Ricordate l’aggiornamento di iOS alla versione 14.5? Quello che aggiungeva l’opzione di disattivare con facilità il tracciamento pubblicitario? Ne avevo parlato il 29 aprile scorso.
Quest’opzione, chiamata AppTrackingTransparency, consente la disattivazione globale andando in Impostazioni - Privacy - Tracciamento e spegnendo Richiesta tracciamento attività e consente la disattivazione per una singola app andando in Impostazioni, toccando l’app e disattivando Consenti tracciamento.
Facebook, che vive fondamentalmente di tracciamento pubblicitario, non l’ha presa bene e ha lanciato una campagna contro l’opzione anti-tracciamento, con pubblicità sui principali giornali statunitensi e una pagina online che presenta una rassegna di piccoli imprenditori digitali che usano il tracciamento pubblicitario di Facebook per trovare i propri clienti e che, dice Facebook, verranno messi in crisi da questa decisione di Apple.
Gli utenti hanno reagito piuttosto eloquentemente: secondo i dati raccolti dalla società di analytics Flurry, solo il 4% degli utenti iPhone statunitensi ha acconsentito al tracciamento attivando l’opzione Richiesta tracciamento attività oppure attivando Consenti tracciamento per una specifica app. A livello mondiale gli utenti che hanno accettato il tracciamento sono il 12%.
Il dato, basato su un campione abbastanza significativo, può essere interpretato in due modi.
Il primo è che alla gente la privacy interessa. Specialmente quando è facile da mantenere e quando per perderla bisogna fare qualcosa, invece di perderla in automatico e passivamente.
Il secondo è che la gente è semplicemente pigra e quindi accetta qualunque impostazione predefinita. Come prima accettava il tracciamento pubblicitario perché era il default, oggi accetta di non essere tracciata per lo stesso motivo.
Una volta tanto posso segnalare un archivio strapieno di password, pubblicato su Internet, senza che ci sia alcun pericolo di sicurezza informatica. Anzi, questo archivio è stato pubblicato allo scopo di aumentare la sicurezza.
Si tratta infatti della raccolta delle centomila password più popolari, classificate dal sito Have I Been Pwned (pronunciato powned) di Troy Hunt, che raccatta su Internet gli elenchi di password rubate e li analizza per vedere quali password vengono utilizzate maggiormente dagli utenti.
L’elenco è scaricabile qui presso il National Cyber Security Centre britannico.
Se una delle vostre password figura in questo elenco, la raccomandazione dell’NCSC è di cambiarla immediatamente. La ragione di questa raccomandazione così tassativa è in questo post dell’ente: in sintesi, gli aggressori sanno benissimo quali sono le password più usate e quindi tentano di entrare nei sistemi o di rubare account provando prima di tutto queste password popolari.
Certe password, fra l’altro, sono molto popolari: nelle compilation di password rubate collezionate da Troy Hunt la password 123456 è stata trovata 23 milioni di volte. Persino una password abbastanza insolita (in apparenza) come oreocookie compare oltre 3000 volte.
Elenchi come questi rafforzano la sicurezza anche in modo preventivo: possono essere infatti usati come base per delle denylist, ossia degli elenchi di password che gli utenti non possono proprio usare nel sistema informatico nel quale operano.
Queste sono le prime venti password più popolari secondo questa classifica: ci sono alcuni classici senza tempo, come le intramontabili qwerty e password, e spiccano quelle “originali” come 1q2w3e4r5t (primi cinque caratteri della prima e seconda fila di tasti).
ANSA ha pubblicato un
tweet
linguisticamente disastroso a proposito dell’annuncio di Demi Lovato di essere
una persona non binaria e di chiedere, come fanno molte persone non binarie,
che si usi they e them al posto di he/him o
she/her come suo pronome:
“La cantante Demi Lovato ha rivelato di essere non-binaria e ha chiesto di
rivolgersi a lei con il pronome 'voi' o 'loro'. In un video e un messaggio
Twitter ha spiegato di essere "orgogliosa" di questo cambiamento.”
La cantante Demi Lovato ha rivelato di essere non-binaria e ha chiesto di
rivolgersi a lei con il pronome 'voi' o 'loro'. In un video e un messaggio
Twitter ha spiegato di essere "orgogliosa" di questo cambiamento.
#ANSAhttps://t.co/u6dwz47NTJ
Come traduttore, come madrelingua inglese e come persona che per lavoro e
affetti segue le questioni di identità di genere, il tweet di ANSA mi ha fatto
accapponare la pelle. È assolutamente sbagliato, anche dal punto di vista schiettamente tecnico, tradurre il
they chiesto da Demi Lovato con voi o con loro. Inoltre
fare un tweet tutto al femminile proprio quando una persona chiede di non
essere citata al femminile o al maschile è una dimostrazione di insensibilità davvero
imbarazzante.
Metto subito in chiaro una cosa: chiunque venga qui a commentare che si tratta
di “stupidaggini gender” e di
“resa al politically correct” riceverà un accompagnamento immediato
alla porta. Le sfumature dell’identità di genere possono essere difficili da
capire, ma sono assolutamente reali. La biologia e la natura non sono in
bianco e nero, zero e uno, e sarebbe ora di metterselo in testa per non fare
la figura di quelli che vogliono continuare a credere che il Sole giri intorno
alla Terra quando i dati dicono che non è così. E non si tratta di opinioni o
di “scelte personali”: chi si trova con un disagio di identità di genere non
ha scelto di averlo, esattamente come voi non avete “scelto” di essere, che
so, eterosessuali o biondi o alti. Se non vi è chiaro, provate a informarvi. Un buon punto di partenza è questa serie di articoli su Butac, in particolare le parti 3 e 4.
Detto questo, qui mi dedico soprattutto alla questione linguistica, che è spiegata egregiamente da Licia Corbolante
qui: il they/them delle persone non binarie non è affatto un “voi” o un
“loro”. È un pronome singolare, non plurale, e in inglese si usa
per indicare una persona senza specificarne il genere. È un uso intraducibile
in italiano, dove abbiamo solo lui o lei e siamo quasi sempre
costretti a specificare il genere della persona che stiamo citando (anche se
esistono delle
buone soluzioni, parziali ma facili da mettere in pratica).
Prevengo un’obiezione politico-linguistica inevitabile: no, non è una cosa
introdotta di recente. Il they singolare esiste, in inglese, da circa
seicento anni. L’unica novità è che è stato adottato anche dalle persone non binarie e
accolto con questa accezione nei dizionari (Merriam-Webster, 2019). E se la cosa vi scandalizza perché non ve l’hanno insegnata a
scuola, beh, è ora di aggiornarsi, tutto qui. L’ho fatto anch’io.
Per i sostenitori della teoria del complotto gender per sovvertire le
fondamenta linguistiche e incrinare la famiglia, a parte un invito a crescere
invece di fare i bambini invasati, cito qualche
esempio di
they singolare proveniente da tempi non sospetti:
and every one to rest themselves betake — William Shakespeare
I would have everybody marry if they can do it properly — Jane Austen
it is too hideous for anyone in their senses to buy — W. H. Auden
a person can't help their birth — W. M. Thackeray
no man goes to battle to be killed.—But they do get killed — G. B.
Shaw
E per finire:
If you love somebody, set them free — Sting
Questa costruzione può sembrare dissonante per i non madrelingua, ma è
perfettamente normale, tanto che molti madrelingua nemmeno si accorgono di usarla.
No one has to go if they don't want to è decisamente più idiomatico ed
eufonico di No one has to go if he or she doesn't want to.
Altra obiezione frequente: usare il they anche per il singolare crea
confusione fra singolare e plurale, quindi è inaccettabile, si dice. Scusate,
ma avete considerato che you fa
esattamente la stessa cosa?
Oltretutto questa critica arriverebbe da un pulpito decisamente ipocrita, dato
che per esempio in italiano è sempre più diffuso l’uso di gli non solo per indicare
indifferentemente una o più persone, ma anche per indicare una o più donne. Eppure
non vedo orde con torce e forconi chiedere il ritorno per legge del
le e del loro per evitare di essere travolti dalla confusione di
genere.
E che dire dell’uso del lei in italiano come forma di cortesia verso
gli uomini? Anche qui non vedo nessuno strillare che a furia di dare loro del lei, i maschi diverranno tutti effeminati. Beh, ci aveva provato un certo
dittatorucolo circa cent’anni fa, ma non è andata particolarmente bene.
Quindi ANSA come avrebbe potuto scrivere il suo tweet in maniera non
imbarazzante? Per esempio così:
“L’artista Demi Lovato ha rivelato di essere una persona non-binaria e ha
chiesto che si usi il pronome 'they'. In un video e un messaggio Twitter ha
spiegato di "provare orgoglio" per questo cambiamento.”
Visto? Non è difficile.Basta volere, e basta avere un po’ di rispetto
per gli altri.
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2021/06/10 12:30. Se vi interessa la situazione in Svizzera sul linguaggio inclusivo, c’è un articolo molto ricco di fonti su Swissinfo.ch (in italiano).
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ancora facendo una donazione anche voi, tramite Paypal (paypal.me/disinformatico) o
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Mi stanno arrivando parecchie richieste di commento su articoli come quello
del
Corriere della Sera, che parlano di un video di UFO che è stato definito “autentico” dal
Pentagono.
La faccio molto breve:
quando qualcuno dice che un video è autentico, vuol dire soltanto che non è
stato alterato e che la sua provenienza è verificata. Non vuol dire che
conferma una data interpretazione di cosa mostra.
Tipo, che so, se chiedi a George Lucas se una foto scattata sul set di
Star Wars è autentica, e lui ti risponde di sì, non è che puoi andare
in giro a dire che i Jedi esistono, Darth Vader è reale e puoi manipolare le
menti deboli usando la Forza.
Per tutto il resto, consiglio a chi volesse ancora pensare che questi video
mostrino veicoli alieni e che questo sarebbe stato confermato dal Pentagono di
leggersi attentamente le dichiarazioni originali e non i
virgolettati e gli abbinamenti farlocchi che circolano sulla stampa.
Per esempio, vediamo quali sono realmente le dichiarazioni dell’ex presidente
statunitense Obama, citate dai media con titoli come
“gli Ufo esistono e vanno presi sul serio” (che La Stampa ha
abbinato a un’illustrazione di un disco volante in stile George Adamski, giusto per levare ogni dubbio che “UFO” venga considerato giornalisticamente sinonimo di “veicolo extraterrestre”):
Vittorio Sabadin de La Stampa, dietro paywall,
scrive
che
“Obama ha dichiarato in una trasmissione televisiva che gli Ufo esistono,
si muovono in modalità che contrastano con le leggi della fisica a noi
conosciute e rappresentano un fenomeno che ‘va preso sul serio’”. L’illustrazione è stata poi sostituita con un’altra non molto migliore.
Sapete qual è la “trasmissione televisiva”? Per scoprirlo
bisogna leggere la versione a pagamento dell’articolo. L’ho fatto io per voi.
È il Late Late Show con James Corden, spiega Sabadin. Un programma d’intrattenimento leggero. Ovviamente se un
ex presidente deve rivelare al mondo qualcosa di così importante, andrà a un
programma del genere. Mica farà un comunicato stampa o un
annuncio formale.
Già questo dovrebbe far capire che la notizia è una bufala, ma vediamo che
cosa ha detto di preciso Obama. Questo è quello che secondo Sabadin sarebbe “la cosa
importante” delle sue dichiarazioni (fatte, ripeto, in un programma d’intrattenimento):
“Ma ciò che è vero - e in realtà dico sul serio - è che ci sono filmati e
registrazioni di oggetti nei cieli che non sappiamo esattamente cosa siano.
Non possiamo spiegare come si muovono, le loro traiettorie ... Non si muovono
con uno schema facilmente spiegabile. Quindi penso che la gente prenda sul
serio il tentativo di indagare e di capire di che cosa si tratta. Ma oggi non
ho niente da riferirti.”
Avete letto le parole “veicoli extraterrestri”? Qualche riferimento
agli alieni? No. Semplicemente Obama ha detto che ci sono riprese di cose che
non si sa esattamente cosa siano. Possono essere droni di un paese
rivale (nel qual caso l’interesse dei militari è assolutamente ovvio), errori
di interpretazione di fenomeni normali in circostanze insolite (un classico) o mille altre cose assolutamente
terrestri.
Prima di mettere in testa all’articolo un’immagine di un disco volante, bisognerebbe
essere onesti e considerare tutte queste spiegazioni molto più credibili. Ma
così facendo, addio sensazionalismo, addio clic.
Se vi interessa, questo è il video originale della trasmissione: giudicate voi
i toni della conversazione sulla quale Sabadin basa il suo articolo. La domanda non è nemmeno fatta dal conduttore, ma da uno dei musicisti, e pure ridendo.
L’articolo di Sabadin finisce con un delirio di fantarcheologia e
fantareligione:
“Da alcuni anni, una più attenta rilettura della Bibbia, dei libri di Omero e
di altri antichi testi, oltre a un’analisi priva di pregiudizi di numerosi
manufatti antichi e di resti archeologici rimasti ancora privi di spiegazione,
hanno riportato in auge l’ipotesi che esseri dotati di una tecnologia
superiore possano avere influenzato il destino dell’umanità migliaia di anni
fa, identificati come dei che andavano e venivano in continuazione dal cielo,
come ci ha tramandato ogni cultura del mondo.”
Questi sono contenuti a pagamento di un giornale, non del blogghettino del
complottista frustrato di turno. Purtroppo c’è chi campa sulla creduloneria invece di fare giornalismo.
Per tutti quelli che adesso mi diranno “sì, ma c'è questo video... sì,
ma c'è quest'altra dichiarazione...”, scusatemi ma non vi risponderò. Vi chiedo solo una cosa: non siete stanchi di farvi prendere per il naso
dall'ennesima cialtronata basata su video sfuocati e traballanti?
Sinceramente tutti questi “annunci” e “avvistamenti” e discorsi di rivelazioni imminenti mi hanno stufato. Sono
anni che si va avanti con video sgranati e confusi, utili soltanto a
fabbricare cretinate acchiappaclic.
Abbiamo tutti in tasca telecamere HD
pronte a entrare in azione in un istante, abbiamo telecamere di sorveglianza
ovunque, abbiamo astronomi che sorvegliano il cielo 24 ore su 24, e
questi video sono il meglio che si riesce a presentare? Sul serio? Una
macchiolina? Un triangolino
che oltretutto lampeggia esattamente come un aereo? Ma secondo voi gli
alieni vanno in giro con le luci di posizione a norma terrestre?
Persino un evento totalmente inatteso come il meteoroide di Celyabinsk è stato
documentato magnificamente. Ma qui no, siamo ancora fermi alle macchioline
indistinte. E allora viene da chiedersi se per caso il problema è che c’è
qualcuno che a tutti costi vuole credere che tutte le macchioline indistinte
siano veicoli misteriosi. Quando è invece infinitamente più probabile
che siano errori di interpretazione di oggetti assolutamente banali.
E se per caso siete fra quelli che dicono “eh, ma i militari e le autorità ci nascondono cose”, come mai ora
improvvisamente credete ciecamente a quello che dicono militari e
autorità? Non è che magari ci credete perché dicono quello che vorreste che fosse vero?
La storia dei depistaggi passati usati dai militari e dalle autorità
per nascondere le loro attività non l’avete mai letta? Vi consiglio di
farlo. Scoprirete cose interessantissime. Scoprirete anche che i casi più clamorosi dell’ufologia sono stati
costruiti dai militari come storie di copertura o dai venditori di fuffa
per vendere, appunto, fuffa. Roswell? Copertura per nascondere i sistemi di monitoraggio dei test nucleari sovietici.
Triangolo delle Bermude? Inventato di sana pianta da Charles Berlitz. Eccetera, eccetera, eccetera.
Evidentemente ci sono tante persone che vogliono credere alle fatine e
ci sono giornalisti che sono disposti a raccontare favole. Quando
s'incontrano nasce l'affare.
Ma non chiamatelo giornalismo, per favore.
---
Personalmente mi sono stancato di perdere ore a investigare ogni singolo
“avvistamento”. Si finisce per essere vittime della Teoria della Montagna di
M* (cit.): ore per indagare ogni “avvistamento”, scoprire che ha una
spiegazione banalissima, per poi trovare subito dopo che ne è uscito un altro
altrettanto vago, e si ricomincia da capo, con il solito commento strafottente “eh, però QUESTO non l’hai sbufalato!”
Per cui chi vuole continuare a pensare che ogni singolo tafano che passa davanti all'obiettivo e ogni luce all’orizzonte sia la scialuppa vagabonda di un
alieno troppo stupido per non farsi vedere
spegnendo le luci lampeggianti, faccia pure. Io non voglio perderci
altro tempo. Chiamatemi quando avrete riprese decenti. E magari chiedetevi chi
sono gli unici che guadagnano sempre quando c’è di mezzo l’ufologia.
Illustrazione artistica di un decollo di Starship in cima a un booster
Super Heavy.
Ultimo aggiornamento: 2021/05/15 10:00.
Sul sito della
Federal Communications Commission
statunitense (l’ente preposto alla gestione degli usi dello spettro radio
negli Stati Uniti) è stata
pubblicata
la
documentazione di
SpaceX riguardante il primo volo orbitale del razzo gigante Starship dal punto
di vista, appunto, dell’utilizzo dello spettro radio per trasmettere la
telemetria.
Questa documentazione rivela anche molti dettagli tecnici dello svolgimento
previsto di questo volo. Per esempio, il punto di partenza sarà
“Starbase, TX”, ossia il nome che SpaceX usa per indicare la località
di Boca Chica dalla quale attualmente effettua i voli di collaudo della
Starship. Non verrà usato il Kennedy Space Center, in Florida, con le sue celeberrime rampe di lancio. Sarà il primo volo orbitale che parte dal Texas, per quel
che ne so: sicuramente sarà il più grande.
Questo volo, previsto entro fine anno e
non prima del 20 giugno, vedrà la Starship decollare in cima al booster gigante
Super Heavy (che finora non ha ancora svolto neppure un’accensione
di prova), formando un veicolo alto ben 120 metri.
Poco meno di tre minuti dopo il decollo di questo colosso, il booster si separerà dalla
Starship e poi invertirà la propria rotta per tornare verso il punto di
partenza, ma senza tentare di atterrare sulla piazzola di decollo: per questo
primo volo, dopo poco più di otto minuti scenderà in acqua, nel Golfo del
Messico, a una trentina di chilometri dalla costa, in una cauta prova generale
della procedura di atterraggio, seguendo lo schema usato anche per collaudare
l’atterraggio del ben più piccolo Falcon 9.
Schema del volo con parziale ritorno del Super Heavy.
Nel frattempo, la Starship entrerà in orbita intorno alla Terra,
effettuerà una singola orbita quasi completa (più propriamente si tratta di un volo suborbitale estremamente lungo, concepito per garantire il rientro controllato anche in caso di malfunzionamento dei motori) e poi tenterà il rientro e l’ammaraggio dolce
nell’Oceano Pacifico, a circa 100 chilometri dalla costa nord-ovest di Kauai,
una delle isole Hawaii.
La traiettoria di partenza e inserimento in orbita della Starship.
La traiettoria di rientro della Starship.
L’intera missione durerà una novantina di minuti e servirà a collaudare le
capacità di base del razzo, ossia decollo e rientro, e acquisire telemetria sul comportamento in volo, senza tentare le
complicatissime operazioni di atterraggio mirato su terraferma.
Leggendo attentamente la documentazione si notano alcune differenze terminologiche fra l’ammaraggio del Super Heavy e quello della Starship: per il Super Heavy si parla di
touchdown, termine che potrebbe suggerire un appontaggio su una nave
appoggio (ma su questo dettaglio non ci sono informazioni precise), mentre nel caso della
Starship viene usato il termine splashdown e si parla di ammaraggio propulso e mirato (“powered, targeted landing”). Ma c’è il rischio di lanciarsi in interpretazioni basate su sfumature forse non intenzionali.
---
Nel frattempo, SpaceX ha un contratto da 50 milioni di dollari con la NASA per lo sviluppo di un altro tassello importante del progetto Starship: il rifornimento di propellente in volo, che nei voli futuri consentirà al veicolo di essere rifornito mentre si trova in orbita terrestre e quindi partire verso la Luna o altre destinazioni con un “pieno” di propellente, aumentandone enormemente l’autonomia e la capacità di trasporto. Anche altre aziende aerospaziali (ULA, Lockheed Martin e molte altre) hanno ricevuto contratti per esperimenti analoghi su scala più piccola. Nel caso di SpaceX si tratta di dimostrare la capacità di trasferire ben dieci tonnellate di ossigeno liquido fra serbatoi su una Starship in volo.
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È disponibile il podcast di oggi de Il Disinformatico della Rete Tre
della Radiotelevisione Svizzera, condotto da me insieme a Tiki. Questi sono gli
argomenti trattati, con i link ai rispettivi articoli di approfondimento:
Siete agitati e ansiosi perché avete letto che WhatsApp il 15 maggio cambierà le proprie regole? Rilassatevi. Soprattutto se risiedete nella “regione europea” (che WhatsApp definisce qui e include la Svizzera), i cambiamenti sono minimi.
Per chi risiede in questa regione, valgono questi nuovi termini di servizio e vale questa informativa sulla privacy (entrambi sono disponibili in italiano e varie altre lingue); per chi sta altrove, invece, valgono questi termini e questa informativa. Colgo l’occasione per ricordare che nella regione europea il limite minimo di età per iscriversi è 16 anni ma 13 nel resto del mondo.
Nella regione europea, accettare i nuovi termini e la nuova informativa
significa in sostanza che WhatsApp continuerà a non poter usare i dati che raccoglie
per aiutare gli inserzionisti a mostrare annunci su Facebook (WhatsApp,
insieme a Instagram, fa parte del gruppo delle aziende di Facebook): “Accettare i nuovi Termini di servizio non accresce la capacità di WhatsApp di condividere i dati degli utenti con la società madre, Facebook”, dice questa FAQ di WhatsApp.
Se non accettate i nuovi termini (che inizialmente dovevano entrare in vigore l’8 febbraio ma sono stati posticipati al 15 maggio), il vostro account non verrà disabilitato o limitato immediatamente: ci sarà invece una riduzione graduale delle funzioni. Dopo alcune settimane potrete solo leggere e rispondere alle chat e ricevere chiamate ma non potrete avviare nuove conversazioni. Solo dopo altre settimane verrà tutto bloccato e sarete quindi considerati inattivi.
In teoria, dopo 120 giorni di inattività, secondo le regole preesistenti di WhatsApp gli account inattivi vengono eliminati e quindi dovrebbe essere eliminato anche il vostro, se non avete accettato i termini nel frattempo.
Restano invariate le altre regole: WhatsApp continuerà a non poter leggere il contenuto dei messaggi o ascoltare le chiamate e non condividerà i contatti con Facebook. WhatsApp ha pubblicato una pagina informativa di risposta alle domande più frequenti. Ma i garanti europei non sono soddisfatti e chiedono maggiore chiarezza e trasparenza.
Ormai siamo tutti abituati agli sfondi virtuali nelle videoconferenze: sono
spesso brutti e scontornano malissimo il volto, mozzando occhiali e orecchi (se
non vi attrezzate con un green screen), ma perlomeno salvaguardano la
privacy quando non si vuole mostrare l’ambiente nel quale ci si trova.
Il senatore dello stato dell’Ohio Andrew Brenner, durante una riunione
governativa tenutasi via Zoom, ha usato uno di questi sfondi virtuali per
simulare di essere in ufficio o a casa mentre in realtà era in auto. E in
alcuni momenti stava pure guidando.
È stato tradito non tanto dal pessimo scontornamento che rivelava la falsità
dello sfondo, con un effetto piuttosto ridicolo, ma da un particolare rivelatore: la cintura di sicurezza che gli
attraversava la camicia in diagonale. Non risulta infatti che nell’Ohio le
sedie di casa siano dotate di cinture di sicurezza automobilistiche.
Nel
video integrale (circa 13 minuti) si vede che all’inizio il senatore è fermo in auto, e fin qui non ci sarebbe nulla di male. Ma poi inizia a guidare intanto che smanetta sul telefonino per impostare lo sfondo virtuale. Brenner stesso ha ammesso che stava guidando, ma ha dichiarato che non era distratto e stava soltanto ascoltando la riunione e che usa spesso questo metodo. Il video racconta una storia diversa, già a partire dall’uso dello sfondo. Se non avesse voluto mostrare dove si trovava, avrebbe potuto semplicemente disattivare la telecamera dopo che si era fatto identificare.
Ecco uno spezzone del video:
Ironia della sorte, il senato dell’Ohio sta proprio discutendo una legge che inasprirebbe le pene per chi guida in modo distratto, e fra i comportamenti vietati i sarebbe proprio lo streaming video durante la guida.
Avvertenza: leggete questo articolo fino in fondo prima di saltare a
conclusioni affrettate.
Avete mai avuto la sensazione che il vostro telefonino vi ascolti e vi
proponga pubblicità sulla base di quello che dite? Non è così; si tratta
soltanto di pubblicità mirata, generata sulla base di dove siete, vicino a chi
siete, che siti visitate, che informazioni cercate e altri dati personali. Ma
ora è stata annunciata un’app che estende questo concetto: SayPal. La trovate
presso Saypal.app.
SayPal, infatti, vi paga per citare nomi di marche celebri nelle vostre conversazioni. A
differenza del tracciamento pubblicitario convenzionale, inoltre, vi avvisa
subito di quanto avete incassato con ciascuna menzione della marca, e
l’incasso va a voi, non a chissà chi.
Una volta concessi i permessi, SayPal vi ascolta tramite il microfono del
telefonino e adopera sofisticate tecniche di intelligenza artificiale ed
elaborazione del linguaggio naturale per identificare le parole chiave.
SayPal
include inoltre un wallet Bitcoin, sul quale vengono accreditati
automaticamente gli incassi.
Come vi siete sentiti leggendo questa descrizione? Tentati di monetizzare le vostre conversazioni o inorriditi all’idea di essere costantemente ascoltati o i vedere che i vostri amici si convertono a SayPal e cominciano a parlarvi intercalando citazioni di marche famose in cambio di soldi?
È esattamente questo lo scopo di SayPal, che non esiste se non come provocazione da parte di Matt Reed, “tecnologo creativo” presso redpepper e già autore di altre burle digital come il Rickroll per Zoom e lo Zoombot
che crea un ”gemello” virtuale da far partecipare alle riunioni online. Se continuiamo ad accettare la sorveglianza commerciale, SayPal rischia di essere un’anticipazione profetica di quello che ci aspetta nel nostro futuro
iperpubblicitario.
Ancora una volta, con sentimento: Idiocracy era un avvertimento, non un manuale di cose da fare.
Un altro giorno, un’altra collezione di scansioni di documenti d’identità
lasciata online, accessibile a chiunque sappia usare Google. Non occorre
conoscere password o altro: basta un banalissimo googledork. Il tweet
qui accanto contiene tutto quello che serve sapere per trovare questi
documenti.
Come è possibile? Molti documenti della pubblica amministrazione italiana
hanno in allegato una scansione della carta d’identità: ho trovato
registrazioni di liquidazioni di prestazioni, lettere commerciali di
affidamento lavori, persino una raccomandata spedita via PEC (ironicamente),
tutte con la loro brava scansione a colori, nitidissima, di un documento
d’identità, usata come “firma digitale”.
Nomi, cognomi, indirizzi, fotografie, estremi dei documenti, dettagli dei
pagamenti effettuati o richiesti, codici IBAN, tutti lasciati online.
Chi è l’irresponsabile che ha messo tutti questi documenti in bella mostra su
Internet? Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
A quanto pare chi ha progettato il sito non ha considerato che esiste Google,
e che quindi se un file è accessibile senza dover fare login e digitare una
password Google lo troverà e lo indicizzerà, permettendo a chiunque di
trovarlo. In questo caso i file sono accessibili perché hanno un URL pubblico
del tipo
Ho sfuocato io le immagini; gli originali online sono perfettamente leggibili.
Disastri di privacy come questo sono frequentissimi e sono ovviamente una
miniera d’oro per qualunque malintenzionato che voglia procurarsi una
scansione di un documento identificativo di qualcuno per impersonarlo,
specialmente ora che la scansione viene considerata equivalente a una firma.
La prossima volta che qualcuno propone di depositare online una copia dei
documenti d’identità, magari affidandola ai social network, allo scopo di
obbligare tutti a identificarsi sui social e quindi proteggersi dai bulli, dai
molestatori e dagli odiatori, ricordate questo caso.
Questa è la pubblica amministrazione di uno stato, che ha degli obblighi di
legge, e li ha verso i propri cittadini. Figuratevi come può tutelare i vostri
documenti personali un’azienda che ha la sede principale all’estero, risponde
soltanto alle leggi del suo paese (forse), al posto dei cittadini ha degli
utenti e ha come esplicito scopo commerciale la vendita dei dati dei propri
utenti.
---
Aggiornamento (2021/05/14 00:10). Se qualcuno avesse in mente di
obiettare
“ma tanto non se ne fanno nulla di queste scansioni di documenti
d’identità, a chi vuoi che interessino”, questo è l’annuncio pubblicato oggi su un noto forum di compravendita di
dati trafugati: vengono offerti dieci euro per ogni carta d’identità.
---
Aggiornamento (2021/05/17 08:40). Di questo caso e di altri analoghi si sono occupati Matteo Flora e Guido Scorza in una puntata di Garantismi.