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Il Disinformatico

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2010/01/14

Avatar. Wow

Avatar, un'assoluta festa per gli occhi


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Grazie alla Rete Tre della RSI stamattina ho visto in anteprima al cinema l'edizione italiana di Avatar di James Cameron.

Sì, la storia è ultra-prevedibile, una vera collezione di cliché, forse intenzionale per raggiungere un pubblico planetario, anche se il messaggio non è da sottovalutare (peccato che molte allusioni si perdano nella traduzione). Ma visivamente Avatar è straordinario.

Il 3D funziona, finalmente, creando profondità e realismo senza dare fastidio ed eccedere in trovate. L'immagine è luminosa e i colori del mondo alieno sono ricchissimi, l'ambientazione è magica e immersiva, l'azione è coreografata da un virtuoso. Gli alieni digitali sono talmente ben fatti che dopo pochi istanti ci si dimentica che sono creazioni computerizzate, e tutte le battute che descrivono Avatar come Balla coi Puffi vengono smentite. Questi personaggi digitali sono vivi. Recitano. La versione aliena del viso di Sigourney Weaver, in particolare, è mozzafiato, e Gollum pare improvvisamente di cartapesta. Neytiri (Zoe Saldana) farà frullare gli ormoni a tutti i furries. E forse non solo a loro.

Decisamente Avatar ridefinisce gli standard della cinematografia e mostra come si combatte la pirateria cinematografica: ridando allo spettatore un'esperienza che non può in alcun modo replicare al di fuori del cinema.

Più tardi vi racconto i dettagli, compresa la visita agli impianti di proiezione digitale 3D. Intanto prenotatevi un biglietto in una sala 3D fatta come si deve (con occhialini attivi, non la robaccia polarizzata) e non prendete nulla di diuretico prima della proiezione.


Lost in translation


Rieccomi. Come dicevo nella minirecensione a caldo qui sopra, Avatar non è un trattato di sociologia e non scontenterà certo i fan dei kaboom rompitimpani e delle scene d'azione, ma ha molti spunti di riflessione. Fra un'esplosione e l'altra c'è spazio per un messaggio ecologico molto chiaro ma non martellante. Alcune allusioni, purtroppo e inevitabilmente, si sono perse nella traduzione italiana. Per esempio, visto lo scempio egoista che gli umani fanno del magnifico, caleidoscopico mondo alieno, non sembra casuale il fatto che il cognome del protagonista sia Sully: in inglese, to sully significa "macchiare, sporcare, danneggiare la purezza di qualcosa".

La battuta di Sully (Sam Worthington) sulla sua appartenenza al "clan dei Jarhead" sarà stata capita da pochi: jarhead è il termine dello slang militare che indica i Marines degli Stati Uniti. Sarà andata meglio con "Non siete più nel Kansas", riferimento al Mago di Oz? E da quanti verrà capita la battuta sui metodi spicci del capitano Kirk di Star Trek, riferita alla Serie Classica più che al nuovo film?

Il minerale tanto desiderato dai terrestri si chiama unobtainium: è il termine che si usa, soprattutto in aeronautica e astronautica, per riferirsi ironicamente a un desiderabilissimo materiale dalle proprietà straordinarie, che risolverebbe perfettamente uno specifico problema tecnico ma ha il difettuccio di non esistere. Ha anche un simbolo: Uo.

Un altro aspetto piuttosto controverso, in gran parte perso nel doppiaggio, è che oltre al richiamo visivo evidente alla cultura pellerossa, in originale praticamente tutti gli alieni parlano con voci di persone di colore. La cosa non ha mancato di suscitare polemiche, soprattutto negli Stati Uniti, perché il messaggio del film cambia da un semplice "noi umani siamo devastatori senza scrupoli" e diventa un ben più provocatorio "noi bianchi siamo devastatori". Hmm...

Senza rivelarvi troppo della trama, ci sono molte altre allusioni all'attualità o alla storia contemporanea: le foglie che fluttuano nel fumo prima del collasso di un oggetto molto importante ricordano le immagini dei fogli di carta che svolazzavano surrealmente prima del crollo delle Torri Gemelle. E stavolta sono gli umani, anzi gli americani – quelli che dovrebbero essere i "buoni" con i quali normalmente ci identifichiamo – a compiere atti di terrorismo.

Il parallelo fra l'invasione di Pandora e quella dell'Iraq è fin troppo evidente, non solo in varie battute ma anche nella questione della sedia a rotelle di Sully: certo, nel 2154 la tecnologia può guarirlo, ma il governo non passa ai propri soldati menomati il top della tecnologia. Costa troppo. Esattamente come ai veterani statunitensi mutilati vengono rifilate protesi d'anteguerra, nonostante ci siano soluzioni ben più moderne. E i soldati sono chiamati a difendere gli interessi di una corporazione anziché quelli della nazione. Completamente perduta, nella traduzione italiana, la citazione dell'espressione "shock and awe" che tanto assurdamente caratterizzò nei media l'attacco all'Iraq e divenne il simbolo dello scollamento dalla realtà di molti militari e politici.


3D e personaggi digitali che funzionano


Usando tecnologie sviluppate appositamente, il regista James Cameron è riuscito a togliere al 3D la sindrome della baracconata e a farlo diventare naturale e arricchente, come il passaggio dal bianco e nero al colore.

Le scene hanno profondità, non rilievo come nei film 3D precedenti: lo schermo sparisce e diventa un'enorme, nitida finestra sull'azione che si svolge oltre lo schermo. Soprattutto è quasi completamente sparito l'odioso effetto "sagoma di cartone" che in passato faceva sembrare che persone e oggetti nei film 3D fossero sagome piatte proiettate su piani differenti. In Avatar gli oggetti e i personaggi (digitali o reali) sono finalmente solidi, tondi, con un effetto estremamente naturale, tanto che ci si dimentica facilmente che il film è in 3D. Quando una tecnologia diventa invisibile, è segno che è matura.

Il rendering dei personaggi digitali e degli ambienti è drasticamente superiore a qualunque tentativo precedente. I pori della pelle, le rugosità e i riflessi, le smorfie d'espressione, lo sguardo degli alieni Na'vi, le trasparenze e i movimenti degli animali fantastici, la loro interazione con gli oggetti e fra di loro, i giochi di luce sono resi in modo sorprendentemente convincente e impossibile da apprezzare attraverso un'immagine statica. Vanno visti in movimento, in 3D e ad alta risoluzione, non in un video di Youtube. Men che meno in una copia pirata scadente. Se piratate Avatar, non avete capito nulla del senso del film.


Storia planetaria di cliché


Avatar è concepito vistosamente per essere comprensibile a un pubblico mondiale di qualsiasi estrazione culturale (non potrebbe essere diversamente, visti i suoi costi): per questo ha un messaggio semplice e universale e una narrazione lineare. Ma questa semplicità è stata ottenuta sacrificando ogni possibile sorpresa nello svolgimento della vicenda. Ogni evento è assolutamente prevedibile; ogni personaggio segue rigorosamente il cliché. Sarebbe bastato qualche guizzo di originalità per farne un capolavoro. Peccato.

Tuttavia la potente, ricchissima creatività visiva delle immagini fa sopportare questa carenza. Per due ore e quaranta ci s'immerge in un mondo diverso. A un prato fiorito mosso dal vento e accarezzato dal tramonto non chiediamo di raccontarci una storia. Lo ammiriamo e basta. Avatar è da prendere così.


Nerd porn: un giro in sala proiezioni 3D


Quella scatoletta rossa che vedete qui accanto, nella mano del gentilissimo proiezionista del Cinestar di Lugano che mi ha concesso di fare una capatina nella sala del proiettore digitale e fare qualche foto, è Avatar 3D. Tutto lì dentro.

Niente pellicola: solo un hard disk che contiene un file cifrato da circa 155 gigabyte, compresso in JPEG2000, in formato 2048 x 858 a 48 fotogrammi al secondo (il doppio di una proiezione 2D). Sull'etichetta, oltre al titolo del film e ai dati tecnici, c'è anche la scritta "Redbird": il nome in codice usato per non far sapere che si trattava di Avatar durante le prime spedizioni dei dischi alle sale.

Il disco arriva nella scatola imbottita nera che si intravede dietro, sul tavolo, e il proiezionista copia il file al server tramite una normale porta USB. Da lì, una volta sbloccato con la password, che ha scadenza giornaliera, il film viene proiettato tramite un proiettore digitale da 2K (2048 pixel orizzontali) e 5 kW.

Il proiettore è comandato da una postazione sulla quale gira Linux (chiedetevi perché) e che intravedete a destra nella foto qui di fianco. Il proiettore è l'oggetto sopra il rack; il server è quello con le maniglie, dentro il rack.


E per finire


La cosa più brutta di tutto il film? La canzone sui titoli di coda. Pareva Céline Dion che cercava di togliersi di dosso un gatto impigliato nei capelli. Usando una motosega. Al secondo posto, la scomodità degli occhialini per chi ha una canappia ossuta come il sottoscritto. Ma ne vale la pena.

Come dice il critico cinematografico Rogert Ebert, vedere Avatar al cinema fa provare le stesse emozioni che si provavano nel 1977 di fronte a Guerre Stellari: il piacere di uno spettacolo mai visto e la consapevolezza di assistere a un punto di svolta della storia della cinematografia. Buona visione.

2010/01/12

Alberi su Marte? (UPD 20100119)

Marte non smette di stupire


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "andrea.sacc****" e "ceciliaben****" ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Image credit: NASA/JPL/University of Arizona.

Vi sfido a guardare quest'immagine della superficie di Marte, proveniente dalla sonda automatica HiRISE, senza provare un brivido.



Sì, lo so, anche a voi sembrano filari di alberi. Abbiamo finalmente scoperto che c'è vita su Marte? Non ancora. Ma abbiamo scoperto quanto sia facile interpretare erroneamente un contesto che non ci è familiare, e il pianeta rosso in particolare è maestro di questi inganni sin dai tempi dei presunti "canali" artificiali che gli astronomi di fine Ottocento credettero di vedere.

La fotografia, segnalata da Bad Astronomy, mostra una zona di dune nell'estremo nord di Marte, a poco meno di 400 chilometri dal polo. Fa così freddo che le dune sono coperte da uno strato di anidride carbonica ghiacciata, che evapora quando arriva la primavera. E' un processo molto dinamico, e la sabbia scura sottostante che ne viene smossa cade dalle creste delle dune, scorrendo lungo il pendio ghiacciato e tracciando righe molto marcate.

La foto è straordinaria anche perché coglie l'istante della formazione di una di queste righe: lo sbuffo mostrato qui accanto.

Abbiamo l'impressione di filari di alberi perché ci mancano due riferimenti fondamentali: l'orientamento e la percezione della profondità. Infatti rovesciando la fotografia si percepisce meglio che le righe scure non sono alberi che s'innalzano dalla cresta delle dune, ma rivoli che scendono lungo le dune stesse. Mancando questi riferimenti, il cervello tenta di elaborare l'immagine usando schemi familiari, come appunto quello del filare di alberi, ma questi schemi, in un contesto alieno come quello di Marte, falliscono e portano (purtroppo) all'autoinganno.

Se vi piace quest'immagine, ce n'è anche una versione ad alta risoluzione.

Pensateci un attimo: grazie alle sonde fabbricate dal nostro ingegno, siamo capaci di vedere uno sbuffo di una frana di polvere su un altro pianeta. Niente male, per una specie che cent'anni fa faceva fatica a sollevarsi da terra in aereo e che fino a cinquant'anni fa non era mai stata nello spazio. Chi ha bisogno delle fantasie stantie della pseudoscienza, quando la scienza ci regala questi portenti?


2010/01/19


L'immagine è stata scelta come Astronomy Picture of the Day. La didascalia che l'accompagna sull'APOD indica che l'immagine copre circa un chilometro in larghezza.

Grasso è bello, il Corriere ricasca nella bufala

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "albedo039" e "normak". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.


Sul Corriere online, Alessandra Farkas, che ci aveva già deliziato con la bufala delle foto di Atlantide, parla di modelle dalle forme abbondanti proposte da una rivista, ma nell'articolo propone anche, per contrasto, una serie di foto di modelle anoressiche a dir poco scheletriche e impressionanti.

Ma almeno tre di quelle foto sono dei falsi. Si tratta infatti di immagini ritoccate digitalmente, che circolano in Rete da tempo, come documenta Snopes.com. Questo pone un dubbio: il diritto d'autore che fine ha fatto? I giornali che lamentano tanto il furto dei loro contenuti e la concorrenza sleale del Web, si ritengono forse liberi di rubare le immagini altrui senza neanche riconoscerne la paternità?

C'è poi la questione non banale del fatto che un giornale viene colto a pubblicare foto false e quindi vistosamente pescate da Internet senza effettuare alcun controllo (bastava usare Tineye.com per trovare per esempio questa copia, che mostra esattamente lo stesso collage).

Ecco le immagini presentate dal Corriere:


Ed ecco le foto pubblicate dal Corriere (a sinistra) a confronto con gli originali (a destra), prima del fotoritocco alla Skeletor, che sono riuscito a trovare con una rapida caccia. Riuscite a trovare anche le altre e a identificare le modelle? Ci sono degli esempi di fotoritocco anoressizzante su Worth1000.com (varie gallerie). Anche le opere d'arte possono essere ritoccate in questo modo inquietante, come mostra Freakingnews (attenzione, alcune immagini potrebbero non essere adatte agli animi sensibili); altri esempi di elaborazioni di celebrità sono qui.


Questa dovrebbe essere Anouk Lepere.

Questa foto presentata dal Corriere (probabilmente ritoccata) mostra forse Eliana Ramos, morta davvero a 18 anni il 13 febbraio 2007 di anoressia.


Quest'immagine del Corriere ritrae Nicole Richie e probabilmente non è ritoccata, a giudicare da quest'altra foto molto simile.




Va bene combattere la spinta all'anoressia dovuta agli stilisti che vogliono un attaccapanni ambulante per i loro bei vestitini, ma va fatto senza propinare bugie e senza insultare chi è veramente morto nell'assurda caccia alla perfezione. Altrimenti quando si viene scoperti a contar balle si fa una figura molto magra.

Telefonino infrangibile. Come no

Demo TV del telefonino "infrangibile" finisce in modo prevedibile


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "adrival" e "stefano.bened****".

Dan Simmons, giornalista della BBC, va al Consumer Electronics Show di Las Vegas e registra una dimostrazione di un cellulare che secondo il suo venditore può essere immerso in acqua, fatto cadere da un'altezza di dieci piani e persino usato per piantare chiodi.

Il venditore dice che il suo telefonino è "basically unbreakable", sostanzialmente indistruttibile. Anzi, se il reporter riesce a trovare il modo di romperlo, gliene daranno uno gratis. Il giornalista, ligio al dovere, verifica le affermazioni dell'intervistato. Indovinate come va a finire. Il video è qui.

2010/01/10

Mandate i vostri auguri a Buzz Aldrin, astronauta lunare

Megacartolina per gli 80 anni di Buzz Aldrin


Il 20 gennaio sarà l'ottantesimo compleanno di Buzz Aldrin (foto qui accanto, per gentile concessione di Rodri), l'uomo che insieme a Neil Armstrong fu protagonista del primo sbarco umano sulla Luna mentre il compagno Michael Collins li aspettava in orbita intorno al nostro satellite. Volete fargli gli auguri?

Ecco come fare: la Planetary Society, un'associazione di appassionati di astronomia e astronautica della quale Aldrin è membro, ha predisposto una pagina nella quale potete immettere il vostro nome e indirizzo di e-mail insieme a un messaggio di buon compleanno. Gli auguri verranno compilati e raccolti dentro una cartolina gigante che gli verrà consegnata personalmente durante una festa in suo onore il 23 gennaio.

Per intenderci, Aldrin è l'uomo dentro la tuta in questa celeberrima fotografia:



Potete anche fargli gli auguri via Twitter (e magari chiedergli perché la sua biografia, Magnificent Desolation, non è stata tradotta in italiano): il suo account è Therealbuzz. Buon divertimento!

2010/01/08

Svizzera, condanna per file sharing

L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2010/02/01.

Ha fatto notizia, tanto da essere descritta come "decisione storica", quella che i media locali (RSI online; Il Quotidiano sulla RSI; Ticinonline) indicano come la prima condanna per file sharing illegale in Canton Ticino, dove si trova il mio Maniero Digitale: una diciottenne della zona di Locarno (l'immagine qui accanto è puramente indicativa) è stata condannata per aver violato online la legge federale sul diritto d'autore, acquisendo e offrendo illegalmente ben 270 film e oltre 4200 brani musicali. La pena: 400 franchi, circa 270 euro (le 30 "aliquote" – pari ciascuna a un giorno di guadagno dell'imputato – sono sospese con la condizionale).

Secondo il comunicato dell'IFPI, la multa ammonta invece a 900 franchi in aggiunta a 400 di sanzione e 250 di spese del tribunale, e qualora la ragazza non dovesse pagare la sanzione affronterebbe 14 giorni di prigione. L'IFPI dice che la locarnese aveva "distribuito 4253 file di musica e film che violavano il diritto d'autore sui circuiti peer-to-peer eMule e Bearshare a milioni di potenziali utenti, causando perdite stimate di 13.500 franchi ai titolari dei diritti".

Non sono sicuro che sia proprio la prima condanna in assoluto (ricordo altri provvedimenti del genere, presentati durante una conferenza alla quale ho preso parte, e verificherò), e vorrei vedere le carte della sentenza prima di commentarla, ma è comunque un buon pretesto per riepilogare un po' di fatti e considerazioni sullo stato della pirateria audiovisiva in Svizzera.

Innanzi tutto occorre capire una particolarità della legge svizzera sul diritto d'autore: scaricare da Internet film musica o altro materiale vincolato dal diritto d'autore è permesso. Avete capito bene. "Secondo la stragrande maggioranza delle opinioni, il download privato in Svizzera è permesso anche senza l'approvazione degli aventi diritto, anche se l'offerta stessa è illegale", dice addirittura la SUISA, grosso modo l'equivalente della SIAE italiana, precisando che "[I]n merito non vi è tuttavia ancora alcuna sentenza giudiziaria; non è pertanto possibile rispondere al quesito in maniera definitiva". Per ora non è chiaro se la condanna locarnese permetta di rispondere al quesito e quindi la prassi corrente resta invariata.

Ma allora perché la diciottenne è stata condannata? Perché condivideva file vincolati dal diritto d'autore, e lo faceva al di fuori dell'"ambito privato" o della "cerchia di persone unite da stretti vincoli, quali parenti o amici", nei quali la condivisione è esplicitamente permessa (articolo 19). E a quanto pare è stata colta da una delle società titolari dei diritti d'autore tramite monitoraggio del circuito di scambio peer-to-peer al quale partecipava (il comunicato IFPI dice che è stata l'IFPI a intraprendere l'azione legale dopo aver proposto un patteggiamento extragiudiziale).

Infatti l'uso dei circuiti peer-to-peer implica quasi sempre la condivisione con sconosciuti di quello che si scarica, per cui chi li adopera, se lo fa per scaricare file vincolati dal copyright, è probabilmente in violazione della legge. Nessun problema, tuttavia, se i file scaricati e condivisi sono file dei quali l'autore ha autorizzato la condivisione o sui quali non c'è diritto d'autore per legge. L'esempio classico è il software libero (condividere una copia di Linux è legalissimo), ma anche i testi delle leggi, le foto della NASA e alcuni brani musicali seguono la stessa regola. Per cui il peer-to-peer in sé non è illegale: dipende da cosa si condivide.

Come si fa a sapere se si sta violando la legge? C'è una regola semplice: date per scontato che se usate un programma di peer-to-peer (come eMule per i circuiti eDonkey ed eKad, oppure software per Gnutella o Bittorrent) per scaricare un film o telefilm che è in TV o al cinema o in vendita, state condividendo quel film con sconosciuti e quindi state commettendo un reato. Idem per la musica: se una canzone è di un cantante o gruppo famoso, in vendita nei negozi, è illegale condividerla sui circuiti peer-to-peer. Non è sempre così, e ci sono alcune eccezioni, ma conviene adottare questo criterio prudenziale. Alla fine, insomma, basta il buon senso: scaricare gratis qualcosa che gli altri pagano è molto probabilmente illegale.

Il vero problema della sentenza ticinese è che farà scalpore per qualche giorno e poi tutto tornerà come prima: chi scarica film e musica si sente invulnerabile, perché è uno fra tanti e pensa di passare inosservato (e in effetti in genere ha ragione, visto il numero striminzitissimo di sentenze). Fra l'altro, va sfatato il mito che scaricare sia un hobby giovanile: il download di film, telefilm e musica è diffuso anche fra gli adulti. Chi ha avviato l'azione legale (presumibilmente una delle società titolari dei diritti sui film condivisi illegalmente) ha vinto forse la battaglia, ma continua a perdere la guerra: quella dell'opinione pubblica.

Un altro problema, infatti, è che manca nell'opinione pubblica la percezione del danno. In effetti è difficile per Hollywood lamentarsi della pirateria quando il 2009 è stato l'anno record d'incassi (dieci miliardi di dollari soltanto in USA e Canada, un miliardo in più del 2008, grazie anche ai prezzi maggiorati delle proiezioni in 3D), secondo TorrentFreak, e si paga una tassa (più propriamente un indennizzo) sui supporti vergini come CD e DVD, per cui molti si sentono legittimati a scaricare film, telefilm e musica.

Certo, la legge va rispettata per principio, ma in effetti in molti casi il danno reale non c'è. È sbagliato l'assunto che chi pirata non va al cinema o non compra DVD. Chi pirata, accontentandosi di vedere male film ripresi con una telecamera in un cinema, spesso lo fa perché comunque non comprerebbe il DVD e non andrebbe al cinema: non è un cliente perso ai pirati, è un cliente che non c'è mai stato. E se un film passa in TV, dove pago i diritti per vederlo, ma me lo perdo e lo scarico da Internet, o se ho comperato il DVD del film e scopro che non lo posso trasferire al mio lettore video portatile perché ha un lucchetto anticopia, dove sta il danno?

Ci sono poi persone che scaricano un film dopo averlo già visto al cinema perché ne vogliono conservare una copia al riparo dalle modifiche, dai ridoppiaggi, dalle censure e dai tagli che avvengono molto spesso prima della distribuzione in DVD/Blu-Ray, o perché il DVD semplicemente non esiste.

Un esempio: avete presente il film comico classico Operazione Sottoveste? Non esiste su DVD in italiano (uno spettatore del Quotidiano, al quale ho partecipato, mi ha però mandato la copertina che vedete qui accanto: scoprite se è vera o falsa). Se lo cercate, lo trovate solo sui circuiti di condivisione. Perché i titolari dei diritti non ne fanno il DVD?

Lo stesso vale per tanti cartoni animati, specialmente giapponesi, e per film e intere stagioni di telefilm mai distribuiti dai titolari dei diritti.

Se un'opera è introvabile e non è in vendita, di preciso che danno provoca chi la scarica da Internet e la offre ad altri appassionati? Se si vuole ragionare sul problema, è meglio dunque sbarazzarsi del cliché del cittadino scroccone, perché spesso non corrisponde alla realtà. Non siamo tutti pirati perché ci piace scroccare.

La sentenza svizzera, inoltre, non fermerà certo i pirati professionisti e quelli esperti. I professionisti hanno complici nella filiera di produzione (ricordate il primo Hulk trafugato prima che fossero finiti gli effetti speciali, per cui ogni tanto perdeva i pantaloncini? O la versione grezza di Wolverine che circolò prima dell'uscita del film); gli esperti sanno dove e come scaricare senza condividere online (qualcuno si ricorda ancora che esistono i newsgroup binari, e prendono piede i terabyte party). E intanto i lucchetti digitali e le campagne antipirateria tormentano gli utenti onesti: perché mi mettete lo spot "non ruberesti mai una borsa, non ruberesti mai un nettaorecchie elettrico, copiare film è reato" nei DVD e mi impedite di saltarlo? Per l'amor del cielo, se ho comprato il DVD, lo so benissimo che copiare è reato. Non è a me che dovete dirlo.

La soluzione più probabile al problema della violazione sistematica del diritto d'autore non è la repressione. Inutile tentare di arginare un fiume fermando una goccia alla volta. È decisamente più efficace, e inimica sicuramente meno i potenziali clienti, creare un'offerta legale di film e telefilm scaricabili a pagamento in modo semplice, come già avviene per esempio con iTunes negli Stati Uniti, offrire DVD a prezzi abbordabili ed educare gli utenti all'idea che un film va visto con i colori originali, con l'audio pulito e senza il rischio di trovarsi uno spezzone di porno a metà di Bambi (che darebbe tutt'altro senso alla battuta "Uccellino!" del neonato cerbiatto). Anche perché il cinema e la produzione televisiva danno da mangiare non solo alle star e ai produttori strapagati (che potrebbero anche darsi una regolata sui compensi milionari), ma anche a tanta gente comune: i tecnici, gli operai che costruiscono i set, le costumiste, i traduttori, i doppiatori, e tanti altri. Pensiamoci.

2010/01/07

Le cose che non colsi - 2010/01/06 [UPD 2010/01/08]

Kaboom mancati e riusciti, intercettazioni, teatrini della sicurezza e altre delizie


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Strutture sommerse dell'isola giapponese di Yonaguni. Qualcuno mi ha chiesto un parere su queste presunte strutture e mi ha segnalato questo articolo (attenzione: contiene pubblicità un po' osé) che ipotizza che si tratti di opere dell'uomo risalenti a 10.000 anni fa. Non ho tempo di approfondire, lascio queste righe come appunto: segnalo solo che l'articolo di Wikipedia cita varie fonti che suggeriscono che si tratti più banalmente di formazioni geologiche naturali di roccia che, come in altri luoghi del mondo, tende spontaneamente a fratturarsi secondo linee geometriche.


Ipotesi aliene e/o catastrofiche riguardanti una nube scoperta dalle sonde Voyager. Un altro lettore mi ha segnalato l'esistenza di farneticazioni sulla nube scoperta dalle sonde della NASA fuori dal nostro sistema solare e battezzata "Local Fluff". Le informazioni tecniche per rispondere a queste idee menagramo sono su Physorg.com e su Nasa.gov.


Teatrino della sicurezza Qualche pensiero sulla sicurezza e soprattutto sui teatrini della sicurezza dopo il Mutandabomber del volo Northwest Airlines 253 da Amsterdam a Detroit: Bruce Schneier prende giustamente per i fondelli la nuova regola sul non alzarsi dal posto durante l'ultima ora di volo. BoingBoing si associa. Il teatrino prosegue: le istruzioni segretissime sulle nuove regole di sicurezza della TSA (Transportation Security Administration) americana finiscono online. Come le mutande dell'aspirante martire. E per quelli che dimenticano che le prime notizie diramate dai media spesso non sono esatte, segnalo che inizialmente le agenzie parlavano di mini-petardi natalizi (i Christmas crackers della tradizione britannica).


Scusi, quest'esplosivo è suo? Il teatrino arriva a livelli demenziali e da infarto con questa simpatica trovata delle autorità slovacche. Vediamo se i controlli di sicurezza funzionano: mettiamo dell'esplosivo di nascosto nella valigia di un passeggero ignaro e vediamo se i nostri colleghi ai controlli lo trovano. Indovinate come va a finire: l'esplosivo sfugge ai controlli e il passeggero se lo porta a casa a Dublino, dove viene arrestato e la sua abitazione viene circondata dagli artificieri per rimuoverne l'esplosivo. Le autorità slovacche aspettano tre giorni prima di avvisare la polizia irlandese del piccolo disguido e dicono che l'esplosivo non era pericoloso. Ma allora perché chiamare gli artificieri? Adesso non basta preoccuparsi delle bombe portate in aereo dai terroristi; bisogna anche preoccuparsi di quelle messe dagli "esperti" di sicurezza (BBC). Aggiornamento: le cose potrebbero essere andate diversamente da quanto descritto da Zia Beeb, come segnalato nei commenti qui sotto.


L'intercettazione dei video non cifrati dei Predator. Forse non è un errore grave come pare istintivamente. Schneier sottolinea che a volte la mania di segretezza inutile fa più danni della disseminazione di segreti. Il problema nel caso dei Predator sarebbe stata la gestione dei codici di accesso sul campo di battaglia. Se il video in tempo reale non fosse stato disponibile a un gruppo di soldati nel momento del bisogno perché il sistema non accettava la password, la segretezza avrebbe prodotto danni maggiori. E si chiede quanto possa essere utile un feed video di una vista aerea senza coordinate o altri riferimenti. Il vero danno, qui, è quello d'immagine (la figuraccia pubblica dei militari).


Più facile intercettare i GSM. È stato decifrato l'algoritmo di channel hopping usato dai sistemi cellulari GSM per proteggere le telefonate contro le intercettazioni. Un progetto open source mirato a dimostrare l'insufficienza della privacy del sistema GSM ha proposto, durante il Chaos Communication Congress di Berlino, un kit composto da un PC con una scheda grafica di medie prestazioni, un disco rigido capiente, due ricevitori USRP2 e del software per gestire il channel hopping. Dopo qualche minuto d'intercettazione di una chiamata, l'algoritmo viene decifrato e siccome la chiamata è stata registrata (come flusso di dati cifrati), può essere decifrata anche la sua parte iniziale. Il kit registra solo uno degli interlocutori, ma anche questo in molti casi è sufficiente per commettere crimini, per esempio intercettando i menu vocali di un sistema bancario (The Register).


Come spillare dati privati da Facebook. Wired spiega che le nuove regole di privacy di Facebook rendono più facile scoprire nome, amici, sesso, età, interessi, domicilio, lavoro e titolo di studio corrispondenti a un indirizzo di e-mail usando la funzione di ricerca di amici. Buon divertimento.


Leggere i pensieri si può (o quasi). Basta accettare qualche piccolo impianto nel cervello, senza fili sporgenti o connettori alla Frankenstein: solo due bobinette applicate allo scalpo. Un dispositivo chiamato Neuralynx, realizzato presso la Boston University, rileva l'attività cerebrale dei centri della parola e la converte in suoni. Funziona: un primo modello sperimentale è già stato impiantato in un ventiseienne completamente paralizzato, generando correttamente alcuni suoni (Physorg).


Demi Moore photoshoppata in copertina: arrivano gli avvocati per non farlo sapere. Il popolare sito BoingBoing pubblica le prove di un fotoritocco dilettantesco che mozza un fianco a Demi Moore sulla copertina di una rivista (immagine qui accanto), e l'attrice, invece di chiedere scusa per la porcata e per l'ennesima anoressizzante presa in giro del pubblico, manda gli avvocati, e la rivista nega ogni ritocco. La risposta del legale di BoingBoing è da manuale. Mai sentito parlare del diritto di cronaca? Tutta la storia è qui, e non è l'unica del suo genere. Leggete qui sotto.


Modelle impossibili. La presa in giro e la presentazione di modelli estetici inarrivabili raggiunge nuove vette in un poster di Ralph Lauren (qui accanto). E anche qui arrivano gli avvocati, che diffidano Photoshop Disasters, il blog che aveva pubblicato l'immagine. Photoshop Disasters ha rimosso l'articolo, ma l'immagine è ancora in giro. Esiste davvero qualcuno che crede che questo sia l'aspetto normale di una donna? E qualcun altro che approva e che stampa questa roba? E la soluzione, secondo i magnati della moda, è quella di imbavagliare chi denuncia i loro inganni?


Esperti di sicurezza sbaragliano botnet di 250.000 PC infetti. La botnet era arrivata a generare l'11% dello spam analizzato da MessageLabs. Gli smanettoni hanno preso il controllo dei server che gestivano la botnet. Geniale. I dettagli sono su PCworld/Yahoo.


Cinque anni fa, l'attacco alla Terra dallo spazio. Il 27 dicembre 2004 la Terra fu investita da un fascio di raggi gamma e X tanto potente da accecare alcuni satelliti e ionizzare parzialmente gli strati superiori dell'atmosfera. Colpa di una magnetar, la SGR1806-20: una stella di neutroni tanto densa che un centimetro cubo della sua materia pesa cento milioni di tonnellate e dotata di un campo magnetico mostruoso (donde il nome). Si trova a 50.000 anni luce da noi, sul lato opposto della nostra galassia, eppure è riuscita a far sentire il suo effetto fin qui, cosa che una "normale" supernova non riuscirebbe a fare da quella distanza. E poi dicono che la scienza è noiosa (Bad Astronomy).


Cinque nuovi mondi. Il telescopio spaziale Kepler della NASA ha trovato i suoi primi cinque nuovi pianeti al di fuori del sistema solare. Quattro sono ancora più grandi di Giove, e percorrono orbite strettissime intorno alla propria stella. Un anno, su quei mondi, dura fra tre e cinque giorni terrestri. Uno, Kepler 7b, ha una densità media inferiore a quella del polistirolo espanso. Questo è solo un piccolo esercizio di collaudo: il telescopio Kepler è fatto per scoprire pianeti simili alla Terra (BBC).


Antimateria kaboom. Incrociare i flussi è male, come sanno i fan di Ghostbusters: mettere insieme materia e antimateria nel cuore di una stella è molto male. E avviene nella realtà, non nei telefilm di Star Trek. Sette miliardi di anni fa, la stella Y-155, nella costellazione della Balena, aveva una massa 200 volte maggiore di quella del nostro sole ed è diventata tanto calda da generare coppie di particelle di materia e antimateria, scatenando una reazione termonucleare che l'ha fatta esplodere così violentemente da essere visibile da Terra nonostante si trovasse a metà strada dai confini dell'universo e generando un'energia equivalente a cento miliardi di volte quella del Sole (Science Daily).


Oroscopi? Idiozia colossale. Lo dice Marco Cagnotti, giornalista scientifico e presidente della Società Astronomica Ticinese, in un eloquente sfogo sul blog astronomico Stukhtra, giocando il jolly: "... “Nature”, vol. 318, pp. 419-425, 5 dicembre 1985: una ricerca fondamentale. Effettuata con astrologi professionisti, impegnati in un protocollo a doppio cieco e messi nelle migliori condizioni operative, avendo tutte le informazioni su luogo, data e ora di nascita, quindi potendo stilare il tema natale preciso dal quale ricavare poi la personalità dei volontari. Risultato: fallimento totale." Niente male anche l'incazzatura di Marcello Veneziani sul Giornale: "Giuro che al prossimo che mi fa l’oroscopo gli faccio l’endoscopia, con strumenti improvvisati".


Onnipotenza in Windows 7. Esiste un "God Mode" in Windows 7, una serie di funzioni non documentate, inserite dagli sviluppatori, che permette di accedere rapidamente a tutti i pannelli di controllo del sistema operativo da una singola cartella. Basta creare una nuova cartella e darle il nome seguente: GodMode.{ED7BA470-8E54-465E-825C-99712043E01C} (parentesi graffe incluse). Potete anche usare una stringa diversa da "GodMode", ed esiste tutta una serie di codici aggiuntivi che attivano varie scorciatoie per controllare più agevolmente le impostazioni del sistema operativo. Cnet ne pubblica un elenco che è spiegato in dettaglio qui. Il codice che riporto qui sopra è quello che include tutte le scorciatoie: gli altri ne attivano dei sottogruppi. Da provare a vostro rischio e pericolo (specialmente in Vista, dove pare che tenda a crashare il sistema) (Gizmodo).


Antibufala: Warren Beatty ha conosciuto biblicamente quasi 13.000 donne? Qualcuno ha fatto i conti in tasca a questa notizia che ha spopolato nei giorni scorsi sui giornali che non hanno niente di meglio da raccontare. Bufala, a meno che vogliate credere che il bellone di Hollywood sia riuscito a sedurre 1,06 donne al giorno, ogni giorno dell'anno, per 33 anni di fila (Animalnewyork.com).


Immagini incredibili di animali nel grembo materno. Sono tratte da un documentario di National Geographic, ma le trovate su Io9 e Izismile.


Che fine ha fatto Second Life? È quasi deserto, ma fa più soldi di prima grazie alla conversione all'intrattenimento a luci rosse. PcPro è andato a vedere cos'è successo al social network che tanti avevano dipinto come il futuro di Internet.


Fotocamere digitali, basta con la guerra dei megapixel, bisogna essere più sensibili. La nuova frontiera per la fotografia è l'introduzione di sensori capaci di ottenere immagini decenti in condizioni di luce sempre più fioca, fino a fotografare in città, di notte, in luce ambiente. ISO 12.800, estendibili a 102.400, per la Canon 1D Mark IV. Che nelle mani giuste fa dei video straordinari come Nocturne. Se dovete chiedere quanto costa, non ve la potete permettere.

2010/01/06

Google rivenditore di cellulari? [UPD 2010/01/08]

Arriva il Googlefonino


Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "eneapar" e "lafattoriadelramo". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Da poche ore Google vende il suo primo telefonino, battezzato Nexus One (no, probabilmente non supera il test di Voight-Kampff come i Nexus Six). "Suo" per modo di dire, perché è fabbricato da HTC. Google ci mette solo il logo e ha collaborato alla progettazione.

Il termine di paragone inevitabile è l'iPhone, e sicuramente non mancheranno le polemiche sulle caratteristiche tecniche: schermo AMOLED da 480 x 800, contro i 480 x 320 dell'iPhone, e mezzo centimetro di diagonale in più, che conta non poco; batteria rimovibile anziché fissa, bonus non trascurabile per molti utenti, viste le lamentele sull'autonomia e durata di quella dell'iPhone; controllo vocale in tutte le applicazioni (ma vedremo quanto funzionerà in italiano); niente multitouch (almeno ufficialmente, anche se l'hardware lo supporta), e questa è una carenza grave per l'interfaccia; flash e memoria espandibile, a differenza dell'iPhone; sistema operativo Android 2.1 open source (licenza Apache), a differenza dell'iPhone OS 3.1 (derivato di Mac OS X) chiuso del cellulare Apple.

Per il resto, le dotazioni sono simili a quelle dell'iPhone: GPS, bussola, accelerometro, touchscreen, registrazione di video (a 720x480), geotagging, autofocus, Bluetooth stereo. Peso e dimensioni sono quasi uguali: il Nexus One è lievemente più sottile e largo.

La differenza più importante, però, non sta nelle specifiche hardware (che trovate qui), ma nel modello commerciale. Il Googlefonino viene venduto soltanto direttamente da Google nel sito apposito, e per ora viene spedito solo a indirizzi statunitensi, britannici, di Singapore e di Hong Kong. Tecnicamente, comunque, è in grado di funzionare subito su quasi tutte le reti e in quasi tutto il mondo, per cui gli appassionati potranno ricorrere a indirizzi di comodo o amici disponibili e sfoggiare subito il nuovo giocattolo.

Inoltre è venduto anche senza abbonamento a un operatore cellulare americano, a differenza di quasi tutte le offerte precedenti di questi smartphone sul mercato USA. Certo, senza abbonamento è caruccio: costa 530 dollari (360 euro), mentre ne costa 180 (125 euro) con abbonamento USA per due anni. Ma l'iPhone senza abbonamento parte in Italia da 499 euro (3G; 599 per il 3GS). La differenza di prezzo, insomma, è tutt'altro che trascurabile.

La differenza di modello commerciale rispetto all'iPhone spicca anche nella gestione dell'inevitabile app store, il negozio online dove acquistare le applicazioni supplementari per il Googlefonino. Mentre ogni programma venduto attraverso il negozio di Apple deve essere approvato insindacabilmente da Apple (con tutti i rischi di conflitto d'interessi che questo comporta), e quindi gli sviluppatori si trovano esposti al rischio di lavorare a un prodotto che poi non potrà essere venduto, nel negozio di Google tutto viene approvato con riserva di respingerlo. Inoltre il software per Android, il sistema operativo del Googlefonino, può essere distribuito anche al di fuori del negozio ufficiale, con tutte le libertà (e i rischi) che questo consente.

Ma la domanda di fondo rimane al di fuori del campo tecnico: perché Google vende telefonini? Non certo per guadagnare sull'oggetto in sé. L'intenzione, a giudicare dalle dichiarazioni in conferenza stampa e da alcuni annunci (BBC) di Google a proposito di pubblicità "pay per call", è di "assicurarsi che la gente acceda ai servizi di Google e vada online". Infatti la dotazione di software del Nexus One è orientata a portare l'utente il più possibile verso Gmail e gli altri servizi online di Google, attraverso i quali il colosso della ricerca può vendere le inserzioni pubblicitarie che sono la sua fonte di reddito fondamentale.

L'operazione di marketing serve anche per assuefare l'utente all'idea di usare Google sempre e ovunque, anche come terminale di accesso a Internet, e in questo modo raccogliere dati degli utenti, utili per vendere pubblicità sempre più mirata. È qui il punto cruciale: Google ha già la nostra posta (Gmail), i nostri video (Youtube), le nostre foto (Picasa), i nostri spostamenti (Latitude), il nostro DNS, le nostre ricerche, e ora vuole anche il nostro traffico telefonico (il software del Nexus spinge l'utente a navigare online con il proprio account Google e a gestire contatti e telefonate tramite Google Voice). Va tutto bene se quest'enorme tesoro di dati è in mani illuminate, ma che si fa se qualche governo non troppo democratico decide di imporre a Google di dargli accesso a questi dati?

Leggendo le condizioni di privacy di Google, non riesco a fare a meno di notare questa frase ricorrente: Google takes your privacy very seriously. E mi viene sempre più voglia di abbreviarla: Google takes your privacy. Niente panico, ma stiamo attenti.


Altre info: il Liveblog della presentazione, su Gizmodo; altre informazioni della presentazione su The Register; pro e contro di iPhone OS e Android dal punto di vista degli sviluppatori di applicazioni; il manuale dell'utente del Nexus One (PDF); galleria di foto del Nexus One (Gizmodo); la recensione di Wired; le mappe dei paesi che hanno reti compatibili con il Nexus One (GSMworld); le condizioni di vendita del Nexus One; i prezzi ufficiali del Nexus One; le FAQ preparate da Gizmodo; la recensione di Engadget, decisamente senza peli sulla lingua; una bella analisi dei piani di Google e dell'effetto del Googlefonino sul potere degli operatori telefonici ("Google is aiming for much more than just a nifty handheld. It wants an army of nifty handhelds, from countless manufacturers, running on countless wireless networks - and it wants all of them running ad-happy Google apps", The Register).


2010/01/08


Un commento qui sotto ha posto una buona domanda: se Google vende il telefonino solo online, da chi si va in caso di guasto all'apparecchio? La risposta sembra essere che ci si rivolge al centro assistenza HTC più vicino, secondo questa pagina dell'help di Google, che fornisce anche un link all'elenco dei servizi di assistenza e riparazione di HTC.

2010/01/05

Torna John Titor? No, è un bug di Windows Mobile

Ultimo aggiornamento: 2010/01/08.

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "marco" e "damy2000" L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Pensavate che il Millennium Bug, con la relativa angoscia planetaria per la gestione corretta del cambio di data fra il 1999 e il 2000 da parte dei computer, fosse solo un brutto ricordo o addirittura una bufala? È ancora fra noi.

Dalla mezzanotte del 31 dicembre scorso, i telefonini con Windows Mobile 6.1 e 6.5 e con altri sistemi operativi ricevono talvolta SMS dal futuro, datati 2016. La causa è probabilmente un errore nel software che interpreta i codici usati per rappresentare l'anno negli SMS: secondo i commenti su Slashdot.org, la data negli SMS è in formato BCD mentre altri campi sono in formato esadecimale, per cui è possibile che alcuni software per cellulari (o nei gateway degli operatori) interpretino il codice dell'anno trattandolo come un esadecimale. In alternativa, si tratta di un astutissimo piano per evitare la fine del mondo nel 2012, prevista dal calendario Maya, passando direttamente al 2016.

Su WMexperts c'è una prima possibile pezza non ufficiale (da usare a vostro rischio e pericolo).

In Australia, intanto, alcuni sportelli bancari automatici stanno rifiutando le carte bancarie dei clienti da Capodanno, secondo quanto riferisce il Brisbane Times, perché i Bancomat pensano che l'anno corrente sia il 2016 e quindi a loro risulta che tutte le carte degli utenti sono scadute. In Germania è andata molto peggio: secondo Ticinonline, sono inutilizzabili "oltre 20 milioni di carte di credito e debito... legate al circuito Eurocheque... Tra le banche più colpite ci sono la Postbank e la Commerzbank". Scusate se è poco. Ormai il problema è stato quasi risolto, dopo aver causato gravi disagi, ma secondo il Guardian costerà circa 300 milioni di euro alla società francese Gemaito che produce le carte. Il comunicato stampa dell'azienda insiste a definirla "world leader in digital security".

Anche gli antivirus sono vulnerabili al Baco del Millennio e Dieci: la suite di sicurezza Symantec Endpoint Protection rifiuta tutti gli aggiornamenti successivi al 31 dicembre 2009 perché li considera scaduti. Il rattoppo temporaneo di Symantec consiste nel pubblicare gli aggiornamenti tenendo la data del 31 dicembre 2009 e incrementando il numero di versione.

2010/01/04

Il Corriere comincia bene l’anno inaugurando il festival della castroneria 2010 con la “Luna Blu”

Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "fulvion" e "carlo_v****". L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Nella pagina principale del Corriere della Sera online spicca oggi, fra le "foto del giorno", quella che mostra una luna blu.

Lo so, lo so: gli astronomi e gli astrofili hanno già capito come va a finire quest'ennesima fesseria giornalistica e si stanno silenziosamente strappando i capelli. A ciocche. E Margherita Hack sta lucidando il lanciafiamme.

Cliccando sulla pagina dedicata a questa "foto del giorno", il Corriere ci fa omaggio della sua sapienza, distillata dai suoi cent'anni di sobrio rigore e disciplinata attenzione alla veridicità delle notizie: "Luna blu - Accade una sola volta ogni 19 anni in media. E' il raro fenomeno astronomico della luna blu, visibile nella foto scattata all'inizio dell'anno dal cimitero della St John's Church di Danbury in Gran Bretagna (Emmevi)".

Avete capito bene. C'è qualcuno, al Corriere, che crede veramente che la Luna diventi blu come un puffo ogni diciannove anni. E c'è un altro qualcuno, sempre al Corriere, che permette che una scemenza simile venga pubblicata. E infine c'è un terzo qualcuno o qualcosa, Emmevi (presumo sia un'agenzia fotografica), che rifila al Corriere una luna tinta di blu col computer spacciandola per un fenomeno autentico.


Questo trust di cervelli non s'è preso la briga di controllare neanche Wikipedia per sapere cos'è una "luna blu" prima di architettare cotanta castroneria spaziale. L'espressione "luna blu" è semplicemente il calco italiano dell'inglese blue moon, un modo di dire che indica la seconda luna piena che si verifica nell'arco di uno stesso mese (come è successo il 31 dicembre scorso) oppure la quarta luna piena che si verifica in una stagione (che normalmente ne include tre), come spiega Sky and Telescope. In entrambi i casi si tratta di una luna piena dall'aspetto assolutamente normale, che non cambia colore. Non diventa né blu né gialla né rosa a pallini verdi. Dovrebbero invece diventare rossi, per la vergogna, i "giornalisti" e i redattori del Corriere responsabili della rubrica.

A nessuno degli autori della notizia-bufala è venuto in mente, evidentemente, che la Luna è visibile in un dato momento da tutto un emisfero del mondo, per cui se fosse diventata blu se ne sarebbe accorta un bel po' di gente.

È falsa anche l'affermazione che la "luna blu" si verifica "una sola volta ogni 19 anni in media". La prossima occasione di due lune piene in uno stesso mese sarà nel 2012 (il 2 e il 31 di agosto) e ce ne sarà un'altra il 2 e il 31 luglio 2015.

Lascio a voi scoprire che c'entra la "St John's Church di Danbury in Gran Bretagna".

Certo che se la cultura scientifica viene alimentata pubblicando sui giornali queste idiozie e partorendo notizie false, siamo messi proprio male.


17:10


I simpaticoni del Corriere hanno corretto la loro didascalia pochi minuti dopo che ho postato inizialmente quest'articolo. Sarà un caso?

Adesso la didascalia, catturata nell'immagine qui accanto (ingrandibile cliccandovi sopra), dice che si tratta della "tredicesima luna piena dell'anno", e che la foto è stata scattata "con filtro". Ma ancora non hanno capito che il fenomeno non accade "una sola volta ogni 19 anni in media".

Mi fa piacere che leggano il Disinformatico, ma dovrebbero provare a leggerne tutte le parole, anche quelle con tante lettere. Come ciclo metonico, per esempio, da cui deriva l'errore dei 19 anni.


19:50


Come segnalato dai lettori nei commenti qui sotto, l'articolo del Corriere è stato rimosso completamente e il nome Emmevi corrisponde a questo sito.


2010/01/06


Un aiutino: cercando "Danbury" e "blue moon" in Google vengono fuori pagine come questa; ma questa Danbury è in Connecticut, non in Gran Bretagna come diceva il Corriere.
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