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Il Disinformatico: Corriere della Sera

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2021/06/15

I semiconduttori “spiegati” dal Corriere della sera

Ultimo aggiornamento: 2021/06/16 1:10.

“I semiconduttori sono materiali posti tra un conduttore e un isolante su cui si installano circuiti integrati, composti da transistor, che permettono il funzionamento di un dispositivo elettronico e la sua capacità di memoria. Sono al centro di una miriade di prodotti tecnologici.”

Questa imbecillaggine carpiata multipla con avvitamento e supercazzola prematurata è stata pubblicata oggi dal Corriere della sera, secondo la segnalazione fatta su Twitter da @Teleblin

Per quelli che dicono “eh, ma la redazione online non è quella vera, che è quella che fa il giornale cartaceo”: la perla è apparsa sul Corriere cartaceo, non su quello online, in questa pagina:


 

Secondo @1carloalberto, il testo del Corriere potrebbe essere una copiatura cinofallica di questa pagina di Ispionline.it, che dice guarda caso Un semiconduttore è un materiale posto tra un conduttore e un isolante su cui si installano circuiti integrati, composti da transistor, che permettono il funzionamento di un dispositivo elettronico e la sua capacità di memoria”. Mi sfugge la logica di copiare una descrizione di semiconduttori da un sito di un istituto per gli studi di politica internazionale invece che da un testo di elettronica, ma il Corriere per ora tace sull’origine della cretinata che ha pubblicato e quindi non si sa se questa sia la fonte effettiva o chi abbia scritto il pezzo per il giornale.

Questo ciarpame è il modo in cui i giornali, quelli che si atteggiano a baluardo contro le fake news, pretendono di insegnare i fatti scientifici ai lettori. Poi non stupiamoci se siamo circondati da idioti anti-5G, terrapiattisti e antivaccinisti.

2021/05/16

Video UFO definito “autentico”, dichiarazioni “ufologiche” di Obama: cerchiamo di capire le parole invece di fantasticare

Ultimo aggiornamento: 2021/05/19 23:30.

Mi stanno arrivando parecchie richieste di commento su articoli come quello del Corriere della Sera, che parlano di un video di UFO che è stato definito “autentico” dal Pentagono.

La faccio molto breve: quando qualcuno dice che un video è autentico, vuol dire soltanto che non è stato alterato e che la sua provenienza è verificata. Non vuol dire che conferma una data interpretazione di cosa mostra.

Tipo, che so, se chiedi a George Lucas se una foto scattata sul set di Star Wars è autentica, e lui ti risponde di sì, non è che puoi andare in giro a dire che i Jedi esistono, Darth Vader è reale e puoi manipolare le menti deboli usando la Forza.

Per tutto il resto, consiglio a chi volesse ancora pensare che questi video mostrino veicoli alieni e che questo sarebbe stato confermato dal Pentagono di leggersi attentamente le dichiarazioni originali e non i virgolettati e gli abbinamenti farlocchi che circolano sulla stampa.

Per esempio, vediamo quali sono realmente le dichiarazioni dell’ex presidente statunitense Obama, citate dai media con titoli come “gli Ufo esistono e vanno presi sul serio” (che La Stampa ha abbinato a un’illustrazione di un disco volante in stile George Adamski, giusto per levare ogni dubbio che “UFO” venga considerato giornalisticamente sinonimo di “veicolo extraterrestre”):


Vittorio Sabadin de La Stampa, dietro paywall, scrive che “Obama ha dichiarato in una trasmissione televisiva che gli Ufo esistono, si muovono in modalità che contrastano con le leggi della fisica a noi conosciute e rappresentano un fenomeno che ‘va preso sul serio’”. L’illustrazione è stata poi sostituita con un’altra non molto migliore.

Sapete qual è la “trasmissione televisiva”? Per scoprirlo bisogna leggere la versione a pagamento dell’articolo. L’ho fatto io per voi. È il Late Late Show con James Corden, spiega Sabadin. Un programma d’intrattenimento leggero. Ovviamente se un ex presidente deve rivelare al mondo qualcosa di così importante, andrà a un programma del genere. Mica farà un comunicato stampa o un annuncio formale.

Già questo dovrebbe far capire che la notizia è una bufala, ma vediamo che cosa ha detto di preciso Obama. Questo è quello che secondo Sabadin sarebbe “la cosa importante” delle sue dichiarazioni (fatte, ripeto, in un programma d’intrattenimento):

“Ma ciò che è vero - e in realtà dico sul serio - è che ci sono filmati e registrazioni di oggetti nei cieli che non sappiamo esattamente cosa siano. Non possiamo spiegare come si muovono, le loro traiettorie ... Non si muovono con uno schema facilmente spiegabile. Quindi penso che la gente prenda sul serio il tentativo di indagare e di capire di che cosa si tratta. Ma oggi non ho niente da riferirti.”

Avete letto le parole “veicoli extraterrestri”? Qualche riferimento agli alieni? No. Semplicemente Obama ha detto che ci sono riprese di cose che non si sa esattamente cosa siano. Possono essere droni di un paese rivale (nel qual caso l’interesse dei militari è assolutamente ovvio), errori di interpretazione di fenomeni normali in circostanze insolite (un classico) o mille altre cose assolutamente terrestri. 

Prima di mettere in testa all’articolo un’immagine di un disco volante, bisognerebbe essere onesti e considerare tutte queste spiegazioni molto più credibili. Ma così facendo, addio sensazionalismo, addio clic.

Se vi interessa, questo è il video originale della trasmissione: giudicate voi i toni della conversazione sulla quale Sabadin basa il suo articolo. La domanda non è nemmeno fatta dal conduttore, ma da uno dei musicisti, e pure ridendo.

L’articolo di Sabadin finisce con un delirio di fantarcheologia e fantareligione:

“Da alcuni anni, una più attenta rilettura della Bibbia, dei libri di Omero e di altri antichi testi, oltre a un’analisi priva di pregiudizi di numerosi manufatti antichi e di resti archeologici rimasti ancora privi di spiegazione, hanno riportato in auge l’ipotesi che esseri dotati di una tecnologia superiore possano avere influenzato il destino dell’umanità migliaia di anni fa, identificati come dei che andavano e venivano in continuazione dal cielo, come ci ha tramandato ogni cultura del mondo.”

Questi sono contenuti a pagamento di un giornale, non del blogghettino del complottista frustrato di turno. Purtroppo c’è chi campa sulla creduloneria invece di fare giornalismo.

Per tutti quelli che adesso mi diranno “sì, ma c'è questo video... sì, ma c'è quest'altra dichiarazione...”, scusatemi ma non vi risponderò. Vi chiedo solo una cosa: non siete stanchi di farvi prendere per il naso dall'ennesima cialtronata basata su video sfuocati e traballanti?

Sinceramente tutti questi “annunci” e “avvistamenti” e discorsi di rivelazioni imminenti mi hanno stufato. Sono anni che si va avanti con video sgranati e confusi, utili soltanto a fabbricare cretinate acchiappaclic.

Abbiamo tutti in tasca telecamere HD pronte a entrare in azione in un istante, abbiamo telecamere di sorveglianza ovunque, abbiamo astronomi che sorvegliano il cielo 24 ore su 24, e questi video sono il meglio che si riesce a presentare? Sul serio? Una macchiolina? Un triangolino che oltretutto lampeggia esattamente come un aereo? Ma secondo voi gli alieni vanno in giro con le luci di posizione a norma terrestre?



Persino un evento totalmente inatteso come il meteoroide di Celyabinsk è stato documentato magnificamente. Ma qui no, siamo ancora fermi alle macchioline indistinte. E allora viene da chiedersi se per caso il problema è che c’è qualcuno che a tutti costi vuole credere che tutte le macchioline indistinte siano veicoli misteriosi. Quando è invece infinitamente più probabile che siano errori di interpretazione di oggetti assolutamente banali. 

E se per caso siete fra quelli che dicono “eh, ma i militari e le autorità ci nascondono cose”, come mai ora improvvisamente credete ciecamente a quello che dicono militari e autorità? Non è che magari ci credete perché dicono quello che vorreste che fosse vero? 

La storia dei depistaggi passati usati dai militari e dalle autorità per nascondere le loro attività non l’avete mai letta? Vi consiglio di farlo. Scoprirete cose interessantissime. Scoprirete anche che i casi più clamorosi dell’ufologia sono stati costruiti dai militari come storie di copertura o dai venditori di fuffa per vendere, appunto, fuffa. Roswell? Copertura per nascondere i sistemi di monitoraggio dei test nucleari sovietici. Triangolo delle Bermude? Inventato di sana pianta da Charles Berlitz. Eccetera, eccetera, eccetera. 

Evidentemente ci sono tante persone che vogliono credere alle fatine e ci sono giornalisti che sono disposti a raccontare favole. Quando s'incontrano nasce l'affare. Ma non chiamatelo giornalismo, per favore.

---

Personalmente mi sono stancato di perdere ore a investigare ogni singolo “avvistamento”. Si finisce per essere vittime della Teoria della Montagna di M* (cit.): ore per indagare ogni “avvistamento”, scoprire che ha una spiegazione banalissima, per poi trovare subito dopo che ne è uscito un altro altrettanto vago, e si ricomincia da capo, con il solito commento strafottente “eh, però QUESTO non l’hai sbufalato!”

Per cui chi vuole continuare a pensare che ogni singolo tafano che passa davanti all'obiettivo e ogni luce all’orizzonte sia la scialuppa vagabonda di un alieno troppo stupido per non farsi vedere spegnendo le luci lampeggianti, faccia pure. Io non voglio perderci altro tempo. Chiamatemi quando avrete riprese decenti. E magari chiedetevi chi sono gli unici che guadagnano sempre quando c’è di mezzo l’ufologia.

2021/02/07

L’analfabetismo numerico come metodo redazionale: la bufala dei “7 italiani su 10” che ieri hanno pranzato al ristorante

Ultimo aggiornamento: 2021/02/07 22:10.

Il Corriere della sera di oggi, nell’edizione cartacea, a pagina 13, ha scritto che “ieri 7 italiani su 10 hanno pranzato al ristorante”. L’articolo è a firma di Rinaldo Frignani.

La stessa idiozia è stata ripetuta al TG1 della RAI oggi alle 13.30.

Nessuno, ma proprio nessuno, che si sia chiesto come sarebbe stato possibile per quarantadue milioni di italiani recarsi contemporaneamente a pranzo al ristorante e come avrebbero fatto i ristoratori a sfamarli tutti di colpo.

C’è poi il problema degli incassi: se a Roma si fossero davvero incassati 5 milioni di euro su 2 milioni di pasti (il 70% di 2,9 milioni di abitanti), vorrebbe dire che ogni pasto è stato pagato un paio di euro e spiccioli. 

C’è cascato anche il Corriere del Ticino:Sette su dieci hanno pranzato fuori secondo la Coldiretti” (copia permanente)

Il Giornale di Sicilia ha titolato “Covid, nel weekend 7 italiani su 10 a pranzo fuori”, spalmando l’orda su due giorni invece di uno, ma l’assurdità resta (copia permanente).

Non c’è niente da fare: la discalculia impera e i giornalisti non sanno resistere al fascino dei numeri e delle pseudostatistiche.

La probabile origine di questa scemenza è spiegata da Giornalettismo: un comunicato stampa di Coldiretti, che titola “Covid: 7 italiani su 10 a pranzo fuori nel week end” ma nel testo dice che quei 7 su 10 erano gli italiani che pranzavano fuori almeno un sabato o una domenica al mese.

Se l’ipotesi è corretta, allora alcuni giornalisti hanno anche difficoltà a capire quello che leggono. Il Post fa bene il punto sulla desolante consuetudine del giornalismo basato su comunicati stampa letti male e mai verificati. E l’Ordine dei Giornalisti pare troppo impegnato a pettinare lampadine. Siamo in buone mani.

 

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Per il Corriere, Alessandro Magno fu imperatore di Roma. Ma le fake news son colpa di Internet

Scrive così Maria Rosaria Spadaccino sul Corriere della sera il 5 febbraio 2021: “Napoleone non venne mai a Roma, ma la desiderò molto. A lei si ispirò e ai suoi imperatori Augusto, Alessandro Magno, ma anche a Giulio Cesare”.

Link all’originale; copia permanente su Archive.is; screenshot per i giustamente increduli qui sotto.

 


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2021/02/01

La Stampa, L’Espresso, il Corriere e il metodo redazionale: nessuno rilegge

Molta gente mi dice che esagero quando parlo di metodo redazionale scadente e disastroso ogni volta che un giornale pubblica una bufala.

"Dai, Paolo" mi dicono "è soltanto un errore, errare è umano, gli sbagli succedono a tutti". Certo, i refusi càpitano a tutti. Anche a me, e chi segue questo blog lo sa bene.

Ma io sto parlando di metodo di lavoro. Ossia di abitudini e di scelte precise quotidiane, che prima o poi portano inesorabilmente a disastri.

È un po’ come l’elettricista che tutti i giorni taglia e giunta fili senza staccare la corrente: è proprio un modo di lavorare, un’abitudine cementata. Per un po’ gli va liscia, ed è pure contento perché risparmia tempo e disagi al cliente. Poi rimane folgorato, e a quel punto tutti piangono.

Per esempio, pubblicare senza rileggere, o senza far rileggere, è ormai un metodo di lavoro consolidato in tutte le redazioni di cui vedo le pubblicazioni. E i risultati si vedono.

Un altro esempio è il titolo che dice una cosa mentre l’articolo ne dice un’altra, perché il titolista (ammesso che esista questa fantomatica figura) non parla col giornalista e non capisce una cippa di quello che sta titolando. Neanche lui rilegge. E i risultati si vedono.

Ma ci vuole un livello d’incoscienza speciale, un metodo di lavoro particolarmente scalcinato e incurante delle conseguenze, per fare quello che è successo oggi a Fabio Pozzo su La Stampa.

Cosa c'è che non va nel metodo di lavoro di Fabio Pozzo? Beh, oggi ha scritto (o perlomeno ha firmato) un pezzo sugli armatori e sull’aumento dei prezzi delle spedizioni via nave. Quello che vedete nell’immagine all’inizio dell’articolo e che trovate in copia permanente qui: archive.is/FWCKV.

In quell'articolo c’è un passaggio molto delicato, perché “entra in un campo, quello della concorrenza, che è un nervo scoperto x gli armatori, non vorrei si causasse qualche reazione”, dice Pozzo o chi per lui. Testuali parole.

Come faccio io a conoscere queste testuali parole? Perché sono state scritte nel testo dell’articolo.  

In altre parole, Fabio Pozzo (o chi per lui) ritiene che sia un metodo di lavoro accettabile scrivere i promemoria interni confidenziali nel testo dell’articolo. Agevolo screenshot. Notate niente?

La cosa tragicomica è che quel promemoria era chiaramente confidenziale: “L’argomento sotto è molto delicato, valuta tu se dare un’impronta un po’ più sfumata in quanto si entra in un campo, quello della concorrenza, che è un nervo scoperto x gli armatori, non vorrei si causasse qualche reazione”.

Beh, se si scrivono e si lasciano i commenti interni negli articoli pubblicati, sì, “qualche reazione” si causa eccome. Forse non quella degli armatori, ma quella dei lettori.

Insomma:

  1. il giornalista scrive gli appunti confidenziali nel testo dell’articolo (primo errore fondamentale)
  2. non rilegge quello che ha scritto prima di inviarlo per la pubblicazione (secondo errore fondamentale)
  3. e nessuno in redazione legge prima di pubblicare (terzo errore fondamentale)

Questo è un classico esempio di metodo di lavoro fallimentare e sbagliato: è l'elettricista che lavora sui cavi in tensione. Qui non è un refuso: è proprio un comportamento incosciente di una redazione. Di cui noi lettori paghiamo le conseguenze. Per un po’ va tutto bene, si risparmiano tempo e soldi, fino a quando va male. Come oggi.

Questo comportamento non è occasionale e non è limitato a La Stampa. Ecco un esempio fresco fresco da l’Espresso. Edizione cartacea, quella che non si può correggere facendo finta che non sia mai successo nulla:

Sì, qui è rimasta l’istruzione “mettere la dieresi sulla “u” per favore!”. Perché nessuno rilegge.

E questo è un titolo di oggi del Corriere, che parla della nota città di News York a caratteri cubitali: nessuno rilegge.


Fabio Pozzo de La Stampa, dopo la mia segnalazione su Twitter, ha corretto l’articolo. Anche il Corriere ha cambiato il titolo (solo nella versione per desktop; la versione per smartphone lo riporta ancora). Per L’Espresso, invece, niente da fare: verba volant, scripta manent. Se le scripta sono su carta, s’intende.

Questo, sottolineo, è soltanto il bollettino dei disastri di oggi.

Speriamo che la lezione sia stata imparata, non soltanto da Pozzo, ma da tutta la filiera di produzione. E magari anche da chi si avvicina al giornalismo e vuole evitare queste brutte figure.

 

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2021/01/30

Antibufala Classic: L’immagine delle “crepe” nello Shuttle Columbia (2003)

I sette del Columbia

I sette del Columbia: da sinistra, Rick D. Husband, William C. McCool, Ilan Ramon, David M. Brown, Michael P. Anderson, Laurel B. Clark, Kalpana Chawla. Per aspera ad astra.

 

Indagine iniziale: 2003/02/02. Ultimo aggiornamento: 2021/01/31 14:55. La versione originale di quest’indagine è pubblicata qui su Attivissimo.net. Alcuni link potrebbero essere obsoleti. I tempi verbali sono stati aggiornati per tenere conto del tempo trascorso.

 

English abstract (il resto è in italiano)

Following the Columbia Space Shuttle disaster in February 2003, many TV and press reports showed a photograph which allegedly depicted cracks in the structure of Columbia, suggesting them as the cause of her disintegration upon reentry, which killed all seven astronauts on board.

Actually, the photograph doesn’t show cracks; it shows folds of the thermal insulation inside Columbia’s payload bay, which has nothing to do with protection from the heat of reentry. The payload bay is closed during reentry, so the area shown in the photograph is not exposed to any heat at all.

 

Premessa

Questa non è la solita pagina antibufala semiseria. Sette persone morirono nell’incidente dello Shuttle Columbia, l’1 febbraio 2003. Intorno alle loro morti si fece molto pessimo giornalismo e soprattutto nacque un falso scoop su presunte immagini di “crepe” nella navetta, la cui smentita non fu pubblicata dai media tradizionali con la stessa risonanza con la quale fu pubblicata la notizia fasulla iniziale, scaturita da una vergognosa incompetenza dei giornalisti preposti nel riferire l’accaduto.

 

La foto delle “crepe”

Numerosi giornali, emittenti televisive e siti Web, fra cui Repubblica.it, Rai.it, Corriere.it e sicuramente tanti altri italiani ed esteri, pubblicarono con grande evidenza, e senza alcuno spirito critico, una foto che circolava su giornali e TV in Israele. L’immagine era tratta da un video ripreso durante la missione del Columbia e avrebbe mostrato delle “crepe” o dei danni alla superficie della navetta.

La versione del Corriere, per esempio, è qui (copia permanente). 


 

Qui sotto presento un paio delle tante versioni in circolazione, che sono state più o meno ritoccate digitalmente (non da me) per esaltarne i colori e i dettagli.

immagine delle presunte crepe in colori originali

 

immagine della presunta crepa in colori ritoccati

Le immagini delle presunte “crepe” dello Shuttle.

 

Perché l’immagine è fasulla

Il dettaglio mostrato nell’immagine non mostra l’ala dello Shuttle e non mostra delle crepe nel rivestimento esterno della navetta.

Infatti qualunque cosa siano i dettagli mostrati, sono sicuramente sulla parte superiore della navetta, non in quella inferiore (dove si ritenne inizialmente che fosse avvenuto l’impatto al decollo e che si fosse scatenato il danno che poi causò il disastro) e nemmeno sul bordo dell’ala (dove si scoprì in seguito che si era verificato il danno principale).

Lo si capisce da due considerazioni molto semplici:

  • la prima è che l’intera parte inferiore della navetta è nera (grigio molto scuro, per essere pignoli) e il bordo dell’ala è nero o grigio, mentre la zona mostrata nel video è bianca;
  • la seconda è che sullo Shuttle non ci sono finestrini che guardano sotto. E per questa missione non era presente il famoso braccio robotizzato (il Canadarm) che poteva portare una telecamera al di fuori della navetta. 
Potrebbe allora essere un dettaglio della superficie superiore delle ali? Molti analisti, compresi numerosi esperti aerospaziali, nella foga del momento smentirono quest’ipotesi dicendo che
"...da nessun finestrino della navetta è possibile vedere l’ala del veicolo... questa circostanza è stata appena confermata dagli esperti delle altre sei agenzie che partecipano alla realizzazione della ISS (la stazione spaziale internazionale): oltre a Nasa e Esa, le agenzie di Canada, Russia, Giappone, brasiliana".

Una dichiarazione analoga fu riportata ad esempio presso Repubblica.it.

Ma la smentita non era corretta. In realtà le ali erano almeno parzialmente visibili dai finestrini dello Shuttle rivolti verso il vano di carico. Lo dimostra questa foto Nasa, tratta proprio dalla sfortunata missione del Columbia. L’originale ad alta risoluzione è disponibile presso Spaceflight.nasa.gov:

Le ali dello Shuttle erano visibili eccome dalla cabina. Questa foto fu ripresa attraverso i finestrini rivolti verso il vano di carico.

 

In teoria, quindi, quell’inquadratura presentata dai media potrebbe mostrare un dettaglio della superficie superiore delle ali. Ma le ali non hanno nessun elemento nero sporgente come quello mostrato nella foto misteriosa. Questo per ovvi motivi tecnici: non si possono lasciare sporgenze così esagerate su una superficie di un’ala, perché causerebbero una resistenza aerodinamica assurda. È un fatto facilmente verificabile nelle innumerevoli foto dello Shuttle disponibili sul sito della Nasa.

La spiegazione al mistero viene proprio ricercando quell’elemento nero: come segnalato presso Strangecosmos.com, si tratta di uno dei perni di accoppiamento sui quali si innestano i portelloni del vano di carico dello Shuttle.

Sul sito della Nasa, per esempio, c’è un’immagine panoramica in formato Quicktime VR che inquadra il vano di carico ed è ripresa da una delle telecamere che erano montate all’interno del vano stesso negli Shuttle. Se la scaricate e la ruotate verso destra, compare indiscutibilmente una struttura estremamente simile all’oggetto nero ritratto nella foto misteriosa.

Qui sotto ho raccolto alcuni fotogrammi della panoramica, carrellando da sinistra verso destra:

fotogramma della panoramica

fotogramma della panoramica

fotogramma della panoramica

fotogramma della panoramica con perno

Eccolo lì: l’oggetto misterioso.

 

Ora che l’oggetto misterioso è identificato, è facile trovarlo in altre foto della Nasa e soprattutto capire il punto di vista dal quale fu ripresa l’immagine in discussione: dall’interno del vano di carico dello Shuttle, guardando verso la paratia anteriore o posteriore del vano stesso.

Nel vano di carico c’erano appunto delle telecamere, comandabili dall’interno della navetta, e il bordo superiore delle paratie del vano era dotato di sedici perni di accoppiamento (otto sulla paratia anteriore, otto sulla posteriore). Queste informazioni sono facilmente reperibili nel sito della Nasa usando le parole chiave bulkhead latches e payload bay e sfogliando l’archivio fotografico della Nasa.

Nel Press Kit del tragico volo del Columbia c’è, a pagina 12, una foto del vano di carico, esattamente come fu configurato proprio per questa missione, che mostra bene la collocazione della telecamera presente sulla paratia anteriore del vano (freccia verde) e di due dei perni di accoppiamento (frecce gialle):

In questa immagine il muso dello Shuttle Columbia è in alto a destra e si notano i due rettangoli scuri che sono i finestrini della cabina dai quali si poteva osservare il vano di carico.

 

Dettaglio dell’immagine precedente.

La freccia indica la collocazione della telecamera sulla paratia anteriore del vano di carico. Immagine tratta dal Press kit della missione finale del Columbia.

 

Nell’immagine Nasa mostrata qui sotto, tratta da un’altra missione, sono visibili una telecamera (cerchiata in arancione) e alcui perni (due dei quali sono cerchiati in verde).

vista telecamera e perni


Da questi elementi si capisce che nella foto misteriosa, la telecamera è stata orientata verso l’esterno, in modo da inquadrare appunto uno dei perni situati nelle sue vicinanze.

Di conseguenza, la “crepa” che nell’immagine misteriosa compare in basso al centro (quella che a detta di alcuni sarebbe tenuta insieme dal nastro adesivo) era con tutta probabilità semplicemente una delle normali giunzioni irregolari della copertura termica flessibile che riveste l’interno del vano di carico, e l’“ammaccatura” era quindi verosimilmente una semplice piega di questo rivestimento.

Il "nastro adesivo" più grande era probabilmente un riflesso interno della lente della telecamera, mentre il "nastro" più esterno sembra essere stato un dettaglio della superficie del vano di carico. Sicuramente sfogliando l’immenso archivio della Nasa si trovano delle conferme: lascio a voi il cimento. 

L’ideale sarebbe recuperare il video integrale dal quale è tratta l’immagine controversa, in modo da capirne il contesto e il punto di ripresa: non sono riuscito a trovarlo, ma secondo il Corriere dell’epoca si tratta di una ripresa fatta “durante la telefonata fra Sharon e Ramon”, ossia fra l’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon e l’astronauta israeliano Ilan Ramon. Questa comunicazione, tecnicamente una in-flight conference, avvenne il 21 gennaio 2003, secondo le foto d’archivio di Getty Images.

Perni e rivestimento sono ben visibili in quest’altra immagine Nasa, disponibile ad alta risoluzione qui e relativa alla missione STS-109:

perni e rivestimento

Uno dei perni di innesto, situato sulla paratia posteriore del vano di carico (cerchio verde), e un esempio del rivestimento flessibile (cerchio arancione).

 

perni e rivestimento ingranditi

Ingrandimento di uno dei perni (la zona cerchiata in verde nell’immagine precedente). Notate anche quanto è irregolare e frastagliato il rivestimento termico: sembra "ammaccato".

 

dettaglio giunzioni

Un altro dettaglio delle giunzioni, di forma molto irregolare, del rivestimento termico all’interno del vano di carico.

 

Una delle telecamere del vano di carico è visibile insieme a un perno in quest’altra immagine, tratta dalla missione STS-103:

telecamera e perni

Una telecamera (riquadrata in arancione) e uno dei perni di innesto (riquadrato in verde).

 

telecamera e perni in dettaglio

Una telecamera esterna, in un ingrandimento della zona riquadrata in arancione nell’immagine precedente.

 

Le varie navette non erano tutte identiche: ognuna era leggermente diversa dall’altra. Anche le telecamere cambiavano da navetta a navetta, ma il concetto non cambia: ogni Shuttle aveva una o più telecamere nel vano di carico.

Per esempio, questa è una vista dall’alto della navetta Endeavour, presa dalla Stazione Spaziale Internazionale il 7 giugno 2002: mostra molto chiaramente una telecamera (di modello diverso da quella mostrata qui sopra) e i perni della paratia anteriore. L’immagine originale ad alta risoluzione è disponibile qui.

telecamera dell’Endeavour

Una telecamera (cerchiata in verde) della navetta Endeavour.

 

telecamera e perni dell’Endeavour

Un ingrandimento dell’immagine precedente: si vedono benissimo una telecamera (cerchiata in verde) e i perni (quelli del lato sinistro sono cerchiati in arancione).

 

Altre foto, trovate dagli utenti del newsgroup it.scienza.astronomia, mostrano chiaramente perni e telecamere. Per esempio, questa è una foto molto dettagliata della navetta Endeavour.

 

Conclusioni

Mistero risolto, dunque. Sarebbe stato bello che i media "ufficiali" si fossero  rimangiati la falsa notizia con la stessa enfasi con la quale la sbatterono maldestramente in prima pagina. Se ero riuscito a risolvere l’enigma io, con l’aiuto dei lettori, come mai non c’erano riusciti loro, pur avendo mezzi ben più potenti? Se vi vien voglia di mormorare "voglia di scoop", non siete soli.

Un lettore mi segnalò che il 3/2/2003 "...il TG5 aveva già smentito la notizia della crepa sulle ali e ammesso che invece si trattava del vano di carico." Io stesso fui intervistato da Caterpillar, la trasmissione di Radiodue, il 6/2/2003 per smentire questa foto. Ma tutto questo non impedì a Corrado Augias di ripresentare con enfasi la foto su Raitre, durante la trasmissione Enigma, il 7/2/2003. L’intervento di Augias era preregistrato, ma l’etica professionale avrebbe suggerito di non mandarlo in onda piuttosto che diffondere notizie sbagliate.

 

Ringraziamenti

Grazie ai tanti lettori che hanno contribuito a quest’indagine, segnalandomi dichiarazioni, dettagli tecnici e foto, e in particolare a glucrezi, Marco Fa** e Alex (un lettore di ZeusNews.it). Senza di loro, frugare negli archivi della Nasa e nella miriade di siti dedicati alla tragedia del Columbia sarebbe stato impraticabile.

 

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2020/12/29

Vaccini, ANSA confonde millimetri e millilitri. Giornalismo un tanto al chilo. E non è l’unica

Ma chi scrive per ANSA ha almeno un neurone funzionante? Perché da come scrive non si direbbe proprio.

“La dose di vaccino per ogni persona è di 0,3 millimetri” scrive ANSA, oltretutto in una “Notizia d'origine certificata”. Va be’, dai, si sarà distratto. Ma poi insiste: “deve essere estratta in condizioni asettiche e utilizzando siringhe di precisione adeguate, da un flaconcino di vaccino che contiene 2,25 millimetri”.

E poi ancora: “fermo restando la necessità di garantire la somministrazione del corretto quantitativo di 0.3 millimetri”.

Questo è il livello di competenza delle persone che ANSA incarica di redigere le notizie. Quelle notizie che dovrebbero informarci su cose importanti come, appunto, la salute.

Copia permanente per gli increduli: https://archive.is/Bjre4.

La stessa perla è stata pubblicata dal Corriere (dietro paywall, nientemeno) e dall’Huffington Post (copia permanente). HuffPost ha poi corretto.


  

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2020/12/27

Corriere: vaccino, 150 mila dosi iniziali alla Germania, 9.750 all’Italia, ma per Arcuri è tutto “proporzionale alla popolazione”

Ultimo aggiornamento: 2020/12/28 12:55.

Ieri (26 dicembre) il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista, a firma di Monica Guerzoni, al commissario straordinario italiano per l’emergenza Covid Domenico Arcuri (copia permanente).

L’intervista contiene un perfetto esempio di pessima comunicazione su un tema delicatissimo:

La Germania ha avuto 150 mila dosi e noi 9.750?
«Il numero di dosi simboliche per partire tutti assieme il 27 dicembre è proporzionale alla popolazione, la Germania dalla Ue ha avuto le stesse dosi o poco più».

È un virgolettato: quello che il lettore si aspetta sia una trascrizione esatta e fedele delle precise parole dette dall’intervistato.

Ma la proporzione è sbagliata: la Germania ha 83 milioni di abitanti e l’Italia ne ha 60 milioni. Il rapporto di popolazione è 83/60, ossia 1,38. Il rapporto delle dosi simboliche è invece 150.000/9750, ossia 15,38. Come può essere “proporzionale alla popolazione”?

Non si capisce perché la giornalista non abbia interrotto Arcuri dicendogli “Aspetti un attimo, come sarebbe a dire? Mica è proporzionale alla popolazione”. Incapacità di Arcuri, discalculia della giornalista, o siamo in presenza di un virgolettato inventato, piaga tipica del giornalismo italiano? Nell’articolo non viene neppure aggiunta una nota di chiarimento.

Altrove, per esempio su Swissinfo.ch, le dichiarazioni di Arcuri descrivono in modo ben differente, ma comunque piuttosto nebuloso, i criteri di distribuzione:

Le dosi, ha spiegato Arcuri, saranno divise per tutte le regioni in base ad una percentuale individuata sulla base del quantitativo totale previsto per ogni regione nella prima distribuzione.

Il numero di 150.000 dosi iniziali per la Germania è confermato da DW.com e da Reuters, che conferma anche le 9750 dosi iniziali italiane. Da alcuni articoli sembra che 9750 dosi iniziali siano state assegnate a ciascun Land (stato federato) tedesco: BZ Berlin, Deutschland.de. Gli stati federati sono sedici, per cui i conti grosso modo tornerebbero (9750 x 16 = 156.000); Tio.ch/ATS spiega che la Germania “ha ottenuto 151.125 flaconcini: 9.750 per ciascuno dei suoi 16 Stati regionali, eccetto il più piccolo - Brema - che ne ha avuto la metà”. Resta il fatto che non c’è alcuna proporzionalità rispetto alla popolazione.

Sempre Tio/ATS scrive che “dall'ufficio del commissario italiano per l'emergenza Domenico Arcuri hanno negato che esista «alcuna discriminazione» nei confronti dell'Italia. Per il Vax Day, sostengono, la Germania avrebbe avuto «11 mila dosi» e «le 150 mila che le sono state consegnate fanno parte delle forniture successive»”. Ma non è quello che ha riportato il Corriere.

Anche Pagella Politica ha tentato di fare chiarezza: ciascun paese europeo avrebbe in effetti ricevuto 9750 dosi simboliche, da usare per il V-day del 27 dicembre per le prime vaccinazioni, ma alcuni paesi (come Francia e Germania) avrebbero contemporaneamente ricevuto già altre dosi da usare nei giorni successivi.

Comunque siano andate le cose, con questo genere d’informazione sui giornali nazionali non c’è da stupirsi se la gente teorizza complotti o discriminazioni fra paesi europei o resta amaramente confusa e non crede più a nulla. La comunicazione governativa e giornalistica della pandemia è stata disastrosa e continua ad esserlo.

 

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2020/12/08

Muore Chuck Yeager, pilota leggendario. Il Corriere dice che superò “il muro del suolo”

Ultimo aggiornamento: 2020/12/08 17:55.

Questo è Massimo Gaggi sul Corriere della Sera. È nella cache di Google.



Nel 1947 a bordo del Bell X-1 fu il primo a superare il muro del suolo.

in Vietnam portò a termine 127 milioni di combattimento.

 

Lasciamo stare gli altri refusi del testo. Nessuno rilegge. Della qualità non gliene frega più niente a nessuno.

 

17.55. Correzione: nella prima stesura di questo post avevo scritto che l’articolo del Corriere era nella sezione a pagamento. In realtà era il mio filtro anti-Facebook che attivava lo spottone pubblicitario della sezione a pagamento. Eh sì, perché il Corriere fa tracciare i propri lettori da Facebook. Grazie, ma anche no. Sono un lettore, non il prodotto in vendita.

2020/03/29

Antibufala: Salvini sul Corriere, in Svizzera danno 500.000 euro compilando un foglio. È una balla

Ultimo aggiornamento: 2020/03/30 16:20.

Un lettore mi manda questa foto di un articolo del Corriere della Sera nel quale Matteo Salvini dice che “La Svizzera, compilando un foglio, ti mette a disposizione fino a 500mila euro”. È falso.

Io abito e lavoro in Canton Ticino, il cantone svizzero più colpito dal coronavirus, e conosco direttamente la situazione. Sul sito del Dipartimento delle Finanze e dell’Economia del Cantone si trovano tutte le informazioni in proposito, con un approfondimento qui.

Anche TVSvizzera.it ha pubblicato un articolo di chiarimento sull’argomento con un titolo molto chiaro: “No, in Svizzera i soldi non piovono dal cielo”.

Primo: non “mi” mette a disposizione. Li mette a disposizione delle aziende, non dei singoli cittadini o residenti. Accostando il provvedimento svizzero a quello britannico e statunitense, sembra che si tratti di una cifra destinata a ogni singolo abitante. No.

E non è una mia interpretazione personale: Salvini stesso ha detto, al TG2, che secondo lui si applicherebbe a “cittadini e imprese”.


Non solo: come ha notato Bufale un tanto al Chilo, il team mediatico di Salvini ha addirittura messo a confronto il modulo di autodichiarazione per gli spostamenti in Italia con il “foglio” per il credito alle aziende svizzero. Non è un paragone fra mele e pere, ma fra burro e ferrovia:



Secondo: si tratta di un credito ponte, non di una elargizione a fondo perduto, cosa ben diversa dalle misure britanniche e USA.

Terzo: il “fino a” va capito bene, altrimenti sembra che siano soldi a pioggia per tutti. In realtà si tratta di “crediti transitori corrispondenti al massimo al 10% della [...] cifra d’affari annua”. In altre parole, viene coperto circa un mese di fatturato, non di più. Il che significa che per avere diritto a 500.000 franchi bisognerebbe avere un fatturato di cinque milioni di CHF.

Quarto: non è vero che si ottiene “compilando un foglio”. La procedura esatta è questa:

La richiesta di credito si effettua in 7 passaggi
  1. Registrazione dei dati relativi all’impresa.
    Registri i dati dell’impresa richiedente, eventualmente effettuando una ricerca nel registro IDI.
  2. Dichiarazione circa i requisiti minimi
  3. Calcolare l'importo del credito
    Indichi l’importo auspicato del credito. Per il calcolo occorre indicare la cifra d’affari.
  4. Organizzazione di fideiussione competente
    EasyGov assegna l’organizzazione di fideiussione competente in funzione della sede dell’impresa. Le imprese a forte partecipazione femminile possono scegliere l’organizzazione di fideiussione SAFFA.
  5. Registri i dati di contatto della banca creditrice.
  6. Panoramica
    Controlli tutti i dati inseriti prima dell’invio.
  7. Conclusione
    Sulla base dei dati registrati, EasyGov genera una richiesta di credito.


Inoltre le imprese devono soddisfare determinati requisiti e devono autocertificare di "subire perdite di fatturato sostanziali in seguito alla pandemia di coronavirus", spiega sempre Tvsvizzera.it. E ci sono controlli: "Se in un secondo momento, dopo un controllo effettuato a posteriori, le informazioni dovessero rivelarsi false, vengono inflitte multe (fino a 100'000 franchi)", precisa il Dipartimento federale delle finanze (DFF) nella lista di domande e risposte.”

E ovviamente non sono 500.000 euro, ma franchi svizzeri.

Certo, rispetto alle procedure iperburocratiche e labirintiche di altri paesi (come l’Italia), questa è una passeggiata, ma non è così spettacolarmente generosa e abbondante come l’ha descritta ripetutamente Salvini.

Sul ”noi no perché abbiamo l’euro” taccio per compassione. Mi sono permesso di segnalare i fatti a Salvini via Twitter. 


Nota: ogni commento politico verrà cestinato direttamente.


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2020/02/08

Per il Corriere, il 5% equivale a uno su cinque

Corriere della Sera. Articolo a firma di Nando Pagnoncelli. Titolo: “Il sondaggio | La riforma della prescrizione piace al 59%. Ma solo un italiano su 5 la conosce nei dettagli”. Testo: “solo il 5% dichiara di conoscerlo nel dettaglio”.

La gente mi chiede spesso perché svergogno pubblicamente le testate che scrivono bestialità come questa invece di contattarle in privato e segnalare educatamente l’errore. Semplice: perché se glielo dici in privato, se ne strafregano.

Luca Chiodini, un utente come tanti, ha segnalato questa castroneria al Corriere oggi nel primo pomeriggio:



Niente da fare. La scempiaggine segnalata è ancora lì adesso, alle 21. Ho rimosso le pubblicità dallo screenshot per non regalare favori agli inserzionisti.


Trovate una copia permanente qui su Archive.org.

Vediamo che succede ora che l’ho mostrata pubblicamente:




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2019/06/02

Virgolettati inventati, una piaga perfettamente evitabile del giornalismo italiano

Ultimo aggiornamento: 2019/06/02 23:35.

A scuola mi hanno insegnato che le virgolette riportano le esatte parole dette. Ma questa regola, semplice e chiara, per i giornalisti italiani non vale. Mentre il resto del mondo giornalistico fa estrema attenzione a citare esattamente le parole dette o scritte, i giornalisti e titolisti italiani se ne strafregano e inventano.

L’ultimo caso di questo virgolettato inventato ha colpito l’astronauta Luca Parmitano. Elvira Serra twitta: “Le figlie, il mare della Sicilia, la felicità come scelta. E poi la paura (che non ha) e i sogni (uno, in particolare, che riguarda @BarackObama). Il "mio" Luca Parmitano, prima della nuova partenza nello Spazio @Corriere @astro_luca #italiani”, linkando la propria intervista a Parmitano. E il titolista ribadisce: “Luca Parmitano: «Nello Spazio non ho paura e da lì parlerei con Obama»“. Una frase che Parmitano non ha mai pronunciato. Screenshot:


Non solo: la frase non rispecchia neanche quello che ha detto l’astronauta, che infatti pubblica questo chiarimento: “Un altro caso di ‘virgolettato selvaggio’: non ho mai detto di non aver paura - solo gli stolti non ne hanno. Anche il @Corriere cade nella trappola del sensazionalismo: io preferirei un’informazione noiosa, ma vera, a una clamorosa, ma falsa. Grazie @elvira_serra per le domande!”



Il Corriere ha cambiato il titolo, che ora è “Parmitano torna nello Spazio: «Lassù mi manca solo il mare»”.

Capisco che il giornalismo è alle prese con la crisi dell’editoria e che i soldi da spendere siano pochi, ma in questo caso cambiare il malvezzo menzognero dei virgolettati inventati non costa nulla. Basta volerlo fare.


2019/06/02 23:35. Per completezza e per chiarire che non mi sto inventando regole giornalistiche a capocchia, riporto per esempio la parte saliente della guida di stile giornalistico del Guardian e dell’Observer britannici, che raccomanda di gestire i virgolettati in maniera assolutamente logica e sensata, mettendo al centro il lettore (la sottolineatura è aggiunta da me):

quotes
From the editor:
If a reader reads something in direct quotation marks in the Guardian he/she is entitled to believe that the reporter can vouch directly for the accuracy of the quote. [...] Take care with direct speech: our readers should be confident that words appearing in quotation marks accurately represent the actual words uttered by the speaker, although ums and ahems can be removed and bad grammar improved. If you aren’t sure of the exact wording, use indirect speech.
Where a lot of material has been left out, start off a new quote with: “He added: ... ”, or signify this with an ellipsis.


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2019/01/15

Per quelli che insistono che dire “lato oscuro della Luna” non disinforma

Il Corriere della Sera, oggi, a proposito delle piante portate sulla faccia nascosta della Luna dalla sonda cinese Chang’e-4 (evidenziazione mia):

La coltura non è stata semplice: le temperature sulla superficie lunare possono superare i 100 gradi Celsius durante il giorno e scendere fino a 100 gradi sotto lo zero durante la notte, oltre al fatto che su quel lato non c'è radiazione solare e c'è minore gravitazione terrestre.

Screenshot della perla:



Screenshot del contesto:


Copia permanente su Archive.org qui.

A tutti quelli che me l’hanno menata per la mia semplice richiesta di usare il termine corretto, ossia lato nascosto, al posto dell’ingannevolissimo lato oscuro, e mi hanno rimproverato di fare “polemica inutile” perché tanto lo sanno tutti che si intende oscuro nel senso di sconosciuto e che non c’entra l’illuminazione: questa scempiaggine totale del Corriere ve la siete proprio meritata.


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2019/01/01

Il Corriere invita i lettori a guardare il Sole con un binocolo. Incoscienza pura

Ultimo aggiornamento: 2019/01/01 17:30.

Il giornalismo generalista non perde tempo a inaugurare l’anno nuovo con una stupidaggine scientifica monumentale e oltretutto pericolosissima.

Vari lettori mi hanno segnalato questo articolo (link intenzionalmente alterato da me) sul Corriere della Sera, a firma di Silvia Morosi, che invita i lettori a guardare il Sole con un binocolo. NON FATELO MAI: rischiate la cecità permanente.

Scrive infatti la Morosi:

Altro grande evento? Il transito di Mercurio, che l’11 novembre sarà visibile come un puntino nero che passa davanti al Sole. Dalle prime ore del pomeriggio prendete in mano il binocolo: un evento che si ripeterà solo nel 2032.

Prendete in mano il binocolo per guardare il Sole. Se non riuscite a credere che un giornale possa scrivere una bestialità simile, eccovi uno screenshot e un link alla copia su Archive.is/Archive.fo per darvi la possibilità di verificare quello che il Corriere ha pubblicato:


Guardare il Sole attraverso qualunque lente è estremamente pericoloso perché la lente concentra sulla retina la luce e il calore del Sole. Questo può portare alla bruciatura permanente della retina. Non ci vuole una laurea in astronomia per pensarci.

Non è un eccesso di precauzione: è già successo anche semplicemente fissando il Sole a occhio nudo, senza lenti. Se volete una prova che rimanga impressa, un astronomo ha preso un occhio di maiale e lo ha messo per pochi secondi davanti all’oculare di un piccolo telescopio. Questo è il risultato piuttosto disgustoso:




Consigliare di guardare il Sole con un binocolo è come invitare la gente a infilare una forchetta di metallo in una presa elettrica. E questo succede nella rubrica Scienze di un giornale a tiratura nazionale.

Non solo: è stato necessario segnalare pubblicamente questo errore pericolosissimo al Corriere. Solo a questo punto il Corriere ha corretto, intorno alle 14:40. Come al solito, senza alcuna rettifica pubblica e senza alcuna parola di scuse.





Questo è quello che succede quando si affida a incompetenti il compito prezioso di informare la gente. “Ma tanto è un articoletto di scienza, cosa vuoi che succeda?”

Succede che la gente perde la vista.


2019/01/01 17:30


Nei commenti a questo mio articolo è comparsa questa presa di posizione di Paolo Rastelli, nella quale vorrei evidenziare un paio di punti:


È piuttosto evidente che l’autrice dell’articolo ha usato una metafora. Forse non felicissima, ma una metafora. Dal tono che tu, carissimo Attivissimo, hai usato, sembra che Morosi abbia consigliato ai lettori un tuffo nelle cascate de Niagara in un barile. Dai, non esagerare.
Comunque l’articolo è stato corretto. Ma anche questo non ti va bene, perché, dici, l’autore doveva scusarsi pubblicamente. Insomma, vuoi anche l’autodafè, magari con una frase che riconosca il tuo merito nella scoperta dello spaventoso errore.
Suvvia, datti un po’ pace, al tuo confronto Torquemada era un dilettante. Morosi ha già fatto molto a correggere, visto che la rettifica è dovuta solo nei casi in cui si lede l’onorabilita di una persona. E Mercurio e il Sole, per ora, non risulta abbiano protestato.
Io per esempio, con 30 anni di giornalismo sulle spalle, mai e poi mai avrei rettificato qualcosa che non è un errore ma al massimo una frase infelice. E mai e poi mai lo avrei fatto in seguito a un attacco violento come il tuo.
Silvia Morosi, che è una mia ex collega, buona amica e coautrice di libri (lo dico subito così ti evito di fare ricerche per scoprire chi sono), è una giornalista serissima che proprio non merita un simile livore. Ma ti capisco: è entusiasmante mettere all’indice chi sbaglia, soprattutto se lavora nei cosiddetti giornaloni e quindi è spesso un oggetto di invidia, ottimo da additare al pubblico disprezzo.
Però non esagerare: chi è maligno il primo dell’anno rischia, secondo la saggezza popolare, di esserlo tutto l’anno. E troppa malignità fa male al fegato e imbruttisce la pelle. Lo dico per te.
Saluti
Paolo Rastelli

A proposito della frase “Silvia Morosi, che è una mia ex collega, buona amica e coautrice di libri (lo dico subito così ti evito di fare ricerche per scoprire chi sono)”, vorrei far notare un dettaglio: questo. Un blog del Corriere gestito da Silvia Morosi e Paolo Rastelli. Ultimo articolo pubblicato: oggi.

Forse anche “ex collega” è “una metafora”.



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2018/07/28

Il giornalismo italiano e l’eclissi: una grande prova di imbecillità col copiaincolla

Ultimo aggiornamento: 2018/07/30 00:50.

Il giornalismo italiano ha messo a nudo in maniera perfetta il proprio disastroso metodo redazionale quando ha proposto notizie sull’eclissi di Luna di ieri sera.

Molte testate online, cartacee e televisive hanno infatti citato l’incredibile idiozia secondo la quale la colorazione rossastra della Luna durante l’eclissi sarebbe dovuta alla vicinanza del pianeta Marte. Marte è rosso, la luna diventa rossa, non fa una grinza, giusto?

Prendetevi pure un attimo di pausa per riprendervi da questa imbecillità. Poi, se avete bisogno di fornire a qualcuno la spiegazione corretta del fenomeno, usate pure questo video della NASA, disponibile anche per qualunque giornalista che si degni di informarsi.



In parole povere: la colorazione è dovuto alla luce solare filtrata dall’atmosfera della Terra. Marte non c’entra nulla, anche perché se ne sta in questo momento a cinquantasette milioni di chilometri dalla Terra e dalla Luna.

Ma i Veri Giornalisti non si curano di quisquilie come i fatti. Cominciamo con Alessandro Belardetti su Quotidiano.net, secondo il quale “Marte colorerà di rosso la Luna”:



Passiamo all’edizione cartacea del Corriere della Sera, dove Laura Vincenti scrive che la Luna “si colora di rosso per effetto di Marte in opposizione”:



Sottolineo che si tratta dell’edizione cartacea perché c’è chi obietta che le castronerie escono sulla versione Web, che è gratuita (come se questo fosse una giustificazione per pubblicare falsità), ma non su quella cartacea.

Non manca anche il contributo de Il Giorno, che scrive che la Luna “si colorerà di rosso grazie alla vicinanza di Marte”:




Maria Cristina Massaro, su Repubblica (link intenzionalmente alterato), ripete la stessa scemenza astronomica e vi aggiunge anche ben due errori d’ortografia nella stessa frase. Rileggere, a quanto pare, proprio non si usa più. Grazie ad @aldolat per la segnalazione e la copia su Archive.is.

A rendere ancora più suggestivi gli sbattila colorazione rossastra assunta dal satellite grazie a Marte in "grande opposizione", cioè alla mini distanza dal nostro pianeta e al suo massimo splendore.

Screenshot per chi non riesce a concepire che il giornalismo possa essere sceso così in basso:


Repubblica ha anche ribadito il concetto su Twitter, dicendo che “La Luna sarà illuminata di rosso grazie a #Marte in 'grande opposizione', cioè alla minima distanza dalla Terra e al suo massimo splendore”:



E per finire, ecco SkyTG24, che ha affermato (durante il telegiornale, non nella rubrica degli oroscopi) che “le persone hanno così potuto ammirare il satellite colorato dai riflessi del pianeta Marte”, come dice la conduttrice in studio, e come ribadisce l’autrice del servizio, Laura Cappon, che parla di “riflessi prestati da Marte” e poi ribadisce la scemenza astronomica, come potete sentire in questo spezzone fornitomi gentilmente da biemmic:



Che io sappia, nessuno dei giornali, siti o telegiornali citati ha finora corretto o chiesto scusa per gli errori.

Lezioni di giornalismo che possiamo trarre da questa storia:

  1. Rileggere quello che si scrive non si usa più.
  2. Le redazioni fanno lavorare persone alle quali mancano le conoscenze più elementari. 
  3. I giornalisti fanno copiaincolla gli uni dagli altri, e senza chiedersi se quello che copiano abbia vagamente senso.
  4. Le redazioni, pur avvisate, non correggono gli errori e non pubblicano rettifiche.
  5. Conclusioni: ai giornali non gliene frega nulla di fottere il lettore e pubblicare notizie false. Non sono errori occasionali, è proprio metodo redazionale. Se questo è il loro modo di fare giornalismo, non si lamentino che il giornalismo sta morendo per colpa di Internet. Questo tipo di giornalismo merita di morire.

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2018/06/26

Come si lavora al Corriere? A volte così

Ultimo aggiornamento: 2018/06/26 10:40.

Spesso vengo criticato perché infierisco sui giornali che sbagliano notizie di poco conto. Ma questi sbagli, se sono ripetuti e sistematici, rivelano il metodo di lavoro della redazione e rendono evidente la scarsa qualità della selezione dei collaboratori. E resta sempre quel dubbio di fondo: ma se una redazione sbaglia persino notizie così semplici come la morte di una persona celebre, quanti altri sbagli fa di cui non ci accorgiamo?

Prendete il caso, di per sé modesto, del Corriere della Sera e del suo annuncio della morte di Richard Harrison (pseudolink; copia su Archive.is), segnalatomi via Twitter da @marcoazzena:


Guardate il secondo paragrafo e in particolare questa frase:

Agli inizi degli anni ‘60 si era trasferito nel nostro paese per lavorare in alcuni film del genere spaghetti western ma anche in alcuni polizieschi. Tra i suoi successi di quegli anni: «Un gladiatore invincibile», «Colpo maestro al servizio di Sua Maestà britannica», «Le spie uccidono a Beirut». Nel suo curriculum anche una apparizione nello sceneggiato Rai del 1978 «Il balordo».

È curiosamente simile a questa pagina di Wikipedia in italiano:

All'inizio degli anni sessanta si trasferì in Italia dove fu protagonista di molti film di genere, generalmente considerati b-movies: peplum, spaghetti-western, poliziotteschi e film di spionaggio. Ha lavorato anche in televisione (è apparso fra l'altro nello sceneggiato televisivo Rai del 1978 Il balordo, girato al fianco di Tino Buazzelli). Fra i suoi maggiori successi, vanno citati Il gladiatore invincibile, Colpo maestro al servizio di Sua Maestà britannica e Le spie uccidono a Beirut.

Ma il vero problema è che la pagina di Wikipedia non è quella del Richard Harrison scomparso: è quella di un altro Richard Harrison. Questo.

Come ha fatto la redazione del Corriere a includere queste informazioni errate nel necrologio di Richard Benjamin Harrison? Sono troppo malizioso se sospetto che invece di consultare qualche fonte autorevole specialistica (che so, questo articolo di Variety, la Bibbia del mondo dello spettacolo americano, che ho trovato in tre secondi con Google) abbia pigramente digitato “Richard Harrison” nella Wikipedia italiana e abbia dato per buono il primo risultato, senza controllarlo e senza notare che le foto delle due persone sono completamente differenti?

A sinistra il Richard Harrison sbagliato; a destra quello giusto. Credit: Wikipedia.

Ho segnalato la questione pubblicamente al Corriere via Twitter, perché so per esperienza che segnalare privatamente significa perdere tempo ed essere ignorati. Senza una figuraccia pubblica certe redazioni non si muovono.




Se davvero si lavora così nelle redazioni, non ditemi che la colpa delle fake news è di Internet.


2018/06/26 10:40


Il Corriere ha rettificato l’articolo e pubblicato una nota di correzione:

In una prima versione di questo articolo, per errore, sono state utilizzate informazioni riportate da agenzie di stampa relative all’attore Richard Harrison, e non a Richard Benjamin Harrison. Ce ne scusiamo con i lettori.

Un evento raro, nel panorama della stampa italiana, che preferisce negare o rimuovere piuttosto che rettificare pubblicamente. Speriamo che sia un buon segno.


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