Un blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale
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2020/02/13
Il mio corso online di giornalismo digitale a prezzo ribassato fino al 23 febbraio
Per San Valentino, Suisse Vague/Lezionidalfuturo.com, l’editore del mio corso online di giornalismo digitale, offre una riduzione di costo: da oggi e fino al 23 febbraio il corso costa 149 franchi svizzeri (circa 133 euro).
Nel corso, che dura in tutto 85 minuti ed è composto da sei lezioni, spiego tutte le tecniche che uso quotidianamente come giornalista e come debunker.
Il video qui sotto è l’introduzione: il link al corso vero e proprio è questo.
Parte del costo arriva a me, per cui partecipare è anche un modo per contribuire al mio sostentamento e consentirmi di continuare a offrire informazioni gratuite e senza pubblicità come quelle di questo blog. Visto che questo corso sta andando bene e l’editore è soddisfatto, ne sto preparando uno sulle cosiddette fake news. Buona visione!
Nel corso, che dura in tutto 85 minuti ed è composto da sei lezioni, spiego tutte le tecniche che uso quotidianamente come giornalista e come debunker.
Il video qui sotto è l’introduzione: il link al corso vero e proprio è questo.
Parte del costo arriva a me, per cui partecipare è anche un modo per contribuire al mio sostentamento e consentirmi di continuare a offrire informazioni gratuite e senza pubblicità come quelle di questo blog. Visto che questo corso sta andando bene e l’editore è soddisfatto, ne sto preparando uno sulle cosiddette fake news. Buona visione!
2020/02/10
“Luna? Sì, ci siamo andati!” edizione 2020: il PDF stampabile è pronto per i donatori
Come avevo preannunciato a Natale scorso, l’edizione 2020 del mio libro di debunking spaziale “Luna? Sì, ci siamo andati!” è stata impaginata ed è ora disponibile per lo scaricamento in formato PDF per tutti i donatori. Sarà disponibile anche per i non donatori dal 10 marzo prossimo.
Se siete donatori, dovreste aver già ricevuto una mia mail con le istruzioni di scaricamento. Se non l’avete ricevuta, scrivetemi e avvisatemi.
Se avete già acquistato una precedente versione cartacea o digitale, siete già donatori: mandatemi via mail una foto della vostra copia del libro (o del vostro e-reader che mostra una pagina del libro) e vi manderò subito il link per lo scaricamento.
Se non siete donatori e proprio non riuscite ad aspettare un altro mese, potete diventare donatori seguendo questo link (importante: non usate altri link, altrimenti non saprò che la donazione è per il libro!).
Questa versione PDF rispecchia il contenuto sfogliabile online nell’apposito sito ed è impaginata in formato A4 per valorizzare al massimo le grandi immagini e consentirvi di stamparlo agevolmente.
Il libro è cresciuto parecchio rispetto alle edizioni precedenti e ora è composto da 605 pagine. Include anche codici QR che consentono di vedere facilmente i video citati nel testo se si usa un telefonino o un tablet in grado di leggere i codici QR.
Come sempre, il PDF non è protetto da sistemi anticopia (DRM) ed è fruibile su qualunque dispositivo e copiabile liberamente secondo la licenza Creative Commons inclusa nel testo.
Se trovate nel libro refusi, errori, passaggi non chiari o se avete suggerimenti, segnalatemeli: ne terrò conto per la prossima edizione.
A tutti i donatori, grazie!
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Questa versione PDF rispecchia il contenuto sfogliabile online nell’apposito sito ed è impaginata in formato A4 per valorizzare al massimo le grandi immagini e consentirvi di stamparlo agevolmente.
Il libro è cresciuto parecchio rispetto alle edizioni precedenti e ora è composto da 605 pagine. Include anche codici QR che consentono di vedere facilmente i video citati nel testo se si usa un telefonino o un tablet in grado di leggere i codici QR.
Come sempre, il PDF non è protetto da sistemi anticopia (DRM) ed è fruibile su qualunque dispositivo e copiabile liberamente secondo la licenza Creative Commons inclusa nel testo.
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2020/02/09
Per Dagospia e Libero Quotidiano, le Tesla sono fabbricate da Jeff Bezos. Parola di Attilio Barbieri
Il gatto ha solo funzioni compensatorie della bruttezza della vicenda trattata. |
Questa teoria si scontra con alcuni fatti. Tipo questo: Attilio Barbieri, che scrive per Libero Quotidiano e mi risulta essere un giornalista dell’Ordine, quindi uno di quelli “bollinabili”, scrive questa perla, ripubblicata anche da Dagospia (l'evidenziazione è mia):
Così, ad esempio, un «rifornimento» sulla Hyundai Kona - sempre alle colonnine - costa da 32 a 50,56 euro, sulla Mercedes Eqc da 40 a 63,20 euro e sulla Tesla Model S da 50 a 79 euro. Ma per le vetture che escono dalle fabbriche di Jeff Bezos possono appoggiarsi su una rete di rifornimento dedicata, la Supercharger, accessibile solo ai clienti
Avete capito bene. Attilio Barbieri, che vorrebbe spiegare ai lettori il complesso mondo dell’auto elettrica, non sa neanche distinguere fra Jeff Bezos (boss di Amazon) e Elon Musk (boss di Tesla).
Ho salvato una copia permanente su Archive.org dell’articolo. Questo è uno screenshot:
Il resto dell’articolo è una collezione di fandonie, errori e luoghi comuni beceri e stantii che dimostrano una spettacolare incompetenza nel settore oltre che un pregiudizio di fondo verso la materia (“oggetto di culto del Green new deal in salsa euro-italiana”), scegliendo sistematicamente i casi più estremi e irrealistici per far sembrare che “un viaggio con l’auto elettrica costa quattro volte tanto”.
Qualcuno mi spieghi, allora, come mai io in due anni di uso della mia piccola auto elettrica per tutti gli spostamenti locali ho risparmiato circa milletrecento euro, invece di spendere “quattro volte tanto”. E se avessi usato l’auto elettrica anche per i viaggi che per ora faccio ancora con la mia auto a benzina avrei risparmiato 4800 euro. Posso presentare i conti, se qualcuno ha dubbi.
Avrei anch’io da proporre un bollino per questo genere di giornalismo, ma non è del genere immaginato dall’Ordine. E nemmeno dello stesso colore.
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2020/02/08
Per il Corriere, il 5% equivale a uno su cinque
Corriere della Sera. Articolo a firma di Nando Pagnoncelli. Titolo: “Il sondaggio | La riforma della prescrizione piace al 59%. Ma solo un italiano su 5 la conosce nei dettagli”. Testo: “solo il 5% dichiara di conoscerlo nel dettaglio”.
La gente mi chiede spesso perché svergogno pubblicamente le testate che scrivono bestialità come questa invece di contattarle in privato e segnalare educatamente l’errore. Semplice: perché se glielo dici in privato, se ne strafregano.
Luca Chiodini, un utente come tanti, ha segnalato questa castroneria al Corriere oggi nel primo pomeriggio:
Niente da fare. La scempiaggine segnalata è ancora lì adesso, alle 21. Ho rimosso le pubblicità dallo screenshot per non regalare favori agli inserzionisti.
Trovate una copia permanente qui su Archive.org.
Vediamo che succede ora che l’ho mostrata pubblicamente:
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La gente mi chiede spesso perché svergogno pubblicamente le testate che scrivono bestialità come questa invece di contattarle in privato e segnalare educatamente l’errore. Semplice: perché se glielo dici in privato, se ne strafregano.
Luca Chiodini, un utente come tanti, ha segnalato questa castroneria al Corriere oggi nel primo pomeriggio:
@disinformatico Riusciamo a far correggere al @Corriere, che dovrebbe essere un giornale autorevole, questa scempiaggine che persiste nel titolo dopo un'intera giornata?— Luca Chiodini (@chiodiniluca) February 8, 2020
Mi rammarica comunque che non gli basti una gentile segnalazione ma serva ricorrere al pubblico ludibrio....
Niente da fare. La scempiaggine segnalata è ancora lì adesso, alle 21. Ho rimosso le pubblicità dallo screenshot per non regalare favori agli inserzionisti.
Trovate una copia permanente qui su Archive.org.
Vediamo che succede ora che l’ho mostrata pubblicamente:
Allora, @Corriere, visto che le segnalazioni garbate come quella di Luca Chiodini (@chiodiniluca) cadono nel vuoto, vediamo se una figuraccia pubblica vi fa schiodare e correggere questa cretinata da analfabeti numerici.— Paolo Attivissimo (@disinformatico) February 8, 2020
"Un italiano su 5" non è "il 5%". pic.twitter.com/B2tUtxTjea
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Salvare foto da Instagram alla massima risoluzione
Instagram non ha, per ora, un’app per computer, ma si può usare Chrome con l’apposita estensione per Instagram per interagire con Instagram usando un vero computer dotato di mouse e tastiera, che rende tutto infinitamente più veloce e flessibile rispetto allo smartphone (ho provato a lavorare per quattro giorni solo con telefonino e tablet durante una mia breve visita a Londra, pochi giorni fa, in modo da non dovermi portare la zavorra del laptop, ed è stata una sofferenza unica).
Con un computer (Linux, Mac, Windows) diventa facile anche salvare le foto Instagram che vogliamo tenere, e farlo ottenendo la versione a massima risoluzione, che Instagram spesso non mostra.
Supponiamo per esempio che vogliate salvare questa foto dell’astronauta Christina Kock durante una sua attività extraveicolare, all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale.
Se fate un normale clic destro per salvare l’immagine, ottenete questo link, il cui URL (https://scontent-frt3-2.cdninstagram.com[...]/s1080x1080[...]) indica che si tratta già della versione a massima risoluzione, ossia 1080 pixel.
Ma non sempre è così. Quest’altra foto postata su Instagram, se salvata con un clic destro, è a 640 pixel.
Però con Chrome su computer potete fare clic destro sull’immagine e scegliere Inspect dal menu pop-up di Chrome che compare. Otterrete una schermata come questa:
Cercate il link che contiene s1080 e fatevi sopra un clic destro per aprirlo in un’altra scheda: otterrete l’immagine ad alta risoluzione.
Se il post contiene più di una foto, visualizzate la specifica foto che volete scaricare prima di attivare Inspect.
Ci sono anche servizi online che consentono di fare la stessa cosa, come Dinsta o Downloadgram, ma non ne ho trovati che consentano di acquisire immagini da post Instagram contenenti più di una foto.
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Con un computer (Linux, Mac, Windows) diventa facile anche salvare le foto Instagram che vogliamo tenere, e farlo ottenendo la versione a massima risoluzione, che Instagram spesso non mostra.
Supponiamo per esempio che vogliate salvare questa foto dell’astronauta Christina Kock durante una sua attività extraveicolare, all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale.
Se fate un normale clic destro per salvare l’immagine, ottenete questo link, il cui URL (https://scontent-frt3-2.cdninstagram.com[...]/s1080x1080[...]) indica che si tratta già della versione a massima risoluzione, ossia 1080 pixel.
Ma non sempre è così. Quest’altra foto postata su Instagram, se salvata con un clic destro, è a 640 pixel.
Però con Chrome su computer potete fare clic destro sull’immagine e scegliere Inspect dal menu pop-up di Chrome che compare. Otterrete una schermata come questa:
Cercate il link che contiene s1080 e fatevi sopra un clic destro per aprirlo in un’altra scheda: otterrete l’immagine ad alta risoluzione.
Se il post contiene più di una foto, visualizzate la specifica foto che volete scaricare prima di attivare Inspect.
Ci sono anche servizi online che consentono di fare la stessa cosa, come Dinsta o Downloadgram, ma non ne ho trovati che consentano di acquisire immagini da post Instagram contenenti più di una foto.
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A Olivone parleremo di 5G il 2 aprile
Il 2 aprile alle 20:15 sarò a Olivone (Canton Ticino) per moderare un incontro pubblico, organizzato dal Municipo di Blenio, sul tema controverso del nuovo sistema cellulare 5G.
Pubblicherò qui maggiori dettagli non appena saranno stati definiti.
Nota: la data inizialmente prevista del 2 marzo non è più valida.
Pubblicherò qui maggiori dettagli non appena saranno stati definiti.
Nota: la data inizialmente prevista del 2 marzo non è più valida.
Ci vediamo a Bologna il 7 marzo per parlare di gabinetti spaziali?
Sabato 7 marzo alle 10:45 sarò ospite dell’Aula Magna del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, nell’ambito della premiazione per le Olimpiadi Italiane di Fisica, per una conferenza pubblica su un tema piuttosto curioso: la tecnologia e la fisica della toilette nello spazio.
Come si fa quando la gravità non c’è e quindi fluidi e solidi non si allontanano dal corpo come avviene normalmente? Se vogliamo andare su Marte, questo sarà uno dei tanti problemi tecnici che dovremo assolutamente risolvere. Se la cosa vi incuriosisce, vi aspetto. Garantisco che la prossima volta che andrete in bagno nulla sarà più come prima. L’ingresso è libero.
2020/02/04
Artista crea “ingorgo virtuale” su Google Maps con un carrellino pieno di smartphone. Qualche dubbio
Ultimo aggiornamento: 2020/02/16 14:10.
Un artista, Simon Weckert, ha pubblicato un video in cui, a suo dire, ha creato un “ingorgo virtuale” su Google Maps usando 99 smartphone, trasformando una strada verde (traffico scorrevole) in una strada rossa (ingorgo o coda). Il concetto è tecnicamente molto interessante, perché se è reale consente di sabotare le informazioni di Google Maps e creare dei percorsi senza traffico che diventano sfruttabili da chi è complice del sabotaggio. Posso già immaginare un imprenditore che affitta i propri servizi ai ricchi che vogliono andare in giro senza la marmaglia tra i piedi, o azioni di protesta di un quartiere eccessivamente intasato dal traffico.
Ma bisogna vedere se è davvero reale. Una foto, sul sito di Weckert, fa sollevare due dubbi: ci stanno 99 telefonini in un carrellino così piccolo? E davvero gli schermi sono così luminosi da mostrare in pieno sole quello che hanno sullo schermo? È possibile che degli schermi retroilluminati abbiano ombre sulla propria superficie, come si vede qui sotto?
Ed è plausibile che nel dettaglio qui sotto, tratto da una foto presente sul sito di Weckert, gli schermi di questi smartphone siano così luminosi da essere bianchissimi mentre sono in piena luce diurna?
Ci sono anche altre contraddizioni nel racconto di Weckert: qui sul suo sito dice che sono “99 second hand smartphones”, ossia di seconda mano, ma altrove (Motherboard) risulta che siano stati noleggiati.
Il mio sospetto è che si tratti di una messinscena a scopo di provocazione artistica, fatta con dei simulacri di telefonini sui quali è stata stampata una schermata di Google Maps, ma comunque è interessante ragionare sulle sue implicazioni: sarebbe davvero possibile creare un ingorgo inesistente usando questa tecnica?
2020/02/04 18:40. Se siete curiosi di sapere quando sarebbe stato creato l’ingorgo virtuale, i dati EXIF di questa foto indicano 2019:10:06 alle 12:23:19; quelli di questa foto 2019:10:06 12:14:32 (e l’immagine include un cartello che dice “ab 07.16.19”; e quelli di questa foto 2019:10:06 alle 11:42:11.
2020/02/05 10:00. La Frankfurter Allgemeine ha intervistato Weckert, che ha detto che ciascuno dei 99 smartphone aveva una propria carta SIM connessa e ciascuno stava usando attivamente Maps per la navigazione. Weckert aggiunge di aver scoperto che se il carrellino si fermava, Maps non indicava un ingorgo e che lo stesso accadeva se un veicolo passava in fianco al carrellino a velocità normale. L’ingorgo risultava soltanto quando il carrellino era in movimento e la strada era deserta. Maggiori info sono su Android Authority.
Nel frattempo, un commentatore mi ha fatto notare in privato che è strano che l’ingorgo venga indicato in entrambe le direzioni di marcia, dato che Maps rileva la direzione di movimento degli smartphone. Lo stesso commentatore indica che i telefonini sembrano degli Huawei Mate 20, costosi e poco disponibili, ma di cui sono facilmente reperibili simulacri.
2020/02/16 14:10. Digitec.ch ha tentato di replicare a Zurigo l’esperimento di Weckert: i risultati sono molto interessanti. Prima di tutto, viene fatto notare che Weckert ha scelto due strade (il ponte Schilling e il ponte Ebert, entrambi a Berlino) lungo le quali non passano trasporti pubblici: cosa importante, perché un autobus contiene ben più di 99 persone con telefonini e Google rileva la localizzazione anche quando un telefonino non è in modalità navigatore e quindi un autobus potrebbe creare l’apparenza di un ingorgo. Digitec concorda nell’identificare i telefonini come Huawei Mate 20 Pro.
La replica dell’esperimento fatta da Digitec ha usato 47 telefonini, tutti dotati di SIM, più altri sette senza SIM, tutti in modalità navigatore e con una destinazione immessa.
La prima strada scelta per la replica (Giessereistrasse) non è percorsa da trasporti pubblici, ha poco traffico ed è stretta. L’esperimento fallisce: anche camminando avanti e indietro, in mezzo alla strada, con il carrellino di telefonini non si forma alcun ingorgo in Google Maps. Ma quando gli sperimentatori si fermano sull’angolo di una strada, si forma un finto ingorgo all’incrocio, che è anche possibile controllare e spostare.
La seconda strada (Förrlibuckstrasse) rivela che Google ha limiti di congestione differenti per ogni singola strada: quelle grandi richiedono tanti telefoni, quelle piccole pochi, e anche a parità di grandezza ci sono altri fattori di variabilità, come la presenza di un parcheggio multipiano (che rallenta il traffico e di cui Google tiene conto).
La terza strada (Pfingstweidstrasse) è una delle arterie principali di Zurigo, percorsa da trasporti pubblici, numerose auto e molti pedoni. Qui il carrellino pieno di telefonini è del tutto inefficace.
Le conclusioni della prova di Digitec.ch sono che è possibile creare un ingorgo virtuale con una sessantina di cellulari se la strada è piccola; altrimenti no. Google non si fa fregare così facilmente.
Fonti aggiuntive: Ars Technica, The Register.
Un artista, Simon Weckert, ha pubblicato un video in cui, a suo dire, ha creato un “ingorgo virtuale” su Google Maps usando 99 smartphone, trasformando una strada verde (traffico scorrevole) in una strada rossa (ingorgo o coda). Il concetto è tecnicamente molto interessante, perché se è reale consente di sabotare le informazioni di Google Maps e creare dei percorsi senza traffico che diventano sfruttabili da chi è complice del sabotaggio. Posso già immaginare un imprenditore che affitta i propri servizi ai ricchi che vogliono andare in giro senza la marmaglia tra i piedi, o azioni di protesta di un quartiere eccessivamente intasato dal traffico.
Ma bisogna vedere se è davvero reale. Una foto, sul sito di Weckert, fa sollevare due dubbi: ci stanno 99 telefonini in un carrellino così piccolo? E davvero gli schermi sono così luminosi da mostrare in pieno sole quello che hanno sullo schermo? È possibile che degli schermi retroilluminati abbiano ombre sulla propria superficie, come si vede qui sotto?
Ed è plausibile che nel dettaglio qui sotto, tratto da una foto presente sul sito di Weckert, gli schermi di questi smartphone siano così luminosi da essere bianchissimi mentre sono in piena luce diurna?
Ci sono anche altre contraddizioni nel racconto di Weckert: qui sul suo sito dice che sono “99 second hand smartphones”, ossia di seconda mano, ma altrove (Motherboard) risulta che siano stati noleggiati.
Il mio sospetto è che si tratti di una messinscena a scopo di provocazione artistica, fatta con dei simulacri di telefonini sui quali è stata stampata una schermata di Google Maps, ma comunque è interessante ragionare sulle sue implicazioni: sarebbe davvero possibile creare un ingorgo inesistente usando questa tecnica?
2020/02/04 18:40. Se siete curiosi di sapere quando sarebbe stato creato l’ingorgo virtuale, i dati EXIF di questa foto indicano 2019:10:06 alle 12:23:19; quelli di questa foto 2019:10:06 12:14:32 (e l’immagine include un cartello che dice “ab 07.16.19”; e quelli di questa foto 2019:10:06 alle 11:42:11.
2020/02/05 10:00. La Frankfurter Allgemeine ha intervistato Weckert, che ha detto che ciascuno dei 99 smartphone aveva una propria carta SIM connessa e ciascuno stava usando attivamente Maps per la navigazione. Weckert aggiunge di aver scoperto che se il carrellino si fermava, Maps non indicava un ingorgo e che lo stesso accadeva se un veicolo passava in fianco al carrellino a velocità normale. L’ingorgo risultava soltanto quando il carrellino era in movimento e la strada era deserta. Maggiori info sono su Android Authority.
Nel frattempo, un commentatore mi ha fatto notare in privato che è strano che l’ingorgo venga indicato in entrambe le direzioni di marcia, dato che Maps rileva la direzione di movimento degli smartphone. Lo stesso commentatore indica che i telefonini sembrano degli Huawei Mate 20, costosi e poco disponibili, ma di cui sono facilmente reperibili simulacri.
2020/02/16 14:10. Digitec.ch ha tentato di replicare a Zurigo l’esperimento di Weckert: i risultati sono molto interessanti. Prima di tutto, viene fatto notare che Weckert ha scelto due strade (il ponte Schilling e il ponte Ebert, entrambi a Berlino) lungo le quali non passano trasporti pubblici: cosa importante, perché un autobus contiene ben più di 99 persone con telefonini e Google rileva la localizzazione anche quando un telefonino non è in modalità navigatore e quindi un autobus potrebbe creare l’apparenza di un ingorgo. Digitec concorda nell’identificare i telefonini come Huawei Mate 20 Pro.
La replica dell’esperimento fatta da Digitec ha usato 47 telefonini, tutti dotati di SIM, più altri sette senza SIM, tutti in modalità navigatore e con una destinazione immessa.
La prima strada scelta per la replica (Giessereistrasse) non è percorsa da trasporti pubblici, ha poco traffico ed è stretta. L’esperimento fallisce: anche camminando avanti e indietro, in mezzo alla strada, con il carrellino di telefonini non si forma alcun ingorgo in Google Maps. Ma quando gli sperimentatori si fermano sull’angolo di una strada, si forma un finto ingorgo all’incrocio, che è anche possibile controllare e spostare.
La seconda strada (Förrlibuckstrasse) rivela che Google ha limiti di congestione differenti per ogni singola strada: quelle grandi richiedono tanti telefoni, quelle piccole pochi, e anche a parità di grandezza ci sono altri fattori di variabilità, come la presenza di un parcheggio multipiano (che rallenta il traffico e di cui Google tiene conto).
La terza strada (Pfingstweidstrasse) è una delle arterie principali di Zurigo, percorsa da trasporti pubblici, numerose auto e molti pedoni. Qui il carrellino pieno di telefonini è del tutto inefficace.
Le conclusioni della prova di Digitec.ch sono che è possibile creare un ingorgo virtuale con una sessantina di cellulari se la strada è piccola; altrimenti no. Google non si fa fregare così facilmente.
Fonti aggiuntive: Ars Technica, The Register.
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2020/02/03
Addio a Johannes Geiss, l’uomo della “bandiera svizzera” sulla Luna
È morto giovedì scorso, a 93 anni, il professor Johannes Geiss, principale artefice dell’esperimento che nel 1969 dimostrò la presenza, all’epoca solo ipotizzata, del cosiddetto “vento solare”: un flusso costante di particelle emesse dal Sole in ogni direzione. Geiss propose di collocare sulla Luna un telo metallico per raccogliere queste eventuali particelle nel corso della prima missione umana lunare, Apollo 11. La NASA accolse la proposta: vedete quel telo nella foto qui sotto accanto all’astronauta Buzz Aldrin.
Geiss fu Principal Investigator dell’esperimento, denominato Solar Wind Collector, nell’ambito della collaborazione della NASA con i centri di ricerca scientifica di gran parte del mondo. Il professore era all’epoca presso l’Università di Berna. L’esperimento fu ripetuto in tutte le missioni lunari successive e fu l’unico non americano portato sulla Luna, secondo questo articolo dell’ESA. La notizia della sua morte è stata diffusa solo stamattina.
Fonti: Rsi.ch, Cdt.ch, Max Planck Institute for Solar System Research.
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Geiss fu Principal Investigator dell’esperimento, denominato Solar Wind Collector, nell’ambito della collaborazione della NASA con i centri di ricerca scientifica di gran parte del mondo. Il professore era all’epoca presso l’Università di Berna. L’esperimento fu ripetuto in tutte le missioni lunari successive e fu l’unico non americano portato sulla Luna, secondo questo articolo dell’ESA. La notizia della sua morte è stata diffusa solo stamattina.
Johannes Geiss (a sinistra) con l’astronauta svizzero Claude Nicollier (a destra) a Losanna (2015). Credit: Rodri Van Click. |
A ottobre 2001 a Lucerna ho scambiato due parole con il professor Geiss, inossidabile geek oltre che scienziato... (foto di Andrea Tedeschi). |
...e mi sono offerto come appoggio improvvisato per un autografo chiesto da un fan a Geiss, che non si è tirato indietro nonostante la soluzione poco seria (foto di Andrea Tedeschi). |
Fonti: Rsi.ch, Cdt.ch, Max Planck Institute for Solar System Research.
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Ci vediamo a Mendrisio il 7 febbraio per parlare di uso sicuro delle tecnologie digitali?
Venerdì 7 febbraio alle 20 sarò a Mendrisio, all’aula magna delle Scuole Elementari, per una conferenza pubblica sull’uso sicuro dei dispositivi e dei media digitali, con particolare attenzione al mondo dei videogiochi.
L’ingresso è libero. La conferenza è indirizzata esclusivamente a un pubblico adulto in modo da poter trattare liberamente anche temi molto delicati.
L’incontro è organizzato dal Comitato dell’Assemblea dei Genitori dell’Istituto Scolastico di Mendrisio con la collaborazione del Gruppo Genitori di Ligornetto, dal Gruppo Genitori di Rancate e dall’Assemblea dei Genitori della Montagna - Arzo.
L’ingresso è libero. La conferenza è indirizzata esclusivamente a un pubblico adulto in modo da poter trattare liberamente anche temi molto delicati.
L’incontro è organizzato dal Comitato dell’Assemblea dei Genitori dell’Istituto Scolastico di Mendrisio con la collaborazione del Gruppo Genitori di Ligornetto, dal Gruppo Genitori di Rancate e dall’Assemblea dei Genitori della Montagna - Arzo.
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