05/17 9:15.

Siete fra quelli che pensano che il loro telefonino ascolti le loro conversazioni e mostri pubblicità di conseguenza, perché vi è capitato di parlare di una cosa insolita e poi quella stessa cosa vi è stata proposta da Google o Facebook o Instagram? Ho una storia per voi. L’ho raccontata di fretta su Twitter qualche giorno fa, ma la riassumo meglio qui.

Molta gente mi scrive appunto dicendo che una volta ha parlato con gli amici di una cosa molto particolare e specifica e poi proprio quella cosa è comparsa subito dopo nelle pubblicità sul suo computer o smartphone, e quindi non può essere un caso.

Io spiego sempre che sono già state fatte tante verifiche tecniche da parte di esperti indipendenti (per esempio il test fatto da Wandera) e non c'è traccia di ascolto generalizzato e sfruttamento di quello che viene detto (a parte il riconoscere parole chiave tipo "Ehi Siri" o "OK Google" o "Alexa").

Spiego anche che Google e social network non hanno bisogno di ascoltarci per capire i nostri interessi: leggono già la nostra Gmail, i nostri post Facebook, sanno i nostri "mi piace", analizzano le nostre foto, tracciano i siti che visitiamo.

Aggiungo anche che ascoltarci di nascosto sarebbe illegalissimo in tutto il mondo e sarebbe un rischio enorme, che queste grandi aziende non hanno nessuna convenienza a correre. 

Ricordo poi a questi scettici che noi esseri umani abbiamo una tendenza innata a notare le coincidenze e dimenticare le non coincidenze. Si chiama effetto Baader-Meinhof, illusione di frequenza o, in alcuni casi, illusione di recentezza. Compri un'auto azzurro cielo, improvvisamente tutte le auto che noti sono azzurro cielo. Aspetti un bimbo, incontri solo donne incinte.

Ma non c'è niente da fare: questi scettici mi dicono sempre “Ma il mio caso è troppo particolare! Non può essere una semplice analisi delle mail o della localizzazione o di tutto quello che ho scritto sui social! Non ho mai parlato prima di tagliabecchi laser per pulcini!” (Sì, esistono).

Piccola parentesi: se davvero credete che il vostro telefono ascolti tutto quello che dite, compresi i vostri momenti intimi e le vostre conversazioni confidenziali, cosa diavolo ci fate ancora con un telefonino? Siate coerenti e buttatelo via, o almeno spegnetelo.

Vengo dunque alla storia che vi avevo promesso. Per tutti quelli che non credono che possano esistere coincidenze così precise come quelle che ho citato e mi vengono raccontate, questo è quello che mi è successo poco fa.

Il 6 agosto scorso ero in un camerino a provare pantaloni. Ho lasciato il mio marsupio vicino all'ingresso del camerino, chiuso da una tendina, e ho pensato (senza dirlo ad alta voce) “certo che se qualcuno infilasse la mano nel camerino me lo potrebbe rubare e io dovrei rincorrerlo in mutande, forse è meglio spostarlo” (scusatemi se ora questa scena è nella vostra immaginazione).

Il treno dei miei pensieri è andato avanti nella sua corsa, come fa spesso, e così ho pensato “Ma mi metterei davvero a correre in mutande in un centro commerciale per acchiappare un ladro di portafogli? Cosa mi dovrebbero rubare per indurmi a una scena del genere?” Da informatico ho pensato subito al mio laptop.

Non ho condiviso questo pensiero con nessuno, nemmeno con mia moglie. L’ho messo per iscritto per la prima volta in questo tweet, alle 17:07 del giorno dopo (7 agosto), il giorno dopo aver immaginato di rincorrere seminudo in pubblico un ladro che mi avesse rubato con destrezza il laptop.

E l’ho messo per iscritto perché un’oretta prima di quel tweet mi era capitato di vedere, nel flusso delle notizie che sfoglio spesso, che la BBC aveva pubblicato questo: un uomo che rincorre nudo un cinghiale che gli ha rubato la borsa contenente il suo laptop.


L’episodio è successo vicino a Berlino, e la moglie dell’uomo, che è un nudista, ha pubblicato altre foto della vicenda.

Dovrei quindi pensare “Non può essere una coincidenza! Chiaramente la BBC mi legge nel pensiero!”? Secondo i ragionamenti degli scettici/paranoici, sì.

Le corrispondenze sono troppe, no?
  1. L'ho pensato proprio il giorno prima.
  2. Ho pensato proprio a un laptop.
  3. Ho pensato che me lo portassero via con destrezza.
  4. Ho pensato di rincorrere il ladro.
  5. Ho pensato di farlo in condizioni imbarazzanti.


Ma in realtà io mi sono ricordato di quel pensiero fugace soltanto perché ho visto la notizia della BBC. Era uno dei mille pensieri che mi passano per la testa ogni giorno. Ho semplicemente ricordato quello che più o meno corrispondeva alla notizia: ho notato una coincidenza.

Se non ci fosse stata quella notizia a stimolare il ricordo, mi sarei completamente dimenticato di quel pensiero. Quanti pensieri facciamo nel corso di una giornata? Uno fra i tanti ha coinciso con una notizia, tutto qui.

Oltretutto la mia mente ha dovuto forzare un po' per far combaciare il pensiero e la notizia: il mio ladro non era un cinghiale. Non ero in un prato. E non ero nudo. Ma fa niente, ho avvertito subito un brivido per la corrispondenza sorprendente.

Questi processi mentali sono gli stessi alla base dei presunti sogni premonitori e dei successi dei sensitivi, delle cartomanti e dei paragnosti figli di paragnosti. Ci ricordiamo le cose azzeccate, scartiamo quelle sbagliate.

Quindi prima di dire "il mio telefonino mi ascolta, ho le prove" e accusare Google, Facebook e gli altri social di commettere atti altamente illegali su scala massiccia, pensateci bene e chiedetevi se per caso esiste un’altra spiegazione. Perché le coincidenze càpitano.

Davvero non avete mai scritto/googlato/messo un like a qualcosa legato a quel tema che ora vi viene proposto? La geolocalizzazione rivela il vostro interesse per quella cosa? I vostri amici ne hanno mai parlato online? Avete condiviso la stessa rete Wi-Fi con persone che hanno discusso online di quell’argomento? Non dimenticate che Google e social network sono maestri nel cercare ogni possibile appiglio di correlazione per proporvi pubblicità mirata.

Fine della storia. Se ora non riuscite a levarvi dalla mente un nudista che rincorre un cinghiale o un informatico spilungone in mutande, mi spiace. Ma è sempre meglio che pensare di essere ascoltati 24 ore su 24.

---

Qualche giorno dopo aver scritto la prima stesura di questo articolo mi è capitato un episodio che ne conferma le conclusioni.

2020/07/10

Due chiacchiere sul contact tracing e sulla nuova privacy digitale alla RSI

Pochi giorni fa ho partecipato in studio a una puntata di Parliamone alla Rete Uno della Radiotelevisione Svizzera dedicata alle app di contact tracing (o, più propriamente, di tracciamento di prossimità) e al ruolo delle grandi aziende digitali (Google, Apple, Amazon, Facebook) nella nuova privacy dei dati insieme a Nicola Colotti e Alessandro Longo. La presentazione della puntata è qui; il video è incorporato qui sotto.

2020/07/03

Dedicato ai complottisti che parlano di Bill Gates, vaccini e microchip

Ho una domanda da fare a quelli che sostengono la tesi che Bill Gates, cofondatore di Microsoft, vorrebbe impiantare dei microchip tracciabili in tutte le persone con la scusa della vaccinazione anti-pandemia e proclamano questa tesi a squarciagola sui social network. Se vi capita di incontrare una di queste persone, provate a fargliela.

Se avete paura che Bill Gates voglia tracciarvi impiantandovi un dispositivo, perché ne parlate usando i social network, che realmente vi tracciano, e usando un telefonino, che realmente vi traccia? Non dovreste smettere di usare social network e telefonini, in modo da non essere realmente tracciati? Così, tanto per capire.

La domanda è ispirata da questo tweet di MalwareTech:



“Immaginate che colpo di scena sarebbe se saltasse fuori che Bill Gates non sta cercando di iniettare chip di tracciamento nella gente, ma in realtà il chip di tracciamento sta nell’app social che questa gente usa per lanciare l’allarme a proposito di Bill Gates.”

2020/04/16

Corona Science, l’app svizzera per monitorare i casi di coronavirus

Non è un’app di tracciamento dei contatti e non geolocalizza: mentre il mondo parla di app anti-coronavirus di contact tracing, in Svizzera viene proposta su base volontaria Corona Science, un‘app sviluppata dai ricercatori della Scuola universitaria professionale di Berna (BFH) e dalla Cooperativa MIDATA, che si limita ad acquisire la fascia d’età e il cantone di residenza degli utenti. Nessun altro dato.

L’obiettivo, infatti, non è ricostruire la cronologia dei contatti di una persona se risulta positiva al coronavirus, ma semplicemente rilevare quante persone hanno sintomi e quante no, per vedere l’andamento generale della malattia, individuare eventuali focolai e anche capire quali sono gli effetti psicologici delle misure anti-coronavirus. Un approccio decisamente soft e non invasivo.

Maggiori informazioni sono su Swissinfo.ch, Tio.ch, Ticinonews e naturalmente nel Media Kit e sul sito dell’app, che al momento esiste solo per Android ma sarà disponibile a breve anche per iOS.


Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle donazioni dei lettori. Se vi è piaciuto, potete incoraggiarmi a scrivere ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico), Bitcoin (3AN7DscEZN1x6CLR57e1fSA1LC3yQ387Pv) o altri metodi.

2020/02/13

Facebook traccia le nostre attività fuori da Facebook: ora si può vedere quali

Facebook traccia le nostre attività anche quando visitiamo altri siti. Lo fa persino se non abbiamo un account Facebook: lo fa a tutti, spiega Intego, per poter piazzare nei siti che visitiamo delle pubblicità pertinenti ai nostri interessi, e guadagna fornendo questo piazzamento.

Questo tracciamento di massa, anche dei non utenti, non è una novità ma è sicuramente poco noto.

La novità vera, invece, è che ora possiamo sapere in dettaglio quali attività vengono tracciate e quali dati vengono raccolti e possiamo anche modificare queste funzioni.

L’azienda ha infatti annunciato che è disponibile la funzione La tua attività fuori da Facebook ed è anche possibile azzerare i dati raccolti.

Se volete scoprire cosa sa Facebook di voi e avete un account Facebook, accedete a questo account da un computer, cliccate sul triangolino in alto a destra, cliccate su Impostazioni e poi su Le tue informazioni su Facebook e su Attività fuori da Facebook. In alternativa usate questo link diretto.

Otterrete un elenco delle aziende di cui avete visitato i siti e che hanno dato a Facebook delle informazioni che vi riguardano: cose come “questo utente ha visitato questo sito” e “questo utente ha comprato qualcosa su questo sito”.

Se volete azzerare questo tracciamento, potete scegliere Scollega le attività; se volete evitare che continui, cliccate su Altre opzioni e Gestisci l’attività futura. Arriverete a una schermata con un selettore Attività fuori da Facebook futura: disattivatelo.

Attenzione, però: se usate la vostra login di Facebook per accedere ad altri account, disattivando questo selettore non potrete più farlo. Sarebbe comunque meglio non usare la login di Facebook per accedere altrove.

Io uso da tempo un add-on per Firefox, chiamato Facebook Container, e le mie attività risultano nulle.


Le vostre come sono? Quali aziende vi trovate?

2018/11/13

Visualizzare il tracciamento pubblicitario di Facebook

Ultimo aggiornamento: 2018/11/16 8:05.

Ormai è abbastanza risaputo che Facebook vive e guadagna miliardi di dollari ogni anno grazie al tracciamento pubblicitario degli utenti, e molti utenti ritengono accettabile farsi tracciare in cambio dei servizi offerti.

Ma forse non tutti sanno quanto sia pervasivo questo pedinamento digitale, e pochi sanno che prosegue anche quando si chiude l’app o la finestra di Facebook e si visita un altro sito.

Se avete un account Facebook, provate ad entrarvi e selezionate le Impostazioni (oppure andate al link diretto www.facebook.com/settings). Poi scegliete Inserzioni e Inserzionisti con i quali hai interagito. Troverete una sezione che si chiama Inserzionisti che hanno aggiunto la propria lista dei contatti a Facebook.

Qui otterrete un elenco di marche, molte delle quali vi saranno probabilmente del tutto sconosciute (link veloce per cellulari). Questo è quello del mio account di test, nonostante tutti i miei sforzi di ridurre la mia visibilità a Facecbook:



È normale: dietro questa descrizione apparentemente blanda si nasconde infatti il fatto che fra gli inserzionisti di Facebook ci sono anche quelli che hanno raccolto informazioni su di voi al di fuori del social network e poi le hanno passate a Facebook.

In altre parole, quando per esempio immettete in un sito qualsiasi il vostro indirizzo di mail o il vostro numero di telefono per iscrivervi o per farvi mandare informazioni, quel sito può mandare questi dati a vostra insaputa a Facebook, che li userà per profilarvi meglio e proporvi pubblicità su misura per i vostri gusti. Perlomeno i vostri gusti presunti. E questo può succedere anche semplicemente facendo un acquisto in un negozio oppure accettando un buono sconto digitale. Maggiori informazioni sono qui su Isecurityguru.com.

Facebook giustifica questa situazione dicendo che le vostre informazioni sono state raccolte dall'inserzionista, di solito dopo che avete condiviso il vostro indirizzo di mail con lui oppure – e questo è importante – con “un’altra azienda con cui collabora.” Quindi se avete affidato i vostri dati soltanto all’azienda Rossi, ma l’azienda Bianchi collabora con la Rossi, allora anche la Bianchi, che non conoscete e con la quale non avete rapporti e magari non vorreste neanche averli, può ottenere le vostre informazioni e usarle per bombardarvi di pubblicità dei suoi prodotti.

Questo scambio disinvolto di dati fa sì che a volte i sorveglianti pubblicitari in Facebook siano centinaia o anche migliaia. Non potete farci nulla, a parte cliccare sulle loro icone per nascondere tutte le loro inserzioni. L’unico modo per non farvi più tracciare da Facebook è eliminare l’account di questo social network.

Se non ve la sentite di compiere un passo così drastico, potete perlomeno esercitare un po’ di controllo sulle pubblicità che vi vengono proposte mentre siete in Facebook e anche nel resto di Internet. Potrebbe infatti essere imbarazzante trovarsi per esempio con lo schermo pieno di pubblicità di donne o uomini soli e poco vestiti perché uno degli inserzionisti che vi sorveglia ha deciso erroneamente che state cercando compagnie di questo tipo.

Soluzione: sempre nella sezione Inserzioni troverete la sottosezione Le tue informazioni: disattivate tutte le sue voci, specialmente quella denominata Situazione sentimentale, in modo da dire a Facebook di non usarle per suggerire agli inserzionisti quali pubblicità presentarvi. Eviterete che qualcuno possa equivocare.

2018/07/17

CNN ha le statistiche pubblicitarie nascoste ma accessibili: Ctrl-Shift-Z le rivela

Una segnalazione curiosa di @AbeSnowman: se andate sul sito della CNN (Cnn.com), senza un adblocker attivo, e premete Ctrl-Shift-Z compare un bottone che permette di consultare le statistiche pubblicitarie.


Cnn.com normale...

Cnn.com dopo aver digitato Ctrl-Shift-Z. Guardate in basso a destra.


Cliccando sul bottone blu e poi sui sottomenu che compaiono si possono vedere moltissimi dati statistici sulla pubblicità visualizzate. Questa è solo una selezione.

























Usare Internet senza un adblocker è come farsi pedinare per casa.


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2018/06/01

GDPR, bagno di sangue con risvolti positivi

Ultimo aggiornamento: 2018/06/01 22:30.

Il 25 maggio scorso è diventato applicabile il GDPR (General Data Protection Regulation), una serie di norme europee sulla gestione dei dati personali, e nonostante due anni di preavviso (le norme furono approvate nel 2016) molti siti sono arrivati all’ultimo giorno senza alcuna preparazione. Il caos è stato davvero notevole.

A parte l’ondata di mail di siti di aziende, alberghi e social network che ci chiedono il consenso per continuare a mandarci quello che loro chiamano “materiale informativo”, l’effetto immediato più visibile per molti utenti è stato l’oscuramento volontario di molte testate giornalistiche statunitensi, che hanno preferito rendersi inaccessibili agli utenti europei piuttosto che affrontare l’onere di adeguarsi alle nuove regole sul trattamento dei dati personali. Lo stesso ha fatto temporaneamente Instapaper; anche alcuni videogiochi online hanno cessato l’attività in via definitiva.

Numerosi proprietari di Pagine Facebook, invece, lamentano di non essere più in grado di accedervi per amministrarle. Facebook è anche oggetto di azioni legali, insieme a Google, Instagram e WhatsApp, con l’accusa di violazione del GDPR perché non offrono agli utenti una vera scelta: gli utenti, infatti, possono soltanto scegliere fra accettare che i loro dati vengano raccolti, condivisi e usati per la pubblicità mirata e cancellare i propri account. Prendere o lasciare, insomma.

Secondo i promotori di queste azioni legali, “il GDPR consente esplicitamente qualunque trattamento di dati strettamente necessario per il servizio, ma usare quegli stessi dati anche per pubblicità o per rivenderli richiede il consenso libero ed esplicito degli utenti.”

Molti utenti percepiscono il GDPR come un disagio, che crea situazioni problematiche come l’aumento dell’età minima per usare Whatsapp a 16 anni (interessante il commento dell’avvocato Guido Scorza sulle reali ragioni di questa scelta), ma i nuovi obblighi stanno anche mettendo a nudo il peso del tracciamento pubblicitario operato da moltissimi siti, come nel caso della testata giornalistica statunitense USA Today, il cui sito Web viene offerto agli utenti europei in versione priva di pubblicità e di script di tracciamento.

Il risultato è che al posto di 5,2 megabyte la pagina pesa 500 kilobyte, ossia meno di un decimo. Il 90%, insomma, è zavorra pubblicitaria:


2018/04/25

Condividere la propria localizzazione senza far installare app: Glympse

Ultimo aggiornamento: 2018/04/27 14:30.

Nonostante tutte le moderne tecnologie di geolocalizzazione integrate nei nostri smartphone, non è facile coordinare un raduno di tanti amici, colleghi o famigliari in un unico luogo e tenere traccia di dove sono tutti quanti. È difficile persino trovare il modo di comunicare la nostra posizione aggiornata a qualcuno con il quale abbiamo un appuntamento senza fermarci a scrivere un messaggio o telefonare, magari pericolosamente mentre si guida.

Certo, ci sono le app di localizzazione, ma di solito hanno il difetto che devono essere installate da tutti i partecipanti e spesso funzionano solo per un certo tipo di smartphone. Ma Glympse risolve in gran parte questi problemi: è gratuito e disponibile per Android e per iOS e non richiede necessariamente l’installazione.

Per esempio, immaginate di avere un appuntamento ma di essere imbottigliati nel traffico, per cui sarebbe comodo far sapere a un vostro amico dove siete e quanto manca al vostro arrivo, così non starà ad aspettarvi al freddo o sotto la pioggia. Se avete Glympse sul vostro smartphone, potete usarlo per mandare al vostro amico via mail, WhatsApp, Twitter, Telegram o altra app di messaggistica un semplice link a una mappa online che gli mostra nel browser questi dati, aggiornati in tempo reale, e gli fa sapere automaticamente quando arrivate sotto casa sua. L’amico non ha bisogno di installare nulla o di registrarsi, creare un account o condividere la propria rubrica degli indirizzi: il link funziona su qualunque smartphone e su qualunque computer.

Esistono anche i gruppi, che funzionano allo stesso modo e consentono a un gruppo di persone di sapere temporaneamente dove sono tutti i membri di quel gruppo.

In altre parole, solo chi vuole comunicare la propria posizione ha bisogno di installare l’app di Glympse, mentre chi vuole solo osservare le posizioni altrui non deve fare altro che cliccare sul link fornito. Questo è molto comodo per chi non vuole, non sa o non può installare app.

Potete scegliere facilmente per quanto tempo comunicare la vostra localizzazione, destinazione e velocità, fino a un massimo di 12 ore. Al termine di questo periodo la condivisione della localizzazione viene disattivata automaticamente. 48 ore dopo, i vostri dati di localizzazione raccolti da Glympse verranno resi anonimi e conservati solo in questa forma per essere venduti: è in questo modo che Glympse guadagna e si mantiene.

Ho provato Glympse di recente durante un viaggio, e funziona davvero bene, con indicazioni precise in tempo reale di posizione e velocità. I lettori mi hanno confermato di potermi seguire in tempo reale con facilità:



Anche se qualche errore non è mancato nelle zone dove le gallerie impedivano al mio smartphone di captare il segnale GPS:



Bisogna però fare un pochino di attenzione. I link temporanei di localizzazione sono utilizzabili da chiunque li venga a sapere e quindi ci si espone al rischio di essere pedinati da sconosciuti. Se si tratta di un evento pubblico questo certo non è un problema, ma se volete maggiore riservatezza potete creare un gruppo privato: in questo caso, però, è necessario che tutti i partecipanti usino l’app.

L’app chiede molti permessi nella sua installazione iniziale, ma è possibile limitarli e disattivare per esempio l’accesso al calendario, ai contatti, agli SMS e al telefono: funziona lo stesso.

In un’epoca in cui si comincia finalmente ad avere attenzione per la privacy digitale, avere un’app come Glympse, che consente di gestire la propria visibilità in modo semplice e intuitivo e di concederla solo quando si vuole, è un buon segno. Avere cura della propria privacy non significa rifiutare la tecnologia in blocco, ma soltanto quella troppo ficcanaso, e usare quella ben fatta.


Fonti aggiuntive: PC World, Android Guys, Lifewire.

2017/12/29

Localizzare uno smartphone anche a GPS spento si può

Vi racconto una storia d’informatica un po’ inquietante per chiudere l’anno del Disinformatico radiofonico perché credo che sia un ottimo esempio di come dati di per sé apparentemente innocui possono essere aggregati per ottenere informazioni sensibili e di come dobbiamo essere quindi molto attenti a quali dati lasciamo in giro.

Sappiamo tutti che uno smartphone sul quale sono attivi i servizi di localizzazione (GPS, soprattutto) è localizzabile da qualunque società commerciale che gestisca una delle app alle quali avete dato i permessi di tracciamento. Sappiamo inoltre che anche a GPS spento gli operatori telefonici, le forze dell’ordine e i servizi di soccorso sono in grado di localizzare qualunque telefonino acceso. Molti utenti sono convinti che per evitare il tracciamento commerciale (o da parte di un partner ficcanaso) basti disattivare la localizzazione nelle impostazioni del dispositivo. Non è così.

Alcuni ricercatori della Princeton University hanno creato un’app dimostrativa, chiamata PinMe, che consente di tracciare un telefonino anche a GPS spento, usando soltanto i dati raccolti dai vari sensori presenti nello smartphone (iOS o Android). La loro ricerca, pubblicata presso il sito dell'IEEE (PinMe: Tracking a Smartphone User around the World, accessibile a pagamento ma riassunta da Naked Security) mostra come i dati del barometro, dell’altimetro, del giroscopio, dell’accelerometro, del magnetometro e dell’orologio presenti nello smartphone siano sufficienti a determinare dove si trova un utente se li si aggrega e confronta con i dati pubblicamente disponibili.

Per esempio, l’accelerometro consente di capire il tipo di movimento: se è lento e oscillante, l’utente sta camminando. Se è più veloce e fa svolte a 90 gradi, l’utente sta andando in auto, in moto o in bici. Velocità superiori e curve ampie indicano l’uso di un treno o di un aereo. Se il barometro indica una pressione ridotta è un aereo. Incrociando per un po' di tempo i dati di pressione atmosferica con il fuso orario rilevato dal telefonino, con i dati pubblici di altimetria e con l’orientamento della bussola è possibile circoscrivere rapidamente la zona in cui può trovarsi l’utente.

A ogni svolta, per esempio, si riduce il numero di strade corrispondenti al percorso coperto. Durante una dimostrazione, i ricercatori hanno notato che bastano dodici svolte per sapere esattamente dove si trova l’auto nella quale l’utente si sta spostando.

I rimedi sono pochi. A parte la scelta drastica di smettere di usare uno smartphone e tornare a un telefonino classico, si può provare a togliere ogni app che non si usa più e a non installare app di dubbia provenienza. I ricercatori consigliano ai produttori di imporre ai sensori dei limiti alla frequenza con la quale raccolgono dati quando sono inattivi e di aggiungere degli interruttori fisici ai dispositivi, in modo da consentire di spegnere con certezza i sensori non utilizzati.

2017/11/10

Facebook vi classifica in 52.000 categorie: come scoprire quali

Ultimo aggiornamento: 2017/11/10 13:00.

La settimana scorsa ho raccontato la diffusa preoccupazione che Facebook ascolti gli utenti a loro insaputa attraverso gli smartphone per captare parole chiave delle loro conversazioni a scopo pubblicitario. Molti utenti, infatti, hanno notato su Facebook le pubblicità di prodotti che non avevano mai cercato o discusso online ma che avevano menzionato a voce nelle vicinanze del telefonino.

I conduttori del podcast Reply All hanno contattato in proposito Antonio Garcia Martinez, ex dipendente di Facebook responsabile per la pubblicità mirata, e gli hanno chiesto di spiegare una storia inquietante raccontata da un loro ascoltatore di San Francisco, in California.

L’ascoltatore dice che la madre del suo partner è venuta in visita dall’Oklahoma. Per viaggiare ha preso l’aereo, e i controlli di sicurezza le hanno sequestrato la bottiglietta di profumo, così al suo arrivo ha detto all’ascoltatore e al suo partner “Ehi, vorrei andare a una profumeria e comprare una nuova confezione di profumo”. Nel giro di mezz’ora Facebook ha mostrato al partner una pubblicità di una profumeria a San Francisco, perfetta per risolvere l’esigenza della madre. Come è possibile?

Martinez spiega che per queste magie non occorre ascoltare le conversazioni: Facebook sa che la madre sta facendo un viaggio, perché la segue grazie alla geolocalizzazione. Sa che è andata a trovare il figlio, sempre grazie alla geolocalizzazione (stavolta quella del figlio) e grazie al fatto che il figlio è indicato fra gli amici e membri di famiglia su Facebook. Sa anche che la donna acquista profumo, quale marca usa e da quanto tempo non ne compra, perché il social network acquista dati sui consumi degli utenti, schedati attraverso le tessere fedeltà; e quindi decide di mostrare al figlio la pubblicità di una profumeria.

Facebook, inoltre, segue gli utenti anche quando non sono nel social network, grazie a dei codici di tracciamento invisibili (i Facebook Pixel) presenti in molte pagine del Web, e quindi sa quali siti hanno visitato e per esempio quali articoli hanno letto e quali prodotti hanno anche soltanto valutato e non acquistato nei negozi online. Sulla base di tutti questi dati crea un dossier su ciascuna persona, classificandola secondo circa 52.000 categorie, stando ai dati di Julia Angwin di ProPublica citati nel podcast.

Potete vedere una parte di queste categorie entrando nel sito di Facebook con il vostro account e scegliendo Impostazioni - Inserzioni - Le tue informazioni - Le tue categorie. Se preferite usare l’app, scegliete Impostazioni - Impostazioni dell’account - Inserzioni - Le tue informazioni - Le tue categorie - Esamina e gestisci le tue categorie.


Alcune di queste categorie sono incredibilmente precise: per esempio, Amici intimi di uomini che festeggiano il compleanno entro 7-30 giorni, Persona lontana da casa, Viaggiatore frequente oppure Persona a cui piace fingere di mandare messaggini nelle situazioni imbarazzanti.

Nel mio profilo Facebook segnaposto, nel quale volutamente non riverso alcuna informazione personale (non ho amici e rifiuto le amicizie) ho trovato queste categorie, quasi tutte strettamente tecniche:

  • Persone che festeggiano il compleanno a settembre (giusto)
  • Persone che accedono a Facebook principalmente da dispositivi più vecchi o sistemi operativi precedenti a Windows 7, Mac OS X o Windows NT 6.2 (sbagliato)
  • Persone che usano Gmail per le e-mail (giusto)
  • Persone che accedono a Facebook usando principalmente macOS Sierra (giusto)
  • Persone che amministrano almeno 1 Pagina su Facebook (giusto)
  • Persone che accedono a Facebook usando principalmente Firefox (giusto)
  • Persone che vivono in nuclei familiari in cui una o più persone non sono familiari stretti o acquisiti (incredibilmente sbagliato) 

L’ultima è decisamente bizzarra: non ho coinquilini, ma ho alcuni amici che vengono spesso a trovarmi e si collegano a Facebook usando il mio Wi-Fi. Nonostante la mia frequentazione minima del social network, Facebook comunque ha dedotto questo aspetto personale della mia vita di famiglia.

Con capacità di analisi come queste, ascoltare attraverso il microfono non serve. E voi, nelle vostre categorie, cosa avete trovato?

Ecco alcune segnalazioni dei lettori, arrivate via Twitter dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo:








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